Dicembre 8th, 2010 Riccardo Fucile
CON LA SPAGNA, SIAMO IL PAESE A PIU’ ALTO TASSO DI INSOLVENZE… LE BANCHE HANNO STRETTO LA BORSA E AUMENTATO GLI INTERESSI… DOV’E’ FINITO IL PIANO CASA, INDICATO NEL PROGRAMMA ELETTORALE DEL CENTRODESTRA, CHE DOVEVA GARANTIRE LA COSTRUZIONE DI MIGLIAIA DI CASE A MUTUO AGEVOLATO PER LE GIOVANI COPPIE? CHI SONO I TRADITORI?
Le famiglie italiane sono tradizionalmente «formiche» e spaventate dal debito, tuttavia quelle che decidono di fare un mutuo (il 13,1% sul totale) circa una volta su venti non lo rimborsano secondo la scadenza.
Quasi il 5% delle famiglie sottoscrittrici di un mutuo, infatti, si sono rilevate insolventi.
È questo «il valore più alto, insieme a quello della Spagna, tra i sette Paesi europei analizzati» (tra cui Gran Bretagna, Francia, Finlandia, Olanda e Irlanda).
È quanto emerge da uno studio su «L’incremento dell’uso di politiche di prezzo basate sul rischio per i mutui in Italia» condotto da Silvia Magri e Raffaella Pico della Banca d’Italia, utilizzando i dati dell’indagine Eu-Silc (Community Statistics on Income and Living Conditions) raccolti da Eurostat nel 2007, l’anno di avvio della crisi finanziaria che non è ancora terminata.
«I risultati mettono in luce che in Italia – si legge nella ricerca – vi è un legame tra il tasso di interesse sul mutuo e lo specifico rischio di credito del cliente. Per i mutui concessi dal 2000 al 2007, il differenziale di tasso di interesse fra le classi di famiglie più e meno rischiose è pari a 43 punti base. Inoltre, il ricorso a strategie di prezzo basate sul rischio specifico del debitore sembra essere cresciuto nel tempo».
Insomma, le banche si sono fatte più prudenti, proteggendosi dal rischio insolvenza, non solo selezionando le domande, ma anche attraverso rincari.
Il lavoro quantifica anche il premio per il rischio richiesto dalle aziende di credito nel concedere mutui.
«Per quelli concessi dal 2000 al 2007 a un incremento della probabilità di insolvenza del mutuatario pari a 1 punto percentuale è associato un aumento del tasso di interesse di 21 punti base», si spiega.
Da questi dati, allarmanti non solo per le banche, emerge la drammaticità di una crisi sempre sottaciuta dal parte del governo, anche perchè marciano pari passo con quanti non riescono più a pagare un affitto e vengono sfrattati per morosità e a un notevole aumento dei fallimenti delle aziende.
Ricordiamo che nel programma del governo (cosiddetto di centrodestra) vi erano anche precisi impegni, completamente disattesi, sulla costruzione di migliaia di alloggi popolari per le giovani coppie a prezzi speciali e con mutui garantiti dallo Stato.
Dove sono finite le case per i giovani, cari apolegeti del “ghe pensi mi”?
E poi qualcuno ha ancora il coraggio di accusare altri di “aver tradito” il programma elettorale?
Chi aveva promesso che “nessuno resterà indietro”, salvo poi fottersene nei fatti? Forse gli stessi che difendono i rimborsi spese di Minzolini e le sue suite in hotel di lusso a spese del contribuente, mentre ragazzi e ragazze precari vengono sfruttati a 600 euro al mese e se protestano ricevono calci nel culo?
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Dicembre 8th, 2010 Riccardo Fucile
LE DICHIARAZIONI RILASCIATE NEL CORSO DELL’INTERVISTA A “BALLARO”… “IL PAESE HA BISOGNO DI UN GOVERNO CHE GOVERNI, NON CHE TIRI A CAMPARE”… “BERLUSCONI DEVE DIMETTERSI E APRIRE UNA FASE NUOVA”
«Sono convinto che Berlusconi non avrà la fiducia e che non si andrà al voto
anticipato », ma in caso di urne «non ci sarà nessuna alleanza con il Pd».
Ad una settimana dal B-day Gianfranco Fini torna a chiedere a Berlusconi di dimettersi.
Cosa che lui, Fini, «certamente» non farà .
Dice di non sentirsi un traditore, come viene bollato dal Pdl: «Il vero ribaltone lo fatto Berlusconi quando ha messo alla porta chi ha contribuito a fondare il Pdl considerandosi non co-fondatore, ma padrone».
