Luglio 23rd, 2011 Riccardo Fucile
SI RITORNA AL “PROCESSO LUNGO” PER SALVARE BERLUSCONI… NEI SONDAGGI CROLLA AL 25% LA FIDUCIA NEL PREMIER E AL 26% QUELLA DEL GOVERNO…NAPOLITANO SALE AL 90%
Approvare la norma blocca-Ruby subito, prima della chiusura estiva delle Camere.
Per lanciare un segnale preciso sulla giustizia, in controtendenza rispetto alla sconfitta su Alfonso Papa e alle voci insistenti di procure in movimento all’assalto del palazzo.
Questo pretende Berlusconi prima delle vacanze.
Questo sta chiedendo ai suoi ormai da giorni. “Dobbiamo opporre resistenza e far capire con nettezza che non piegheremo la testa di fronte a questa nuova ondata di giustizialismo dilagante”.
Niente di meglio, per riuscirci, che un’altra delle sue leggi ad personam. Quella ribattezzata “processo lungo”, che contiene già due zeppe per rallentare i dibattimenti, in particolare i suoi a Milano, Ruby, Mills, Mediaset, Mediatrade.
Più poteri alle difese nell’imporre ai giudici la lista dei testi, divieto di usare le sentenze definitive già nei processi in corso.
Ma soprattutto l’assist, quella piccola regola che impone, sempre ai giudici, di fermare le udienze in presenza di un conflitto di attribuzione.
Giusto il caso di Ruby e di Mediaset.
La Lega già rumoreggia perchè l’originario disegno di legge Lussana sul divieto di ottenere il rito abbreviato per i reati da ergastolo è stato stravolto. Ma anche a costo di andare, come per certo si andrà , a un nuovo scontro con il Quirinale, il Cavaliere ha imposto al gruppo del Pdl di piazzare il “processo lungo” nel calendario d’aula la prossima settimana, da martedì, sfidando il centrosinistra e giusto in tempo per essere approvato prima delle ferie.
Il premier non è riuscito, come avrebbe voluto, nell’originaria pretesa di chiudere la partita addirittura anche alla Camera.
Gli hanno spiegato che avrebbero dovuto tenere i deputati incollati alla sedia fino a Ferragosto e questo avrebbe prodotto un altro risultato negativo: far chiudere subito anche la partita sull’arresto di Marco Milanese.
Berlusconi conta ora sul fatto che l’approvazione del ddl in un solo ramo del Parlamento – palazzo Madama – possa consentire ai suoi avvocati di premere in Tribunale per fermare i processi.
Il braccio di ferro con il Quirinale e con l’opposizione è comunque assicurato, in questo scorcio di luglio caldo.
Potrebbe coincidere anche con l’ultima settimana da Guardasigilli di Angelino Alfano.
Lui vuole andare via a tutti i costi dal governo.
Vuole mani totalmente libere sul Pdl.
A Napolitano ha detto “sto per lasciare”. Ma la transizione è difficile. La carta giusta ancora non c’è.
E ai vertici del Pdl c’è chi assicura che il cambio di guardia si farà all’inizio della prossima settimana (anche perchè Napolitano a metà settimana andrà in vacanza) e chi invece è certo di un rinvio a settembre.
Potrebbe anche diventare necessario imporre la candidatura a chi, per esempio il vice presidente della Camera Maurizio Lupi, preferisce fare quello che sta facendo e occuparsi del partito.
Finisce nel grottesco questa sostituzione. Tutti smaniano solitamente per fare il ministro, ma adesso nel Pdl nessuno vuole diventare un “Guardasigilli breve”, di breve durata se ad ottobre matura la crisi, con più oneri che onori, soprattutto nel pieno di una nuova Mani pulite.
E con un governo che, come rivelano gli stessi sondaggi di palazzo Chigi, non ha mai toccato punte così basse di gradimento.
L’ultima rilevazione, planata sulla scrivania del Cavaliere tre giorni fa, dà la sua fiducia al minimo storico con il 25 per cento, mentre quella del governo nel suo complesso è scesa al 26%.
