Destra di Popolo.net

LA CASTA NON RINUNCIA AI PRIVILEGI: E SUL WEB SCOPPIA LA RIVOLTA BIPARTISAN

Luglio 16th, 2011 Riccardo Fucile

IL “FATTO QUOTIDIANO” CITA “DESTRADIPOPOLO.NET”: “UNA CLASSE POLITICA CHE RAPPRESENTA LA CASTA DELLA VERGOGNA”… DA DESTRA A SINISTRA SI SCATENA LA PROTESTA DEGLI ELETTORI: “SIETE TUTTI UGUALI”

La manovra finanziaria picchia duro nelle tasche dei cittadini, ma non incide minimamente sui costi della politica.
Su internet si scatena la protesta degli elettori di entrambi gli schieramenti: “La verità  è che siete tutti uguali e ve ne fregati di noi!”
Una manovra lacrime e sangue che svuota le tasche degli italiani.
Di tanti italiani, ma non di tutti.
Perchè anche questa volta la Casta si è salvata e ha deciso di non risparmiare sui suoi sprechi.
Una decisione che ha sollevato l’indignazione degli elettori sia di centrodestra che di centrosinistra, uniti per una volta nella protesta che da Facebook a Twitter sta facendo ribollire il web.
Eppure c’è chi già  aveva previsto una manovra contro gli italiani e a favore del Palazzo.
Infatti giovedì pomeriggio, alla vigilia dell’approvazione, Nickols sul forum dei giovani padani ne era già  convinto: “Non metteranno le mani nelle tasche dei parlamentari”. Tanti gli elettori del Carroccio infuriati contro il mantenimento dei privilegi e, visto che la piattaforma di Radio Padania è ancora “momentaneamente chiusa” dalla sconfitta della Moratti a Milano, si sfogano sulla pagina Facebook dell’eurodeputato Matteo Salvini.
“Leghista fino a ieri convinto — scrive Luigi -, alla prossima tornata voterò il partito che si impegni pubblicamente a dimezzare il numero dei politici, gli stipendi e le pensioni della Casta”.
Gli gli fa eco Carlo, che lo invita anche a dare il buon esempio: “Avete negato la crisi per un paio di anni, un governo che salta da uno scandalo all’altro, tagli alla spesa sociale imponenti e spesa della casta immutata. Dia l’esempio, metà¡ del suo stipendio a un associazione di beneficenza”.
E infine Bob se la prende con Tremonti e con chi ha sostenuto la sua manovra da “truce tributarista”: “Quel piccolo ‘genio’ — commenta — che fa su costi della politica, vitalizi, auto e aerei blu? Li rimanda alla prossima legislatura”.
Sul versante Pdl, invece, il sito ForzaSilvio non ha avviato nessuna discussione sui mancati tagli che fanno però capolino negli sms inviati su Spazio Azzurro, piattaforma online degli elettori di centrodestra.
Il moderato chiede “perchè si possono fare da subito i tagli ai vitalizi delle persone normali mentre si rinviano quelli della casta” e chiede “il licenziamento di Tremonti che ha fatto ‘macelleria sociale’ e non ha tagliato la Casta”. L’indignazione prosegue nei commenti di Paola che, ormai, trova addirittura inutile l’esistenza di un forum online del Pdl e scrive: “Credo che questo Spazio Azzurro non abbia più ragione di esistere. Quindi, Cav. chiudilo e vai a divertirti tu che puoi. Noi dobbiamo pagare le pensioni alla casta”.
Gabriele poi trova insopportabile che i politici siano “sempre nello sfarzo” e promette: “non voterò più”.
Come Giuseppe che per lo stesso motivo spiega che di “queste e altre ingiuste discriminazioni alle prossime elezioni ne terremo conto”.
E anche sui blog di riferimento per la maggioranza, gli elettori non usano mezzi termini.
Senatori e deputati sono “ladri” per decine di utenti sulla pagina facebook di Daw blog e destradipopolo.net descrive questa classe politica la “Casta della vergogna”.
Durissimo il post di Leonardo Facco che su Movimento Libertario osserva: “L’arroganza, la protervia, l’arbitrarietà , la presunzione di questi cialtroni non ha limiti”, perchè ci costringono a pagare anche “qualche prebenda loro personale”.
Ma anche i siti dell’opposizione sono inondati dalle critiche dei loro elettori.
Sulla pagina facebook del Partito democratico infatti, piovono commenti severi alla nota “Vitalizi dei parlamentari e costi della politica. La fiducia posta dal Governo ha impedito di votare le nostre proposte”.
Lì il partito punta il dito contro le “ricostruzioni pelose” di Libero sui due interventi dei senatori Marilena Adamo e Francesco Sanna contrari ai tagli.
Maria, elettrice di centrosinistra osserva che “da un’opposizione che si propone a divenire forza di governo queste scivolate come minimo sconcertano” e Salvo chiude lapidario: “La verità  è che siete tutti uguali e ve ne fregati di noi!”.
Nessuno sconto alla Casta anche sulla pagina facebook di Antonio Di Pietro che si difende: “Noi l’abbiamo detto e proposto […]. Hanno scelto un’altra strada, quella di togliere ai cittadini e salvare la Casta”.
Per i suoi fan online, “il costo della politica è ormai insostenibile sia economicamente che moralmente” e Pd e “Pd meno L sono uguali circa la salvaguardia dei privilegi della casta”.
Purtroppo, infatti, per tanti “era un finale già  scritto” perchè “non c’erano dubbi sul fatto che la casta si sarebbe preservata a discapito dei cittadini”.
Su Twitter intanto piovono messaggi contro i mancati tagli con l’hashtag #bastacasta e su Facebook è stato creato l’evento “Un milione di firme per ridurre gli stipendi ai politici italiani” sottoscritto da oltre 580mila persone e fissato per il 31 maggio 2012 per chiedere, fra l’altro, la “riduzione del 30% degli stipendi”, le “auto blu solo alle 4 più importanti cariche dello Stato italiano”e “l’abolizione del 70% dei vitalizi per i politici italiani” perchè “guadagnano abbastanza per pagarsi la maggior parte delle cose quotidiane da soli”.

Eleonora Bianchini
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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A.A.A. CERCASI PALO

Luglio 16th, 2011 Riccardo Fucile

E’ PARTITA LA CACCIA AL NUOVO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, MA TROVARE UN ALTRO NULLA NON E’ IMPRESA DA POCO… E SE LA SCELTA CADESSE SU BRUNO VESPA? COSI’ POTREBBE INTERVISTARSI DA SOLO

Siccome la politica è noiosa e ogni tanto c’è bisogno di svago, è partita la caccia al nuovo ministro della Giustizia.
Si tratta di rimpiazzare Angelino Jolie, che s’è messo in testa di essere il segretario del Pdl e nessuno osa contraddirlo.
E qui sta la prima difficoltà : come si fa a sostituire il nulla?
Oddio, trovare un altro nulla non è così complicato.
Infatti il pensiero di tutti è corso a Frattini Dry, quello che si crede il ministro degli Esteri anche se nessuno se n’è mai accorto (all’ambasciata americana lo chiamano affettuosamente “il fattorino” e ogni tanto lo invitano alle feste per farsi quattro risate).
Con la sua fronte inutilmente spaziosa, almeno quanto quella di Angelino, il pelo superfluo della Farnesina potrebbe essere proprio l’uomo ideale.
Il guaio è che B. ha bisogno di qualcuno minimamente presente a se stesso, visto che un Guardasigilli non gli basta: a lui serve un prestanome, anzi un palo. Uno che gli tenga il sacco.
C’è da annullare quel brutto risarcimento a De Benedetti che fa piangere la piccola Marina e scivolare in bagno Papi Silvio.
Eppoi qui stanno partendo i rastrellamenti e servirà  presto non una leggina ad Nanum, ma una vagonata di porcate una più porca dell’altra.
Bisogna tenersi pronti a depenalizzare la corruzione per salvare Milanese e Papa, e persino la mafia per salvare Romano.
Occorre qualcuno di mano lesta e mente pronta, mentre Frattini ha la reattività  di un bradipo con l’artrosi (infatti, mentre tutti lo indicavano per Via Arenula, lui s’è detto “sorpreso”: dopo tre anni deve ancora realizzare di essere ministro degli Esteri). No, ci vuole ben altro.
Si era parlato di Lupi, che è un tipo sveglio, ma non è mica scemo: infatti ha rifiutato.
Cicchitto è subito sfumato: forse un piduista alla Giustizia lo boccerebbe persino Napolitano.
Niente da fare nemmeno per la Bernini: ha il grave handicap di essere laureata in Legge e, quel che è peggio, incensurata.
Nemmeno un avviso di garanzia, un mandato di cattura: una tipa sospetta, forse un’infiltrata delle procure.
Così s’è pensato di riesumare il leghista Castelli, “l’ingegner ministro” di Borrelli, quello che per combattere meglio l’illegalità  aveva portato al ministero Alfonso Papa e, a furia di consulenze d’oro, s’è guadagnato una condanna della Corte dei conti, mentre il Parlamento di Roma ladrona lo salvava dai tribunali.
Ma anche lui è tramontato: la Giustizia spetta di diritto al Partito degli Onesti. E allora s’è autocandidato Brunetta, semprechè gli sfugga anche quest’anno il Nobel per l’Economia (un atto dovuto).
Sua, del resto, l’idea geniale di moltiplicare la produttività  dei tribunali mettendo i tornelli all’ingresso.
Ma, per quanto B. detesti i magistrati, sciogliergli alle calcagna un Brunetta è parso troppo persino a lui.
Così nelle ultime ore sono salite le quotazioni dell’on. avv. Donato Bruno, già  socio di Previti, una garanzia.
Si dice che molti temano di esser indagati appena entrati al ministero.
E allora perchè non valorizzare il sottosegretario Caliendo, che è già  indagato (P3), o il ministro Romano, già  imputato (mafia)?
Qualcuno azzarda in extremis la candidatura di Nitto Palma. Ma, Nitto per Nitto, molto meglio Santapaola.
Qualcuno, infine, preferirebbe un tecnico. Tipo Carlo Nordio, noto per dare sempre ragione ai berluscones e per andare a cena con Previti.
O, meglio ancora, Augusta Iannini in Vespa, già  cocca di Squillante, da dieci anni al ministero prima con Castelli, poi con Mastella, infine con Angelino, che accompagna spesso a Palazzo Grazioli trattenendosi anche quando ministro e premier sono usciti (che s’ha da fare pur di non tornare a casa).
Ma a questo punto tanto vale fare ministro direttamente Vespa.
Che così smetterebbe di ospitare a Porta a Porta i datori di lavoro della sua signora e s’intervisterebbe da solo.
Ieri B. spiegava alla Camera la sua rovinosa caduta in bagno: “Sul pavimento c’era qualcosa di viscido”.
Era Vespa che si portava avanti col lavoro.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LA CASTA DELLA VERGOGNA: LA POLITICA SI FA LO SCONTO, SFUMA IL TAGLIO AGLI STIPENDI DEGLI ONOREVOLI

Luglio 16th, 2011 Riccardo Fucile

UNA CORREZIONE NOTTURNA AL TESTO NEUTRALIZZA LA NORMA PRECEDENTE CHE RIDUCEVA LE INDENNITA’ ALLA MEDIA DEGLI ALTRI PAESI EUROPEI…L’IRA DELLE OPPOSIZIONI…RIMBORSI ELETTORALI RIDOTTI MA SOLO DALLA PROSSIMA LEGISLATURA

Taglio alle indennità  dei parlamentari addio, o quasi.
Meglio equipararsi ai sei paesi più ricchi dell’Unione europea. E poi rimborsi elettorali ridotti ma dalla prossima legislatura, auto blu da ridimensionare ma dal 2012, vitalizi salvati in extremis, finanziamenti ai partiti appena sforbiciati. Doveva essere il fiore all’occhiello della manovra lacrime e sangue.
Il buon esempio all’insegna dell’austerity dato dalla politica, perchè – ammoniva Tremonti ancora pochi giorni fa – non si possono chiedere sacrifici agli italiani senza imporli alla classe dirigente.
E invece ecco servito il bluff.
La manovra appena approvata da 70 miliardi, che si abbatterà  tra ticket e superbolli su famiglie e risparmiatori, nel testo definitivo rinvia e in qualche caso annulla i buoni propositi di chi l’ha scritta.
Il colpo grosso è andato in scena nel chiuso delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio al Senato sulla norma più attesa.
Proprio quella che avrebbe dovuto equiparare le indennità  parlamentari a quelle dei paesi Ue.
Falcidiata tra la notte del 12 e il 13 mattino grazie a un paio di emendamenti targati Pdl.
l testo originario di Tremonti prevedeva (dalla prossima legislatura) l’equiparazione delle attuali indennità  parlamentari italiane a quelle dei 17 paesi dell’area euro.
A conti fatti, per passare dall’attuale “trattamento economico” base (al netto delle varie voci accessorie) di quasi 12 mila euro mensili lordi dei nostri parlamentari, ai 5.339 euro della media europea, com’è
stata di recente calcolata dal Sole 24 ore.
Risultato: Camera e Senato che oggi sborsano circa 144 milioni all’anno per le indennità , ne avrebbero spesi solo 62 milioni, meno della metà  (il 53,5% in meno).
E invece, viene azzerato o quasi quel risparmio da 82 milioni.
Come? Grazie a due colpi sottobanco.
L’emendamento 1.1 del relatore in commissione, il pidiellino Picchetto, che prevede intanto un adeguamento della paga a quella non dei 17 paesi euro, ma dei “sei principali” paesi Ue, quindi dei più grandi.
Infine, con l’emendamento 1.2 del duo siciliano (sempre Pdl) Fleres-Ferrara, con cui viene sancito che in futuro l’adeguamento andrà  fatto in base alla “media”, sì, ma “ponderata, rispetto al Pil” di quei paesi.
Dovrà  tener conto cioè non del numero dei cittadini, ma della ricchezza dei sei paesi. Bizantinismi.
Sta di fatto, protesta il senatore Pd Francesco Sanna che si è battuto in commissione, “che con il sistema prescelto da maggioranza e governo la riduzione, se ci sarà , sarà  lievissima”.
Anzi, con la media “ponderata al Pil”, non sarà  neanche detto che la decurtazione ci sarà .
Il Pdl d’altronde in commissione aveva difeso a spada tratta la busta paga, contro “la deriva populista” e in difesa della “prestigio del Parlamento”, con una sfilza di interventi, da Raffaele Lauro a Giuseppe Saro a Andrea Pastore. Missione compiuta.
Ma è solo il bluff più macroscopico, tra quelli che vengono a galla in queste ore in cui enti locali e sindacati denunciano la mannaia da 500 euro l’anno a famiglia in arrivo con la manovra.
Scomparsa la norma che cancellava i vitalizi dei parlamentari che – grazie ai 2.238 assegni staccati ogni mese da Camera e Senato per gli “ex” – comportano un esborso annuo da 218,3 milioni di euro: ben più che per gli onorevoli in servizio.
Mai messa nero su bianco quella annunciata sull’azzeramento delle indennità  da 2.243 euro dei ministri (che si somma a quella da parlamentare) che avrebbe consentito di risparmiare 100 mila euro al mese, dunque un milione e 200 mila euro l’anno.
Ha vissuto solo un paio di giorni sui giornali.
Le auto blu – che sono oltre 15 mila e costano 1 miliardo di euro l’anno – non potranno avere in futuro una cilindrata superiore a 1.600, ma quelle in servizio saranno tenute fino alla rottamazione.
I rimborsi elettorali ai partiti per le elezioni, che pesano per 180 milioni di euro, saranno ridotti, ma solo “dalla prossima legislatura” e solo del 10 per cento: 18 milioni appena di risparmio.
Il voto di ogni tedesco oggi viene ripagato ai partiti con 38 centesimi, in Italia continuiamo a viaggiare sui 3,5 euro.
Il rigore sulla politica può attendere.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)

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ALLARME ISTAT: LA POVERTA’ AUMENTA: “OTTO MILIONI DI ITALIANI IN BILICO”

Luglio 16th, 2011 Riccardo Fucile

IL 13,6% DELLA POPOLAZIONE VIVE CON 900 EURO MENSILI PER DUE PERSONE…SALE AL 4,6% LA PERCENTUALE DELLE FAMIGLIE CHE NON HANNO I MEZZI PER BENI E SERVIZI ESSENZIALI PER VIVERE CON DIGNITA’

Sono 8 milioni e 272mila le persone povere in Italia, il 13,8% dell’intera popolazione. E’ quanto fa sapere l’Istat, aggiungendo che nel 2010 le famiglie in condizione di povertà  relativa sono 2 milioni e 734 mila, l’11% delle famiglie residenti.
L’Istituto spiega che si tratta di quelle famiglie che sono cadute al di sotto della linea di povertà  relativa, che per un nucleo di due componenti è pari ad una spesa mensile di 992,46 euro.
Ma il dato che più fa paura è quello che riguarda le famiglie che risultano in condizioni di povertà  assoluta: sono un milione e 156mila, il 4,6% di quelle residenti nel paese, per un totale di 3 milioni e 129mila persone, il 5,2% della popolazione. L’Istat spiega che sono considerate assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore a quella minima necessaria per acquisire l’insieme di beni e servizi considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile.
Si tratta, quindi, spiega l’Istituto dei “più poveri tra i poveri”.
Anche tra le famiglie non povere esistono poi gruppi a rischio di povertà ; si tratta delle famiglie con spesa per consumi equivalente superiore, ma molto prossima, alla linea di povertà : il 3,8% delle famiglie residenti presenta valori di spesa superiori alla linea di povertà  di non oltre il 10%, ma questa quota che sale al 6,7% nel Mezzogiorno.
Le famiglie “sicuramente” non povere, infine, sono l’81,4% del totale, con percentuali che passano dal 90,2% del Nord, all’87,9% del Centro e al 64,1% del Mezzogiorno.
L’Istat rileva una sostanziale stabilità  del fenomeno, sia relativo che assoluto, a rispetto al 2010, ma anche un peggioramento per alcune fasce della popolazione.
Al Sud, ad esempio, quasi una famiglia numerosa su due è povera.
I dati indicano infatti che la povertà  relativa aumenta tra le famiglie di 5 o più componenti (dal 24,9% al 29,9%), tra quelle con membri aggregati, ad esempio quelle dove c’è un anziano che vive con la famiglia del figlio (dal 18,2% al 23%), e di monogenitori (dall’11,8% al 14,1%).
E la condizione delle famiglie con membri aggregati peggiora anche rispetto alla povertà  assoluta (dal 6,6% al 10,4%).
In particolare, fa notare l’Istituto, nel Mezzogiorno l’incidenza di povertà  relativa cresce dal 36,7% del 2009 al 47,3% del 2010 tra le famiglie con tre o più figli minori. Quindi, quasi la metà  di questi nuclei vive in povertà  relativa.

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ORA IL PALAZZO ATTENDE UNA NUOVA BUFERA SU TREMONTI: UN GRANDE INCIDENTE APRIREBBE LA VIA DEL GOVERNISSIMO

Luglio 16th, 2011 Riccardo Fucile

CASINI E PISANU SONO I POSSIBILI SOSTENITORI DI “ESECUTIVI NAZIONALI”…IPOTESI MONTEZEMOLO AGLI ESTERI CON ALFANO A PALAZZO CHIGI

Ormai qui, tra il Transatlantico di Montecitorio e i velluti rossi di Palazzo Madama, lo chiamano semplicemente «l’incidente».
Anzi, «l’Incidente» con la maiuscola: perchè l’enfasi nel tono di questo o quel parlamentare lascia intendere che la maiuscola stavolta è assolutamente necessaria.
E se qualcuno non ha capito di che diavolo si tratta, lo si può spiegare con pochissime parole: «l’Incidente» è una nuova slavina di accuse che però stavolta non si limiti a travolgere qualche amico o qualche collaboratore, ma prenda invece in pieno il superministro Tremonti, facendo smottare assieme a lui un governo che altrimenti non si capisce chi, come e quando possa liquidare.
Può far sorridere – o può mortificare – il fatto che nel «giorno della Responsabilità » (quando il Senato approva in un lampo la manovra e la gira alla Camera) sia più o meno questa la «soluzione politica» vagheggiata per chiuderla con un governo dall’encefalogramma piatto e tirar fuori il Paese dal pantano in cui è finito.
Ci pensino i giudici, insomma: alla faccia dell’invocata autonomia della politica, delle invasioni di campo della magistratura, delle accuse alle «toghe rosse» e compagnia cantando.
E che si confidi ancora negli avvisi di garanzia di fronte a un governo che ha un ministro mandato a processo per mafia (Romano), un altro dimessosi otto mesi fa e mai sostituito (Ronchi), un terzo che sta per dimettersi (Alfano), un quarto a rischio-slavina (Tremonti) e un premier che alle slavine ci ha fatto il callo, dice molto della pesantezza della situazione.
Per cui, ci si metta l’anima in pace: governissimi, esecutivi di salvezza nazionale, governi per riformare la legge elettorale e gabinetti di salute pubblica, sono ipotesi che diventano possibili solo un attimo dopo «l’Incidente».
E se l’opposizione aspetta i giudici perchè non ha i numeri per liquidare il premier, ormai anche nella maggioranza non pochi sperano nelle odiate «toghe rosse» perchè non hanno nè la forza nè il coraggio di sfiduciare Berlusconi.
Non che non si parli, naturalmente, di quel che fare dopo «l’Incidente»: ma è come scrivere sull’acqua.
Si tratteggiano scenari futuri, ipotesi incerte, misteriosissimi processi in divenire. Suggestivo quello suggerito dal cattolicissimo Beppe Fioroni, ras democratico, che giustamente – però – s’affida a Dio.
Il titolo del film proposto potrebbe essere «Arrivano i nuovi responsabili»: ma stavolta non in soccorso di Berlusconi.
«Quel che occorre – dice – è un nuovo gruppo parlamentare che prenda atto della situazione, archivi Berlusconi e aiuti la nascita di un governo senza di lui. Scajola, Pisanu e Roberto Formigoni, ormai del tutto insofferenti, potrebbero provarci: ma è solo Casini che può parlare con loro, sponsorizzare il progetto, valutarne la fattibilità …».
Dunque, prima «l’Incidente» e poi i «nuovi responsabili», tra squilli, fanfare e sventolii di bandiere.
Possibile?
Potesse, Pier Ferdinando Casini – uno che mastica politica da trent’anni – risponderebbe solo con un mah… Invece, andando su e giù in un ascensore di Montecitorio per poter parlare un po’ in santa pace, il leader Udc qualcosa aggiunge: «Scusi, quanti parlamentari ha con sè l’amico Pisanu?».
Si capisce, insomma, che non gli sembra aria.
«Se stiamo parlando di un ribaltone – aggiunge – la cosa non mi interessa. Io spero che bastino i fatti a liberarci di Berlusconi. Per altro, è una sciocchezza sostenere che noi l’abbiamo aiutato accelerando la manovra. Prima di tutto abbiamo aiutato il Paese, e poi magari anche lui ad affondare ancora un po’: la manovra è pessima, la rabbia del Paese lo investirà . E ho detto ad Alfano, che è un bravo ragazzo, che sbaglierebbe ad occupare il suo tempo da segretario commissariando il Pdl bolognese o quello siciliano… E’ ben altro ciò di cui ha bisogno il suo partito».
Ma dopo «l’Incidente», beninteso.
Prima si può solo provare a sistemare le cose almeno un po’.
«Le mie le ho sistemate – annuncia Di Pietro mentre suda al sole del cortile di Montecitorio -.
Mozione di sfiducia al ministro inquisito Romano: e se non viene messa in discussione, l’Idv non partecipa più ai lavori della Camera».
Altri, invece, lasciano intuire che altrove si lavora alacremente per affrontare il dopo. Dice Piero Testoni, deputato Pdl un tempo vicino a Cossiga e ora a mezza via tra Beppe Pisanu e Claudio Scajola: «Fossi in lei, scruterei le mosse di “ItaliaFutura”… Montezemolo sta cominciando a muoversi, cerca uomini e riferimenti in tutte le regioni, lavora a idee che gruppi trasversali di deputati potrebbero trasformare in proposte di legge…».
Montezemolo? «Montezemolo. Perchè no?», annuisce Roberto Rao, braccio destro di Casini, che però lo inquadra in tutt’altro scenario.
«Se c’è “l’Incidente” e si apre la crisi, potrebbe esser tentato: lo schema su cui qualcuno ragiona prevede Angelino Alfano a Palazzo Chigi e Luca di Montezemolo alla Farnesina, in giro per il mondo per risollevare l’immagine del Paese».
Ma ci vuole «l’Incidente», certo.
O qualcosa di peggio che nessuno – però – si può augurare: se nemmeno a manovra varata la speculazione si fermasse, le borse risalissero e l’Italia venisse fuori dal pantano…
Ecco, se questo avvenisse, il segnale sarebbe chiaro: il problema del Paese è di credibilità  politica, prima ancora che economica e finanziaria.
Ma nessuno per ora vuol pensarci.

Federico Geremicca
(da “La Stampa“)

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FINANCIAL TIMES: “LA MANOVRA NON BASTA, IN UN MONDO IDEALE BERLUSCONI SE NE ANDREBBE”

Luglio 16th, 2011 Riccardo Fucile

ITALIA NEL MIRINO: NON BASTA L’AUSTERITY, SONO INDISPENSABILI LE RIFORME STRUTTURALI…PROFESSIONI, BUROCRAZIA E MERCATO DEL LAVORO

Non basta la manovra di austerità  del ministro Giulio Tremonti per salvare l’Italia dalla crisi, scrive il Financial Times in un’editoriale dal titolo “Tutelare la credibilità  fiscale dell’Italia”.
La manovra “è lungi dalla perfezione” anche perchè una bella fetta è destinata all’applicazione nella prossima legislatura.
Tuttavia deve essere approvata il prima possibile.
Ma poi “per convincere i mercati che è credibile, l’Italia ha bisogno di qualcosa di più dell’austerità . Roma deve mandare un chiaro messaggio di intenti – sottolinea il quotidiano finanziario – in un mondo ideale questo significherebbe la rimozione del premier Silvio Berlusconi e la nascita di un governo di larga maggioranza guidato da tecnici”.
Tuttavia, continua il Ft, dal momento che l’uscita di scena di Berlusconi appare remota, i leader politici italiani (che non sarebbero “capaci di orchestrarla”) devono trovare altri modi per dimostrare la loro determinazione.
“L’approccio migliore sarebbe quello di accompagnare la manovra di austerità  di Tremonti con un programma di riforme strutturali radicali, volte a incrementare il tasso di crescita a lungo termine del Paese”.
Il quotidiano della City indica quindi nella liberalizzazione delle professioni, nella riforma del mercato del lavoro e nello snellimento della burocrazia le riforme più urgenti per il Paese.
“E’ una vergogna che gli sforzi di Berlusconi in questa direzione siano stati quasi interamente rivolti a tutelare i suoi complicati interessi”, ammonisce il quotidiano, che bacchetta anche il tentativo del premier di inserire nella manovra di Tremonti una misura per rinviare il pagamento della multa alla Cir: “La sua volontà  di mettere a rischio la credibilità  del suo Paese per difendere il suo patrimonio personale è spregevole”.
In questo momento, riprende il Ft, “il Parlamento deve approvare senza indugi la manovra di Tremonti”, ma “se l’Italia vuole ripristinare la fiducia dei mercati, le riforme sono indispensabili”.

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CONCUSSIONE E VOTO DI SCAMBIO: ARRESTATO CONSIGLIERE REGIONALE DEL PDL

Luglio 16th, 2011 Riccardo Fucile

SI TRATTA DI ALBERICO GAMBINO, EX SINDACO DI PAGANI, FINITO IN MANETTE INSIEME AD ALTRE SEI PERSONE… UNA CONDANNA ALLE SPALLE PER SPESE NON GIUSTIFICATE DI 22.000 EURO

Era stato reintegrato in Consiglio regionale da poche settimane, dopo la sospensione per una condanna per peculato, per aver usato a sbafo la carta di credito del Comune di cui è l’ex sindaco, Pagani (Salerno).
I Carabinieri del Comando provinciale di Salerno hanno bussato alla sua porta all’alba, stavolta per arrestarlo.
L’accusa per Alberico Gambino, consigliere del Popolo delle Libertà  supervotato un anno fa alla Regione Campania, è pesante: concussione e associazione per delinquere finalizzata allo scambio elettorale politico-mafioso.
Per la Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Salerno, guidata da Franco Roerti, Gambino insieme ad altri due sodali — presidente e vicepresidente della Paganese calcio — aveva creato un sistema per gestire appalti e controllare le principali attività  economiche e imprenditoriali della zona con l’aggravante di aver agevolato il clan Fezza-D’Auria Petrosino, attivo nell’agro nocerino.
Una macchina ben congegnata, secondo l’accusa, che grazie alla “complicità  di politici di livello locale e regionale” riusciva a gestire di fatto pezzi della pubblica amministrazione.
Insieme a Gambino sono finiti in manette altre sei persone.
Qurantaquattro anni, sposato e padre di due figli, Gambino è stato a lungo sindaco di Pagani ma è un pezzo da novanta del partito di Berlusconi nell’intera provincia salernitana.
Tanto che nel 2009, Edmondo Cirielli — l’ufficiale dei Carabinieri prestato alla politica che somma gli incarichi di deputato e presidente della Provincia di Salerno — lo vuole in Giunta accanto a sè.
Di lì a poco, Gambino verrà  condannato in primo grado per aver sperperato denaro della Pubblica Amministrazione.
Scatta l’interdizione ed è costretto a lasciare la poltrona di assessore.
Ma Cirielli non si scompone, tiene per sè la delega al Turismo e lo nomina consulente del presidente.
A febbraio 2010 per Gambino arriva pure la condanna in appello: un anno, cinque mesi e 10 giorni.
Nelle stesse ore, Cirielli impone a Roma il suo nome in lista e poche settimane dopo il suo braccio destro politico viene eletto in Consiglio regionale.
Non ci entrerà , sempre per via di quella condanna (che una settimana fa la Cassazione ha annullato per un difetto di motivazione e rinviato alla Corte d’Appello).
Fino a quando, Silvio Berlusconi, a pochi giorni dalle elezioni dello scorso maggio, non lo reintegra con un decreto d’urgenza.
Il giorno del suo ritorno nel parlamentino regionale, lo scorso 19 maggio, sulle tribunette degli ospiti ci sono consiglieri, sindaci dell’area e lui, Edmondo Cirielli, raggiante e con indosso la fascia azzurra d’ordinanza.
Pochi giorni ancora e la provincia di Salerno darà  notizia dell’assegnazione dell’appalto per la costruzione dell’inceneritore di Salerno.
È l’opera necessaria a portare la Campania fuori dall’emergenza, un affare da 300 milioni di euro solo per la realizzazione.
Lo costruirà  un gruppo di tre imprese: una di queste è del cognato di Gambino, come denunciato 15 giorni fa dall’Espresso.

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HANNO MESSO LE MANI NELLE TASCHE DEGLI ITALIANI

Luglio 15th, 2011 Riccardo Fucile

LA MANOVRA COLPISCE TUTTI ED E’ PARI A 1.200 EURO L’ANNO A FAMIGLIA… SALVI I COSTI DELLA POLITICA, MENTRE IL PDL PENSA SOLO A SALVARE PAPA DALL’ARRESTO.. IL PALAZZO HA UN COSTO DI 13 MILIARDI DI SPESE ANNUE, I TAGLI NON ARRIVANO A 50 MILIONI

Ora che tutto è definito si può dire con cognizione di causa: la   manovra che stasera avrà  il via libera definitivo della Camera dei deputati — oltre ad avere più speranze di deprimere la crescita economica che di incrementarla — è una enorme operazione di sottrazione di reddito ai danni dei ceti medi e medio-bassi.
Lo si deve al combinato disposto di due scelte di Giulio Tremonti: per la correzione dei conti da una cinquantina di miliardi (a regime, cioè a fine 2014), il ministro dell’Economia ha puntato quasi tutto sulle maggiori entrate — ovvero più tasse — e le ha fatte pagare quasi tutte ai soliti noti.
La pressione fiscale generale, lo hanno spiegato ieri i tecnici del Senato, salirà  di almeno 1,2 punti percentuali solo con l’applicazione dei 20 miliardi di tagli lineari alle agevolazioni fiscali (nel 2014 sarà  al 43,7 per cento, sempre che i numeri del governo siano buoni).
Ma questo tipo di intervento pesa quasi solo sui redditi meno sostanziosi.
Il governo ha in pratica deciso che ciò che finora era “scaricabile” dalla dichiarazione dei redditi viene tagliato del 5 per cento nel 2013 e del 20 per cento l’anno successivo. Di cosa si parla lo spiega uno degli allegati alla manovra, una lista di 483 tipi di regimi di favore fiscale, una giungla stratificata in quarant’anni che vale 161 miliardi di euro l’anno e contiene di tutto: non solo le agevolazioni per la palestra o per comprarsi il Suv, come disse Tremonti, ma anche quelle per la famiglia (valore: 21,44 miliardi) o per lavoro e previdenza (56,8): detrazioni e deduzioni per dipendenti e pensionati, i figli a carico, le spese mediche e per l’istruzione, i mutui sulla casa e gli asili nido, la previdenza complementare e gli     assegni al coniuge, le assicurazioni sulla vita, le spese funebri e i contributi alle Onlus o alle Chiese.
Una stangata sui redditi medio-bassi già  quantificata: una normale famiglia di lavoratori pagherà  1.200 euro l’anno in più.
La situazione peggiora ancora se si calcola anche il taglio alle agevolazioni Iva: non solo i cosiddetti “forfettini” o “forfettoni”— regimi fiscali semplificati che riguardano centinaia di migliaia di contribuenti — ma pure l’imposta più bassa sulle ristrutturazioni edilizie o il risparmio energetico.
Tutta roba che finisce per incidere sui prezzi e porta il totale del danno complessivo di questi tagli per la nostra famiglia media alla cifra di 1.800 euro.
Il ministro peraltro, col suo emendamento, s’è lasciato le mani parecchio libere.
Nel maxiemendamento si legge infatti che i regimi di favore fiscale verranno decurtati del 5 per cento nel 2013 e del 20 per cento l’anno successivo e in un altro comma si stabilisce che il taglio lineare può essere evitato se entro il settembre 2013 viene approvata una riforma sul tema che produca negli stessi anni un risparmio di 4 e 20 miliardi.
Solo che la scure lineare di Tremonti, al momento, ha tagliato assai di più di venti miliardi: il 5 e il 20 per cento di 161 miliardi — la torta complessiva – significa che il governo si appresta a far pagare ai cittadini italiani, all’ingrosso, 8 miliardi di tasse in più tra due anni e 32 nel 2014.
Un’enormità , due punti di Pil di imposte sottratti ai cittadini con un emendamento di qualche riga e un allegato: secondo fonti di maggioranza, il ministro dell’Economia s’è tenuto largo per incentivare il Parlamento ad approvare di corsa la riforma da 20 miliardi che presenterà  in autunno.
Peccato che nessuno finora pare essersene accorto e comunque di certo non deputati e senatori.
E a questo capolavoro vanno pure aggiunte le altre chicche della manovra: i ticket sanitari, gli aumenti sul bollo dei dossier titoli che valgono due miliardi e mezzo l’anno, la stabilizzazione delle maggiori accise sulla benzina, gli aumenti Irap su banche e assicurazioni (che pagheranno i clienti) e magari pure gli interventi sulle pensioni e quei tagli di spesa che si potrebbero tranquillamente chiamare “tasse a scoppio ritardato”.
I 9,6 miliardi sottratti dal governo a regioni ed enti locali, infatti, saranno recuperate attraverso l’aumento delle addizionali.
Le mani nelle tasche degli italiani non volevano metterle, ma poi già  che c’erano…

Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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L’ITALIA STRINGE LA CINGHIA, LA CASTA NON MOLLA UN EURO

Luglio 15th, 2011 Riccardo Fucile

IL PALAZZO DEI PRIVILEGI: GLI UNICI CHE NON PAGANO MAI…SU UNA MANOVRA DA 70 MILIARDI I TAGLI ALLA POLITICA SARANNO IRRILEVANTI, ECCO I CONTI

Su una manovra finanziaria complessiva che il relatore al Senato Gilberto Pichetto Fratin valuta (esagerando) avere un impatto vicino ai 70 miliardi di euro, quanto contribuirà  la politica?
Dai primi calcoli fatti dopo il passaggio a Palazzo Madama, si deduce che si tratti di una somma assai trascurabile.
L’unica norma inserita nel pacchetto — qualcuno maligna per far sì che i gruppi politici non facciano cadere il governo — è la soppressione del contributo ai partiti in caso di interruzione anticipata della legislatura.
A questa norma, già  prevista nella prima bozza della manovra, l’aula del Senato ha aggiunto una ulteriore soppressione.
Quella relativa al “versamento della quota annua di rimborso, spettante (…) anche nel caso in cui sia trascorsa una frazione di anno”.
Che vuol dire? Che non solo cade la norma odiosa per cui i partiti prendono rimborsi per i cinque anni della legislatura anche se questa si interrompe a metà , ma che i contributi pubblici, se la legislatura si interrompe dopo due anni e tre mesi, non copriranno per intero l’anno in corso.
In termini economici cosa vuol dire?
I calcoli sono semplici: se la legislatura continua sino alla naturale scadenza il risparmio è zero. Se si interrompesse adesso, i partiti oggi in Parlamento non prenderebbero il rimborso degli anni 2012 e 2013, ma dei 500 milioni complessivi, otterrebbero solo le tre tranches (300 milioni totali) che hanno già  incassato.
Questo, ovviamente, non vuol dire che quei soldi non verranno spesi (le nuove elezioni porteranno nuovi rimborsi di simile entità ), ma che, salvo modifiche da parte di Montecitorio, la norma che fino a quest’anno ha fatto si che Ds, Dl, Forza Italia e An incassassero i rimborsi relativi alle consultazioni politiche del 2006, non sarà  più valida.
È questa, in realtà , l’unica legge che, messa a sistema, consente di operare dei tagli strutturali di una qualche rilevanza, evitando il “cumulo ” di soldi ottenuti dagli stessi partiti per partecipare alle elezioni.
L’altra norma individuata per gli stessi soggetti pesa assai meno: dal 2013, infatti, i partiti dovranno rinunciare ad una somma di rimborso di 7,67 milioni complessivi ogni anno.
Per gli “stipendi” di deputati e senatori si dovrà  attendere l’apposita commissione che dovrà  comparare indennità , diaria e benefit di tutti i parlamenti d’Europa per mettere in linea Camera e Senato con il Bundestag o con l’Assemblea nazionale francese.
Se il calcolo fosse fatto sulla sola “indennità  ” – che in Italia tocca gli 11mila euro (record continentale) contro i 2.921 della Spagna e i 6.892 della Francia – il livellamento la porterebbe alla cifra di 5.300 euro.
La commissione ancora da istituire, però, dovrà  prendere la cifra nel suo complesso, aggregando anche i “servizi” che eventualmente siano utilizzati dagli altri parlamentari d’Europa. Insomma , il calcolo pare assai complicato.
Gli altri tagli, quelli alle auto blu e agli aerei blu (di cui tra l’altro, per motivi di sicurezza, non si conosce l’utilizzo dall’anno 2009), non peseranno pressochè per nulla, visto che il grosso della spesa è dato dalla presenza degli autisti ormai in servizio effettivo per conto dello Stato (due autisti per ogni vettura).
Non sono toccate le grosse voci della spesa pubblica: gli 8 miliardi e mezzo degli enti territoriali, i 3 miliardi degli organi Costituzionali (1,7 solo per i bilanci di Camera e Senato), i 2,5 miliardi delle “consulenze esterne” nella pubblica amministrazione.
In Grecia, con la crisi economica, hanno tagliato le Province da 57 a 13, i Comuni da 1034 a 325 e propongono di ridurre i deputati da 300 a 200.
Noi, che stiamo un po’ meglio della Grecia, conserviamo tutte le Province, le Regioni con o senza lo statuto speciale e contiamo 945 tra deputati e senatori contro i 661 parlamentari tedeschi.
Toccateci tutto, ma non la casta.

Eduardo di Blasi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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