Intanto lo stesso Berlusconi — tornato a Roma in vista della settimana più lunga della legislatura — a Palazzo Grazioli incontra i vertici del Pdl e si getta a capofitto del calciomercato dei deputati, alla ricerca di quella manciata di voti che potrebbe risultare decisiva per il suo futuro politico.
Il presidente della Camera Gianfranco Fini risponde alle domande di Ballarò. Premette che l’Italia «ha bisogno di un governo che governi, non che tiri a campare ».
Ribatte alle accuse di tradimento sottolineando che sono le sparate di chi «non ha più argomenti e grida ai complotti, alle congiure dei magistrati, dei giornalisti, degli alleati o delle potenze straniere».
Così come sintomo di «disperazione» sono gli attacchi dei media del Cavaliere contro di lui e i suoi.
A questo punto, spiega, «il Paese non ha bisogno di nuove elezioni», ma di un governo efficiente.
Ecco perchè «sarebbe auspicabile che Berlusconi rassegnasse le dimissioni e, se in grado di farlo, aprisse una fase politica nuova con un appello a tutte le forze parlamentari di responsabilità perchè fronteggiare la crisi è dovere di tutti, non solo di chi sta al governo».
Per il leader futurista sarebbe indifferente se il nuovo esecutivo fosse presieduto da Berlusconi: «Il punto — osserva — è cosa vuole fare» anche se «Berlusconi è parte del problema perchè è moderato solo a parole, non nei fatti».
Guardando al voto del 14 dicembre Fini esclude «che il premier ottenga la fiducia alla Camera ».
E poi confidare nelle malattie di alcuni deputati «vuol dire essere alla disperazione: tirare a campare con un governicchio di minoranza confermerebbe agli italiani che l’unica ambizione di Berlusconi è servire i suoi interessi, non quelli del Paese».
Un altro paletto è che in caso di elezioni l’ipotesi di un’alleanza con il Pd «non è possibile perchè l’orizzonte del Fli è nel centrodestra: se poi Berlusconi vuole convincere qualche elettore che siamo nel centrosinistra farebbe meglio a cambiare spartito».
Ma chi sarebbe allora il candidato premier del terzo polo? Quando si porrà la questione con Casini e Rutelli «la risolveremo in pochi secondi» (Casini alla stessa domanda risponde «no al metodo berlusconiano di un solo uomo al comando »).
Infine la richiesta a Berlusconi di assumersi le sue colpe, «di smetterla di gridare al complotto, di dire che va tutto bene e che viviamo nel paese dei balocchi e dire, come non ha mai fatto in 15 anni, che ha sbagliato. La smetta di inseguire i fantasmi e si chieda come mai segmenti della maggioranza che lo accompagnavano lo lasciano».
Berlusconi, dal canto suo, passa la giornata a Palazzo Grazioli dove tra gli altri incontra Gianni Letta, Alfano, Brunetta e l’ex ministro Brancher. Si prepara al doppio voto di martedì prossimo, ai suoi dà ordine di spargere ottimismo e per domenica convoca a cena i senatori del Pdl. Lunedì sarà la volta dei deputati.
Fini invece parla brevemente con la colomba Letta a margine del concerto di Natale di Montecitorio e si danno appuntamento per un prossimo incontro, forse già domani, per un nuovo tentativo di mediazione in extremis. Quindi vede Casini, che poi a Matrix dice che come premier di un governo tecnico voterebbe «Draghi o Letta».
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 8th, 2010 Riccardo Fucile
LA STRATEGIA E LA CONCORRENZA: “APPROFITTO DELLE DEBOLEZZE ALTRUI, SEMPLICEMENTE METTO TUTTE LE NOTIZIE”…”IN RAI DEVI PARLARE DI POLITICA COME TI VIENE DETTO DALL’ALTO, C’E’ DI TUTTO: MANTENUTE, RACCOMANDATI, EPURATI”… L’INTERVISTA DI MENTANA SUL FATTO QUOTIDIANO
“Quanto spendo io? Beh, in trasferte ben poco. Mi tengono sempre qui”, Enrico Mentana se la cava con una battuta, cercando di svicolare dal confronto con il collega del Tg1 Augusto Minzolini (che ha speso 86mila euro in poco più di un anno), a cui da mesi sta rosicchiando punti di share.
Anche se poi il suo tg delle 20 dedica un ampio servizio proprio allo sbando della Rai.
