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IL RICHIAMO DI NAPOLITANO AL RISPETTO NELLA LOTTA POLITICA SI INFRANGE CONTRO L’IPOCRISIA DEL PARTITO DEGLI ACCATTONI

Maggio 11th, 2011 Riccardo Fucile

QUANDO PERFINO UNA MORATTI SI ABBASSA A GETTARE FANGO SUGLI AVVERSARI, VUOL DIRE CHE ORMAI BERLUSCONI E’ IN CONFUSIONE TOTALE… QUESTA E’ L’ITALIA DOVE E’ LECITO DARE DEGLI EVERSORI AI MAGISTRATI E COSTRUIRE MACCHINE DEL FANGO PER DIFFAMARE CHI NON LA PENSA COME TE

Ben ha fatto Napolitano a ricordare oggi che “«lotta politica non sia guerra continua tra le parti che competono per la maggioranza alle elezioni» e a invocare il “sogno di un’Italia rispettata per la sua immagine civile e morale”. “Bisogna che sia un’Italia più serena e meno lacerata, un’Italia che sia rispettata in tutta la comunità  internazionale per il contributo che dà  e per l’immagine che ha sul piano culturale, civile e morale”.
Peccato che proprio ieri sui quotidiani vicini al premier lsi prendesse in giro il Capo dello Stato per la commozione che non ha nascosto nella commemorazione degli anni di piombo, gli anni in cui magistrati e forze dell’ordine venivano uccisi dal terrorismo e in cui ragazzi di destra e di sinistra morivano per le strade lottando per un ideale contrapposto e favorendo di fatto i governi degli “opposti estremismi”.
Erano non a caso gli stessi anni in cui l’attuale fornitore di fango mediatico finanziava con 21 miliardi Craxi per assicurarsi i diritti televisivi.
I killer di Libero, travestiti da giornalisti, hanno definito quello di Napolitano un “pianto senile ed elettorale”, dimostrando a che livelli di volgarità  sia giunto questo governo di accattoni della politica.
Accattoni per giunta molesti, perchè sono sopravissuti solo grazie ai voti comprati, alle poltrone distribuite, alla corruzione morale posta in essere, a chissà  quanti ricatti che non conosciamo ancora.
Il fatto che le prostitute sculettassero a Palazzo è persino meno grave di quanti esercitano lo stesso mestiere in Parlamento.
Chi non si adegua al regime degli accattoni viene sommerso di fango: è toccato al direttore dell’Avvenire, a Fini, alla Mercegaglia, a Montezemolo, solo per citare i casi più eclatanti.
Assistiamo allo sconcio di un premier che dopo aver proclamato “non vedo l’ora di presentermi davanti ai giudici per dimostrare la mia innocenza” ha fatto di tutto, leggi comprese, per sottrarsi al giudizio invocato a parole.
Ci fa ancora più ribrezzo quella patetica fauna che si dichiara di destra e invoca il boia per i “giudici brigatisti”.
E mentre Berlusconi cerca di evitare le condanne e lancia un genere di accuse al potere giudiziario che in qualsiasi Paese occidentale avrebbero portato all’intervento della forza pubblica o degli operatori psichiatrici, ci tocca vedere persino una come la Moratti andare fuori di testa, sia che balli “viva la mamma” sul palco del teatrino berlusconiano, sia che lanci accuse personali a un avversario politico.
Priva di argomenti, con l’acqua alla gola, invece che parlare dei problemi di Milano, non ha di meglio che accusare Pisapia di aver usufruito di una amnistia per un reato di furtodi 30 anni fa.
Mal consigliata, visto che Pisapia fu assolto da quel reato con formula piena, dopo essersi fatto 4 mesi di galera.
Questi sono i metodi dei berluscones, inutile sperare che cambino.
Più si avvicina la loro fine, più schizzano fango verso tutto e tutti.
Noi non siamo concilianti: per questa gente nessuna pietà .

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LA MORATTI E’ ALLA FRUTTA E LANCIA FANGO MEDIATICO SU PISAPIA: “E’ STATO AMNISTIATO PER IL FURTO DI UN’AUTO UTULIZZATA PER UN PESTAGGIO”…LA REPLICA: “NE RISPONDERA’ IN TRIBUNALE”

Maggio 11th, 2011 Riccardo Fucile

DURANTE UN CONFRONTO SU SKY, IL PDL RISPOLVERA LA MACCHINA DEL FANGO CONTRO GLI AVVERSARI, MA STAVOLTA RISCHIA L’EFFETTO BOOMERANG: PISAPIA   E’ STATO ASSOLTO PER NON AVER COMMESSO IL FATTO…NIENTE STRETTA DI MANO ALLA FINE TRA I DUE CANDIDATI

