Luglio 18th, 2011 Riccardo Fucile
UN CITTADINO CHE SI DEFINISCE “LICENZIATO DOPO 15 ANNI DI PRECARIATO IN QUEL PALAZZO, DECISO A SVELARE I SEGRETI DELLA CASTA” HA CREATO UNA PAGINA FACEBOOK …E SONO GIA’ CENTOMILA I CITTADINI SOLIDALI CON LUI
Ecco alcune delle sue rivelazioni pubblicate sulla sua pagina Facebook
Le condizioni tariffarie esclusive della TIM per i parlamentari italiani
Sono del 2008, oggi sono ancora più vantaggiose. Anche qui, mica possono spendere come i comuni mortali.
L’unico negozio abilitato ad attivare questa tariffa è il negozio Tim in Largo Chigi: mostri il tesserino parlamentare ed ecco per te la tariffa deputati.
I noti ladri che si aggirano a Palazzo Marini, sede degli uffici dei singoli parlamentari.
Palazzo Marini, piazza San Silvestro, Roma.
Qui di ladri non ce ne sono tanti, ma uno solo, che però risulta molto più scaltro dei tanti parlamentari che sopravvivono con “solo” 14.000 euro al mese.
Lui intasca dalla Camera dei deputati all’incirca 2 milioni di euro al mese.
Il suo nome è Sergio Scarpellini, un noto palazzinaro romano che guadagna, solo attraverso l’affare di Palazzo Marini, 150 volte più del “misero” stipendio parlamentare.
Lo scandalo già alcuni anni fà venne fuori.
In pratica la Camera dei deputati paga 25 milioni l’anno per l’affitto dell’intero Palazzo Marini, per 20 anni.
Il palazzo Scarpellini l’ha comprato con un mutuo, le cui rate vengono pagate dalla Camera dei Deputati.
Geniale, vero?
Ma non è finita qui.
Il vero scandalo non è solo regalare a questo signore qualcosa come 150 stipendi parlamentari al mese, o 2000 stipendi normali, ma è anche e soprattutto nella misera funzionalità di questa struttura.
Qui infatti hanno gli uffici i parlamentari “sfigati”: i segretari di partito, i capigruppo, i presidenti di commissione hanno gli uffici all’interno di Montecitorio, ma essendo gli spazi limitati (limitati un corno: ho visto finanche 10 stanze con centinaia di metri quadri a disposizione di un singolo capogruppo d’opposizione), restavano qualche centinaio di deputati da sistemare.
Questi li hanno spediti a palazzo Marini, che è in piazza San Silvestro, sono 500 metri o poco meno da Montecitorio, ma essendo che i peones sono a Roma solo dal martedì pomeriggio al giovedì per le votazioni, ed essendo il loro mestiere in quei giorni incentrato essenzialmente nel premere il pulsantino del voto al suono della campana, non possono permettersi il lusso di allontanarsi così tanto.
E così quel palazzo è sempre vuoto, spettrale, cammini per centinaia di metri per i suoi labirintici corridoi senza trovare mai un’essere umano, un segno di vita.
I corridoi sono sempre vuoti, le tasche dei palazzinari collusi invece sono sempre piene!
I misteriosi ladri che si aggirano nel Transatlantico.
I poliziotti di servizio presso l’ufficio di polizia all’interno di Palazzo Montecitorio ci sono ormai abituati.
Ogni giorno c’è sempre un deputato che denuncia il furto del suo costosissimo computer portatile , così come non disdegnano alcune giovani deputate dal denunciare il furto della propria pelliccia di valore.
Ma come mai, malgrado i rigidi controlli all’ingresso di Montecitorio, continuano ad agire indisturbati questo manipolo di ladri nel transatlantico e delle aule di Montecitorio?
Forse perchè probabilmente i ladri sono coloro i quali entrano ed escono dall’ingresso principale quando vogliono: i deputati infatti sono gli unici esentati dai controlli.
Ma perchè i deputati dovrebbero denunciare furti a Montecitorio?
Semplicemente perchè c’è una polizza assicurativa che copre qualsiasi furto di qualsiasi entità che avviene all’interno di Palazzo Montecitorio.
Poi si offendono se uno parla di quel palazzo come un covo di ladri!
Indovinello
Indovina-indovinello: i 9 barbieri che lavorano nella barberia di Montecitorio, guadagnando 11.000 euro al mese sudati tagliando in media 2 o 3 cape gloriose al giorno, come mai parlano tutti lo stesso accento?
E come mai è lo stesso accento dell’allora Presidente della Camera che li assunse attraverso un bel concorso pubblico trasparente come i suoi capelli? Chi era costui?
La poco “onorevole” scorta armata per portare la moglie a far la spesa e il marito dall’amante.
Nel mentre il padrone-deputato svolge le sue interminabili recite teatrali (leggasi incontri pubblici), mi capitava a volte di chiacchierare con alcuni agenti delle forze dell’ordine preposte al “servizio scorte” del Viminale.
In tanti esprimevano un forte senso di frustrazione nel dover svolgere mansioni particolare mortificanti.
Il mio “amico di sventura”, il caposcorta del deputato-padrone, aveva iniziato la carriera nella squadra mobile di Palermo ed era finito ad accompagnare la moglie del deputato a fare la spesa tutte le mattine, mentre la sera gli toccava portare il deputato a casa dell’amante o ai festini in giro per le ville dei Parioli.
Un racconto molto simile di un agente “anonimo” venne riportato alcuni mesi fà in quest’intervista .
