Agosto 19th, 2011 Riccardo Fucile
NESSUNA STRAGE FASCISTA: PRENDE CORPO LA PISTA DELLA VENDETTA DEL FRONTE POPOLARE PER LA LIBERAZIONE DELLA PALESTINA CONTRO L’ITALIA CHE AVEVA ARRESTATO UN SUO DIRIGENTE… RAISI: “CI AVVICINIAMO ALLA VERITA”
A trentun anni esatti dallo strazio che si è consumato in stazione, a pochi giorni dal
trentunesimo anniversario del Due Agosto, la Procura di Bologna scrive una nuova pagina della storia giudiziaria della strage del 1980 che costò la vita a 85 persone (200 furono i feriti): sono stati indagati due terroristi tedeschi, Thomas Kram e Margot Frohlich, entrambi a Bologna quel giorno, e legati al gruppo del terrorista Carlos.
Prende così corpo la pista palestinese, mai accettata dal presidente dell’Associazione famigliari vittime Paolo Bolognesi e invece ripetutamente riproposta da Francesco Cossiga.
Una direzione opposta a quella verità giudiziaria che ha indicato come esecutori Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, condannati all’ergastolo, mentre Luigi Ciavardini ha ottenuto una pena di trent’anni.
La Procura di Bologna sceglie di non commentare la notizia. Il procuratore aggiunto Massimiliano Serpi, che in questi giorni regge l’ufficio, dopo essersi sentito via telefono con il Procuratore, Roberto Alfonso, ha detto ai cronisti che la Procura non ha niente da dire.
La pista palestinese vedremme l’esplosione alla stazione come una vendetta del Fronte popolare per la liberazione della Palestina contro l’Italia, che aveva arrestato un suo dirigente.
Kram il 2 agosto era a Bologna, e alloggiò all’hotel Centrale.
La Frohlich, secondo alcuni testimoni, in quei giorni alloggiava all’hotel Jolly.
La loro presenza in città , assieme ad altri elementi raccolti dalla Digos, ha convinto gli inquirenti a indagarli.
Per entrambi, si torna a ipotizzare dunque il coinvolgimento nella strage.
E per questo si scavò su di loro all’indomani dell’esplosione alla stazione di Bologna.
Lo si fece quando Kram entrò in Italia varcando la frontiera con la Svizzera alla vigilia della strage e, sulla via di Perugia, dove stava raggiungendo l’università degli stranieri umbra, si era fermato a Bologna proprio in corrispondenza dell’attentato, alloggiando in un hotel del centro storico del capoluogo emiliano.
Di lui, molti anni dopo, tornò a occuparsi la commissione Mitrokhin, quella presieduta da Paolo Guzzanti sulla scorta dei documenti che un ex archivista sovietico, Vasilij NikitiÄ Mitrokhin, aveva fatto rinvenire dopo essere stato “esfiltrato” dalla Cia e aver iniziato a collaborare con i servizi occidentali.
Dal carcere parigino della Santè, ne aveva parlato, come detto, anche Carlos lo Sciacallo. Per l’ex leader del gruppo Separat, con un passato nelle fila più radicali del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp), la strage di Bologna sarebbe stata una reazione degli Stati Uniti e del Mossad, il servizio d’intelligence israeliano.
Motivo: la disponibilità che i governi italiani (a iniziare da Aldo Moro, con il lodo che prende il suo nome) avrebbero dimostrato nei confronti dei palestinesi.
Sulla stessa linea era pure il presidente emerito Francesco Cossiga, scomparso il 17 agosto 2010, secondo il quale agli uomini di Arafat sarebbe stato concesso in prima istanza di organizzare i propri covi in Italia autorizzandoli a trasportare prima armi corte e, in seguito, anche da guerra.
A una condizione: nessun cittadino del Belpaese avrebbe dovuto essere coinvolto in attentato o episodi di violenza.