Mentana, lei ha festeggiato ieri 100 conduzioni consecutive del suo nuovo tg La7, mentre Minzolini è a quota 129 giorni di traferte. Chi esagera?
Il mio è un prodotto nuovo e nei primi periodi è normale lavorare sempre. Bisogna che l’innesto riesca, si deve creare un appuntamento.
Che fa se si prende l’influenza?
Vuole una chicca? Venerdì scorso ero a Verona per ritirare un premio a cui tenevo molto. Ho fatto il tg in collegamento da li: non se n’è accorto nessuno.
Non sarà che il tg funziona soltanto se c’è lei a condurlo?
Non siamo ipocriti. Quando a condurre è il direttore c’è un valore aggiunto. Poter decidere in diretta come gestire le notizie urgenti è un vantaggio competitivo non da poco.
Nessuna riorganizzazione in vista?
Di sicuro non mi metto a riposo il 14 dicembre! Ma presto decideremo se io condurrò a settimane alterne o sempre dal lunedì al venerdì, lasciando ad altri il week end.
Così potrà viaggiare di più. A quel punto saliranno anche le sue spese di rappresentanza…
Facciamo un calcolo: se un direttore ha davvero molta esigenza di rappresentare il suo programma, può arrivare a venti pranzi o cene al mese. Supponiamo che, una volta su due, offra il pranzo a due persone, pagando in media 50 euro. Al massimo spende 1500 euro al mese.
Minzolini invece ne spende 7mila. Ma cosa s’intende quando si parla di rappresentanza?
Tutto ciò che nel rapporto tra azienda e dipendente viene concesso esclusivamente nell’interesse professionale. Quindi sono incluse cene e alberghi, se c’è un perchè.
Secondo quanto ha scritto Repubblica, subito smentita, Telecom pensa di vendere La7. E’ preoccupato ?
Questi affari volano molto più in alto di noi. Ma è noto che, per Telecom Italia, La7 non è un asset strategico. Comunque questa rete ha già cambiato tre padroni senza snaturarsi. Quindi non sono preoccupato.
Anche perchè i suoi ascolti la blindano.
Visti i risultati, chi può pensare di cambiare questo tg? Comunque, anche se dovesse succedere, penso ci sia un mercato per tutti. In Italia l’unico davvero escluso dalla tv è Daniele Luttazzi.
Anche lei ci ha messo un po’ prima di tornare in video.
E ho fatto bene! Sa quante soddisfazioni mi sto prendendo qui?
Quanto vale lei oggi per l’azienda?
Con me il tg è diventato un punto di forza della rete in termini di share. Gli ascolti sono un ancoraggio.
Che tipo di contratto ha?
Prendo 320mila euro lordi all’anno, più i premi di risultato . Certamente La7 non si aspettava che fossero così onerosi…
I suoi redattori però hanno ancora contratti di solidarietà . Non sarebbe il caso di tornare a una retribuzione normale visto che state andando bene?
Ho davanti a me proprio ora il direttore generale. Se il comitato di redazione ci viene incontro usciremo dalla solidarietà già nei prossimi giorni.
Nel suo libro, “Passionaccia”, racconta che Berlusconi la rivoleva a Mediaset e che il cda Rai era pronto a votarla per il Tg3. Ora che Minzolini traballa, potrebbe prendere il suo posto al Tg1?
In passato mi è stato offerto più volte ma non ci penso proprio. Non torno nè in Rai nè a Mediaset.
Perchè?
Non potrei mai fare un telegiornale come quello de La7. Il mio tg non “parla d’altro”, non ricorre ossessivamente ai servizi di alleggerimento.
E’ una scelta etica o di convenienza?
E’ una strategia: ho fatto un’analisi della concorrenza e quello che mancava era un telegiornale completo, senza soft news.
Non potrebbe cercare di fare lo stesso al Tg1?
Impossibile. Ci ho lavorato per nove anni, so quello di cui parlo. Penso che in Rai un professionista, a meno che non sia in grande difficoltà , non dovrebbe proprio metterci piede.
Una lottizzazione senza speranza?
E’ ovvio: i dirigenti sono nominati dall’editore, che a sua volta è scelto dal Parlamento. In Rai devi parlare di politica come ti viene detto dall’alto, nei modi e nei tempi richiesti dal Palazzo.
E chi si ribella non ha vita facile.
Questa è la Rai che non è orgogliosa di Roberto Saviano, che sospende Loris Mazzetti, che sopporta a fatica Vieni via con me nonostante il record d’ascolti. Di più: considera un corpo estraneo pure Bruno Vespa.