Dopo un pò di anni non solo ho scoperto come funzionava il meccanismo, ma ne sono diventato mio malgrado complice e vittima: nel prossimo post vi spiego.
Auto blu e scorta per tutti! ecco il segreto di come vengono assegnate…
Quando vedete un’autoblu che sfreccia a sirene spiegate, sappiate che a volte dentro c’è solo una signora che va a fare la spesa o accompagna i figli a scuola.
Vi spiego qual’è il trucco attraverso il quale gli onorevoli parlamentari si arrogano e si appropriano di questo servizio.
Le autoblu a Montecitorio sono solo venti, a disposizione dell’ufficio di presidenza (presidente e vicepresidenti della camera) e dei presidenti delle commissioni parlamentari.
E gli altri 600 deputati?
Ecco come fanno.
Il meccanismo è ormai ben collaudato.
Se all’origine era solo uno stratagemma di un giovane deputato democristiano di un paesino del beneventano che l’ha tenuto in piedi per 30 anni di onorato servizio allo Stato (e lo tiene tuttora) oggi ormai è dilagato molto tra i frequentatori di Montecitorio.
Basta trovare una persona fidata che si prenda l’impegno, con le dovute precauzioni di intracciabilità , di inviare una lettera anonima di insulti e minacce, meglio ancora anche verso i familiari, riportando alcuni dettagli della vita privata (il nome della scuola del figlio, ad esempio).
Il giorno seguente, mentre lui va ad informare i carabinieri, io sono già a scrivere…..in verità faccio il taglia e incolla di un vecchio comunicato stampa che mi ha passato un altro servo di Montecitorio che si chiama minacce.doc che tanto il succo è sempre lo stesso:”profonda indignazione per le minacce ricevute, ma continuerò per la strada delle riforme e del rinnovamento, non ci lasceremo intimidire”, chiamo i miei colleghi che anche loro hanno un bel file prestampato solidarieta.doc con il quale il capogruppo, il segretario, ecc…. esprimono solidarietà e vicinanza.
Il caso finisce sui giornali, il prefetto chiama il padrone per assicurargli una protezione maggiore.
Quel prefetto sà bene che l’avvicinamento, il trasferimento e la promozione dipendono dal ministro degli interni di turno e quindi dipende molto dalle amicizie che si sarà saputo costruire nei suoi anni di carriera prefettizia: nel successivo Comitato prov. per l’ordine e la sicurezza, non mancherà l’ok per concedere la dovuta protezione al padrone-deputato minacciato
E così per magia ecco a voi un auto blu e una squadra di scorta!
Non solo per loro: come far viaggiare gratis anche amici e parenti.
C’è un agenzia di viaggio all’interno di Montecitorio, alla quale tutti i deputati si rivolgono per fare qualsiasi biglietto aereo (naturalmente gratis) da e per qualsiasi destinazione italiana.
La prima volta che sono andato a fare i biglietti, il funzionario parlamentare adibito all’agenzia (7000 euro al mese) mi ha chiesto il codice millemiglia, che con accortezza il deputato-padrone mi aveva fornito.
Cosa ho scoperto: che lor signori non solo si fanno i viaggi gratis, ma con quei viaggi accumulano punti su punti che poi utilizzano per far viaggiare gratis anche mogli, amici e parenti sui voli Alitalia.
L’assuefazione alla casta ci può portare qui in Italia anche a sminuire il peso di quest’atteggiamento truffaldino, ma per comprendere il valore di queste azioni, forse è il caso di ricordare lo scandalo “miglia aeree” che ha portato alle dimissioni di tre ministri in Germania, colpevoli di aver fatto quello che da decenni continuano a fare impunemente i deputati italiani:
Spidertruman
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Luglio 18th, 2011 Riccardo Fucile
IN UN GIORNO SONO PASSATI DA “PAPA VADA IN GALERA” ALL’ASTENSIONE IN COMMISSIONE E ORA AL VOTO ALLA CAMERA PER SALVARLO… LA LEGA E’ ORMAI IN PREDA AL CAOS INTERNO CON UN REGUZZONI CHE RAPPRESENTA APPENA IL 20% DEL GRUPPO PARLAMENTARE DI CUI E’ CAPOGRUPPO
”Niente manette” prima della celebrazione del processo. 
Dopo il “vada in galera” , a sorpresa, da Venezia, Umberto Bossi cambia la linea del Carroccio sulla richiesta di arresto per Alfonso Papa.
Nel giorno in cui la prima sezione disciplinare del Csm ha sospeso Papa dalle funzioni e dallo stipendio di magistrato, si apre quindi uno spiraglio per il deputato del Pdl.
Il Senatur, che dopo un faccia a faccia con Berlusconi sull’aereo per Milano aveva detto “deve andare in galera”, si è detto “convinto che le manette non vanno messe mai se prima non facciamo il processo”.
“Se Papa ha commesso dei reati — ha aggiunto — paghi, ma non va bene mettergli le manette prima, quando ancora non sappiamo se quello che ha fatto è da galera o no”.
Fare andare in galera una persona non ancora condannata, ha detto citando Craxi e gli anni di Tangentopoli, “non è servito a nessuno, tranne a far andare in politica Di Pietro”.
Un cambio di rotta quasi previsto dalle opposizioni, che già nel pomeriggio parlavano di una Lega che “abbaia ma non morde” che avrebbe finito per cedere a Berlusconi.
I sospetti inizialmente si erano addensati sulla componente ‘filogovernativa’ di Maroni, che però ha subito smentito: “Maroni — dicevano fonti a lui vicine — è convintissimo della necessità di votare sì all’arresto. Non ci può essere alcun sospetto che si voglia far prevalere un ‘interessè di casta”.