Numeri da brivido, a cui fa invece da contraltare la popolarità al 90% del capo dello Stato.
In questa situazione il premier non è riuscito, come invece avrebbe voluto, a ottenere da Umberto Bossi alcuna assicurazione circa le intenzioni del Carroccio.
Ieri la prevista telefonata tra i due leader non c’è stata e con la Lega resta il gelo.
Lo dimostra, da ultimo, la contrapposizione sul disegno di legge Calderoli di riforma della Costituzione.
Nel Pdl infatti non ne vogliono sapere, lo ritengono pieno zeppo di errori.
I senatori di Berlusconi non hanno alcuna intenzione di dare il via libera a un testo che lascia ai soli deputati il privilegio di votare la fiducia al governo.
Con palazzo Madama che, di fatto, sarebbe ridotto a una sorta di Conferenza Stato-Regioni più larga.
Per questo ieri in Consiglio dei ministri il ddl è stato approvato “salvo intese”, ovvero resta sospeso in un limbo finchè non sarà trovato un accordo dentro la maggioranza.
Calderoli non l’ha presa bene e si è rifiutato di scendere in conferenza stampa insieme a Berlusconi.
Francesco Bei e Liana Milella
(da “La Repubblica”)
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Luglio 23rd, 2011 Riccardo Fucile
UN CONSIGLIERE REGIONALE DEL MOLISE INVIA LA DOCUMENTAZIONE ALLA PROCURA ALLEGANDO LE FOTO: “USATO UN ELICOTTERO DELLA FORESTALE PER ANDARE A UN APPUNTAMENTO ELETTORALE DEL CENTRODESTRA”
Siamo al 12 maggio scorso, appena un mese e mezzo dopo la contestata nomina a ministro. 
Romano vola in Molise.
Ci sono anche impegni istituzionali, ma siamo a tre giorni dalle elezioni provinciali di Campobasso.
“Certo, qualcuno potrebbe storcere comunque il naso se un ministro partecipa alla campagna elettorale, ma in fondo Romano era il terzo membro del Governo venuto a Campobasso”, chiosa il consigliere regionale Massimo Romano.
Il punto è che le cronache locali ricordano la fitta agenda del ministro a sostegno del candidato alla provincia del Pdl, Rosario de Matteis (eletto con il 54,2% dei voti).
Alle 16,30, incontro all’Hotel San Giorgio di Campobasso. Poi di corsa a Termoli all’Hotel Martur Resort.
Romano ha poco tempo, deve spostarsi velocemente.
Ecco che cosa racconta un testimone dell’arrivo del ministro: “Lo abbiamo aspettato nel piazzale davanti allo stadio di Termoli. È arrivato con un elicottero della Forestale. Siamo rimasti stupiti perchè era diretto a un appuntamento elettorale”.
Un “dettaglio” che non sfugge a Stefano Di Leonardo, cronista del quotidiano online “Primonumero.it  ”: “Romano ha trovato ad attenderlo gli uomini della Forestale, i Vigili del Fuoco e i Vigili Urbani”.
Ma quali appuntamenti attendevano Romano?
L’ufficio del ministro comunica: “Il ministro ha avuto tre incontri istituzionali presso l’Hotel Martour di Termoli. Alle 17 ha incontrato le associazioni agricole sul territorio. Sempre all’Hotel Martour alle 17.20 ha incontrato le associazioni di pescatori e alle 17.40 i responsabili dello Zuccherificio del Molise”.
Ma all’Hotel Martour quel giorno (per il convegno “Una politica per l’agricoltura e la pesca nella regione Molise”) era presente tutto lo stato maggiore del Pdl locale: c’era il presidente della Regione, Michele Iorio (Pdl).
Quindi Sabrina De Camillis (deputato Pdl), Pierluigi Lepore (coordinatore Pdl di Campobasso). Moderatore del dibattito Ulisse Di Giacomo, coordinatore regionale Pdl. Ma soprattutto c’era il candidato del centro-destra, Rosario De Matteis, sostenuto anche dalla lista Popolari di Italia Domani, cui fa riferimento il ministro.