La Rai è lo specchio dell’Italia?
C’è di tutto: mantenute, raccomandati, epurati, miracolati. E’ come l’annuario del Censis: ci si possono leggere tutti i fenomeni sociali. Alcuni da baraccone.
Beatrice Borromeo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 8th, 2010 Riccardo Fucile
LO “SQUALO” DEL TG1 ANNUNCIA QUERELA AL “FATTO”, MENTRE LA RAI AVVIA L’INCHIESTA INTERNA SUI RIMBORSI DEL DIRETTORE DEL TG1: 86.680 EURO IN 14 MESI… MAXIRIMBORSI, VIAGGI E IL SOSPETTO DI SPOT OCCULTI
Augusto Minzolini annuncia querela al Fatto Quotidiano per una “persecutoria
campagna di stampa”.
Sarà interessante conoscere in Tribunale le prove che il “direttorissimo” produrrà per giustificare 86 mila euro di spese di rappresentanza, 40 trasferte nei fine settimana, 45 viaggi non motivati e decine di servizi su vacanze e crociere. Nell’attesa, la direzione risorse umane della Rai ha aperto un’inchiesta sui rimborsi di Minzolini e il capitolo pubblicità occulta sarà studiato dall’ufficio competente di viale Mazzini.
La procedura disciplinare è ben avviata, ma Paolo Garimberti fa un passo indietro: “Su questa vicenda — dice il presidente Rai – deve essere fatta chiarezza. Mi aspetto che le strutture della direzione generale completino in fretta il loro lavoro e che risultati cristallini siano portati presto in Cda”.
Eppure siamo oltre: il dirigente Andrea Sassano ha consegnato la relazione su Minzolini al segretario del Consiglio e Nino Rizzo Nervo l’ha consultata e denunciato uno spreco di soldi pubblici a Mauro Masi. I
l direttore generale s’aggrappa al comunicato del presidente per indugiare su un tema che corre veloce e divide partiti di destra e sinistra: “Ha ragione Garimberti. Sono in corso approfondimenti”.
Non c’è dubbio su numeri e cifre, certificati da viale Mazzini.
Per Minzolini s’avvicina la sanzione (sospensione o licenziamento), per respingere l’accusa occorre una difesa.
L’ex notista politico cerca l’uscita d’emergenza sull’assenteismo (retribuito): “I giorni lontano da Saxa Rubra? Se per alcuni sono tanti, evidente non considerano il lavoro in maniera dinamica come lo faccio io”.
Un lavoro che rimbalza fra Istanbul e Londra, Amburgo e Marrakech.
A volte il “direttorissimo” globe trotter resta nei confini nazionali: a ottobre ha ritirato il Tartufo d’oro a Sant’Angelo in Vado (Pesaro), la settimana successiva ha rinunciato al calendario Pirelli a Mosca (c’era il fido Leonardo Metalli in sua vece), non ha resistito, però, al Festival del cinema di Marrakech e al pranzo di gala con Mohammed VI, re di Marocco.
Ormai Minzolini è all’angolo, nemmeno Masi è disposto a protezioni a oltranza.
E allora grida al complotto: “È cominciata la campagna elettorale. Il Fatto mi ha già attaccato con l’inchiesta di Trani”.
Dichiarazioni pubbliche e lettere riservate: il “direttorissimo” scrive all’azienda di controllare le gestioni di Gianni Riotta (Tg1) e Mario Orfeo (Tg2) su navi e dintorni.
Il Fatto ha rivelato che il Tg1 ha confezionato sei servizi su Royal Caribbean in pochi mesi e organizzato un concorso per famiglie con la multinazionale di Miami.
Minzolini inciampa con le ammissioni.
Alle agenzie confida un’attenzione particolare per la navigazione: “Royal? Notizie infondate e gettate lì a caso – ha aggiunto il direttore -. Io sono andato a un paio di eventi di società concorrenti rispetto a quella citata”.
La concorrente è la Msc crociere: Minzolini e la deputata Gabriella Giammanco hanno brindato al varo di Msc Fantasia al porto di Amburgo.
Al Fatto sfugge il “secondo evento”. Nessun problema.
Anche Msc fa parte della scuderia di aziende vicine a Bruno Liconti, giornalista e intermediario di varie società di viaggio.
Sul sito personale di Liconti – Occhisulmondo – i marchi sono citati uno a uno: Royal, Ora Hotels, G40 un mondo di vacanze.