Per Cossiga, la responsabilità di quel patto era dello statista assassinato alle Brigate Rosse il 9 maggio 1978, seppur a un certo punto della sua vita, in linea con lo stile del “picconatore” inaugurato nella seconda fase del suo settennato come Presidente della Repubblica, se ne attribuì quanto meno la firma. Vero o falso? Difficile dirlo, dato che Cossiga, quando parlava di Bologna, commetteva spesso un “errore”: sosteneva che l’esplosione fu accidentale, causata dal lancio di un mozzicone di sigaretta finito per una casualità della valigia che conteneva l’ordigno.
In ultimo va detto che la tesi delle responsabilità palestinesi e dei servizi Usa e d’Israele è stata sollevata ancor prima che da Carlos anche da Francesco Pazienza, il consulente finanziario che a cavallo degli anni Ottanta lavorò per Giuseppe Santovito, a capo del Sismi prima dello scandalo P2, scoppiato il 17 marzo 1981.
Pazienza, insieme a Licio Gelli, capo della loggia Propaganda 2, e gli ufficiali dei servizi militari italiani Giuseppe Belmonte e Pietro Musumeci, è stato condannato per i depistaggi sulla strage del 2 agosto 1980 vedendosi comminare 10 anni.
Ma non per questo ha rinunciato a sostenere la sua tesi, ribadita nel libro autobiografico uscito nel 1999 per Longanesi “Il disuddiente”.
Nelle 630 pagine del volume, pur affrontando sempre i fatti bolognesi quasi di striscio, torna a sostenere la versione del binomio Cia-Mossad dicendo peraltro di averne parlato a magistrati che più o meno direttamente hanno avuto a che fare con la strage alla stazione di Bologna e con altre vicende legate ai Paesi dell’Est, come l’attentato a Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981 con il coinvolgimento di servizi bulgari e sovietici.
“Ci avviciniamo alla verità . è una notizia che attendevo da anni”, commenta il parlamentare bolognese Enzo Raisi, Fli, membro della commissione Mitrokhin. “Kram e Frohlich sono oggi indagati grazie alle carte che ho depositato in procura che avevo trovato in commissione Mitrokhin”.
La pista palestinese è sempre stata bollata da Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione familiari delle vittime del 2 agosto, come una falsità .
“Se i magistrati hanno fatto una mossa del genere — dichiara ora- significa che qualcosa di nuovo è saltato fuori e attendiamo di leggere le carte. Di certo, non saremo noi familiari delle vittime a intralciare il lavoro dei magistrati”.
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Agosto 19th, 2011 Riccardo Fucile
HOTEL BLINDATO A CALALZO, BOSSI CONTESTATO, LA GENTE PADANA GLI GRIDA “CIALTRONE”….IL SENATUR COSTRETTO A NASCONDERSI PER VEDERE TREMONTI
Dopo due giorni di insulti e proteste, il leader del Carroccio decide di lasciare il Cadore.
“Brutto, brutto, brutto: andiamo via”, si sfoga con pochi intimi all’interno di un hotel Ferrovia blindato.
Il clima è talmente pesante che la cena per il 64esimo compleanno di Tremonti è spostato all’ultimo secondo nella baita a Lorenzago del ministro dell’economia
Umberto Bossi nella notte decide di lasciare l’hotel Ferrovia di Calalzo di Cadore per timore di altre proteste.
Ci sono voluti due giorni di contestazioni dell’ormai ex popolo leghista bellunese e decine di insulti dei passanti, per far comprendere al leader del Carroccio che la base ha superato il limite di sopportazione.
Tornare indietro ora è difficile.
Da contadino della politica quale è, Bossi ha compreso che non più salvarsi dal Titanic: affonderà insieme a Silvio Berlusconi.
Mercoledì sera ha dovuto cancellare il comizio in piazza per timore delle proteste leghiste, capitanate dal presidente della Provincia di Belluno che si è presentato con la bandiera dell’ente listata a lutto.
Ieri ha ricevuto insulti dalle auto che passavano davanti all’albergo. Si è nascosto per tutto il giorno all’interno insieme a Roberto Calderoli.