Insomma, un’iniziativa anche elettorale a tre giorni dal voto.
Alla fine della giornata i cronisti di “Nuovo Molise” annotano: “Il ministro è ripartito per Roma a bordo di un velivolo della Forestale”.
Adesso di quel volo potrebbero occuparsi i magistrati cui è stato presentato l’esposto.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 23rd, 2011 Riccardo Fucile
IN 5 ANNI ASL E OSPEDALI SONO RIUSCITI A SPENDERE 24.000 MILIONI DI EURO IN PIU’…BALDASSARRI (FLI): “E’ IN QUESTA ZONA GRIGIA DOVE SI ANNIDANO I VERI COSTI DELLA POLITICA”
II senatore Mario Baldassarri fa un esempio un po’ cruento da fazendero brasiliano: “I mandriani in Brasile – afferma – se devono guadare un fiume infestato dai piranha, squartano prima un vitello e lo gettano nell’acqua. Poi, quando i pesci si avventano sulla preda, fanno passare indenne tutta la mandria”.
La metafora serve a chiarire un concetto: “Quando tutti si fanno paladini dei tagli ai costi della politica indicano noi, il vitello, invece di vedere la mandria che sta passando”.
E precisa: “Se noi dimezzassimo, di netto, lo stipendio dei parlamentari, risparmieremmo ogni anno una cifra di 120 milioni di euro, ma sapete quanto costa la mandria ogni anno? Tra i quaranta e i cinquanta miliardi di euro: miliardi, non milioni”.
Poi, certo, ammette “non è che dico che non si debba toccare niente, certo le auto blu, o alcuni benefit, ma non è questo il vero costo della politica”.
Quale è allora? Cosa è questa “mandria” che nessuno riesce a vedere?
Sono gli “acquisti di beni e servizi” della pubblica amministrazione di cui nemmeno il Parlamento conosce il rendiconto preciso.
Nel senso, si sa quanto costa l’acquisto, ma non si sa a chi vadano i soldi, ne perchè.
Per capire meglio quello di cui parliamo buttiamo giù un po’ di cifre.
Ogni anno dalle casse pubbliche escono circa 137 miliardi di euro per l’acquisto di beni e servizi: 107 di questi vengono spesi dalle amministrazioni locali, e, all’interno di questa spesa, circa 77 miliardi vengono adoperati per l’acquisto di beni e servizi nel settore della Sanità . Fermiamoci un attimo.
Questi sono i dati ufficiali relativi all’anno 2009, certificati dal ministero delle Finanze e dalla Ragioneria dello Stato.
Solo cinque anni prima, nel 2004, la fotografia era alquanto diversa.
La torta complessiva era di 113 miliardi, le amministrazioni locali ne spendevano 88, 53 dei quali per gli acquisti nel settore sanitario.
Tradotto: in soli cinque anni, la spesa delle regioni è aumentata di 11 miliardi di euro, quella sanitaria, addirittura di 24.
Quei ventiquattro miliardi di euro “in più”, sono circa la metà della manovra economica approvata da Camera e Senato mentre imperversava la tempesta dei mercati.
Un primo dato di cronaca: se sono stati spesi 24 miliardi di euro “in più” nell’acquisto di beni e servizi nel settore sanitario fino a raggiungere, in cinque anni, la cifra di 77 miliardi, gli ospedali del Paese dovrebbero essere assai più ricchi e funzionali di quello che erano nel 2004.
È così? No.
Allora perchè la spesa è lievitata – senza controllo – a quel modo?
Perchè, argomenta il senatore di Fli, membro della Commissione Bilancio di Palazzo Madama dopo essere stato vice ministro dell’Economia nel passato governo Berlusconi (2001-2006), quegli “sprechi” possono nascondere “malversazioni e possibili intrecci grigi tra politica ed affari”.
Ma questo gigantesco flusso di denaro dove finisce?