I rappresentanti delle tre società , il 24 maggio scorso, discutono di “mete tradizionali” a Prima pagina, la rubrica del Tg1 all’interno di Unomattina.
Liconti fa bene il suo mestiere, riesce a piazzare ospiti e interviste nei programmi della televisione pubblica, semmai il Tg1 esagera e Minzolini confessa (per proteggersi) che Liconti ha un contratto di collaborazione con Uno-mattina/Tg1: “Da tempo. Io l’ho soltanto confermato”.
E nonostante il conflitto d’interessi, come documentato dalle foto del Fatto, il direttorissimo ha trascorso le vacanze in Kenya con Liconti, Metalli e la Giammanco.
La pubblicità occulta invade lo spazio del Tg1 a Unomattina: memorabile la ribellione del conduttore Stefano Ziantoni che lancia, mal volentieri, un pezzo commissionato dal vicedirettore Susanna Petruni e critica l’interruzione di corrispondenze da Haiti per il terremoto con suggestive immagini di enormi navi di Royal.
Al Fatto risulta che la stessa Msc sia infuriata con Sipra, la concessionaria pubblicitaria di viale Mazzini.
Una protesta che suona più o meno così: noi compriamo la pubblicità , la Royal ha un palchetto in vetrina senza pagare.
Che farà adesso la Sipra? Cederà spazi gratuiti in cambio oppure sceglierà di risarcire Msc?
Minzolini ha lanciato la campagna elettorale, il Pdl risponde presente.
Fabrizio Cicchitto (capogruppo alla Camera) completa il discorso: “Il fatto che via sia un fuoco di fila contro Minzolini proveniente da più parti e a ripetizione dimostra il fastidio per una voce fuori dal coro. Gli confermiamo pertanto la nostra solidarietà per attacchi che hanno tutto il sapore di una rappresaglia politica”.
Segue Maurizio Gasparri: “Mentre il Tg1 fa un’inchiesta sull’inquietante resa dello Stato alla mafia sotto un governo di centrosinistra, piovono contestazioni risibili”.
L’opposizione – Pd e Italia dei Valori -, il sindacato Usigrai e l’associazione Articolo 21 chiedono le dimissioni del “direttorissimo”.
Carlo Rognoni (Partito democratico) pensa a una Rai in crisi economica e che venerdì sarà in sciopero generale: “Se fosse vero anche solo in parte, Minzolini non sarebbe certo un bel esempio per i tanti giornalisti Rai che fanno il loro mestiere con onestà e serietà ”.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 8th, 2010 Riccardo Fucile
UN DOSSIER DI “LIBERA”, L’ASSOCIAZIONE DI DON CIOTTI, REGISTRA E DENUNCIA IL MALAFFARE SEGUITO AL TERREMOTO DELL’AQUILA… LA DITTATURA DELLA PROTEZIONE CIVILE, LO SBARCO DELLE CRICCHE, I LEGAMI CON LE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO…1600 BAGNI CHIMICI PIU’ DEL RICHIESTO, BUTTATI 4 MILIONI DI EURO… ILCOSTO A MQ DELLE CASE, LE AZIENDE SOSPETTATE DI MAFIA
È un viaggio nella fossa d’Abruzzo e nella ricostruzione che non c’è, un’inchiesta completa sul business fatto sui morti e fra i palazzi di sabbia, un rapporto da brivido su appalti piccoli e grandi pilotati in nome di un’emergenza che non finisce mai.
Il dossier ha per titolo “L’Isola Felice” e descrive cosa è accaduto all’Aquila già nella notte fra il 5 e il 6 aprile 2009, quando a poche ore dalla tragedia con i soccorsi sono arrivati anche i primi sciacalli.
Una cinquantina di pagine firmate da Angelo Venti su bagni chimici e aziende al di sotto di ogni sospetto, sul mistero delle macerie scomparse, sul giallo degli isolatori sismici non omologati, sui costi delle case promesse da Berlusconi.
“È un lavoro che abbiamo voluto tutti noi di Libera perchè, oggi più che mai, abbiamo il dovere di rompere il silenzio”, dice don Luigi Ciotti.
Il rapporto sarà distribuito in 40mila copie la prossima settimana all’Aquila.
“La scossa delle 3.32 ha spazzato via quel velo di ipocrisia che copriva chi si ostinava a parlare ancora di questa come un’isola felice”, scrive Venti partendo subito dal primo affare: l’oro dei bagni chimici.