E i dieci minuti che è uscito per accogliere l’amico Giulio Tremonti, i tre sono stati costretti a farsi circondare da una decina di uomini della scorta.
Prigionieri a casa loro.
Tanto che ieri sera la tradizionale festa di compleanno del ministro dell’economia all’hotel Ferrovia è stata trasferita all’ultimo minuto (nella speranza di depistare proteste e giornalisti) nella baita di Tremonti a Lorenzago. La stessa baita dove i quattro saggi del centrodestra stilarono il federalismo che fu poi bocciato dagli elettori con il referendum.
La baita è raggiungibile solo attraversando un cancello ovviamente ieri notte sigillato e sotto stretta sorveglianza.
Nascosti nella loro terra, in fuga dagli ex elettori che per venti anni hanno regalato alla Lega la sensazione di potere e immortalità che adesso comincia a franare.
Alberto da Giussano non può fare nulla, l’inesistente padania comincia a essere ridimensionata agli occhi di Bossi.
Le proteste fanno male. Anche ieri per tutto il giorno è stato un continuo susseguirsi di manifestazioni e contestazioni davanti all’albergo.
Dal sindaco Pdl del Comune di Calalzo al presidente provinciale di Confcommercio, dagli ex leghisti e autonomisti, al Pd ai cittadini.
Qui era impensabile fino a pochi mesi fa che qualcuno potesse criticare il Capo. All’hotel Ferrovia di Gino Mondin era un continuo pellegrinaggio di complimenti, mani da stringere, baci e foto ricordo tutti sorridenti col ministro leghista di turno. Dalle macchine che passavano davanti all’albergo è sempre stato un “viva Bossi, viva la Lega”.
Da due giorni invece la strada è piena di contestatori e manifestanti.
E dalle auto il conducente più delicato gli ha gridato contro “cialtrone”.
Il livello di sopportazione è ampiamente superato, ma la realtà non ha ancora preso forma nella mente del Carroccio. Il nervosismo è palpabile.
A un giornalista della Rai regionale che lo segue imperterrito persino all’inaugurazione di una piccolissima centrale elettrica, Bossi si mostra molto infastidito. “Vaffanculo, siete anche qui”.
Così, dopo essersi nascosto per tre giorni, Bossi sceglie di scappare.
Lo fa di notte. Mentre cenava nella baita, poco dopo le una di questa mattina, i sei uomini della scorta del leader leghista hanno pagato il conto dell’albergo (che era prenotato per Bossi fino a venerdì), fatto le valigie, caricato le macchine.
Poi sono andati a prelevare il Capo e lo hanno portato lontano dalle contestazioni. Presumibilmente a Gemonio, a casa sua. Dove almeno una bandiera della Lega rimarrà alta: quella che ha nel suo giardino.
Calderoli è invece rimasto a dormire in albergo perchè G., il figlio della compagna Gianna Gancia (presidente della Provincia di Cuneo) ha undici anni ed era stanco. Partiranno all’alba, ha fatto sapere il ministro per la semplificazione.
Quando i giornalisti presumibilmente dormono e, soprattutto, i contestatori non saranno tornati qui davanti.
A ripercorrere gli eventi di questi tre giorni appare evidente come la Lega deve fare i conti con una inaspettata realtà : non ha più il polso del territorio.
La base è stanca, non ne può più di leggi ad personam, nuove tasse.
Da mesi gli elettori del Carroccio chiedono a Bossi di staccare la spina al governo e lasciare Berlusconi.
La base lo ha chiesto talmente ad alta voce attraverso i canali consueti, che il Carroccio invece di dialogare con i malpancisti, ha preferisco censurarli chiudendo persino gli interventi liberi a Radio Padania.
Ora è troppo tardi. Berlusconi non si può più scaricare.
Ed è lo stesso Senatùr ad averlo compreso. “Silvio ha vinto grazie a noi e ora noi perdiamo grazie a lui”, si è confidato in uno sprazzo di spietata lucidità .