Nessuno, nemmeno in Parlamento, ne ha cognizione.
Ma la frase del senatore non può che far venire alla mente le tante inchieste che negli ultimi anni hanno coinvolto la sanità ad ogni latitudine: dall’inchiesta laziale su Lady Asl o sulle cliniche degli Angelucci, a quella che in Puglia punta alle protesi di Gianpi Tarantini o al senatore appena salvato da Palazzo Madama Alberto Tedesco, fino all’Abruzzo, al Piemonte, alla Lombardia e alla Ligura.
“Voi giornalisti vi accorgete di queste cose solo quando ci sono le inchieste della magistratura, ma quelle rappresentano solo la punta di un iceberg gigantesco”, spiega Baldassarri prima di rappresentare un secondo paragone cruento: “Per ogni posto letto negli ospedali italiani si utilizzano ogni giorno nove siringhe. La media di degenza negli ospedali è di nove giorni. Dopo nove giorni uno dovrebbe avere 81 buchi di puntura. Le sembra realistico?”.
Questi miliardi di euro sono però sono una parte della “mandria” che continua a passare mentre si bacchettano i costumi (comunque non eccellenti) della politica.
L’altra voce di spesa “invisibile” è costituita “dai trasferimenti in Conto Corrente ed in Conto Capitale” che lo Stato stanzia a pioggia e “a fondo perduto”.
La torta, questa volta, ammonta per il 2010, (la fonte è il governo, attraverso la Relazione Unificata sull’Economia e la Finanza Pubblica) a 44 miliardi.
Di questi 15 vengono trasferiti a Ferrovie, Anas e Trasporti pubblici locali.
E gli altri 29? Mistero.
Argomenta Baldassarri: assieme sono 53 miliardi di euro, più della manovra appena approvata.
Di Blasi Eduardo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 23rd, 2011 Riccardo Fucile
UN PARLAMENTARE ACCOMPAGNA UN GIORNALISTA NEI PRIVILEGI DI MONTECITORIO…SI LAVORA POCO, SI COMPRANO AUTO SCONTATE E SI ACCUMULANO PUNTI PER PORTARE LA FAMIGLIA IN VACANZA
Carlo Monai è l’unico, dopo sette tentativi andati a vuoto, che ha accettato di raccontare a
“l’Espresso” com’è cambiata la sua vita da quando è entrato nella casta.
E’ un avvocato di Cividale del Friuli, ex consigliere regionale e oggi deputato dell’Idv al primo mandato parlamentare.
Uno dei peones, a tutti gli effetti.
Uno coraggioso, direbbe qualcuno, visto che ha deciso di metterci la faccia e guidarci come novello Virgilio nella bolgia di indennità , vitalizi, doppi incarichi, regali, sconti e privilegi in cui sguazzano politici di ogni risma.
Un paradiso per pochi, un inferno per le tasche dei contribuenti italiani, stressati da quattro anni di crisi economica e da una Finanziaria lacrime e sangue che chiederà ulteriori sacrifici.
«Per tutti, ma non per noi», chiarisce Monai. «I costi della politica sono stati ridotti di pochissimo, e alcuni sprechi sono immorali. Non possiamo chiedere rinunce agli elettori se per primi non tagliamo franchigie e sperperi».
L’incontro è al bar La Caffettiera, martedì mattina, davanti a Montecitorio.
Difficile ottenere un appuntamento di lunedì. «Noi siamo a Roma da martedì al giovedì sera», spiega. «Ma in questa legislatura pare che stiamo facendo peggio che mai: spesso lavoriamo due giorni a settimana, e il mercoledì già torniamo a casa. Nel 2010 e nel 2011 l’aula non è mai stata convocata di venerdì. Le sembra possibile?».
Anche in commissione l’assenteismo è da record. «Su una quarantina di membri, se ce ne sono una decina presenti è grasso che cola. Io credo che lo stipendio che prendiamo sia giusto, ma a condizione che l’impegno sia reale. Se il mio studio fosse aperto quanto la Camera, avrei davvero pochi clienti».