Il sindaco uscente di Milano, Letizia Moratti, che accusa Giuliano Pisapia di essere il responsabile del sequestro e del successivo pestaggio di un giovane.
E il candidato sindaco del centrosinistra che replica puntando il dito su “un falso e una calunnia”.
Si è concluso così, fra molte polemiche e con nessuna stretta di mano, la sfida televisiva tra i due principali   protagonisti delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio.
E’ toccata alla Moratti prendere la parola per l’ultimo intervento del confronto televisivo che andrà  in onda questo pomeriggio dagli schermi di Sky.
Con il sindaco uscente che ha rivendicato di essere una “moderata” per prendere le distanze dal candidato del centrosinistra: “Continueremo con una politica moderata, la mia è una formazione professionale moderata e la mia è una famiglia moderata”.
Poi l’attacco verso Pisapia, “giudicato dalla Corte d’assise – ha detto la Moratti – responsabile del furto di un veicolo usato per il sequestro e il pestaggio di un giovane. Poi è stato amnistiato”.
Le regole del programma hanno impedito a Pisapia di replicare.
L’avvocato ha però mostrato tutta la propria indignazione nei confronti del sindaco uscente: “Questa cosa è vergognosa, è un falso e una calunnia”.
E così non c’è stata alcuna stretta di mano tra i due avversari in corsa per Palazzo Marino.
“La Moratti ha detto il falso sapendo di dire il falso e di diffamarmi: cosi’ non si fa la campagna elettorale – ha commentato poi Pisapia fuori dagli studi di Sky – I milanesi capiranno che chi è bugiardo continuerà  a esserlo come è stato in questi anni”.
E ancora: “Letizia Moratti ha fatto una cosa vergognosa strumentalizzando il fatto di essere l’ultima ad avere diritto di parola. Ha fatto dichiarazioni assolutamente false sul mio conto: sono stato vittima di un errore giudiziario, riconosciuto da una sentenza che mi ha assolto per non aver commesso il fatto, quando ancora c’era addirittura la formula dell’insufficienza di prove. Milano non merita un sindaco che usa questi metodi che non sono degni di una città  come Milano”.
E sulle azioni giudiziarie “ci penseremo dopo che sarà    terminata questa lunga, importante e bellissima campagna elettorale”.

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LA PANCIA DEL PDL IN RIVOLTA: “BASTA SPARATE DI BOSSI”

Maggio 11th, 2011 Riccardo Fucile

GALAN: “LA LEGA HA IL 10%, NOI IL 30%”… COME AVEVA DENUNCIATO FINI A SUO TEMPO, LA DERIVA LEGHISTA DEL PDL STA PORTANDO ALLA SUA DISTRUZIONE…IN CAMBIO DELLO SCUDO AI SUOI PROCESSI E PER SALVARSI DALLA GALERA, IL PREMIER SI E’ VENDUTO IL PARTITO A BOSSI … ORA QUALCUNO COMINCIA AD ACCORGERSENE

«Le parole di Bossi sono insostenibili, insopportabili. Adesso dobbiamo ingoiare il rospo ma dopo le elezioni Berlusconi dovrà  mettere i puntini sulle “i”».
La pancia del Pdl ha i crampi.
Per adesso silenzio, non una parola contro Bossi che ha rivendicato la golden share nella maggioranza.
«Diciamo la verità  – ha detto l’altra sera il Senatùr – la Lega ha quasi in mano il Paese. Berlusconi può fare, ma deve avere l’accordo della Lega».
I dirigenti del partito di ogni ordine e grado ora non posso reagire a viso aperto.
A pochi giorni da un voto molto importante, determinante per le stesse sorti del governo come va ripetendo lo stesso Berlusconi, non possono polemizzare. Solo frasi di circostanza.
Chi invece non ha peli sulla lingua è il ministro per i Beni Culturali, Giancarlo Galan, che con il Carroccio ha il dente avvelenato da un pezzo (da quando ha dovuto cedere la presidenza veneta al leghista Zaia). «Bossi ha il 10-11%, il Pdl ha il 30%, quindi la Lega ha un quarto del potere».
Ieri sera Bossi ha solidarizzato con i guai giudiziari del premier: «Io non sono così d’accordo con i magistrati, certo hanno esagerato: per un poveraccio che deve fare il premier diventa difficile portare avanti le riforme se deve andare in tribunale per tutte le stupidaggini».
E ancora: «Berlusconi ha molte difficoltà  a fare il premier, perchè è imprigionato con tutte quelle vecchie leggi che ci sono, imprigionato nel suo compito di fare le leggi».
Ma il quadro non cambia.
Avrà  pure un quarto del potere, ma con la sua falange parlamentare Bossi decide vita e morte di Berlusconi (ieri ha annunciato richieste di nuovi posti per i suoi).
E attraverso il legame a doppio filo con il ministro dell’Economia Tremonti ha di fatto in mano il Paese e le sue casse.
Basta chiedere lumi a senatori e deputati del Pdl, a cominciare da quelli del Sud: senza il fazzoletto verde nel taschino della giacca ottengono poco o niente.
E allora Berlusconi pensa a se stesso, a risolvere i suoi problemi giudiziari, mentre il Pdl può pure essere dissanguato dal Carroccio.
Un partito merce di scambio pur di arrivare a fine legislatura con il vento in poppa e farsi riconfermare candidato alla premiership oppure aprirsi la strada verso il Quirinale.
«E’ un conto senza il classico oste», spiega un ministro Pdl che al suo futuro ci tiene e non lascerà  facilmente campo libero ai leghisti.
Intanto, spiega questo ministro, Bossi ha rivelato che esiste un patto segreto con il responsabile dell’Economia quando avverte Berlusconi che «bisogna vedere se gli presta Tremonti per la successione».
Ma ha pure scatenato il panico dentro la sua stessa Lega: per motivi e aspettative diverse, Maroni e il cerchio ristretto della famiglia Bossi non favoriranno certo l’ascesa dell’inquilino di via XX settembre a Palazzo Chigi. Conclusione: adesso si ingoia il rospo, ma dopo le elezioni sarà  il Pdl a chiedere a Berlusconi di frenare Bossi e le sue «manie di grandezza».
Una cosa del genere, che per la verità  finora il premier non ha mai fatto e sono molti i dubbi che lo farà  in futuro, presuppone un’affermazione elettorale.
Soprattutto al Sud. «Parliamoci chiaro – dice Osvaldo Napoli – per vincere veramente a Berlusconi non basta riconfermare Milano. Deve vincere a Napoli. Senza i voti del Sud non vince nessuno».
Il ragionamento preoccupatissimo che molti dei berlusconiani fanno è che senza una risposta orgogliosa il rischio è la demotivazione dei quadri dirigenti locali, i quali potrebbero avere la tentazione di passare con il terzo Polo in vista delle politiche.
«Se il Cavaliere non mette un freno a Bossi e non si occupa del partito ci troveremo con le iniziative di Scajola moltiplicate per dieci. Alla fine non si salverà  nemmeno lui perchè non si è mai visto un presidente del Consiglio del Nord e un presidente della Repubblica pure del Nord».
Negli ultimi tre anni il Pdl ha perso quasi tre milioni di voti finiti nel buco nero dell’astensionismo o alla Lega.
Come recuperarli?
Sabato basterà  la parata del Milan?
Chissà  se su quel pullman dei campioni d’Italia ci salirà  pure Berlusconi.
Alla vigilia del voto, sicuramente da qualche parte il vero presidente del Milan sbucherà .
Con tutti quei soldi che ci ha messo…

Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)

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DE MAGISTRIS OTTIENE, CON I VOTI DEL PDL, L’IMMUNITA’ PARLAMENTARE A STRASBURGO, LA STESSA CHE A PAROLE COMBATTE IN ITALIA

Maggio 11th, 2011 Riccardo Fucile

IL PARLAMENTO EUROPEO CONCEDE L’IMMUNITA’ ALL’EX PM IN UNA CAUSA DI DIFFAMAZIONE INTENTATA CONTRO DI LUI DA MASTELLA… LA STRANA COERENZA DI CHI PREDICA BENE E POI RAZZOLA MALE

Via libera all’immunità  parlamentare per Luigi de Magistris.
La sessione plenaria del Parlamento europeo ha approvato la richiesta dell’eurodeputato dell’Idv, per usufruire dell’immunità  parlamentare nella causa per diffamazione che gli è stata intentata da Clemente Mastella, anche lui eurodeputato (Udeur/Ppe) e come de Magistris in corsa per la poltrona di sindaco di Napoli.
L’approvazione è stata a larga maggioranza per alzata di mano.
De Magistris non era presente a Strasburgo.
L’11 aprile scorso la commissione giuridica aveva dato parere positivo a favore di de Magistris.
Nel dicembre 2009 Mastella aveva incaricato i suoi legali di agire contro de Magistris per il risarcimento dei «gravissimi danni subiti in ragione dell’operato dell’ex pm di Catanzaro» nella gestione «dell’inchiesta giudiziaria Why Not». All’epoca Mastella aveva chiesto un risarcimento di un milione di euro.
Ironico il commento di Clemente Mastella: «L’ex pm, invece di esercitarsi nell’insulto gratuito, invece di attaccare il Cavaliere, dovrebbe ringraziarlo pubblicamente. Quando Berlusconi verrà  a Napoli, de Magistris dovrà  farsi trovare in prima fila ad applaudirlo, per dirgli: grazie di cuore . Oggi, infatti, con i voti determinanti dei parlamentari del Partito popolare europeo, l’Asssemblea di Stasburgo ha votato ed approvato la sua richiesta di immunità  parlamentare, richiesta avanzata dall’ex Pm per sfuggire ad una mia querela, dopo che l’inchiesta Why Not si e’ rivelata una bufala, uno stratagemma per fare carriera politica».
«L’ex pm continua a scappare ed a farsi scudo dell’immunità  di parlamentare europeo – continua Mastella – la stessa immunità  che lui ed i suoi amici di partito continuano a condannare come un intollerabile privilegio. Complimenti, complimenti davvero per una così bella faccia tosta. Un chiaro esempio di doppia morale, che gli elettori sapranno sicuramente apprezzare».
Luigi de Magistris, candidato sindaco a Napoli, commenta così l’ok dell’europarlamento all’immunità : «Ad aprile la commissione giuridica ha dato parere positivo, oggi lo stesso parere è stato dato dal Parlamento europeo. Niente è cambiato e non ho intenzione di farmi trascinare in qualsiasi triviale gazzarra pre elettorale. Del resto, ho già  detto che non ho mai usufruito di scudi e immunità  nei procedimenti penali, e nelle cause civili, con le quali mi viene richiesto un risarcimento economico per le opinioni da me espresse, ho semplicemente fatto ricorso ad un diritto stabilito dalla Costituzione e dalla normativa europea. Le opinioni dei parlamentari sono insindacabili, come è giusto che sia e come ha confermato il Parlamento Ue».
Resta il fatto che lui e l’Idv in Italia sono contro la Casta e contro l’immunità , mentre a Strasburgo l’ex pm chiede e ottiene, per giunta con i voti del Pdl, lo scudo europeo in una causa di diffamazione.
Avrebbe fatto meglio per coerenza a farsi processare: la dignità  per noi non ha prezzo.
Forse per lui sì.