Il gioco è finito. Le proteste fanno male.
Meglio tornare a casa, durante la notte.
Al buio, di soppiatto, senza farsi vedere da nessuno.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 19th, 2011 Riccardo Fucile
PER CHI GUADAGNA 1 MILIONE DI EURO NETTI, LA TASSA SARA’ DI 138.750 EURO, PER 2 MILIONI DI 277.000, PER 3 MILIONI DI 400.000 EURO… MA I CALCIATORI VOGLIONO CHE PAGHINO LE SOCIETA’ E CALDEROLI SPARA LE SOLITE PALLE
Il “braccino corto” dei calciatori italiani impugna e sventola i “contratti al netto”. Cioè quei
contratti loro concessi dalle società di calcio dove c’è scritto che del “lordo” loro non devono preoccuparsi e nemmeno devono fare la fatica di calcolare quanto pagano di tasse, ne andrebbe della concentrazione in campo.
Procuratori, calciatori e presidenti scrivono sul contratto: tot milioni di euro l’anno.
E “netti” s’intende.
I giocatori sono abituati così, è una sorta di loro diritto acquisito, mai hanno
trattato e firmato “al lordo”, quella è roba da ragionieri e impiegati.
Le società di calcio ci stanno, i tifosi e la stampa pure: quando si comunicano e si leggono gli importi degli ingaggi sono sempre al netto, in origine forse per far meno impressione al popolo festante e pagante o più semplicemente per semplicità , per non “affaticare” la mente e la trattativa.
Succede però un giorno che il governo decida che chi guadagna più di 90mila e più di 150mila euro euro l’anno (alcuni di loro li guadagnano a settimana) debba versare al fisco un di più: il 5 per cento del percepito tra 90 e appunto 150mila euro annui e il 10 per cento di quanto percepito sopra i 150mila. Come accade e accadrà al mezzo milione circa di italiani che dichiarano al fisco sopra i 90 e sopra i 150mila euro, in gran parte lavoratori dipendenti e pensionati, pochissimi lavoratori autonomi.
Ora i calciatori pensionati non sono, lavoratori autonomi nemmeno ma lavoratori dipendenti sì, infatti minacciano sciopero perchè non è stato rinnovato ancora il contratto collettivo di lavoro, più o meno come i ferrotranvieri, gli insegnanti, i bancari, i tessili…più o meno.
Ma il sindacato calciatori, quello che ha raccolto in calce le firme di tutti i “capitani” della Serie A per siglare manifesto in cui si annuncia: no contratto no campionato, obietta: lavoratori dipendenti sì, ma con contratto “a netto”. Quindi quel di più che vuole il fisco è “lordo” che non li riguarda, paghino altri, cioè le società di calcio.
Il “braccino corto” dei calciatori non si agita e si contrae per un pugno di euro e neanche per una questione di principio.
Sono soldi e bei soldi quelli che il braccino corto stringe e non vuole mollare. Quanti soldi?
Nel tabellone del Sole 24 ore in cui si legge quanto paga chi subisce il 5 e il 10 per cento in più, insomma l’aliquota massima che passa dal 43 al 48 e 53 per cento dell’Irpef, la colonna si ferma ad un reddito di un milione di euro. Chi dichiara guadagni per un milione di euro dovrà pagare nel 2011/2013 264.000 euro do sovrattassa.
Che però diventano 145.992 effettivi perchè il “pagato” può l’anno dopo aver pagato essere sottratto dall’imponibile e quindi rientrano 118.008 degli originali 264.000.
Non solo: sopra i 545mila euro lordi (un sopra sopra cui stanno quasi tutti i calciatori) conviene farsi applicare l’aliquota fissa del 48 per cento.
E così la tassa effettiva per chi dichiara un milione di euro diventa di 138.750 euro da pagare.
Roba da far venire il mal di testa al calciatore abituato a giocare sul netto. Con sdegno hanno sentenziato: “Roba da commercialisti”.