La busta paga di Monai è identica a quella dei suoi colleghi: l’indennità netta è di 5.486,58 euro, a cui bisogna aggiungere una diaria di 3.503,11 euro.
Per ogni giorno di assenza la voce viene decurtata di 206 euro, ma solo per le sedute in cui si svolgono le votazioni.
E se quel giorno hai proprio altro da fare, poco male: basta essere presenti anche a una votazione su tre, e il gettone di presenza è assicurato ugualmente.
Lo stipendio è arricchito con il rimborso spese forfettario per garantire il rapporto tra l’eletto e il suo collegio (3.690 euro al mese), e gli emolumenti che coprono le uscite per trasporti, spese di viaggio e telefoni (altri 1.500 all’incirca).
In tutto, oltre 14 mila euro al mese netti. Ai quali molti suoi colleghi con galloni possono aggiungere altre indennità di carica.
Monai inizia il suo viaggio.
«Non bisogna essere demagogici. Parliamo solo di fatti. Partiamo dagli assistenti parlamentari: molti non li hanno. Visto che le spese non vanno documentate, preferiscono intascarsi altri 3.690 euro destinati ai portaborse e fare tutto da soli. Altri colleghi per risparmiare si mettono insieme e ne pagano uno che fa il triplo lavoro».
Ecco così svelata la sproporzione tra il numero dei deputati (630) e i contratti in corso per i segretari (230).
«Non c’è più tanto nero come qualche anno fa. Anche un altro mito va sfatato: la Camera non ci regala cellulari, come molti credono, ma ogni deputato può avere altri 3.098 euro l’anno per pagare le telefonate. La Telecom ci offre poi dei contratti, chiamati “Tim Top Business Class”, destinati a deputati e senatori. Per i computer? Abbiamo un plafond di altri 1.500 euro».
Anche quand’era in consiglio regionale del Friuli le telefonate non erano un problema: «La Regione copriva tutto. Se non ti fai scrupoli puoi spendere quanto vuoi. Lo sa che lì c’è pure un indennizzo forfettario per l’utilizzo della propria macchina? Per chi vive fuori Trieste, 1.800 euro in più al mese. Tutti prendevano il treno regionale, e si intascavano la differenza».
Portandosi a casa solo grazie a questa voce lo stipendio di un operaio specializzato.
Già . I trasporti gratis sono un must dei politici.
Monai elenca i vantaggi di cui può usufruire. «Il precario che su Internet ha svelato gli sconti che ci fa la Peugeot s’è dimenticato che anche altre case offrono benefit simili: ho ricevuto offerte dalla Fiat, dalla Mercedes, dalla Renault. Dal 10 al 25 per cento in meno. Credo che lo facciano per una questione di marketing».
Ogni parlamentare ha una tessera che gli consente di non pagare l’autostrada, i treni e gli aerei (sempre prima classe) e le navi, in modo da potersi spostare liberamente sul territorio nazionale. «Tutto gratis, anche se devo andare al compleanno della nonna», chiosa l’onorevole. «Dovrebbero essere pagati solo i viaggi legati al nostro incarico pubblico».
Oltre a questi soldi è previsto un ulteriore rimborso mensile per taxi e varie che va, a secondo della distanza tra l’abitazione e l’aeroporto, da 1.007 a 1.331 euro al mese.
Questa è una cosa nota.
Pochi sanno però che quasi tutti i deputati, per comprare i biglietti aerei, fanno riferimento esclusivamente all’agenzia americana (con sede in Minnesota) Carlson Wagonlit.
«A loro noi chiediamo sempre di volare con Alitalia, che è la più cara di tutte. Nessuno ci vieterebbe, però, di scegliere compagnie low cost».
I politici se ne guardano bene: da un lato il prezzo di un biglietto low cost lo devi anticipare tu (mentre con Alitalia anticipa il Parlamento), dall’altro perderesti i punti per la carta fedeltà “Millemiglia”.