Poi invece, in tarda serata, è arrivato il cambio di rotta di Umberto Bossi.
Una ragione di più per Papa per sentirsi “sereno”, come ha ribadito anche oggi.
A questo punto, se le parole del leader del Carroccio corrisponderanno alla scelta in aula di votare no all’arresto, potrebbe non essere più certa — come sembrava — la richiesta del Pdl di voto segreto.
Prima delle parole di Bossi il voto segreto avrebbe consentito infatti di recuperare qualche voto leghista o persino nelle file dell’opposizioni, ora invece potrebbe lasciare spazio a dissensi contro Papa.
Tutto insomma sembra andare come avevano previsto sia il Pd che l’Idv, con Bossi che alla fine cede alle richieste del premier.
“La Lega fa la voce grossa ai telegiornali, ma poi, quando si deve decidere veramente, fa marcia indietro, si piega al volere di Berlusconi che ormai la comanda a bacchetta”, aveva detto in serata la capogruppo del Pd nella Giunta per le autorizzazioni alla Camera, Marilena Samperi.
Con che faccia riusciranno Bossi e Maroni a ripresentarsi alla base della Lega dopo questa ennesima farsa, lo sanno solo loro.
Un giorno forse qualcuno capirà i motivi per cui Bossi e compagni di merende “non possono permettersi” di staccare la spina con il premier.
Motivi ben chiari e presenti a chi frequenta le segrete stanze di via Bellerio.
D’altronde nella vita o si nasce uomini non ricattabili o quaquaraqua.
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Luglio 18th, 2011 Riccardo Fucile
SI PARLA DI DOSSIER SU TREMONTI IN RELAZIONE ALLA P4: RAPPORTI, INFORMATIVE E INTERCETTAZIONI PER COLPIRE IL MINISTRO CHE AVEVA ACCUSATO IL PREMIER DI AVERLO FATTO PEDINARE DAI SERVIZI SEGRETI
Lui, il ministro, recita bene, nasconde come un attore consumato emozioni e paure.
Gli uomini che gli sono vicini, quelli che raccolgono sfoghi e preoccupazioni di Giulio Tremonti, no.
Loro sanno che sul ministro più odiato da Silvio Berlusconi sta per abbattersi una tempesta. Una colata di fango annunciata da boatos e chiacchiericci alla buvette e sui divani rossi, sussurrata all’orecchio dei cronisti habituè del Transatlantico dai peones del Pdl, quelli che sanno o dicono di sapere tutto, cosa c’è nelle carte conosciute dell’inchiesta sulla P4 e anche quello che può emergere da fogli, rapporti, informative, intercettazioni meno conosciute, forse addirittura ininfluenti ai fini dell’indagine.
Ma buone per sommergere di melma chiunque.
No, non sarà un avviso di garanzia per lo scandalo Milanese ad assestare un colpo duro al ministro, peraltro escluso in modo categorico da Giandomenico Lepore, il capo delle Procura di Napoli, quattro giorni fa.
Sarà altro. “Fango, ma vero, altro che ‘metodo Boffo’” avvertono i fedelissimi del Cavaliere. Uno scavare nella vita privata, un arricchire di si dice, si sussurra, ma non sai che…, lo strano legame tra il ministro e il suo superconsulente Marco Milanese.
Metodo che tra l’altro è lo stesso Tremonti ad evocare in un interrogatorio reso il 17 giugno ai pm Curcio e Woodcock.
Il ministro parla di cordate e lotte di potere all’interno delle Fiamme Gialle, dei “meccanismi di competizione tra possibili candidati, potenzialmente negativi”, di alti ufficiali che “nella prospettiva di diventare comandanti generali hanno preso a coltivare relazioni esterne al Corpo che non trovo opportune”.
E a proposito di relazioni inopportune, il ministro parla di una cena a Napoli, raccontatagli dal fido Milanese, tra il comandante Adinolfi, Paolo Berlusconi e Galliani.
È in questa occasione che Tremonti ricorda un suo burrascoso incontro con il premier.
Tema le divergenze sulla politica di bilancio e la “spinta alle mie dimissioni che si manifestava su alcuni settori della stampa”.
Il linguaggio è pacato, ma la tensione è quella di chi sa che qualcuno sta preparando una tempesta di fango: “A questo punto — fa mettere a verbale Tremonti — manifestai la mia refrattarietà a essere oggetto di campagne stampa tipo quella Boffo. Quando parlo di metodo Boffo mi riferisco alla propalazione sui mass-media di notizie riservate o infondate atte a screditare chi viene preso di mira”.
Da allora, di acqua marcia sotto i ponti della politica italiana ne è passata tanta.
Ma ad allarmare ancora di più i fedelissimi del superministro è la scena vista venerdì alla Camera.
La manovra è approvata, sui banchi del governo i volti sono scuri, quello di Berlusconi nerissimo.
Tremonti ha alla sua sinistra Bossi, a destra il Cavaliere.
Che non lo degna di uno sguardo, anzi, accortosi di fotografi e telecamere, il capo del governo ostenta la sua indifferenza in modo plateale, televisivo, perchè tutto il Paese sappia. Gira la testa, solleva il mento e guarda altrove senza degnare il suo ministro neppure di uno sguardo.
“Silvio ha avuto parole di solidarietà per Romano e finanche per l’onorevole Papa, a Giulio no, neppure una parola”.