Quindi, a scanso di ripercussioni su allenamenti e preparazione hanno pensato che la miglior cosa fosse tagliare la testa al toro: questa “roba da commercialisti” non li riguarda, non li può riguardare.
Anche perchè sono soldoni e non bruscolini: Totti, Ibrahimovic, Del Piero, Buffon?
Moltiplicate per 138.750 i milioni di euro lordi del loro ingaggio e avrete il netto che ciascuno di loro dovrà pagare.
Chi ha due milioni lordi di stipendio, circa 277mila euro.
Chi ha tre milioni, circa 400mila.
Chi quattro milioni, circa 550mila euro.
A dieci milioni di ingaggio fa 1.380.750 euro.
Insomma una barca di soldi: trecento calciatori in attività nella serie A, stipendio medio annuo un milione e mezzo lordo, 200mila euro a testa di tassa, fanno sessanta milioni di euro.
La nobile battaglia di principio sul contratto al netto tanto vale.
Il ministro Calderoli che fa teatro e non perde una battuta di scena ha detto: “Gli raddoppio l’aliquota”.
Non lo può fare e lo sa che non si può aumentare l’aliquota ad una sola categoria, ma gli interessa far scena.
Fosse ministro di un governo non da operetta esigerebbe, darebbe ordini alla Agenzia delle Entrate di riscuotere tutte e subito le tasse dei calciatori che le società pagano un po’ per volta quando possono e se ne ricordano.
Perchè le società hanno debiti con il fisco e riscuotere quei debiti significherebbe automaticamente abbassare gli stipendi, gli ingaggi e i contratti dei calciatori.
Di fronte a questa mossa il braccino corto aprirebbe la mano: pagherebbero subito e in silenzio.
Sergio Carli
(da “Blitz quotidiano“)
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Agosto 19th, 2011 Riccardo Fucile
L’ARBITRO FISCHIA, LA CASTA E’ IN TRIBUNA: ANCHE LA ROMA DISTRIBUISCE 2.000 BIGLIETTI GRATUITI, A NAPOLI ENTRANO PURE SENZA CONTROLLI….OGNI EVENTO MUSICALE AL MEAZZA DI MILANO VEDE CENTINAIA DI BIGLIETTI OMAGGIO DISTRIBUITI DAL COMUNE
Siamo al primo sciopero della casta: la diserzione da tribune d’autorità e d’onore per protesta contro il presidente latinista della Lazio Claudio Lotito.
Le ragioni dello scontro sono appendice di una guerra più vasta, che da mesi oppone Lotito al Coni di Gianni Petrucci, laziale allevato alla scuola dc dei Matarrese poi vicino a Cesare Previti. La questione riguarda il canone d’affitto dell’Olimpico, di proprietà del Coni, e tra debiti e pagamenti Lotito non vuole più riconoscere a Petrucci la bellezza di 1311 posti gratis per ministri, sottosegretari, manager pubblici, direttori di giornali, consiglieri regionali, provinciali, comunali e di circoscrizione, portaborse finanche uscieri e autisti di Palazzo.
Così suddivisi: il 50 per cento della tribuna autorità (115 posti); due palchi d’onore (25); l’intera tribuna d’onore destra (411), 60 posti in tribuna d’onore sinistra; 400 in tribuna Monte Mario; 200 posti di servizio; infine 100 nei distinti.
Tutti “portoghesi” autorizzati.
Ieri sera invece, la Lazio ha concesso al Coni “solo” 350 tagliandi omaggio, quasi mille in meno.
A Roma, l’ingresso gratuito all’Olimpico è uno status symbol radicato, ambitissimo e bipartisan.
Una volta era il vezzo ostentato dal generone romano di matrice andreottiana.