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MARONI COLPISCE ANCORA: LE RADIO NON FUNZIONANO PIU’ PER MOROSITA’, I POLIZIOTTI COSTRETTI A USARE I PROPRI CELLULARI

Maggio 11th, 2011 Riccardo Fucile

GUASTE ANCHE TRE MOTO SU QUATTRO IN USO AI “FALCHI”…IL MINISTRO DELLE CHIACCHIERE CONTESTATO DAI SINDACATI DI POLIZIA: SU 39 PONTI RADIO NE RESTANO IN FUNZIONE SOLO 10, NON CI SONO SOLDI PER RIPARARLI….I FONDI PER LE MANUTENZIONI SONO STATI RIDOTTI A UN OTTAVO

Una vecchietta è stata ferita durante uno scippo e deve essere trasferita in ospedale.
Un poliziotto ha acciuffato un rapinatore e deve portarlo in caserma.
Il capopattuglia di una volante ha bisogno di essere affiancato da un’altra auto per un intervento delicato.
Sono alcune tra le emergenze di ogni giorno che si verificano durante i turni delle forze dell’ordine.
Ma per la polizia, alle difficoltà  quotidiane adesso si aggiunge anche il disagio di non riuscire a comunicare con la centrale.
Il motivo?
Dei 39 ponti radio installati tra Palermo e la provincia solo dieci sono in funzione.
Due quelli che reggono tutte le comunicazioni in città .
Ventinove rimangono fuori uso ma nessuno li ripara.
Mancano i fondi.
Risultato: il traffico sulle frequenze è congestionato e i poliziotti non riescono a comunicare con la centrale.
E così, da alcuni mesi, gli agenti per ovviare alle emergenze sono costretti a contattare la centrale del 113 con i cellulari privati.
Alcuni esempi.
Difficoltà  di comunicazione si registrano ogni giorno nella zona dello Stadio.
Il ponte radio non funziona da anni. Stessa storia per la stazione radio installata vicino al ponte Corleone e a Punta Raisi.
Anche il ponte radio Gradara, che copre la zona di Partinico, uno dei territori a più alta densità  mafiosa, è fuori uso.
I ponti radio guasti e mai riparati sono una delle conseguenze dei tagli alla sicurezza imposti dal governo e contro i quali si battono i sindacati delle forze dell’ordine.
“È l’ennesima conferma che il governo nazionale sta disattendendo tutti gli impegni assunti sul fronte della sicurezza – dice Vittorio Costantini, segretario generale provinciale Siulp Palermo – Ciò che è più grave è che si riesce a raggiungere determinati risultati solo grazie ai sacrifici degli operatori di polizia, che in alcuni casi mettono a rischio la loro stessa sicurezza”.
La ditta che ha l’appalto per la manutenzione dei ponti radio, la “Marconi impianti”, attende dal ministero dell’Interno il pagamento di commesse per 50.000 euro solo per l’anno 2010.
Ma i tagli al comparto sicurezza hanno messo in ginocchio anche il parco auto e moto della polizia.
Dagli 800.000 euro di qualche anno fa stanziati per la manutenzione dei mezzi si è passati a 116.000 euro.
Delle 550 tra volanti e auto di servizio, 190 sono in attesa di riparazione e 40 devono essere rottamate.
Ma accade anche che delle 40 moto della sezione Falchi, in città  se ne vedono girare solo 10.
Tutte le altre si trovano nell’officina della caserma Lungaro, in quello che si sta trasformando ogni giorno di più nel cimitero dei mezzi della polizia.

Romina Marceca
(da “La Repubblica“)

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CAMERA E SENATO, I NUOVI SPRECHI: “PARLAMENTO CHANNEL”, DUE TELEVISIONI CON TECNOLOGIA DIGITALE

Maggio 11th, 2011 Riccardo Fucile

SI PENSA A REDAZIONI E PROGRAMMI, TRATTATIVE IN CORSO CON LA RAI…MA IL NOSTRO PARLAMENTO NON HA NIENTE DI PIU’ UTILE DA FARE CHE PENSARE A UNA RETE TELEVISIVA?…GIA OGGI SI SPENDE QUASI 1 MILIONE DI EURO PER TRASMETTERE LE SEDUTE