Quell’odore di mafie lo sentono subito in Abruzzo.
Così apre il dossier: “Il rischio delle infiltrazioni non deve attendere l’inizio della ricostruzione, anzi arriva nelle prime ore insieme con la Protezione Civile e con un appalto sul modello di gestione dei Grandi Eventi”.
Il costo sostenuto per i bagni chimici è una parte consistente delle spese della prima emergenza: quasi un quarto dei fondi per il mantenimento delle tendopoli.
Le segnalazioni raccolte dal presidio di Libera parlano di liquami smaltiti illegalmente nei fiumi, di bolle di trasporto falsificate, di ditte che subiscono sabotaggi, di contatti fra i manager di quelle aziende e funzionari della Protezione civile per gonfiare le fatture.
Molte di quelle società , da anni, collaboravano con la Protezione civile per la gestione dell’emergenza rifiuti in Campania.
Alla fine, nelle tendopoli, si conteranno circa 3.600 bagni chimici, ciascuno al prezzo di 79 euro al giorno e per una spesa di oltre 8 milioni al mese.
Da conti fatti dagli esperti i bagni trasportati nel “cratere” sarebbero stati 1.600 in più del necessario: oltre 3 milioni e 800 mila euro al mese sottratti alla ricostruzione vera.
Poi c’è l’affare oscuro delle macerie.
Scoperto il 13 aprile 2009, giorno di Pasquetta, quando i ragazzi di Libera fotografano ruspe e camion che trasportano a Piazza d’Armi, zona militare interamente recintata.
Le macerie e ogni sorta di arredi ed effetti personali vengono macinati dentro due macchine tritasassi.
Gli autisti dichiarano che provenivano dalla Casa dello studente e altri palazzi crollati in via XX settembre, un paio di giorni prima la procura – per quei palazzi – aveva annunciato l’apertura di un’inchiesta per “crolli sospetti”.
Si blocca tutto.
“Ma lo smaltimento è anche un affare da decine di milioni di euro che scatena gli appetiti di speculatori e criminalità “, scrivono quelli di Libera.
E spiegano: “Anche la vicenda della ditta che detiene la proprietà della ex Teges (è l’unica cava dove hanno rovesciato le macerie, ndr), la T&P srl, fa sorgere altre domande. Nel giugno 2009 la T&P vede l’ingresso di un nuovo socio con legami con diverse altre società , tra cui l’aquilana Abruzzo inerti srl, partecipata a sua volta dalla romana Sicabeton spa, grossa azienda con interessi in Italia e all’estero”.
Personaggi e società del gruppo Sicabeton sono stati indagati dai carabinieri di Palermo e figurano in un rapporto consegnato nel 1991 al giudice Falcone. La Sicabeton spa, poi, risulterebbe inserita nell’elenco delle imprese a rischio censite dalla Procura nazionale antimafia.
È tutto un intrigo di soldi e cemento.
E a gestire il cantiere più grande d’Europa è il Dipartimento di Protezione civile.
Altro capitolo, il Progetto C. a. s. e.: “È la prima volta nella storia delle catastrofi italiane che la Protezione civile si occupa di ricostruzione sostituendosi agli enti locali. Quello degli alti costi del Progetto C. a. s. e. è un capitolo aperto, non si hanno dati completi delle spese effettive e non vi è accordo sui costi reali da conteggiare”.
A giugno 2010, la Procura nazionale antimafia e la procura dell’Aquila però hanno iniziato le indagini “per accertare se i 2.700 euro a metro quadrato pagati sono rispondenti alla qualità delle realizzazioni”.
Nel dossier si ricostruisce anche il primo caso sospetto di infiltrazione mafiosa.
È il giugno del 2009 e si scopre che fra le ditte del movimento terra a Bazzano, c’è l’Impresa Di Marco srl di Carsoli: l’amministratore unico è Dante Di Marco, lo stesso della Marsica plastica srl coinvolta due anni prima in un’inchiesta dove era finito Massimo Ciancimino con i suoi soldi. Un’inchiesta che gli investigatori definirono “il primo caso conclamato di presenza mafiosa in Abruzzo”.
Oggi sono oltre 300 le imprese siciliane, calabresi e napoletane “attenzionate” dall’antimafia.
Molte hanno sede sociale al nord, naturalmente sono intestate a figli o a nipoti, mafiosi e camorristi.