Che i rapporti tra i due sono da tempo ben oltre il mors tua, vita mea è noto. Giulio vuole farmi fuori. Giulio vuole diventare il mio successore. Giulio tresca con Bossi e con la Lega.
Sospetti antichi di Berlusconi.
Tensione alle stelle, sospetti incrociati tra i due, racconti di una lotta di potere e di poteri tutta interna alla maggioranza di governo da far impallidire lo scenario tratteggiato da Sciascia in Todo Modo.
Ma qui non siamo nell’eremo immaginato dallo scrittore siciliano dove i capi di una Democrazia cristiana allo stremo si riunivano per gli esercizi spirituali, stanze e corridoi ovattati dove ogni potente tramava contro l’altro conoscendo limiti, vizi e lati oscuri della vita del suo nemico.
Siamo alla corte del Berlusconi cadente.
“Silvio tu mi fai pedinare”.
È del 9 giugno il racconto del retroscena di una litigata furibonda avvenuta tre giorni prima ad Arcore tra Tremonti e Berlusconi, pubblicato su Libero da Franco Bechis.
Oggetto del faccia a faccia la manovra. Apparentemente.
Perchè il ministro sputa il rospo che lo tormenta da giorni: “Mi hai messo i servizi segreti alle mie calcagna”.
Camuffata da una apparente meraviglia la risposta di Berlusconi: “Ma cosa stai dicendo?”. Atteggiamento che non libera Tremonti dal sospetto di essere da tempo oggetto di attenzioni particolari.
Stanno scavando nella sua vita privata, rileggendo vicende personali del ministro.
“E ora – rivela un deputato molto vicino a Tremonti — anche le pagine del libro della sorella sono oggetto di analisi attentissima”.
Angiola Tremonti è l’autrice di La valle degli Orsi, un libro di ricordi di vita.
Dove si parla di tutto, di un orsacchiotto di peluche di nome Bibì, “era il peluche preferito non solo da me, ma anche da Giulio. Per un certo periodo, eravamo già adulti, glielo diedi. E glielo avrei anche regalato. Me lo sono fatta restituire che avevo ormai cinquant’anni”.
E di conoscenze. “Si è portato via alcuni di quelli che credevo miei amici. O meglio, alcuni dei miei amici hanno scelto lui perchè si sa che essere amici di un politico potente può sempre portare i suoi frutti”.
Enrico Fierro
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 17th, 2011 Riccardo Fucile
MARTEDI’ VUOLE INTERVENIRE SUL BILANCIO DELLA CAMERA
La manovra è andata come andata. Sul taglio dei costi della politica alla fine ci si
è dovuti accontentare dei 7,6 milioni di euro che dal 2013 verranno eliminati dalla voce dei rimborsi ai partiti per le spese elettorali.
Ieri, sul Fatto, il deputato Pd Furio Colombo si è rivolto al presidente della Camera Gianfranco Fini per chiedergli di provare a “ricongiungere la vita di tutti con le istituzioni politiche del Paese”.
E Fini — potete leggerlo qui — ha risposto.
Annuncia le sue migliori intenzioni “per convincere gli italiani che le Camere non sono il luogo dove una casta privilegiata si chiude a difesa dei suoi interessi”. Dice che comincerà lui, ora che il progetto di bilancio di Montecitorio deve essere approvato, a proporre alcune misure per la “riduzione dei costi ” e per garantire “trasparenza” ai conti del Palazzo.
“Le possibilità di farlo ci sono — dice il presidente della Camera — C’è materiale per tagli significativi. Va verificato se c’è la volontà di farlo”.
Ecco quindi, la grande occasione si avvicina.
Tra martedì e mercoledì, Fini vedrà il collegio dei Questori (composto dai due Pdl, Francesco Colucci e Antonio Mazzocchi, e dal Pd Gabriele Albonetti) dove ognuno illustrerà le proprie proposte; poi a riunirsi sarà l’Ufficio di presidenza, dove oltre a Fini e ai questori siedono i quattro vicepresidenti della Camera (Antonio Leone e Maurizio Lupi per il Pdl, Rosy Bindi per il Pd e Rocco Buttiglione dell’Udc) e altri dodici deputati equamente divisi tra maggioranza e opposizione.
lì uscirà la proposta che verrà portata in aula.
La discussione sul bilancio della Camera inizia lunedì 25 luglio.
E nel giro di una settimana, prima della pausa estiva, dovrà essere approvata. Quindi, non solo ci sono le possibilità , non solo c’è materiale per tagli significativi, ma c’è anche la rara occasione di farlo in tempi brevi.
Resta l’interrogativo di sopra: c’è la volontà politica di farlo?
Per farsi un’idea della risposta, basta guardare la fatica che ha fatto la radicale Rita Bernardini per ottenere uno dei dati che più incidono sulle spese di Montecitorio e Palazzo Madama: gli affitti.
In 14 anni (il primo contratto porta la data del ’97) la Camera ha speso più di 350 milioni di euro per l’affitto di quattro palazzi, tutti di proprietà della Milano90 di Sergio Scarpellini.
Una società che si occupa anche di servizi come le pulizie, la consegna della posta, l’anti-incendio, la ristorazione per altre centinaia di migliaia di euro.
Solo dopo 10 anni, nel 2007, il collegio dei Questori si è accorto che nei contratti mancava la possibilità di esercitare il diritto di acquisto degli immobili.
Hanno fatto ricorso, ma l’abbiamo perso perchè quella clausola non è stata proprio prevista all’atto della locazione.
Per scoprirlo, la Bernardini ha fatto uno sciopero della fame: i questori dicevano che non aveva il diritto di vedere i contratti, lei ha scritto a Fini.