Che di questi tempi l’immagine del Parlamento italiano sia un poco appannata non è una novità .
Del resto lo fanno capire senza reticenze i suoi stessi inquilini.
Qualche mese fa il presidente della Camera Gianfranco Fini si è lamentato che ormai l’attività  è ridotta all’osso con i deputati che arrivano a Roma il martedì e ripartono il giovedì, mentre il premier Silvio Berlusconi è arrivato a proporre per evitare sterili lungaggini di far votare i soli capogruppo.
«Le assemblee pletoriche – ha chiosato – sono assolutamente inutili e addirittura controproducenti. Pensate che ci sono 630 parlamentari quando ne basterebbero 100».
Cosa c’è allora di meglio, per risollevare la reputazione della nostra politica nella quale apparire è quasi tutto, di un bel canale televisivo?
Anzi, due canali. Uno per la Camera e uno per il Senato.
Direte: è uno scherzo. Niente affatto.
Quel progetto esiste da tempo e ora, grazie al digitale terrestre, sta entrando nella fase concreta.
Da qualche giorno a Montecitorio, dove gli esperti di comunicazione non mancano davvero, si è sentito il bisogno di ingaggiare per la bisogna anche un consulente esterno.
Si chiama Pino Caiola: in passato ha lavorato a Telepiù, è stato il responsabile della comunicazione del gruppo parlamentare di Forza Italia e più recentemente portavoce del ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito.
Collaborerà  con la commissione interna incaricata di seguire le questioni della comunicazione, affidata al vicepresidente Maurizio Lupi, che si occupa anche delle faccende relative all’etere.
Palazzo Madama ha invece una struttura dedicata specificamente all’argomento.
È il «Comitato per lo sviluppo della comunicazione radiotelevisiva del Senato» costituito già  nel luglio del 2009 dal consiglio di presidenza, del quale fanno parte il questore Benedetto Adragna, la vicepresidente Emma Bonino, e poi i senatori Alessio Butti, Silvana Amati, Paolo Franco e Lucio Malan.
Le trattative con la Rai, che dovrebbe fornire la piattaforma tecnologica, procedono sulla base di varie opzioni, non esclusa quella di un canale comune per le due Camere.
Forse la meno insensata (pure ammettendo che tutto ciò possa avere un senso) ma certo la meno praticabile.
Il capo ufficio stampa della Camera Giuseppe Leone si dice sicuro che il tema sarà  oggetto di consultazioni fra Montecitorio e Palazzo Madama.
Resta il fatto che l’ipotesi di un unico «Parlamento channel», con Camera e Senato gelosissimi delle rispettive prerogative, che hanno impiegato anni soltanto per aprire una porta fra le loro due biblioteche, sembra piuttosto remota.
A chi toccherebbe il direttore?
E i dirigenti, in che modo verrebbero scelti?
Senza entrare nel merito del palinsesto: chi ne avrebbe la responsabilità , e come potrebbe conciliare le rispettive esigenze?
Domande certamente cruciali.
Anche se ancora prima di queste ce ne sarebbe una fondamentale: il nostro Parlamento non ha niente di più utile da fare che pensare a una rete televisiva?
A che cosa servirebbe, o meglio «servirebbero», visto che potrebbero essere addirittura due?
E poi, a parte le ovvie considerazioni sull’audience, la Camera e il Senato forse non hanno già  le proprie tivù?
Da anni trasmettono su Internet e sul satellite la diretta delle sedute, con una spesa non proprio trascurabile.
L’affitto dalla Rai della sola frequenza satellitare costa 395 mila euro l’anno alla Camera e 384.000 al Senato.
Poi ci sono 30 mila euro circa per la web tivù, le spese per i dipendenti, l’elettricità , le attrezzature.
Somme destinate a moltiplicarsi per svariate volte nel caso in cui andassero in porto i progetti dei nuovi canali digitali terrestri.
Stime non ne esistono ancora. Ma che non si sborserebbero bruscolini è intuibile.
Si tratterebbe di due reti tv in piena regola, con strutture organizzative, redazioni, programmi… E i costi non sarebbero che uno dei problemi.
Si possono solo immaginare le difficoltà  di realizzazione nel Paese del manuale Cencelli.
Per non parlare del personale necessario.
C’è da dire che già  adesso gli apparati di comunicazione non sono propriamente esili.
Gli uffici stampa di Camera e Senato hanno strutture imponenti.
A Montecitorio ci sono un direttore e cinque capiredattori: e poi documentaristi, segretarie e commessi. Per un totale di 35 persone.
A Palazzo Madama lo staff della comunicazione, che comprende un capo ufficio e tre vicedirettori, arriva invece a una trentina di unità .
Due piccoli eserciti.
Numeri che oggi si giustificherebbero, questa è almeno la vulgata, con la singolare situazione della rassegna stampa.
Appaltata all’esterno ma di fatto confezionata all’interno.
Camera e Senato hanno in essere uno storico contratto «necessitato» (così si definiscono quelli che hanno un fornitore obbligato) con una società  specializzata, l’Eco della Stampa, che fornisce ogni giorno per via telematica centinaia di articoli.
Un semilavorato poi scremato dagli uffici che provvedono ad assemblare la rassegna vera e propria.
Tutto questo con un costo pari a 204 mila euro l’anno per il Senato e 427.000 per la Camera.
Per un totale di oltre 630 mila euro.