«I punti li giriamo a mogli e figli, ma in genere i deputati li usano per andare gratis all’estero: perchè tranne qualche missione coordinata con il presidente della commissione», ragiona Monai, «i viaggi all’estero dobbiamo pagarceli di tasca nostra».
Emiliano Fittipaldi
(da “L’Espresso“)
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Luglio 23rd, 2011 Riccardo Fucile
LA FURIA DEL CAPOGRUPPO PDL: “MA SE HAI IL RECORD DI ASSENTEISMO”.. CICCHITTO SBOTTA: “SE LA BUTTAVO GIU’ DALLE SCALE, CON QUEI TACCHI SAREBBE STATO UN DISASTRO”
Risse, insulti, crisi di nervi, lacrime e scenate.
In quella specie di Titanic che è diventato il Pdl si litiga ferocemente per le scialuppe di salvataggio.
E qualche rospo inghiottito per troppo tempo può essere estratto.
L’altra mattina mattina, nelle pieghe della tragicommedia politica, è andata in scena nell’aula di Montecitorio la resa dei conti tra il vecchio notabile e il nuovo che avanza.
Alle undici del mattino una furia rossa sale gli scalini del gruppo Pdl alla Camera. E’ MVB, il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla.
I tacchi picchiettano fino allo scranno del capogruppo Fabrizio Cicchitto. «Mi sono rotta le palle», la sentono sbraitare.
«Mi hanno mandato un sms ieri per dirmi di stare presente alla votazione! Un altro sms mi è arrivato ora, mentre ero qui, in aula. E’ una vergogna, io non mi faccio trattare così dai tuoi funzionari!».
Fabrizio Cicchitto, una vita nella politica da quando era giovane capo dei socialisti nella corrente lombardiana, prova a pazientare: «Guarda, l’sms arriva a tutti i deputati…».
Ma quella, il ministro, niente: «Io non mi faccio trattare come una scolaretta!».
Allora Cicchitto decide che la pazienza è finita: «E invece proprio a te è necessario mandarli. Hai il record dell’astensionismo qua dentro!».
La ministra furiosa se ne va.
E Cicchitto sibila: «Ho dovuto contare fino a dieci per non buttarla giù dalle scale. Con quei tacchi sarebbe stato un disastro».
In effetti, lo ‘score’ parlamentare di Maria Vittoria Brambilla così come emerge dalla sua scheda su Openpolis non è molto lusinghiera: risulta essere stata presente solo al 5,32 per cento delle votazioni elettroniche dall’inizio della legislatura a oggi, con una grande passione per le ‘missioni’.
Era altrove anche nel giorno del voto chiave sulle quota rosa nei consigli di amministrazione, in quello sul bilancio, al Milleproroghe, alla legge di stabilità , alla decisione sulle missioni militari all’estero, alla legge sull’omofobia e in altri casi ancora.
Inoltre, non risulta alcun suo intervento alla Camera nè alcun emendamento proposto, e in tutta la legislatura è stata ‘primo firmatario’ di un solo disegno di legge, «per la promozione del turismo sportivo e per la realizzazione di impianti da golf» .
Insomma, non sarà giusto trattarla come una scolaretta, ma certo è che si dimentica spesso di portare la giustificazione.
Adriano Botta
(da “L’Espresso“)
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Luglio 23rd, 2011 Riccardo Fucile
DIETRO IL SUICIDIO DEL BRACCIO DESTRO DI DON VERZE’ UNA SITUAZIONE FINANZIARIA FALLIMENTARE E UN CONCORDATO IN VISTA…LA FRETTA DELLA SANTA SEDE E LA MISTERIOSA FONDAZIONE MONTE TABOR… INVESTIMENTI ESTERI CHE NULLA AVEVANO A CHE FARE CON LA SANITA’
«Su invito del presidente relaziona sull’argomento il vicepresidente dott. Mario Cal…». 
Si alza l’uomo dei conti.
È il manager del San Raffaele che ha le chiavi della cassaforte. Dentro ci sono più debiti che soldi. Ma anche molti segreti.