Che le ha risposto così: “Sarà il più breve sciopero della storia dei Radicali: domani avrai i documenti che giustamente hai richiesto”.
Ora, in un ordine del giorno che verrà presentato in occasione della discussione sul Bilancio, i Radicali chiedono la “rescissione dei contratti per incongruità del prezzo”: al Politecnico di Milano, hanno calcolato, “per una superficie dieci volte superiore, spendono cinque volte di meno”.
Chissà che non sia anche questa una delle proposte che sta vagliando Fini.
E poi i vitalizi: tre anni fa, quando era “solo” un politico, l’attuale presidente della Camera polemizzò con Walter Veltroni definendolo “quel pensionato di 52 anni che prende 5.216 euro netti di pensione al mese”.
Senza contare che dalla Camera escono liquidazioni d’oro anche per i funzionari, non solo per i deputati.
L’anno scorso, assieme al presidente del Senato Renato Schifani, Fini aveva sospeso i pensionamenti anticipati per i dipendenti del Parlamento.
Oggi si potrebbero trovare soluzioni di sistema.
Sempre che qualcuno abbia voglia di cercarle.
Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 17th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO L’INVITO RIVOLTOGLI DALLE COLONNE DE “IL FATTO” A TAGLIARE I COSTI DELLA CASTA, OGGI LA PRONTA REPLICA DI FINI
Condivido l’appello del Fatto Quotidiano affinchè il Parlamento faccia tutto quanto è in suo potere per convincere gli italiani che le Camere non sono il luogo dove una casta privilegiata si chiude a difesa dei suoi interessi.
Sono certo che entrambe le Camere faranno la loro parte e, per quanto riguarda Montecitorio, assieme al Collegio dei Questori metterò a punto le proposte di riduzione dei costi e di trasparenza, che entro luglio saranno discusse dall’Ufficio di Presidenza e votate in aula prima della pausa estiva. La politica, e men che meno la democrazia, non può essere definita un costo, ma è certo che a fronte dei tanti sacrifici imposti agli italiani per la precarietà dei nostri conti pubblici, un esempio in tal senso deve venire soprattutto da chi ha il dovere di rappresentare per davvero la volontà popolare, quale che sia il modo con cui è stato eletto.
Le possibilità di farlo ci sono. C’è materiale per tagli significativi. Va verificato se c’è la volontà di farlo.
Per una elementare regola di correttezza nei confronti dell’Ufficio di Presidenza e dei colleghi, ritengo di non poter anticipare le misure concrete di riduzione della spesa che proporrò.
Entro qualche giorno gli italiani avranno comunque gli elementi per giudicare, e mi auguro che nessun gruppo politico voglia sottrarsi al dovere civile di non allargare ulteriormente la distanza che separa il cosiddetto Palazzo dai cittadini.
Dovere che riguarda ovviamente, e ancor più, il rispetto del principio costituzionale per cui la legge è uguale per tutti.
Gianfranco Fini
(da “Il Fatto Quotidiano” )
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Luglio 17th, 2011 Riccardo Fucile
IL NOTO STORICO E SAGGISTA, DOCENTE DI STORIA MEDIEVALE ALL’UNIVERSITA’ DI FIRENZE, VICINO A FLI, ANALIZZA GLI ERRORI E I MARGINI DI MANOVRA CHE ANCORA RESTANO PER PRESERVARE LO SPIRITO ORIGINARIO DELLA SCOMMESSA FINIANA
Il centrodestra berlusconiano? È in via di frantumazione. 
Il Terzo Polo? Doveva far riscoprire agli italiani il senso della partecipazione politica, cosa che finora non è successa.
Futuro e libertà ? Doveva allargare a livello nazionale l’esperimento di Latina, puntando a essere una forza minoritaria ma “qualificante” per disegnare nuovi scenari.
Professore, il centrodestra italiano sopravvivrà a Silvio Berlusconi?
“Un” centrodestra molto probabilmente sopravvivrà alla caduta del Cavaliere. Ma il punto è: avrà la forza di restare maggioritario senza Berlusconi?
Senza il collante berlusconiano fatalmente questo centrodestra “futuro” si frazionerà in una sorta di costellazione di gruppi catto-liberal-conservatori, con scarse differenze ideologiche o politiche o culturali al loro interno e qualche piccolo semplice ma efficace elemento comune: un certo occidentalismo, un certo liberismo, un certo perbenismo…
Resta poi da capire come sarà messo insieme il “perbenismo” con le prove di governo che ha dato chi ha collaborato con Berlusconi. Ma questo sarà un problema nel rapporto con l’opinione pubblica, la quale mi pare, ormai, alquanto “mitridatizzata”…
Detto questo, se non intervengono fattori nuovi (e l’unico fattore nuovo potrebbe essere un serio aggravarsi della crisi socioeconomica), credo che il centrodestra calerà , anche se non tragicamente, nei confronti del centrosinistra.
A meno che non avvenga il miracolo di una nuova “serrata al centro”, difficilmente realizzabile da Casini, ma più probabile se a gestirla fosse un personaggio come Tremonti.
E che prospettive ci sono, per Futuro e libertà ?
Da quel che vedo, Fli rischia di diventare una “occasione perduta”. La partita avrebbe dovuto essere giocata con maggior rigore, correndo il rischio di diventare sul serio una forza minoritaria, ma nella quale un gruppo di italiani (magari non numerosissimo, ma sicuramente “interessante”) avrebbe potuto riconoscersi a livello morale e culturale.