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)

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IL GOVERNO TEDESCO ALL’ITALIA DI MARONI: “BASTA LAMENTARSI PER GLI ARRIVI DEI PROFUGHI, SOLIDARIETA’ E’ ANCHE ADEMPIERE AGLI OBBLIGHI”

Maggio 11th, 2011 Riccardo Fucile

IL MINISTRO TEDESCO IN UNA INTERVISTA AL “FIGARO” DENUNCIA IL GOVERNO ITALIANO PIAGNONE: “UN PAESE GRANDE COME L’ITALIA E’ PERFETTAMENTE IN GRADO DI ACCOGLIERE 12.000 RIFUGIATI”…LO SCORSO ANNO LA GERMANIA DA SOLA HA ACCOLTO 40.000 PROFUGHI SENZA LAMENTARSI OGNI GIORNO

Troppe lamentele di fronte a un problema non così grave: arriva dalla Germania, attraverso il giornale francese Le Figaro, il rimprovero del ministro dell’interno tedesco, Hans-Peter Friedrich: “L’Italia non ha alcun motivo di lamentarsi per la mancanza di solidarietà ” da parte dell’Europa sulla vicenda degli immigrati arrivati sulle coste meridionali.
”Il principio della libertà  di circolazione all’interno dell’Ue non può essere in nessun caso rimesso in questione, ma è altrettanto importante che il sistema Schengen venga rafforzato per far fronte a situazioni eccezionali” ha detto Friedrich.
”Dall’inizio del sollevamento democratico (in Nordafrica) sono stati appena 25mila gli immigrati arrivati in Italia e la maggior parte di essi hanno immediatamente proseguito il viaggio verso il nord, in particolare verso Francia e Belgio”, ha sottolineato il ministro.
”Un grande Paese come l’Italia”, ha proseguito Friedrich, ”può accogliere senza grandi difficoltà  i 10mila-12mila rifugiati che hanno deciso di rimanere sul suo territorio. La solidarietà  implica anche che si rispettino i propri obblighi. Lo scorso anno la Germania da sola ha accolto oltre 40mila richieste d’asilo”.
Invece non passa giorno che Maroni si pianga addosso e si lamenti per il mancato aiuto europeo, come se un grande Paese come il nostro non potesse far fronte a questi modesti arrivi in modo autonomo.
Se altri Paesi europei avessero avanzato le stesse richieste, quando è toccato a loro far fronte alle emergenze profughi, ci avrebbero dovuto inviare decine di migliaia di rifiugiati.
Ma non ci risulti che allora l’Italia si sia dichiarata disponibile ad accoglierli, in base a quegli stessi principi che ora pretenderebbe di imporre agli altri Stati.

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IL CIE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE: LA PICCOLA GUANTANAMO CAMPANA

Maggio 11th, 2011 Riccardo Fucile

IL RACCONTO DI CHI SOPRAVVIVE AL CENTRO DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE TRA VIOLENZE, REGOLE RIGIDISSIME, DOCUMENTI INCOMPRENSIBILI E IL TERRORE DEL RIMPATRIO