La lista è molto lunga. Se si prendono in esame solo le partite di cartello degli ultimi due campionati, sulle poltroncine imbottite di colore blu con lo stemma del Coni si notano in ordine sparso: Casini, Fini, Gasparri, Cicchitto, Matteoli, Fiori, D’Alema, Rutelli, Meloni, Previti, l’ex dg della Rai Masi con la fidanzata, il direttore di Panorama Mulè, quello del Tg5 Mimun, La Russa, Romano, Miccichè, Alfano, Nitto Palma, l’ex governatore del Lazio Marrazzo, Elio Vito, l’ex moglie di Fini Daniela Di Sotto e pure il figlio del capo dello Stato, Giulio Napolitano.
In prevalenza romanisti e laziali, i politici (un tempo a deputati e senatori bastava esibire il tesserino da parlamentare ma oggi non è più così) di solito si rivolgono a Petrucci a metà settimana.
Comunicano la quantità di biglietti desiderati poi mandano gli autisti a ritirarli.
Una pacchia.
E quando c’è il derby della Capitale in tribuna autorità si registra il pienone di leader, almeno 60 posti in piedi sono riservati agli uomini delle scorte.
Scrocconi e violenti anche, a volte.
Accadde a metà settembre del 2004. Esordio stagionale della Roma in Champions League contro gli ucraini della Dinamo Kiev.
Alla fine del primo tempo rissa in campo per l’espulsione del giallorosso Mexes e una monetina da un euro colpisce l’arbitro Frisk. Partita sospesa.
L’euro alla testa di Frisk arriva dalla tribuna d’onore destra. Rabbia e scandalo. Paolo Cento dei Verdi, e presidente del Roma Club di Montecitorio propose: “Basta coi privilegi. I politici vanno in tribuna solo per fare passerella. Diamo questi posti ai giovani che non possono permettersi lo stadio”.
Sette anni dopo, quando a Roma sono arrivati gli americani nel calcio, la prima cosa che ha chiesto Tom DiBenedetto, assistendo a una partita dei giallorossi, è stata questa: “Quanto pagano questi signori in tribuna?”. Risposta: “Nulla”.
E DiBenedetto, rispetto a Lotito, al Coni cede almeno 2mila biglietti gratis.
Per la cronaca: gli abbonamenti in tribuna d’onore costano 4.300 euro per la Roma e 3.600 per la Lazio.
All’Olimpico si entra gratis non solo grazie al Coni.
Altro status symbol sono i palchetti degli sponsor e le tessere di enti vari (la Rai ne acquista una decina all’anno come “spese di rappresentanza”).
Sulla contesa dei posti nei palchetti, sono memorabili le intercettazioni uscite nel 2009 dell’inchiesta della procura di Velletri sugli Angelucci, i re delle cliniche proprietari di Libero .
In questo caso, i biglietti omaggio per l’Olimpico sono offerti a politici e funzionari della Regione Lazio.
Ma col derby le richieste sono troppe e Giampaolo Angelucci, figlio di Antonio deputato del Pdl, chiama la segretaria: “Cecì me date qualche aggiornamento sull’elenco dei biglietti? Voglio sapere i nomi uno per uno”.
Risponde la segretaria Cecilia: “Allora Luigi Canali nel palco, Gerardo Venezia, due di Mauro Casamatta, uno di Trivelli, Mauro Fabris, Francesca Cenci e Daniela Rosow in palco. In tribuna ci sono due Guidi, poi due presidente Antobio, due Vallone, due Tribelli e due Mastronardi ”.
La discussione prosegue per un po’ e le ultime parole del giovane Angelucci sono: “Non è che questi ce possono mandà i parenti”.
Da Roma al resto d’Italia.
Un mese fa a Milano, Marco Cappato dei Radicali ha scoperto che per ogni evento sportivo e musicale al Meazza 320 biglietti omaggio vanno a Palazzo Marino.
A Napoli, invece, quattro anni fa ci fu una mozione bipartisan per consentire ai consiglieri comunali di entrare al San Paolo non solo gratis ma anche senza controlli: “Il comportamento degli addetti ai controlli è costantemente irriguardoso, irrispettoso e offensivo sia nell’identificazione dei consiglieri sia nelle maleducate richieste di esibizione documenti al varco”.