Io riprendo— essendone stato marginalmente parte in causa — il tentativo condotto (non al meglio) a Latina. E ne rovescio le conclusioni: l’uomo che ha riportato una città come Latina, dopo decenni, a una fama non nazionale ma internazionale, avrebbe dovuto esser schierato come punta di diamante di una vera lista civica, che affrontasse sul serio temi che la gente sente, dalla questione morale a quella sociale.
Se in tutti i comuni d’Italia vi fosse stato un 1% “qualificante” che avesse seguito un “progetto Pennacchi”, alla fine si sarebbe stati in grado di muovere qualcosa…
E poi troppe incertezze: è stato un errore madornale non dire, con chiarezza, che a Milano ci si doveva schierare con Pisapia.
E sui referendum bisognava avere una posizione chiara e univoca, con il rischio di perdere qualche frazione di simpatizzanti. Ci si era preparati un’arma, e poi la si è smussata.
La “base” chiede di recuperare lo “spirito originario” che segnò la nascita di Fli…
Fu quello spirito originario a coinvolgere nell’impresa alcuni di noi, anche colleghi universitari non certo ascrivibili alla destra, come Giacomo Marramao, Giulio Giorello, Nadia Fusini. Il messaggio di Fini appariva nuovo, e metteva in discussione posizioni acquisite da troppo tempo, in nome di un cambiamento che spezzasse diametralmente una serie di elementi di “omertà ” che si era andata creando attorno a temi come l’impoverimento del paese, la sua mancanza di passione civica, l’assenza di politica insomma.
Eppure oggi sembra esserci del fermento nuovo nella società italiana, i cui effetti si sono già visti alle amministrative e soprattutto ai referendum. Fli potrebbe intercettare quest’onda?
Come dice spesso Giulio Andreotti, l’importante non è dire la verità ma dirla al momento giusto. L’idea dello “strappo” che ha portato alla nascita di Fli era forse prematura rispetto al disagio dell’opinione pubblica. E così ora ci troviamo davanti a una situazione paradossale per cui le proposte che lanciò Fini lo scorso anno avrebbero una eco molto più profonda nel paese. Ma il fatto che siano state formulate e poi disattese nel giro di pochi mesi, le ha rese vane.
E il Terzo Polo? È un progetto a lungo termine?
Il Terzo Polo doveva lanciare subito un segnale forte e immediato: cambiare le cose in politica, riabituare gli italiani alla discussione, reinsegnare ai cittadini che la libertà è partecipazione. Questa sarebbe la vera democrazia: convincere la gente dell’importanza delle battaglie politiche. L’Italia si è anestetizzata, ha disimparato a confrontarsi, a dibattere, a ragionare sui problemi. E il Terzo Polo avrebbe dovuto rilanciare questo sacrosanto principio. Finora, però, non mi pare sia accaduto.
Federico Brusadelli
(da “Il Futurista”)
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Luglio 17th, 2011 Riccardo Fucile
SEMBRA INCREDIBILE: L’AEREO CHE TRASPORTAVA DALL’AFGHANISTAN LA SALMA DI ROBERTO MARCHINI RITARDA L’ATTERRAGGIO PERCHE’ IL MINISTRO NON ARRIVAVA ALLA CERIMONIA…MENTRE LA FAMIGLIA, IL PICCHETTO D’ONORE E LE AUTORITA’ CUOCEVANO SOTTO IL SOLE
L’altra mattina, nel cielo sopra Roma, un C130 dell’aeronautica militare ha continuato a volteggiare a lungo, facendo larghi cerchi tra le nuvole.
Nel velivolo c’era la salma del caporal maggiore scelto Roberto Marchini, ucciso martedì scorso dall’esplosione di un ordigno in Afghanistan.
Ad aspettarlo, a Ciampino, c’era il picchetto d’onore dell’ottavo reggimento guastatori di Legnago (Verona), di cui il parà faceva parte, insieme al picchetto d’onore interforze, che rappresenta tutti i corpi armati impegnati nelle missioni all’estero.
Tutto pronto, anche l’ arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare, e naturalmente la famiglia e gli amici del caduto: il papà e la mamma, sorretta da un a psicologa dell’esercito, la sorella, altri commilitoni.
Perchè dunque l’aeroplano non si decideva ad atterrare, mentre tutti erano schierati in attesa sotto il sole?
Mancava il ministro della Difesa, Ignazio La Russa.
Nessuno sapeva dove si trovasse e per quale motivo non si fosse presentato alla cerimonia. Sta di fatto che il ministro non c’era.
Le altre autorità presenti – il generale Biagio Abrate e il capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Giuseppe Valotto. il presidente della Corte costituzionale Alfonso Quaranta e il vicepresidente del Senato Vannino Chiti, guardavano l’orologio, si scambiavano frasi sotto voce, chiedevano notizie: niente.
Solo dopo mezz’ora di volteggi del C130, finalmente il ministro è arrivato, l’aereo è atterrato e la cerimonia è potuta iniziare.
Dell’incidente diplomatico, ovviamente, nessuno vuole parlare.
Ma si può immaginare il nervosismo tra i militari, soprattutto quelli della Folgore.
Anche perchè non è la prima volta che dal governo arrivano sgarbi di questo tipo: il 20 settembre scorso, alle esequie del parà Alessandro Romani morto anche lui in Afghanistan, era atteso il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che invece all’ultimo moment ha dato buca: aveva deciso di restare ad Arcore dove — si è poi saputo — la sera prima aveva festeggiato con 24 ragazze fino alle 4 del mattino.