Chiuso in un campetto circondato da una rete. Osservato giorno e notte dagli agenti. Costretto in una tenda con dieci persone.
E alla fine, magari, rispedito in Tunisia.
Per finire nella “piccola Guantanamo”, come viene chiamata dai migranti, Samir ha dato tutti i risparmi agli scafisti e ha rischiato di morire su un relitto fino a Lampedusa.
“Sarai ospitato in un centro di accoglienza”, gli hanno detto portandolo a Santa Maria Capua Vetere.
E invece lo hanno rinchiuso in questo campo di calcio che con un decreto è stato trasformato in Cie (Centro di identificazione ed espulsione).
Una specie di prigione.
Difficile accertare come siano trattati gli “ospiti” del Cie di Santa Maria Capua Vetere. Entrare è impossibile.
Devi salire all’ultimo piano di uno dei condomini che si affacciano sulla vecchia caserma che ospita il campo.
Da lassù capisci: da una parte il carcere militare, dall’altra la caserma.
Nel campo ecco una quarantina di tende blu.
Intorno decine di poliziotti e carabinieri con le camionette. Gli immigrati sono costretti a passare le giornate dentro le tende.
Lo chiamano Cie, ma ricorda un po’ le immagini del Sudamerica negli anni Settanta: “Il 26 aprile quei disperati si sono ribellati: hanno cercato di scavalcare il muro di cinta alto sei metri. C’erano ragazzi che cadevano, che si ferivano con i cocci di bottiglia in cima al muro. Urla, sangue. Decine sono scappati, gli altri sono rimasti al campo”, racconta Luisa, una donna che dal suo appartamento si vede davanti la scena.
Ma che cosa è successo davvero a Santa Maria Capua Vetere?
Gli avvocati Cristian Valle e Antonio Coppola hanno raccolto i racconti di Samir e dei suoi compagni nei verbali della polizia: “Ci hanno portato qui il 18 aprile. Nonostante ci dicessero che avremmo avuto un permesso di soggiorno temporaneo, da quel giorno è come se fossimo in prigione. Addirittura il 21 aprile il governo ha trasformato il campo in un Cie, senza nemmeno che fossimo avvertiti”.
Quando i tunisini apprendono che la struttura che doveva accoglierli, curarli e restituirli alla libertà , si è trasformata in una prigione, scoppia la ribellione che il 26 aprile porta alla maxi-evasione.
Da quel momento le condizioni di detenzione per chi non è riuscito a fuggire diventano durissime. “Dicono che abbiamo firmato un foglio che li autorizzava a trattenerci, ma non è vero”, raccontano gli immigrati nei verbali.
Già , il primo punto è questo: “Le autorità  dicono che i tunisini avrebbero autorizzato la polizia a trattenerli. Ma gli immigrati a noi raccontano di aver firmato per ottenere i vestiti. Alcuni giurano che le firme non sono le loro”, sostiene Mimma D’Amico del centro sociale Ex Canapificio di Caserta.
Mimma è una ragazza con gli occhi azzurri che contrastano con questo ambiente duro.
Con i suoi amici da anni segue gli immigrati, a cominciare dagli africani che a due passi da qui, a Casal di Principe, vivono — e vengono uccisi — come bestie.
I ragazzi dell’Ex Canapificio, insieme con la Caritas, seguono i tunisini del campo: “Abbiamo presentato un esposto. Non si può trasformare l’assistenza in detenzione”.
Ma in mezzo all’ondata di decine di migliaia di immigrati, i 102 ospiti di Santa Maria Capua Vetere sono stati dimenticati.
È Abdul, il nome è di fantasia, a raccontare la loro storia: “Siamo 11 per ogni tenda, senza vestiti. Ci lasciano andare in bagno una volta al giorno… dobbiamo fare i nostri bisogni nelle bottiglie. E non possiamo nemmeno andare in infermeria… siamo trattati come animali. Di notte c’è freddo, ci hanno dato solo una coperta. Siamo costretti a dormire sempre perchè non c’è la luce”.
Abdul adesso potrebbe essere rispedito in Tunisia: “Sarebbe una tragedia. Ben Alì se n’è andato, ma ci sono i suoi amici. La gente come noi che ha partecipato alle manifestazioni rischia grosso”.
Tutto vero? Questo raccontano Abdul e i suoi amici.
Di sicuro i tunisini secondo la legge avrebbero il diritto di essere ascoltati uno per uno.
Dovrebbero essere ospitati in condizioni dignitose, anche se negli ultimi giorni (da quando la Croce Rossa gestisce il campo) le tende sono meno affollate e i controlli più elastici.
Il racconto di Abdul trova comunque conferme nelle parole di Marco Perduca, senatore radicale che ha visitato il campo: “Questo centro è fuori della legge. Non può ospitare persone addirittura per sei mesi. Non si può stare così… nei giorni scorsi ha piovuto, ci sono materassi bagnati, gente che dorme praticamente per terra. E poi mancano controlli sanitari: se ci fossero persone con malattie infettive qui non si saprebbe. Per non dire dei feriti… ho visto persone ingessate, altre con tumefazioni che potrebbero essere provocate da scontri fisici”.
Non basta: “Le persone che richiedono assistenza non dovrebbero stare nel Cie, invece noi abbiamo visto anche famiglie, perfino un minore… gente che vive ignorando che cosa li aspetta”.
Dalla Prefettura di Caserta la raccontano diversamente: “Gli immigrati vivono in condizioni dignitose. Emergenze? C’è stata una fuga di massa. Qualcuno si è ferito scavalcando il muro”. Gli immigrati dicono che non vi hanno mai autorizzato a trattenerli… “Hanno firmato di loro spontanea volontà ”.
Gli agenti del campo, però, sussurrano: “Qui è un casino: da una parte ci sono questi poveracci, dall’altra ci arrivano ordini da Roma. E noi siamo in mezzo”.
La signora Luisa dalla finestra della sua casa sorride amara: “Mi sembra impossibile che quei ragazzi abbiano firmato per essere trattati così. Chissà … parlano arabo, non capiscono una parola di italiano, se un carabiniere gli dice di firmare un foglio che cosa volete che facciano?”.
Poi Luisa guarda lontano, verso la campagna di Casal di Principe, verso l’orizzonte, dove si vede il bagliore del mare, Napoli: “Questa è una terra difficile. Abbiamo un sacco di guai per conto nostro, ma quei ragazzi fanno pena. Chissà  cosa direbbero le loro madri se li vedessero ridotti così”.

Ferruccio Sansa
(fa “Il Fatto Quotidiano“)

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LOBBISTI IN BARCA: LA GUARDIA DI FINANZA TROVA 275.000 EURO SUI CONTI DELLA SOCIETA’ DEGLI AMICI DI D’ALEMA

Maggio 11th, 2011 Riccardo Fucile

A ROMA I PM STUDIANO I FINANZIAMENTI ALLA FONDAZIONE ITALIANI-EUROPEI…A MILANO INVECE SI INDAGA SULLA SANITA’… TROVATI RISCONTRI: NON DICEVA BUGIE L’IMPRENDITORE PIO PICCINI QUANDO RACCONTAVA DI AVER PAGATO IL COMPAGNO DI REGATE DI D’ALEMA, VINCENZO MORICHINI, PER LA SUA ATTIVITA’ DI PRESSIONE SU ENTI PUBBLICI