Attilio Bolzoni e Carmine Saviano
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 8th, 2010 Riccardo Fucile
TRADISCE CHI INFANGA UN PAESE NEL NOME DEI SUOI INTERESSI… IL CORSIVO DI FILIPPO ROSSI SU FAREFUTUROWEB
Vogliamo ancora giocare con la categoria del tradimento? 
È quello che sembra voler fare lo stato maggiore del Pdl insieme ai suoi mazzieri a mezzo stampa.
Un articoletto apparso oggi sul quel foglio sporco di propaganda che corrisponde indecorosamente al nome di Libero racconta di quando il deputato finiano Enzo Raisi tradì per la prima volta all’età di… quindici anni. Quindici anni, avete letto bene.
Sicuramente la puzza rancida di questo articolo non è la stessa delle foto sbattute in prima pagina, ma dimostra comunque quanto il berlusconismo “culturale” sia arrivato a un punto di non ritorno, di quanto stia rimestando nelle fogne dell’animo umano, nella putrida melma di biechi sentimenti che si fingono idee.
Tradimento, allora. Accettiamo la sfida.
Perchè solo i cani sono fedeli a qualsiasi padrone, brav’uomo o delinquente che sia.
Perchè solo gli schiavi hanno l’obbligo di fedeltà , senza se e senza ma.
Solo i sudditi devono giurare fedeltà a un sovrano assoluto.
Per il resto, l’obbligo di fedeltà a un uomo, a un capo, a un duce, finisce qui. La politica, invece, è materia per uomini liberi.
È materia per uomini che decidono di volta in volta se dare o no fiducia a un leader.
E se di tradimento si può parlare, non è certo quello di cui gli ascari berlusconiani vanno cianciando in questi giorni.
Il tradimento politico è piuttosto quello perpetuato da chi chiede eterna fedeltà ai suoi compagni di strada.
Da chi cerca di farsi gli affari suoi; da chi supera ogni confine del decoro e del vivere civile; da chi pretende di impartire ordini.
Ma non è finita.
Perchè se di tradimento bisogna per forza parlare, allora vero traditore è chi distrugge il buon nome della propria patria nel mondo; chi, ancora, esalta la propaganda invece del buon senso.
Vero traditore è chi fa del suo ruolo pubblico un affare privato.
E chi non sa rappresentare un intero popolo.
Chi non è in grado di fare un passo indietro.
Chi si crede inamovibile.
Vero traditore è chi calpesta le regole in nome del suo infinito narcisismo. Vero traditore è chi tratta i suoi alleati come se fossero dipendenti.
E chi non ha il senso del limite.
Se di tradimento ci costringete a parlare, l’unico vero traditore si chiama Silvio Berlusconi.
Filippo Rossi
Farefuturoweb
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Dicembre 8th, 2010 Riccardo Fucile
IN CINQUE ANNI 437.000 IMPRENDITORI E LAVORATORI AUTONOMI IN MENO, 2.242.000 GIOVANI DISOCCUPATI, IL MADE IN ITALY HA PERSO LO 0,3%… SIAMO IL PAESE EUROPEO A PIU’ BASSO RICORSO A ORARI FLESSIBILI, 100 MILIARDI DI EVASIONE PARI AL 4,7% DEL PIL… IN 672 COMUNI E’ PRESENTE LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA
In un modo o nell’altro, l’Italia ha resistito alla fase peggiore della crisi economica, nonostante un tasso di crescita più basso rispetto agli altri grandi Paesi europei e ad una disoccupazione ancora presente ad un livello troppo elevato.
Tuttavia, anche se le difficoltà contingenti sono state in parte superate, non c’è di che essere ottimisti: «Anche se ripartisse la marcia dello sviluppo, la nostra società non avrebbe lo spessore e il vigore adeguati alle sfide che dobbiamo affrontare».
Non solo: «Nel Paese sono evidenti manifestazioni di fragilità sia personali sia di massa, comportamenti e atteggiamenti spaesati, indifferenti, cinici, passivamente adattivi, prigionieri delle influenze mediatiche, condannati al presente senza profondità di memoria e di futuro».
E ancora: «Si afferma un’onda di pulsioni sregolate», con comportamenti individuali orientati ad un «egoismo autoreferenziale e narciscistico» che sfocia in episodi di violenza famigliare, nel bullismo gratuito, nel gusto apatico di compiere delitti comuni, nella tendenza a facili godimenti sessuali, nel ricambio febbrile degli oggetti da acquisire e nella ricerca di esperienze che sfidano la morte, come il recente fenomeno del «balconing».