Gianluca Di Feo
(da “L’Espresso”)
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Luglio 17th, 2011 Riccardo Fucile
LE DETRAZIONI RIDOTTE SI CONCENTRANO SUI REDDITI MEDIO BASSI…DAL TAGLIO AGLI SCONTI IVA ALTRI 200 EURO DI EXTRACOSTI
Alla fine, chi li pagherà quei tagli alle agevolazioni fiscali? 
Soprattutto le famiglie italiane con redditi medio-bassi.
E quanto? Quasi il doppio di quelle abbienti.
Fare i conti il giorno dopo l’approvazione d’emergenza della manovra da 48 miliardi non porta buone notizie ai contribuenti.
Le famiglie con redditi modesti, e che versano le tasse, nei prossimi anni subiranno la stangata più odiosa.
Grazie a una clausola di salvaguardia che mette in sicurezza i conti dello Stato, ma che stravolge quelli domestici.
E dunque, proprio chi fino ad ora contava su detrazioni, deduzioni e bonus fiscali per alleggerire l’Irpef, nel 2013 e nel 2014 vedrà ridotti sensibilmente gli sconti.
L’effetto regressivo, calcolato per il sito lavoce. info da Massimo Baldini, economista e docente, si abbatte con particolare iniquità sui nuclei familiari con un reddito medio tra i 16 e i 27 mila euro che a regime, nel 2014, perderanno 620 euro di agevolazioni, su un totale medio di 3 mila euro, quasi il 21%. Un quinto in meno.
Al contrario, il 10% più ricco delle famiglie, quelle con un reddito superiore ai 54 mila euro, lasceranno allo Stato solo 364 euro.
Perchè?
Perchè all’aumentare del reddito, le detrazioni Irpef a cui si ha diritto diminuiscono.
E dunque i tagli lineari, così come previsti in manovra, per ora indistinti – del 5% nel 2013 e del 20% nel 2014 sulle 483 agevolazioni oggi esistenti che valgono 161 miliardi l’anno e che dovranno assicurare 4 miliardi il primo anno e 20 il secondo – pesano molto di
più su chi ha più sconti.
Ovvero le classi intermedie.
Anche perchè si tratta di spese per medici e farmaci, per la scuola e la palestra dei figli, l’affitto, la previdenza integrativa, le ristrutturazioni, gli assegni al coniuge, gli interessi sui mutui, le detrazioni per il lavoro dipendente.
Una previsione talmente dirompente che lo stesso autore dei calcoli considera “molto bassa la probabilità di un’applicazione” di una manovra siffatta.
A meno che, entro il 30 settembre 2013, non venga varata la riforma fiscale e assistenziale con tagli “mirati”.
La regressività del salasso Irpef si somma, poi, anche a un analogo recupero di soldi, ai fini del pareggio del bilancio dello Stato, dall’Iva agevolata del 4 e del 10% che oggi gli italiani pagano quando fanno la spesa, quando comprano medicine, libri, giornali, cellulari, fanno benzina, viaggiano, ristrutturano casa, pagano le bollette o la badante per un genitore malato. Di fatto anche queste aliquote, inferiori a quella più diffusa del 20%, rappresentano agevolazioni fiscali.
E dunque soggette alla futura scure dei “tagli lineari”.
Lo studio di Baldini calcola che le sforbiciate del 5 e poi del 20% fissate in manovra equivalgono, nei fatti, ad un aumento delle due aliquote agevolate rispettivamente al 4,7% e al 10,5% nel 2013 e al 6,8% e al 12,1% nel 2014.
La conseguenza è che un’Iva più alta riscalda i prezzi e lascia meno soldi in tasca alle famiglie.
Anche qui esiste un effetto regressivo. Ma più modesto del caso Irpef.
Questo perchè, spiega lo studio, “le famiglie ad alto reddito consumano molti beni e servizi oggi tassati al 4 o al 10%”.
In valore assoluto, le famiglie più povere (con un reddito inferiore ai 12 mila euro) nel 2014 pagheranno 119 euro in più.
Quelle ricche (reddito sopra i 54 mila euro) 313 euro in più.
La regressività si legge nell’incidenza di questo aumento Iva sul reddito disponibile, chiaramente più alta per chi ha buste paga più magre.
Saldando i due effetti, Irpef e Iva, questa manovra pesa il 7% su chi guadagna al di sotto dei 12 mila euro, il 10% su chi denuncia tra i 12 e i 54 mila euro e il 9% sui benestanti.
Valentina Conte
(da “La Repubblica”)
argomento: Berlusconi, Bossi, Costume, denuncia, economia, emergenza, governo, la casta, Lavoro, LegaNord, PdL, Politica, povertà, radici e valori | Commenta »
Luglio 17th, 2011 Riccardo Fucile
IL RITRATTO DI PAPA, ONOREVOLE MAGISTRATO, E I SUOI MILLE TRAFFICI…
Una vita da Papa. O meglio: una vita da Alfonso Papa. Potrebbe diventare un modo di dire.
Il significato: spassarsela con case negli angoli più belli di Roma, correndo a bordo di supercar da centomila euro.
Sfoggiando orologi di lusso, essenziali per presentarsi puntuali agli appuntamenti con Gigi Bisignani,per essere precisi quando si deve dividere la giornata tra la famiglia e altri impegni, diciamo così, meno ufficiali.
Basta non chiedersi troppo da dove viene tutto questo ben di Dio.
Una volta di un tipo così si sarebbe detto “un uomo che sa vivere”.