Non mentiva quando raccontava ai pm di avere stipulato un contratto di lobbying (Piccini lo definisce anche “faccendiere”) per vincere l’appalto delle intercettazioni di Finmeccanica e non sbagliava quando rispondeva positivamente alla domanda del pm Paolo Ielo, “Questa attività  con il mondo delle istituzioni, Morichini la faceva anche per altri?”.
Grazie alle verifiche bancarie sulla SDB Srl di Morichini e soci, effettuate dal nucleo valutario della Guardia di Finanza, si è scoperto che la Soluzioni di Business Srl (ma forse sarebbe stato meglio chiamarla Soluzioni di Politica) ha incassato dal luglio 2009 al febbraio del 2011 ben 275 mila euro.
I soldi provenivano in gran parte da soggetti che operavano con la pubblica amministrazione: imprese informatiche come la Themis di Piccini (18 mila euro), grossisti di articoli medicinali come il gruppo Foretec di Viscardo Paganelli, (90 mila euro a SDB) e poi ancora la Cler, Cooperativa Lavoratori Elettricisti Romani (20 mila euro) e poi costruttori e operatori della sorveglianza.
Dopo aver ricostruito le entrate (non trascendentali a dire il vero) della società  degli amici di D’Alema l’informativa della Guardia di Finanza depositata il 22 marzo del 2011 ricostruisce gli appalti erogati da enti o società  pubbliche alle imprese che pagavano la SDB degli amici di D’Alema: nell’azionariato oltre a Morichini con il 20 per cento, c’è anche Adolfo Orsini, dirigente dell’Arsial Umbria con il 10 per cento mentre l’amministratore in carica fino al giugno 2009 era Massimo Bologna, cugino di D’Alema per parte di mamma.
Si scopre così che, per esempio, la CLER, Cooperativa Lavoratori Elettricisti Romani, dal 2008 al 2010, ha ottenuto appalti dalla Provincia di Roma guidata dal Pd Nicola Zingaretti per poco meno di 4 milioni di euro ma anche appalti per valori simili dal Comune di Roma e dall’Acea, nell’era Alemanno.
Mentre l’appalto più grande della Foretec, per 14 milioni di euro, è arrivato dall’ospedale Sant’Antonio Abate di Gallarate.
Sembra difficile mettere in relazione l’affidamento degli appalti pubblici con l’attività  di lobbying e con i pagamenti effettuati alla società  degli amici di D’Alema.
Mentre è più interessante la copia del contratto di consulenza stipulato in data 13 ottobre del 2009 tra OMEGA.IT e la SDB che è stato trovato durante le perquisizioni.
Questo contratto firmato da Piccini e Morichini, prevede che “Omega svolge la propria attività  principalmente nel settore della progettazione ed erogazione di servizi connessi al campo informatico, telematico e di sistemi di comunicazione…OMEGA.lT ha deciso di avvalersi dell’attività  di Sdb Srl “per attività  di assistenza, consulenza e di lobbying nell’ambito delle finalità  di sviluppo e di crescita ….. al fine di sviluppare positive relazioni con le Istituzioni centrali e periferiche” .
Quel contratto prevede solo il pagamento di un “compenso annuo di € 30.000,00 più IVA non suscettibile di revisione, salvo spese straordinarie”.
Mentre non c’è la percentuale del 5,5 per cento che, secondo quanto dichiarato da Pio Piccini ai pm, l’imprenditore avrebbe dovuto pagare in caso di affidamento dell’appalto da parte di Finmeccanica, grazie all’aiuto di Morichini. Nè ovviamente c’è traccia della spartizione di quella percentuale (pari a mezzo milione di euro circa) tra la Morichini, la Fondazione Italianieuropei e il Partito Democratico.
Mentre la Procura di Roma indaga sulle false fatture delle imprese che finanziavano la Fondazione Italianieuropei di Massimo D’Alema, c’è una seconda indagine milanese del Procuratore aggiunto Francesco Greco che punta sugli appalti all’informatizzazione nella sanità  lombarda.
Il verbale di Piccini pubblicato ieri è frutto di un interrogatorio reso il 15 settembre del 2009 dall’imprenditore arrestato per il crack delle società  telefoniche Agile e Omega, davanti ai pm romani Paolo Ielo e Giuseppe Cascini ma anche dinanzi al coordinatore del pool reati finanziari di Milano.
Solo le pagine relative agli affari tentati con le regioni rosse, come Umbria e Marche, e con Finmeccanica, e propiziati dagli amici di Massimo D’Alema, sono state depositate.
Mentre le pagine del verbale omissate riguardano il fascicolo numero 52429 del 2009 che è segreto e che preoccupa non poco gli imprenditori che operano con le pubbliche amministrazioni in Lombardia, stavolta con l’aiuto di faccendieri vicini al centrodestra.
“A Morichini parlo di sanità  e la parte interessante era l’Umbria” dice Piccini a Greco e Ielo “perchè lì potevamo clonare le stesse attività  che erano state già  fatte con la Regione Lombardia”.
La società  Themis di Piccini ha effettivamente portato avanti un progetto pilota per archiviare in via informatica le cartelle cliniche delle Asl in Lombardia.
E sono probabilmente i lobbysti lombardi, che Piccini ha citato nei suoi interrogatori, a interessare il pm Greco.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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