In sostanza: «Siamo una società pericolosamente segnata dal vuoto, visto che ad un ciclo storico pieno di interessi e di conflitti sociali si va sostituendo un ciclo segnato dall’annullamento e dalla nirvanizzazione degli interessi e dei conflitti».
È una fotografia impietosa quella scattata dal Censis nel suo 44esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese.
L’Italia del 2010 viene rappresentata di fatto come un’«ameba», un’entità informe e senza spina dorsale che stenta a prendere coscienza del proprio potenziale e a compiere quello scatto di orgoglio che le consentirebbe di riprendere forza e di guardare avanti.
Le motivazioni, secondo i ricercatori, sono da ricercare in diversi fattori: il venir meno dei valori alti che hanno caratterizzato i decenni passati, a partire dalla spinta emotiva ricevuta in eredità dal risorgimento, la delusione per un’economia di mercato che ha disatteso molte speranze, la mancanza di fiducia nella classe politica e nella sempre più marcata verticalizzazione di quest’ultima.
Gli italiani soffrono di un vero e proprio «calo di desiderio» che si manifesta in ogni aspetto della loro vita:appagati i traguardi che ci si prefiggeva in passato (dalla casa di proprietà che oggi è una realtà per la maggior parte delle famiglie alla possibilità di andare in vacanza o possedere beni) ci si confronta oggi con la frenetica rincorsa ad oggetti «in realtà mai desiderati», come l’ultimo modello di telefonino, magari il quinto o il sesto cambiato in pochi anni. .
I dati economici, del resto, non sono confortanti. In Italia, patria della piccola impresa, da qualche tempo sta venendo meno il lavoro autonomo, che ovunque nel mondo è stato il motore che ha consentito l’uscita dalla crisi: dal 2004 al 2009 c’è stato un saldo negativo di 437 mila imprenditori e lavoratori in proprio, con un calo percentuale del 7,6%.
E c’è un aumento della disoccupazione tra i giovani che nei primi due trimestri è stato del 5,9%, a fronte di una riduzione media che nel resto d’Europa è stata dello 0,9%.
Nel nostro Paese sono 2.242.000 le persone tra i 15 e i 34 anni che non studiano, non lavorano e neppure cercano un impiego, anche per la propensione — confermata da più della metà dei giovani italiani in questa fascia di età – a non accettare lavori considerati faticosi o di scarso prestigio.
L’appiattimento in campo economico va ricercato, secondo il Censis, anche in altri fattori e, soprattutto, nel confronto con quanto accade all’estero.
Tra il 2000 e il 2009 il tasso di crescita dell’economia italiana è stato più basso che in Germania, Francia e Regno Unito.
Il made in Italy ha perso lo 0,3% su base mondiale, attestandosi su una quota di mercato globale del 3,5%.
E a perdere terreno sono stati i comparti a maggiore tasso di specializzazione, dalle calzature ai mobili, che fino ad oggi avevano rappresentato un plus per le nostre esportazioni.
E non è tutto: l’Italia è il Paese europeo con il più basso ricorso a orari flessibili (solo l’11% delle aziende con più di 10 addetti utilizza turni di notte, solo il 14% fa ricorso a lavoro domenicale e il 38% a quello del sabato. Ed è inoltre, tra le nazioni del vecchio continente, quella in cui meno si adottano modelli di partecipazione dei lavoratori agli utili dell’azienda: ciò avviene solo nel 3% del totale, contro una media europea del 14.
E poi i mali tutti (o soprattutto) italiani.
A partire dall’economia in nero, basata su un’evasione fiscale da 100 miliardi di euro all’anno, che drena risorse pari al 4,7% del Pil. Tra il 2007 e il 2008 l’economia irregolare si stima sia cresciuta del 3,3%.
Un’indagine del Censis stesso dice che gli italiani ne sono in parte consapevoli, che il 44,4% di loro la considera il male principale della nostra economia e che più della metà degli interpellati sarebbe favorevole ad un aumento dei controlli anti-evasione.
Tuttavia, più di un terzo degli italiani ammette candidamente di non richiedere scontrini o fatture a esercenti e professionisti, soprattutto se questo consente loro di risparmiare qualche euro.
Infine c’è il capitolo della criminalità organizzata che in Sicilia, Campania, Calabria e Puglia — che insieme registrano 672 comuni i cui risultano presenti sodalizi criminali che la fanno da padroni – occupa stabilmente più del 54% del territorio totale.
argomento: Costume, economia, emergenza, Politica, povertà, radici e valori | Commenta »