Quel giorno e quel consiglio di amministrazione hanno cambiato la vita dell’ex ciclista che è stato braccio destro, amico e «voce» di don Luigi Verzè. Forse è lì che la luce ha cominciato a spegnersi. Il colpo di pistola è l’ultima scintilla prima del buio.
Alle 10 di mattina del 23 marzo 2011, nell’Aula consiliare dell’Istituto scientifico San Raffaele al settimo piano di via Olgettina 60 a Milano, Mario Cal doveva relazionare il consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor sul piano di ristrutturazione dei debiti.
La Fondazione governa il gruppo.
È il momento in cui la crisi dell’ospedale diventa pubblica.
È il giorno in cui Mario Cal, 72 anni, esce dall’ombra di don Verzè, 91 anni, amico da 35 anni. Cal è vicepresidente con ampi poteri, il bilancio è in rosso profondo. All’inizio i messaggi sono rassicuranti: «Mancanza di liquidità passeggera».
La realtà è ben più drammatica. Non è ristrutturazione ma salvataggio.
Quasi un miliardo di debiti su 660 milioni di ricavi. I fornitori premono, i decreti ingiuntivi si susseguono.
Cal è l’interfaccia con banche e fornitori.
Aveva elaborato un piano di rientro a inizio 2011: bocciato dalle banche.
Gli argini erano già rotti. Di colpo il San Raffaele si trova nella tempesta.
Sembra che i debiti siano emersi improvvisamente. Ma non è così.
Don Verzè con le sue relazioni ad altissimo livello (Silvio Berlusconi su tutti) e con quella grande abilità nel mescolare scienza e sanità , no profit e business, biotecnologie e jet personali, ha tenuto a distanza banche creditrici e fornitori.
Cal intanto dava una veste contabile minimamente dignitosa agli slanci spesso visionari dell’onnipotente prete-manager.
Come la cupola di 60 metri d’altezza sovrastata da una statua di 8 metri dell’angelo San Raffaele.
Megalomania allo stato puro che però richiede liquidità . Ed evidentemente c’era. O si trovava.
Curare le persone che cos’ha da spartire con gli hotel in Sardegna?
O le piantagioni di manghi e meloni in Brasile?
E quanti milioni sono stati buttati nella società neozelandese proprietaria del jet su cui viaggiava don Verzè?
Era Cal a gestire i «capricci».
Quando il coperchio è stato appena un po’ sollevato, la «spazzatura» estera è piovuta sui bilanci.
Adesso ci sono gli uomini della Santa Sede.
Strana operazione: si sono insediati prima ancora di aver tirato fuori un euro, senza aver fatto una valutazione accurata del gruppo e per questo assumendosi rischi elevati. Perchè? Per convenienza dell’affare?
Per bloccare il concorrente Giuseppe Rotelli? Per salvare l’Opera? Per evitare lo scandalo di un fallimento e l’irruzione dei pm?
Entro fine mese, secondo alcune valutazioni, finiranno i soldi.
Il concordato preventivo sembra l’unica strada.
Ma che fine farà la «consorteria» dei Sigilli?
Sono i fedelissimi di don Verzè riuniti nell’Associazione Monte Tabor, la super holding semisegreta dove si contano i «soci dedicati» (quelli con più poteri) e i «soci ordinari».
Qui, nell’ombra, per anni hanno governato uno dei più grandi e protetti imperi della sanità .
La cassaforte adesso ha perso il suo custode.
E forse non è un caso che ieri mattina, subito dopo il suicidio, nell’ufficio di Cal si siano presentati, a caccia di carte contabili, Luigi Orsi e Laura Pedio, i due pm che si occupano dell’inchiesta conoscitiva sulla situazione debitoria del gruppo.
Tra quelle carte dovrebbe esserci un documento datato 29 giugno 2011: c’è scritto che don Verzè e Mario Cal avranno per tre anni tutti i poteri sulle attività estere e su altre società .
Un colpo di coda.
Poi il colpo di pistola.
Mario Gerevini
(da “Il Corriere della Sera“)
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