Oggi, nell’Italia del berlusconismo, è un “Alfonso Papa”. Peccato soltanto che ci si siano messi di mezzo quei pignoli dei magistrati napoletani che pretendono addirittura di sapere da dove venisse tutta quella ricchezza per una persona che sì, ha sempre fatto mestieri onorevoli (prima il magistrato, poi il parlamentare), ma certo non in grado di procurargli un tenore di vita da far impallidire Briatore.
Guai e motori
Già , cominciamo dalle auto. Un garage degno di un emiro. A partire da tre Jaguar, modelli che possono arrivare a centomila euro, che Papa guida personalmente o regala a sue amiche.
Ecco che cosa racconta in proposito la signorina Maria Roberta Darsena ai magistrati: “Ho conosciuto Alfonso Papa nel 1999 all’Università di Napoli quando io dovevo sostenere l’esame di Diritto commerciale e lui era assistente del professor Di Nanni.
Il nostro è stato un rapporto personale… Ho sentito recentemente a causa di una macchina, mi spiego: il Papa per il mio compleanno del 2010 mi ha regalato la sua Jaguar XKR argento metallizzato del 2003… che era intestata a me.
Dopo qualche mese ho richiamato il Papa dicendo che tale autovettura aveva dei costi di manutenzione troppo elevati per me e dunque dissi al Papa che l’avrei data, in conto vendita, al concessionario Jaguar Bardelli”.
E qui la signorina Darsena fa una scoperta sorprendente: l’onorevole Papa avrebbe mandato un suo amico dal concessionario e si sarebbe ripreso la Jaguar regalata.
Ma, in fondo, è un dettaglio.
Così come le rate di pagamento dell’auto — una volta di proprietà del maestro Mazza, che non sarebbero state tutte pagate (secondo quanto emerge da testimonianze raccolte dai pm).
Ma non ci sono soltanto Jaguar:
Nicola D’Abundo, un imprenditore che nelle carte dei pm viene indicato come uno dei soggetti che “Papa sicuramente tutela”, nella sua testimonianza “non ha potuto negare di aver ceduto al Papa una lussuosa Mercedes SEL, a titolo praticamente gratuito”.
Ma nella scuderia di Papa passa anche una Ferrari.
Racconta la signorina Gianna Sperandio: “Mi capitò di fare un viaggio con una Ferrari 430 che mi era stata prestata da Papa, al quale era stata a sua volta prestata”.
Gli investigatori avevano notato quella Ferrari a disposizione della conoscente di Papa.
Certo, Marco Milanese, stando ai pm, come intenditore non era certo da meno: il braccio destro di Tremonti viaggiava su Aston Martin (che avrebbe restituito, sdegnato, a chi gliel’aveva messa a disposizione perchè “usata”), poi Bentley e soprattutto Ferrari che superano abbondantemente quota 200 mi-la euro.
La cricca immobile
Auto, quindi, ma anche case. E qui Alfonso Papa non teme confronti: altro che Scajola al Colosseo (e pure comprata a sua insaputa).
Altro che Tremonti che abitava in casa di Milanese.
Papa a Roma disponeva di ben tre appartamenti.
Negli atti dell’inchiesta P4 viene citato quello in via Giulia (la stessa strada dove abitò per un periodo anche Guido Bertolaso).
Qui, secondo gli investigatori, sarebbe stata ospitata Ludmyla Spornyk, una sua amica.
Poi ecco un altro “prestigioso appartamento” in via Capo Le Case, quella meravigliosa “isola” di edifici antichi ai piedi del Colosseo.
E qui si sarebbe stata ospite Gianna Sperandio, un’altra casa amica di Papa.
Anche se le ragazze non hanno saputo dire chi fosse il vero proprietario delle case.
Ultimo, il più normale, l’appartamento nel quartiere Talenti, che Papa avrebbe utilizzato quando la famiglia veniva a trovarlo da Napoli.
Già la famiglia. Perchè Papa pensa a tutto. Anche alla moglie.
Avvocato, le cui consulenze si moltiplicano i maniera più che sospetta.
Tanto che diversi imprenditori avrebbero spiegato ai magistrati di aver subito pressioni proprio dal marito-onorevole perchè gli incarichi fossero affidati proprio alla signora Tiziana Rodà .
Infine ecco gli altri status symbol degli onorevoli Pdl sulla cresta dell’onda.
Ma se Milanese puntava sui Patek Philippe (che diceva di comprare anche per il suo ministro), Papa aveva un chiodo fisso per i Rolex.
C’è una foto, scattata dai militari della Gdf, che vale da sola un intero racconto.
Sono le tre del pomeriggio del 24 settembre 2010: Papa si presenta a un appuntamento. L’incontro è stato fissato sulla scalinata di via Chiaia, a Napoli, dove si presenta tale Gennaro Giuliano, arrestato nel 1997 per porto abusivo di armi e segnalato — nel 2006 — per ricettazione.
Uomini di polso
Gli investigatori, nel loro linguaggio asettico, lo descrivono così: “Soggetto attivo nella commercializzazione nella zona della Maddalena di orologi di elevato valore economico e di provenienza verosimilmente delittuosa”.
Papa ha una grande passione per gli orologi di lusso. Ne regala parecchi.
E lo stesso Luigi Bisignani ne è al corrente, tanto da dire ai pm Woodcock e Curcio, che un paio ne ha ricevuti anche lui: “Papa mi ha regalato due orologi. Mi ha detto più volte detto che a Napoli c’è un buon mercato di orologi e ottimi prezzi”.
E se i prezzi sono quelli di Giuliano Gennaro…
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Berlusconi, Costume, criminalità, denuncia, Giustizia, governo, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »