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MILANO, PDL-LEGA, CONSULENZE E TANGENTI: L’ARCHITETTO MAZZETTA

Agosto 1st, 2011 Riccardo Fucile

DA SETTIMANE I MAGISTRATI STANNO INTERROGANDO L’ARCHITETTO MICHELE UGLIOLA, COINVOLTO IN UN GIRO DI MAZZETTE A CASSANO D’ADDA…LE SUE DICHIARAZIONI VANNO OLTRE E TOCCANO ESPONENTI REGIONALI DI LEGA E PDL

Da settimane ormai un uomo viene interrogato dai magistrati di Milano.
Si chiama Michele Ugliola, pugliese di San Severo, classe 1958, professione architetto, ma soprattutto mediatore di tangenti e uomo cerniera tra l’impresa e la politica.
Questo sostengono i pm, i quali, il 25 maggio scorso, lo hanno messo agli arresti domiciliari.
Motivo: un giro di mazzette che ha azzerato i vertici del Comune di Cassano d’Adda, sindaco in testa
La storia, tutt’altro che chiusa, adesso promette di terremotare buona parte della politica lombarda.
Ugliola, infatti, ex socialista, poi vicino a Forza Italia, già  finito in guai giudiziari assieme all’ex assessore comunale del Pdl Giovanni Terzi, è uomo dai tanti contatti che vanno ben oltre la piccola realtà  di Cassano. Di questo sta parlando con i pm.
Di amicizie, denaro e politici.
Insomma, sul tavolo della procura non c’è solo l’affare Penati. Ci sono diversi verbali segretati e soprattutto il secondo tempo della corruzione che coinvolge importanti esponenti regionali di Pdl e Lega nord.
Sulla figura di Ugliola, infatti, si concentrano due tronconi d’indagine: il primo confluisce nell’inchiesta sulle bonifiche di Giuseppe Grossi e sulle speculazioni immobiliari di Luigi Zunino, compresa quella per l’ex area Falck a Sesto San Giovanni.
Il secondo, invece, parte da Cassano e si incardina sulle dichiarazioni di Ugliola e del cognato Gilberto Leuci.
Il sistema è lineare: Leuci batte cassa dagli imprenditori ritirando mazzette in contanti anche di 500 mila euro. Quindi passa il denaro all’architetto che lo distribuisce ai politici.
Il nome di Ugliola, titolare della Tema Consulting con sede in via Zuretti a Milano, emerge per la prima volta il 21 settembre 2009.
I pm Laura Pedia e Gaetano Ruta, titolari dell’inchiesta sul re delle bonifiche Giuseppe Grossi, lo accusano di avere emesso fatture false per circa 800 mila euro all’Immobiliare Cascina Rubina (Icr) controllata dalla Risanamento di Zunino e proprietaria dei terreni dell’area Falck.
Durante le perquisizioni spunta una scrittura privata in cui a Ugliola viene conferito un incarico proprio in relazione alle aree di Sesto San Giovanni.
In sostanza l’architetto deve interfacciarsi con l’amministrazione pubblica per conto dei privati.
Gli accertamenti successivi mostrano che le consulenze sono state affidate a Ugliola direttamente da Risanamento e non da Icr.
Secondo i finanzieri mancano elementi certi per dimostrare che l’attività  sia stata svolta effettivamente.
E dunque, se così è, a cosa sono serviti gli 800 mila euro?
Nell’autunno del 2010, il sindaco di Sesto, Giorgio Oldrini (indagato dalla Procura di Monza), risponde a un’interrogazione dei Verdi sulla presenza di Ugliola in comune. “A volte gli incontri erano tra diverse persone e qualcuno di noi dice: magari era assieme agli altri”. La risposta non risolve.
Una cosa è certa: Ugliola ottenne l’incarico da Zunino di mediare con la politica sestese, per questo emise fatture fino a 800 mila euro, ma nessuno lo vide mai in comune.
Un dato che non sfugge agli investigatori consapevoli di trovarsi davanti a un protagonista assoluto della scena politico-affaristica lombarda
E del resto la caratura dell’architetto emerge già  il 13 ottobre 1998 quando finisce in carcere per una tangente da 250 milioni di lire all’allora consigliere comunale di Milano Giovanni Terzi, già  assessore all’Urbanistica a Bresso.
Anche qui il gioco è quello delle consulenze che Ugliola incassa senza fornire prestazioni.
Sarà  lui stesso a raccontarlo ai pm: “Quello era un incarico professionale che di fatto costituiva uno schermo per la mia attività  di raccordo tra i privati e l’amministrazione di Bresso”.
Dopo queste dichiarazioni l’architetto viene rimesso in libertà . E assolto definitivamente nel 2005.
In quello stesso anno la Finanza trasmette un’informativa ai pm che indagano su Antonveneta. La nota, che non avrà  rilevanza penale, rivela che il commercialista Salvatore Randazzo, siciliano di Paternò, professionista di riferimento della famiglia La Russa, “è il depositario delle scritture contabili di Michele Ugliola”.
Sei anni dopo sul tavolo ci sono le modifiche del Pgt a Cassano d’Adda. Ugliola va a braccetto con il sindaco Pdl Edoardo Sala, che impone il suo architetto di fiducia all’imprenditore Fausto Crippa per la riqualificazione dell’ex Linificio Canapificio nazionale, uno dei più grandi d’Europa.
“Ugliola — racconta Crippa — mi disse che se volevo l’approvazione del progetto era necessario elargirgli del denaro”.
Di più: Crippa firma una scrittura privata in cui si impegna a versare a Ugliola un milione e mezzo di euro per consulenze.
“Le richieste di Ugliola — dice — erano motivate dalla necessità  di dover pagare non meglio specificati politici”.
E di politici l’architetto ne conosce molti.
Tra questi c’è il leghista Marco Paoletti, anche lui indagato nell’indagine di Cassano.
I due sono molto amici. Ed è lo stesso rappresentante del Carroccio, ex assessore locale e consigliere provinciale a Milano, a svelare il vero mestiere dell’architetto. Siamo nell’agosto 2009, Paoletti parla con Crippa.
“Ugliola — dice — è più un mediatore, un intrallazzatore”. E ancora: “Quando bisogna mediare tra imprenditori, tecnici e politici ci vogliono anche questi personaggi”. Insomma il malaffare di oggi non è diverso da quella di ieri quando, racconta Leuci ai pm, Ugliola con il cognato e due dirigenti Esselunga mette in piedi un comitato d’affari.
Il progetto (che non avrà  rilievo penale): individuare aree dove costruire, ottenere i permessi corrompendo un funzionario del Comune di Milano, quindi proporne l’acquisto a Zunino, il quale a sua volta avrebbe girato l’affare all’ignaro Bernardo Caprotti.
L’escamotage: la presenza di dirigenti Esselunga conniventi.
La storia, dunque, sembra ripetersi con declinazioni diversi e identici risultati.
Intanto la voce della collaborazione di Ugliola è già  girata nei Palazzi della politica.
E molti, ora, temono il peggio.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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I TENTATIVI DI INFILTRAZIONE NEI CIRCOLI GIOVANILI DI FUTURO E LIBERTA’ DA PARTE DEGLI AMICI DI MAMONE E MALATESTI

Agosto 1st, 2011 Riccardo Fucile

LA TESTIMONIANZA DELLA COORDINATRICE PROVINCIALE DI GENERAZIONE FUTURO DI GENOVA SMENTISCE L’AVVENUTO ALLONTANAMENTO DI PERSONAGGI SOSPETTI DA PARTE DI NAN… LA RICHIESTA DI INCONTRO E LA PROPOSTA DI UN TESSERAMENTO TAROCCATO

Nella risposta che il coordinatore regionale Enrico Nan ha rilasciato al Secolo XIX di oggi ho letto con interesse questo passaggio:
“All’interno della sede alcuni mi dissero che i Mamone erano soggetti chiacchierati: chiamai allora la segretaria e le dissi che qualora avessero richiesto un altro appuntamento non li avrei più voluti ricevere. Non si fecero mai più vedere , nè sentire, se li incontrassi per strada non saprei riconoscerli“.
Che strano!
Ricostruendo i fatti ci sono punti che non tornano…forse è meglio fare una veloce ripassatina del “dietro le quinte”.
Se questi personaggi fossero stati davvero ritenuti così sospetti mi chiedo perchè la segretaria di Nan, che già  avrebbe dovuto essere stata avvisata di tenerli lontani, insistette così tanto per fissare un incontro tra i giovani di Generazione Futuro e   quello che poi solo dopo si rivelò essere il referente under 30 del circolo di Malatesti.
Quel Malatesti, legato ai Mamone, che non era semplicemente un iscritto a Fli, ma il presidente del circolo “Generazione Genova” con diverse decine di iscritti misteriosi, quel Malatesti che fino a poco tempo fa “non c’era motivo di allontanare da Fli”, mentre ora spunta la presunta richiesta a Roma di annullamento della sua iscrizione.
Durante l’incontro che si tenne   in via privata in un bar del centro città  tra me e il giovane interessato in data 8 febbraio,   rimasi tristemente colpita dai piani alquanto improbabili del ragazzo: fondare un’associazione di giovani imprenditori il cui tesseramento sarebbe stato automaticamente collegato all’iscrizione al partito, con acquisizione automatica e gratuita della tessera di Fli e possibilità  di partecipare quindi al congresso del partito.
Quando espressi la mia perplessità , il giovane mi assicurò che i “suoi adulti” avevano già  preso accordi con Enrico Nan e che   il piano sarebbe risultato senz’altro ghiotto per il partito poichè avrebbe coinvolto, oltre ai potenziali nuovi iscritti, anche noti imprenditori del Piemonte.
Proprio per rendere chiari i passaggi del “programma”, il giovane, d’accordo con la segreteria della sede di Genova, mi disse che gli era già  stato fissato un appuntamento tete a tete con il Coordinatore Nazionale di Generazione Futuro Gianmario Mariniello a Milano   in data 11 febbraio (primo giorno del congresso nazionale).
Durante il meeting milanese io e Fabio Cardano, avvisato da me dei fatti, ci preoccupammo di chiedere a Gianmario se l’ incontro con la persona in questione fosse avvenuto, lui negò di averlo incontrato (e ho avuto poi successive conferme di questa dichiarazione).
In ogni caso poichè eravamo alquanto allarmati facemmo il nome   e cognome della persona, chiedendo al nostro Coordinatore Nazionale di non avvicinarlo al partito.
Un simile provvedimento fu ulteriormente precisato, la settimana successiva, durante   una riunione dei circoli liguri di Generazione Futuro di Genova che, prendendo atto della gravità  della situazione, all’unanimità  decisero di fissare una regola di comportamento interno per evitare l’inserimento di personaggi sospetti all’interno dei circoli giovanili.
Di fronte a questa presa di posizione netta di noi giovani, nessuno insistette più per fissare un nuovo incontro e l’operazione venne bloccata.
Forse sono troppo maliziosa nel pensare che il tentativo di inserimento dei personaggi in questione fu ritentata attraverso il coinvolgimento dei giovani?

Paola Del Giudice
(ex coordinatrice provinciale Generazione Futuro Genova dimissionaria per motivi etici)

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IL SUICIDIO POLITICO DI ENRICO NAN: IL COORDINATORE REGIONALE DI FLI REPLICA AL “SECOLO XIX”, MA NON FA CHE CONFERMARE I FATTI E VIENE INCHIODATO DAL GIORNALE: “E’ OPPORTUNO CHE UN PARTITO CHE HA FATTO DELLA LEGALITA’ E DELL’ETICA UNA DELLE SUE BANDIERE. ABBIA LA SUA SEDE IN UN IMMOBILE CONCESSO GRATUITAMENTE DA UN IMPRENDITORE PLURI-INDAGATO”?

Agosto 1st, 2011 Riccardo Fucile

DAL SECOLO XIX: “FUTURO E LIBERTA”, LA SEDE REGALATA E I RAPPORTI CON NUCERA”

In relazione all’articolo apparso il 30 luglio sul Secolo XIX dal titolo “Quella sede regalata a Fli, nel partito scoppia la bufera su Nan” preciso quanto segue:
1) I fratelli Mamone non sono mai stati iscritti a Futuro e Libertà . Ho ricevuto gli stessi una volta in sede a seguito di una loro richiesta.
L’incontro, durato pochi minuti, è avvenuto perchè la segretaria aveva fissato una serie di appuntamenti. I Mamone sollevarono una questione che non aveva rilievo politico, ma giuridico, pertanto gli dissi di rivolgersi ad un avvocato.
All’interno della sede alcuni mi dissero che erano soggetti chicchierati: chiamai allora la segretaria e le dissi che qualora avessero richiesto un altro appuntamento non li avrei più voluti ricevere.
Non si fecero mai più vedere , nè sentire, se li incontrassi per strada non saprei riconoscerli.
2) Ho successivamente appreso che un loro conoscente, Pietro Malatesti, si era iscritto al Fli.   Ho quindi provveduto a segnalare la questione alla dirigenza nazionale del mio partito, chiedendo che venisse annullata la sua iscrizione.
3) La segreteria regionale di Fli è data con regolare comodato d’uso registrato da una società  del gruppo Nucera, in relazione al quale non si vede quale contestazione non solo giuridica ma anche morale possa essere sollevata considerato che l’imprenditore Nucera ha alcune pendenze giudiziarie che non hanno a che fare con corruzione o collegamenti mafiosi.
4) Non c’è stata alcuna “bufera” sulla questione della sede o dimissioni per questo problema. Un numero irrisorio di iscritti il mese scorso ha lasciato Fli a seguito del commissariamento da me richiesto in quanto vi era uno scontro interno che non giudicavo positivo
Enrico Nan

La replica del Secolo XIX

Le precisazioni di Enrico Nan rettificano cose che nessuno ha scritto, oppure le riconfermano:
1) Il Secolo XIX non ha mai scritto che Gino Mamone ha la tessera di Futuro e Libertà , abbiamo scritto che il pluri-indagato Gino Mamone ha incontrato il segretario regionale Enrico Nan nella sede della Fiumara proponendo il suo ingresso nel partito (circostanza confermata dallo stesso Nan in una precedente intervista)
2) A proposito di Pietro Malatesti, Il Secolo XIX si è limitato a raccontare che è presidente di una sezione di Fli (lo conferma pure Nan) e che è stato intercettato per mesi perchè protagonista di oscuri affari petroliferi in Libia con Gino Mamone (lo confermano le carte giudiziarie in nostro possesso)
3) Nan conferma che la sede di Fli alla Fiumara è concessa in comodato d’uso da Nucera al partito, come ha scritto il Secolo XIX
4) Il Secolo non ha mai scritto che Andrea Nucera è indagato per corruzione o coinvolto in inchieste antimafia, ma che è indagato per abuso edilizio e lottizzazione abusiva e che la procura di Savona ha chiesto il fallimento di due sue società .
5) Le dimissioni in massa di numerosi dirigenti per motivi “etici” figurano nella stessa nota con la quale essi comunicano le proprie dimissioni
6) Il Secolo ha posto una semplice domanda al segretario regionale di Futuro e Libertà : e’ opportuno   che un partito come Fli, che ha fatto della legalità  e dell’etica una delle sue bandiere, ospiti la sede regionale in un immobile concesso gratuitamente da un imprenditore pluri-indagato?
A questo il segretario regionale di Fli, e avvocato di Andrea Nucera, Enrico Nan, non risponde.

Matteo Indice
(da “Il Secolo XIX”)

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GOVERNO, UN’ONDATA DI BALLE

Agosto 1st, 2011 Riccardo Fucile

NESSUN TICKET SULLA SANITA’, NESSUN AUMENTO DELLE TASSE: SONO SOLO ALCUNE DELLE AFFERMAZIONI PUBBLICATE NEL LIBRETTO DEL PREMIER SU TRE ANNI DI GOVERNO…UNA SERIE INCREDIBILE DI PROMESSE NON MANTENUTE

Come ogni anno, prima delle vacanze, Silvio rende partecipe il Paese delle imprese del governo del fare.
E così ecco arrivare l’atteso libretto “Tre anni dopo. Le realizzazioni del Governo Berlusconi”. L’anno scorso si intitolava “Due anni di governo Berlusconi”.
Sono stati, ci spiega il nuovo libretto, tre anni di grandi riforme, dall’università  alle pensioni, dalla giustizia civile al federalismo fiscale, senza dimenticare il contrasto all’evasione fiscale, la salvaguardia dei conti pubblici e poi le grandi opere, la criminalità  organizzata, i rifiuti, il piano casa, i costi della politica, le missioni internazionali.
Per comprendere i risultati encomiabili raggiunti, abbiamo provato a confrontare il testo 2011 con il libro dell’anno scorso.
Ecco il risultato.
Manovra? Quale manovra
Il volumetto dell’estate 2010 apriva con lo stato dell’economia: «A causa di non una, ma ben due crisi tutti i governi sono stati costretti a una manovra, ma poichè il nostro governo in questi due anni è riuscito a mantenere in buona salute i conti dello Stato, la manovra necessaria per rispettare gli accordi europei vale solo 24, 9 miliardi di euro in due anni. La stessa manovra ne costerà  100 in Francia, 60 in Germania, 50 in Spagna», si diceva.
E come se non bastasse da noi «non ci sono aumenti di tasse, stipendi e pensioni restano immutati, nessuna riduzione degli investimenti per sanità , scuola e assistenza».
Quest’anno il premier non fa accenno ad alcuna manovra, che invece è stata di 47,9 miliardi (quasi il doppio di quella dell’anno scorso, che doveva valere per due anni…) e che prevede diversi aumenti di tasse, dal ritorno dell’Irpef sulla casa alla reintroduzione dei ticket sanitari, per non parlare del taglio del welfare agli enti locali. Cose superflue, evidentemente, perchè quest’anno ci si limita a vantarsi di «aver salvaguardato il sistema economico e produttivo del Paese».
E’ questo «il maggior risultato di questo Governo, il vanto di cui andiamo fieri», scrive e sottoscrive Silvio Berlusconi in persona.
Mai stato nuclearista
L’anno scorso la ‘nuclear renaissance’ era la svolta per il fabbisogno energetico del Paese. Ben due pagine di reattori e di spiegazioni sulla necessità  del ritorno all’atomo. Nella versione 2011 cambia tutto.
Al posto del ritorno all’atomo, c’è la sezione dedicata all’«amore e rispetto per l’ambiente», che vede trionfare pannelli fotovoltaici e pale eoliche.
Quanto al nucleare, «il governo ha approvato una moratoria per valutare le scelte migliori».
Uno svoltone a 180 gradi rispetto all’esaltazione di 12 mesi fa, opportunamente dimenticata.
A leggere il libretto di quest’anno sembra proprio che non sia mai stato nuclearista, Berlusconi, per carità .
I ticket a sua insaputa
Berlusconi rassicura: «Il governo non ha tagliato le prestazioni sanitarie e ha investito 4 miliardi di euro in più nella sanità , ha digitalizzato la sanità  con medici in rete e certificati on line».
Ma non solo, punto cardine per la salute è l’ «abolizione dei ticket sanitari per il triennio 2009- 2011».
Stampato a caratteri ben leggibili in entrambe le edizioni.
Eppure qualcuno, di certo a sua insaputa, ha stabilito che occorrerà  pagare 10 euro sulle ricette mediche e 25 sugli interventi del pronto soccorso in codice bianco.
Lo strano caso dei rifiuti in Campania
Sotto il capitolo “Emergenze risolte” sottotitolo “Lo Stato è tornato a fare lo Stato” il volume edizione 2010 a pagina 38 non lasciava ombra di dubbio: «Rifiuti in Campania. Problema risolto. In soli 58 giorni il governo ha ripulito le strade di Napoli dall’immondizia».
Nella versione 2011 i rifiuti ritornano con un nuovo capitoletto “La nuova emergenza rifiuti” sottotitolo “Causa inadempienza del Comune di Napoli, che non ha potenziato la raccolta differenziata, aperto nuove discariche e costruito il termovalorizzatore, c’è di nuovo l’emergenza rifiuti”.
In altre parole, nel 2010 il governo aveva deciso che la monnezza non c’era più, e se ne prendeva tutti i meriti.
Nel 2011 si è arreso all’evidenza che la spazzatura c’è ancora, ma addossa le colpe ad altri.
Si sorvola sul fatto che il responsabile del ciclo rifiuti nella provincia di Napoli è sempre lo stesso, nel 2010 come nel 2011: Luigi Cesaro, Pdl, uomo di Berlusconi e di Cosentino
Mamma mia è sparito Gheddafi
In meno di un anno una vera metamorfosi. Abolite le foto con gli abbracci tra Berlusconi e Gheddafi, scomparso l’«accordo Italia-Libia per bloccare i clandestini», eliminata la sessione «fermare la clandestinità , sbarchi diminuiti del 90 per cento grazie ai pattugliamenti e ai rientri in Libia», cassata la pagina di mea culpa “l’Italia è il primo Paese che nel rapporto con una ex-colonia riconosce le proprie responsabilità ».
Tutto sparito, cancellato, sbianchettato.
Nella versione 2011 Gheddafi non si vede più, sparito, sbianchettato. Quest’anno, la questione viene risolta con una foto di Berlusconi che stringe la mano a Obama, e il governo fa sapere di aver avuto «una posizione equilibrata in merito alla crisi libica» tanto da essersi «attivato sin dall’inizio con i partner internazionali per una soluzione».
Sulle tasse meglio il copia incolla
Ma non sarebbe giusto dire che il libretto è tutto un cambiamento rispetto all’anno scorso.
Sulle famiglie, ad esempio, il testo di quest’anno è quasi identico a quello dell’anno scorso: «Il governo Berlusconi ha affrontato la crisi scegliendo di proteggere il risparmio e il potere d’acquisto delle famiglie. A differenza di quanto avvenuto in altri Paesi, in Italia le tasse non sono aumentate e gli stipendi e le pensioni non hanno avuto nessuna decurtazione».
Quello che è cambiato, in compenso, sono le misure in merito decise dal premier, di cui nel libretto non c’è traccia: ad esempio, i rincari del fisco locale per 10 milioni di italiani come risultato dell’effetto combinato dell’aumento dell’addizionale comunale Irpef e dell’aliquota provinciale sulle Rc auto.
Merito dei decreti su fisco comunale, provinciale e regionale.
In media i cittadini subiranno effetti che arrivano anche a 300,7 euro pro capite di aggravio (dati Cgia di Mestre).
Niente: il libretto trova più comodo e veloce copia-incollare la versione dell’anno scorso.
Nessun accenno nel volume nemmeno al balzello di 30 euro in più per ogni ricorso al giudice di pace, l’eliminazione della detrazione del 19 per cento per gli acquisti di abbonamenti ai trasporti pubblici locali e per le spese di aggiornamento degli insegnati, l’aumento dei pedaggi autostradali, dei biglietti di treni e aerei, il raddoppio dell’Iva sugli abbonamenti alle pay tv e l’aumento del canone Rai.
Silenzio assoluto infine al taglio lineare del 5 per cento per il 2013 e del 20 per cento a partire dal 2014 che toccherà  tutte le 483 agevolazioni fiscali, comprese quelle per le famiglie, incluse quelle in bella mostra sul libro del fare.
Maledetta rotativa
A volte la fretta fa brutti scherzi. E pur di mandare in tipografia il suo libretto prima che la gente andasse in vacanza, quest’anno il libretto riporta stampata una frase che appare tragicomica: «Il governo ha impegnato risorse in modo mirato, sostenendo i settori più esposti alla crisi e senza esporre l’Italia agli attacchi della speculazione internazionale».
Purtroppo, mentre le rotative del Cavaliere giravano, Milano si attestava come la peggior piazza borsistica d’Europa, gli operatori internazionali cancellavano ogni apertura di credito al governo italiano e lo spread tra titoli di stato italiani e tedeschi abbia superato di gran lunga i 300 punti.
Imprese, fallite pure serenamente
Le nostre imprese «possono essere serene», godendo di un fisco amico, di microcredito e fondi di sviluppo, del fondo salva-imprese di Mister PMI.
E’ quanto assicura la nuova versione del libretto berlusconiano.
Peccato che nel 2010 in Italia siano state aperte 11 mila procedure fallimentari, il peggior risultato dal 2006.
Stessa musica sull’occupazione.
Il libretto 2011 assicura che «sono stati evitati centinaia di migliaia di licenziamenti e l’Italia ha retto meglio di tutti in Europa l’impatto della crisi sull’occupazione». Secondo l’Istat invece la disoccupazione giovanile in Italia è arrivata al 30 per cento, dieci punti in più rispetto a Eurolandia, con punte di inattività  per le donne del Mezzogiorno quasi al 50 per cento .
E la Casta non c’è più
Estate 2010: «Meno sprechi, meno burocrazia, più sviluppo. Il nostro Stato costa troppo».
Estate 2011: «Da dicembre 2008 sono stati cancellati ben 411.298 leggi e provvedimenti inutili e superati. Ridotti del 20 per cento il numero dei consiglieri provinciali, comunali e degli assessori. Tagliati i compensi dei consiglieri di circoscrizione e ridotti del 10 per cento quelli dei consiglieri comunali e provinciali”. E’ arrivato il tempo della responsabilità ».
Grazie a Silvio «eliminati gli enti inutili, ridotti gli stipendi dei politici, dei magistrati e degli alti dirigenti pubblici, tagliati i costi dei ministeri e il finanziamento ai partiti del 10 per cento, mille euro netti mese in meno a deputati e senatori e riduzione del 10 per cento delle 86 mila auto blu».
Tagli sostanziali, degni di un Paese in crisi. Una vera risposta solidale da parte di chi ci amministra.
Però in un solo anno, dal 2009 al 2010, il budget per pagare lo staff di palazzo Chigi è aumentato del 26 per cento superando i 27 milioni, gli aerei di Stato sono saliti da 494 a 507 ore mese, le spese per gli affitti degli uffici della presidenza del Consiglio sono aumentati da 10 a oltre 13 milioni.
La Camera dei deputati ci costa tra indennità , diarie, rimborsi, affitti e ristoranti quasi un miliardo di euro e secondo uno studio della Uil, i costi della politica, diretti e indiretti, sono arrivati a 24,7 miliardi di euro.
In tutto il Paese sta montando la rivolta contro gli sprechi della Casta, ma secondo Berlusconi, grazie al suo governo, la Casta non c’è più. In compenso la sua maggioranza ha bocciato i (pochi e futuri) tagli ai costi della politica che aveva previsto Tremonti, con un colpo di mano notturno che ha cancellato gli articoli in questione nella finanziaria..
Ma chissà  perchè, di questo voto del Pdl nel libretto non si parla.
La Salerno-Reggio?
Quasi pronta, come sempre
«Per recuperare il trentennale ritardo infrastrutturale» sia il libretto dell’anno scorso sia quello di quest’anno assicurano che in Italia è tutto un lavorio di cantieri, e ovviamente è in corso (proprio come l’anno scorso) il completamento della Salerno-Reggio Calabria.
Intanto si procede a larghe falcate verso il Ponte sullo Stretto, assicura Berlusconi: nessun accenno al fatto che 29 giugno la Commissione Europea ha infatti frantumato il grande sogno del Cavaliere. Il Ponte di Messina non si farà . Per Bruxelles la nuova rete di priorità  prevede che l’ex Corridoio Berlino – Palermo non scenda più in Calabria, ma si fermi a Napoli e Bari.
Come va piano il Piano casa
Silvio, giovane palazzinaro, non rinuncia al suo primo amore. Il Piano Casa.
Del resto si sa: «riparte l’edilizia, riparte l’economia».
Già  annunciato nel 2010, viene rilanciato quest’anno come «Piano città  2011: per rilanciare le aree degradate i proprietari di immobili residenziali potranno aumentare la volumetria del 20 per cento o del 10 per cento nel caso di immobili destinati ad altri usi».
Tutto un annuncio, ma per ora si è stretto solo un accordo con le Regioni: di fatto ogni governatore decide autonomamente e nella migliore delle ipotesi si son viste misure per piccole ristrutturazioni.
A proposito di case: e l’Abruzzo?
Nel 2010 B. scriveva: «Attraverso il grande lavoro svolto dalla Protezione civile e la costante presenza e vigilanza del Presidente, il governo ha sollecitamente affrontato l’emergenza. Il 29 gennaio 2010 l’emergenza è finita».
Si faceva quindi immortalare mentre consegnava le chiavi a una signora abruzzese. In Abruzzo a distanza di più di due anni ci sono oltre 37 mila persone assistite, di cui 13 mila beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione e oltre 1.300 ancora ospitate in strutture ricettive e caserme.
La metà  dei terremotati denuncia l’assenza di servizi essenziali, l’ospedale de l’Aquila è in stato d’abbandono e il centro storico è rimasto zona rossa, una specie di Pompei abbandonata da tutti.
Rilanciare il sud
Una questione nazionale. Non c’è volume celebrativo senza Piano per il Sud. In versione 2010 prevedeva di «sconfiggere la criminalità  organizzata, affrontare l’emergenza rifiuti, istituire la Banca del Sud e dare il via alle grandi opere».
L’unica banda è quella musicale
In versione 2011 ritornano tutti gli annunci dell’anno scorso, a cui viene aggiunto un nuovo totem: la «banda larga» di Internet «in tutto il Meridione».
E qui siamo veramente all’incredibile, visto che l’Italia è l’unico Paese del G8 privo di un’agenda digitale, al ventunesimo posto nell’Unione europea per penetrazione della Rete, superata (in percentuale sulla popolazione) perfino da Polonia, Repubblica Ceca, Cipro e Ungheria, oltre che da Germania, Francia, Spagna, Irlanda e Regno Unito (dati Internet World Stats).
E ancora: la velocità  della nostra banda larga è paragonabile a quella dell’Ucraina (rapporto delle università  Oxford-Oviedo ) mentre nella graduatoria annuale del Broadband Quality Index siamo al trentottesimo posto sui 66 paesi analizzati con una qualità  di connessione che è pari a 28,1 punti su una scala da zero a 100: lontano da quei 50 punti considerati indispensabili per utilizzare in modo soddisfacente le applicazioni che si affermeranno nei prossimi 3-5 anni.
E in questo quadro, i soldi per le infrastrutture digitali lasciati in eredità  dalla precedente legislatura sono stati destinati ad altri usi e il piano frequenze ha privilegiato le televisioni a danno di Internet.
In compenso l’AgCom, su mandato del governo, sta introducendo norme che disincentivano fortemente l’uso della Rete, con l’alibi della protezione del diritto d’autore.
E adesso passo alla storia
In conclusione Silvio chiosa fiducioso: «Quando si guarderà  a questi anni di governo con animo meno acceso e mente più serena, non si potrà  non riconoscere che siamo riusciti in una condizione quasi proibitiva a fare quello che altri Paesi non hanno avuto la capacità  o la fortuna di riuscire a fare».
Un passaggio che l’anno scorso mancava e quasi un inconscio affidarsi alla benevolenza dei posteri, visto che i contemporanei sono tanto ingrati.
Del resto in dodici mesi il libretto si è ridotto da 80 a 60 pagine e quest’anno si trova soltanto sul sito del Pdl: non ne è prevista una spedizione postale agli italiani nè una distribuzione ai gazebo del Pdl come l’anno scorso.
Todo cambia, meglio consegnarsi alla storia.

Silvia Cerami
(da “L’Espresso“)

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BOSSI, L’ARCITALIANO: IL VERO CONCENTRATO DEI VIZI TIPICI DEGLI ITALIANI

Agosto 1st, 2011 Riccardo Fucile

IL PARTITO COME FEUDO PERSONALE, IL FIGLIO INDICATO COME EREDE, IL “TENGO FAMIGLIA”, IL CONTRIBUTO DI 800.000 EURO DI ROMA LADRONA ALLA SCUOLA DELLA MOGLIE…VOLTAGABBANA E TRASFORMISTA, SESSISTA E SCURRILE, ORMAI STA BENE ALLA GELATERIA GIOLITTI A MANGIARSI LA COPPA OLIMPICA

Stando a un recente sondaggio, la quasi totalità  dei “padani”, per l’esattezza il 95%, non vuole più Umberto Bossi come leader.
Un “fora dei ball!” in percentuale bulgara, che però a dire il vero non sorprende troppo.
Il partito gli sta sfuggendo di mano, se non gli è già  sfuggito, in quella di Roberto Maroni, bravo ministro dell’Interno così come a suo tempo è stato un buon ministro del Lavoro
Cosa ha provocato l’improvvisa perdita di peso e autorità  di Umberto Bossi? L’età ?
In definitiva ha “solo” 70 anni, cioè quasi cinque meno di Silvio Berlusconi, che è primo ministro e campione di bunga bunga.
La salute non più ottima dopo il famoso ictus? La salute non è ottima, ma non ci sono peggioramenti ulteriori.
La recente operazione alla cataratta?
Ma si tratta di una operazione ormai quasi di routine, priva di conseguenze di peso.
E allora? Di che si tratta?
Il problema è che, da sempre, più che “padano” Umberto Bossi pare proprio un italiano.
Anzi, un Arcitaliano, e con la A maiuscola.
Nel senso che lui è un concentrato dei vizi tipici che di norma si attribuiscono agli italiani e che hanno spinto per esempio Giuliano Ferrara a chiamare auto ironicamente proprio L’Arcitaliano la sua rubrica sul settimanale Panorama.
E’ infatti da arcitaliano pretendere di considerare un possedimento personale il proprio partito, una “cosa nostra”, un feudo personale da gestire a bacchetta più di quanto Silvio Berlusconi faccia con quello di cui è padrone lui, il Popolo delle Libertà  (Pdl).
L’ultima impresa di Bossi che ha sconcertato un po’ tutti, è stata l’imposizione dell’onorevole Reguzzoni come capo gruppo alla Camera, minacciando di sfracelli perfino Roberto Maroni che preferiva invece un altro.
Tempo fa Bossi ha fatto addirittura intendere di considerare uno dei propri figli, Renzo, come potenziale successore al comando della Lega; non avendo la sfacciataggine di ungerlo delfino, l’ha semi ucciso col ridicolo di chiamarlo trota.
Sarà  anche un trota, il giovin figliuolo Renzo, sta di fatto però che non è normale portarsi appresso un trota appena ventenne a tutte le riunioni con il capo del governo, come avviene regolarmente quando il padre (ex) padrone della Lega viene convocato dal caro Silvio in villa ad Arcore o a palazzo a Roma.
Chiaro come il sole che a queste riunione politiche, a volte addirittura “strategiche”, un ventenne, fatto eleggere da papà  nel consiglio regionale della Lombardia, ci va più in veste di delfino, sia pure non dichiarato, che di trota, sia pure dichiarata.
Si vede che come spesso accade all’ultimo nato Renzo è il preferito dei quattro figli del senatùr. Gli altri tre sono Riccardo, Eridanio, Roberto Libertà .
Ma fosse pure vero che il buon Renzo non è l’erede designato, resta il fatto incontrovertibile che papà  Umberto più di una volta nei suoi comizi al popolo leghista ha gridato che “la lotta per la libertà  della Padania continuerà , dopo di me ci sono i miei figli”. Investitura non solo per Renzo, dunque, ma anche per il resto della prole, nel più classico e italianissimo “tengo famiglia”.
E il “tengo famiglia” di Bossi non è affare da poco.
Sua moglie Manuela Marrone nel 1998, fiutato il vento, ha pensato bene di fondare in cooperativa a Varese la scuola privata Bosina, conosciuta anche come la Libera Scuola dei Popoli Padani, che — come si legge nel suo sito — è una scuola materna, elementare e secondaria improntata alla scoperta della cultura locale, alle radici e al territorio attraverso “narrazioni popolari, leggende, fiabe e filastrocche strettamente legate alle tradizioni locali”.
Tra una fiaba e l’altra la scuola della signora Marrone in Bossi, in pensione da quando aveva appena 39 anni, vale a dire dal 1992, ha intascato dallo Stato italiano 800mila euro per spese di «ampliamento e ristrutturazione» della Scuola (privata) Bosina di Varese, il cui presidente è Dario Galli, presidente della Provincia di Varese con un posto anche nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica.
Nota bene: la Bosina non ha beneficiato di fondi comunali o regionali, bensì direttamente di fondi statali, cioè dell’odiato Stato italiano, fondi decisi con un provvedimento del governo, del quale fa parte Bossi, marito della comproprietaria.
Si tratta della cosiddetta “legge mancia”, che distribuisce quattrini a pioggia senza troppa trasparenza.
Le attitudini familistiche arcitaliane di Umberto Bossi hanno cominciato a venire alla luce nel 2004 con le assunzioni al Parlamento europeo sia del suo primogenito, Riccardo, allora 24enne figlio della prima moglie Gigliola Guidali, che del proprio fratello Franco: il primo come assistente portaborse dell’eurodeputato Matteo Salvini e il secondo, diploma di terza media, con la stessa qualifica per l’europarlamentare Francesco Speroni.
Da notare che per i portaborse ogni deputato europeo riceveva 12.750 euro al mese.
In quanto a linea politica, quella del senatùr ha sempre oscillato tra il voltagabbanismo, il trasformismo e una allegra confusione.
Per quanto riguarda il voltagabbanismo, basta ricordarne l’esordio sul palcoscenico nazionale con la discesa in campo di Berlusconi, alla cui affermazione come primo ministro la Lega contribuì in modo determinante, ottenendo nel co testo anche la carica di presidente della Camera per Irene Pivetti, oggi più nota alle cronache come catwoman. Il successivo passaggio nelle braccia, in realtà  un po’ fredde, della sinistra è stato seguito dall’abbandono del flirt con Massimo D’Alema al ritorno al nido di Berlusconi, e dal definire quest’ultimo “il mafioso Berluskaz” a diventarne il più importante alleato di governo, che ha puntellato in tutte le occasioni, anche le più scivolose.
Poi c’è il passaggio dalle accuse contro la Chiesa e i suoi “vescovoni” al diventarne un alfiere baldanzoso, “diga contro l’invasione islamica”, al punto che la Lega intende chiedere l’esposizione del crocifisso nelle aule dei consigli e delle giunte regionali e nelle aule dello stesso parlamento a Roma.
Riguardo il trasformismo, basta ricordare che all’epoca di Mani Pulite il senatùr era il fan più scatenato dell’allora pubblico ministero Antonio Di Pietro e della sua distribuzione di manette a pioggia.
Quando arrestarono Enzo Carra, all’epoca portavoce del segretario della Democrazia Cristiana Arnaldo Forlani, trascinato in tribunale con la catena degli schiavettoni che gli serravano i polsi, Bossi e un codazzo di leghisti urlanti corsero a palazzo di Giustizia per abbracciare Di Pietro e gridargli in coro “Bravo! Avanti così!”.
Quando nei giorni scorsi c’era da decidere il sì o il no all’arresto del deputato Alfonso Papa, il senatùr ha traccheggiato oscillando paurosamente a lungo tra il “Deve andare in galera!” e il suo contrario, fino a cozzare contro i defelissimi di Maroni decisi almeno su Papa a non fare sconti a nessuno.
Riguardo l’allegra confusione, basti pensare che la linea politica di Bossi è passata dal:
1) voler dividere l’Italia “in tre macroregioni, Padania, Etruria e Meridione”, secondo la visione del professor Gianfranco Miglio, al “modello catalano”, senza peraltro mai precisarlo, per imitare le autonomie della Catalogna nel contesto della Spagna;
2) promettere “faremo come Braveheart”, il campione del nazionalismo scozzese reso famoso negli anni ’90 da un filmone, per puntare sulla “devolution” della Padania così come la Scozia nel 1997 s’era guadagnata la sua, al minacciare più volte la secessione evocando “i milioni di fucili già  pronti. Il tutto per infine aggrapparsi a un federalismo regionalista che, diventato legge, nessuno sa quali costi e quali conseguenze potrà  avere.
Insomma, se Giuliano Ferrara — passato dal partito comunista a quello socialista per finire ministro, “consigliori” e cantore laudatore di Berlusconi — si è guadagnato il titolo di campione dei voltagabbana e si è autodefinito più o meno ironicamente L’Arcitaliano, Umberto Bossi non è certo da meno.
Oltretutto, a differenza di un Ferrara, il senatùr ama ancora esibirsi in pubblico in “canotta”, fare gestacci come quello del dito medio, delle corna e del “tiè!” del gesto dell’ombrello, ha un linguaggio sessista e scurrile a volte più volgare che popolare o popolano e si vanta di avere un debole per le bellone.
Ovvio che prima o poi perfino i leghisti, che tra i loro dirigenti hanno non pochi onesti e capaci, se ne sarebbero non solo accorti, ma anche stufati che il loro campione padano fosse in realtà  un Arcitaliano anche se amava ripetere che col tricolore si sarebbe pulito il sedere.
A dire il vero, per capire l’arcitalianità  del senatùr basterebbe vederlo seduto ai tavolini della famosa gelateria Giolitti, al numero civico 40 di via Uffici del Vicario, vicino piazza Monte Citorio, cioè nei pressi della camera dei deputati, quando si gode con tutta calma un bel gelatone e il traffico della non larga strada del centro romano resta strozzato dalla sua auto blu e annessa scorta.
Mister “la Lega ce l’ha duro” — un ossimoro, essendo la parola Lega di genere femminile! — va matto in particolare per la coppa Olimpica, che inventata in occasione dei Giochi del 1960 ha una forma che vuole ricordare una fiamma olimpica) e per la torta Giolitti, un semifreddo al torrone ricoperto di cioccolato.
Ma col caldo estivo si concede volentieri anche un Brivido, composto da granita al caffè, granella di amaretto, liquore e panna.
Quello fattogli arrivare in piena estate da Maroni e dalla base leghista è però un brivido di tutt’altro genere.

Pino Nicotri
(da “Blitz quotidiano“)

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ANCHE I PADANI ORA SCARICANO LE SEDI PATACCA DI MONZA

Agosto 1st, 2011 Riccardo Fucile

IL SINDACO SI GIUSTIFICA: “PENSATE CHE IO SIA COSI’ IMPORTANTE DA IMPORLE?”…SCETTICI GLI INDUSTRIALI DELLA BRIANZA, CITTADINI DIVISI TRA GLI INDIGNATI E GLI INDIFFERENTI

Chi pensasse a una Monza preoccupata per la lettera del presidente Napolitano, si sbaglierebbe di grosso.
Nessuno ha paura di perdere i ministeri per il semplice fatto che nessuno pensa che i ministeri ci siano davvero.
La cittadinanza pare comunque essersi divisa in due partiti: gli indignati e gli indifferenti. I primi sono quelli che sabato hanno protestato gridando che «la Villa Reale è di tutti»; perfino il consorzio che gestisce Parco e Villa è furibondo per essere stato messo di fronte al fatto compiuto.
I secondi, gli indifferenti, sono la stragrande maggioranza dei cittadini.
Per dire: tra gli indifferenti c’è anche la famosa «parte produttiva del Paese», la categoria che a sentire Bossi aveva più di ogni altra necessità  di questo decentramento.
La reazione degli imprenditori è stata talmente fredda che all’inaugurazione l’Associazione Industriali di Monza e Brianza (la più antica d’Italia) non è neppure stata invitata.
«Sicuramente – ci dice il presidente degli industriali di Monza, Renato Cerioli – c’è stato un problema di informazione. Questi uffici non si capisce cosa siano e a cosa servano. Per questo la loro apertura è stata accolta con diffidenza dagli imprenditori. Per ora c’è il timore che servano solo ad aumentare la spesa pubblica, in un periodo in cui ci sarebbe da tagliare».
Ma allora chi li ha voluti questi uffici a Monza?
A Roma qualche parlamentare di centrodestra cerca di prendere le distanze e insinua: è un’iniziativa della Lega per aiutare il suo sindaco, Marco Mariani, in vista delle elezioni comunali dell’anno prossimo.
Mariani sorride: «Ma davvero voi pensate che io sia così importante? Così potente da convincere il Consiglio dei ministri a emanare un decreto con il quale apre a Monza gli uffici di tre ministeri? Andiamo… Oltretutto faccio presente che sabato i ministri presenti erano quattro, e due – Tremonti e la Brambilla – sono del Pdl, non della Lega».
La lettera del Capo dello Stato non inquieta il sindaco Mariani.
«Il Presidente ha tutto il sacrosanto diritto di chiedere spiegazioni. Ma mi sento di tranquillizzarlo perchè non c’è stato un trasferimento di ministeri, bensì la semplice apertura di uffici distaccati. Come mi risulta ce ne siano altri: La Russa non ha forse detto che ne ha uno a Milano?».
Il sindaco prende ad esempio Paesi come la Francia («Lo Stato centralista per eccellenza») e la Gran Bretagna «che da tempo hanno uffici decentrati sul territorio» e nega il pericolo di un effetto contagio: «Ma va! Non è che ciascuno adesso possa aprire una sede dove vuole. È una cosa controllata dal Consiglio dei ministri!».
Eppure l’effetto contagio è proprio quello che preoccupa Napolitano.
«Il Presidente ha ragione – dice Giuseppe Civati, monzese, consigliere regionale e ormai uno dei volti nuovi del Pd a livello nazionale -. Ci sono già  le prime autocandidature: Milano vuole il ministero del Lavoro, a Bologna chiedono l’Istruzione, a Catanzaro sono pronti per il Turismo… Anche Cota a Torino e Gobbo a Venezia ne reclamano qualcuno, mentre a Parma per il momento si accontenterebbero di un’agenzia».
Secondo Civati questa storia «è al tempo stesso una farsa e un dramma».
E spiega: «Una farsa perchè non si capisce a che cosa possa servire uno sportello sul territorio per la Semplificazione e le Riforme: se lo vede un cittadino che entra e chiede due etti di federalismo? E un dramma per come è ridotto il senso dello Stato».
Difficile, se non impossibile, trovare a Monza entusiasti convinti.
Il presidente della Provincia Dario Allevi, Pdl, non nasconde le ragioni dei perplessi: «In effetti l’inaugurazione è stata organizzata un po’ troppo in fretta, lasciando spazio a diversi dubbi e interrogativi. Ora spetta ai ministri dare un senso a questi uffici decentrati. Se saranno davvero uno sportello utile ai cittadini, benissimo. Altrimenti resteranno una cornice senza contenuti».
E per dare un’idea di quanto a Monza siano caldi sulla questione, così ci ha risposto il sindaco quando gli abbiamo chiesto se gli uffici inaugurati sabato fossero già  chiusi: «Credo di sì. Ma non dipende da me…».
Per la cronaca: sono già  chiusi. Riapriranno a settembre.
Forse.

Michele Brambilla
(da “La Stampa“)

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