L’incredibile mozione, infine, chiede ai controllori più protezione perchè i politici vengono “sovente dileggiati dagli spettatori”.
Già .
Fabrizio D’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 19th, 2011 Riccardo Fucile
LA POLVERINI DOPO LA GITA A RIETI IN ELICOTTERO STAVOLTA VOLEVA SFONDARE SUL BAGNASCIUGA… ARRIVARE IN AUTO SULLA BATTIGIA SA DI CAFONAL: TANTO VALEVA ARRIVASSE SU UNA MOTOVEDETTA DELLA CAPITANERIA DI PORTO
Aridaje. Renata Polverini l’ha fatto ancora. 
Lunedì di ferragosto a Capalbio, simbolica enclave di sinistra, gita al mare con la deputata Melania Rizzoli (Pdl) e il marito Angelo.
La governatrice del Lazio, un tempo finiana e per un attimo berlusconiana, frantuma un mito: sfila tra i granelli di sabbia che ispirarono gloriose entrate in campo e meste uscite di scena per politici, scrittori e intellettuali rossi.
Con il suo stile, inconfondibile.
Il lido “Ultima Spiaggia” di Capalbio ha un viottolo che trasforma il deputato in grisaglia in bagnante con il costume.
Qui il parcheggio, lì l’ombrellone.
Duecento metri, trecento per esagerare.
Durante quei passi rilassanti il potere sveste l’abito di casta.
Soltanto i fornitori del ristorante e i disabili con l’accompagnatore possono superare la catena all’ingresso.
Angelo Rizzoli fatica a camminare, e prosegue a bordo con la moglie Melania e l’ospite Polverini.
Un’auto di scorta del presidente inchioda davanti ai parcheggiatori — racconta il sito dell’Espresso — sorpresi perchè la catena sia attaccata al paletto.
Loro devono seguire la Polverini persino sul bagnasciuga con le ruote di una berlina, non a piedi: “Chi devo chiamare? Io ho l’obbligo di stare con il vigilato”.
E poi parole appuntite, un po’ di tensione.
Un bel battibecco con chi riceve da anni magistrati e ministri e indica un pertugio per il posteggio.
La Polverini è già al tavolo vista mare per un pranzo con amici e colleghi.
Forse ignora, forse dimentica: “Il presidente ha saputo. Non vuole commentare, però”, dice la portavoce.
Tutto normale.
Come per l’elicottero che la Protezione civile usa per spegnere gli incendi, ma che la Polverini ha noleggiato un mese fa per inaugurare la fiera del peperoncino di Rieti.
Nemmeno per la traversata sul lago di Bracciano aveva un risposta, doveva correre dall’amico Guglielmo Rositani a Rieti e poi rientrare per una cena con la Coldiretti.
L’ex sindacalista ha un mantra del tipo: “Io sono io, e voi…”.
E dunque disse: “Non c’è nulla da chiarire e mi meraviglia la vostra enfasi. Io sono il presidente regionale, se ritengo di utilizzare un mezzo veloce, per due situazioni diverse, posso farlo. Non gravo sul denaro pubblico”.
A scuola di politica nel salottino cartonato di Ballarò, in teoria la Polverini predica benissimo.
In una recente intervista, annunciando di aver rinunciato a un paio di fuoriserie tedesche per una modesta monovolume Fiat, la governatrice soffriva il peso di avere una scorta: “Quattro agenti, due per turno che salgono in macchina con me. Me li hanno assegnati dopo la vertenza Alitalia e qualche minaccia ricevuta. Non mi piace il codazzo”.
Con un’analisi da sinistrorsi proprio da “Ultima Spiaggia”, l’episodio di Capalbio spiega il significato di “codazzo”: un amministratore al mare, pur con la legittima scorta, evita di praticare l’essere casta.
Dieci giorni fa, tanto per pensare a un vizio, ecco la governatrice che circumnaviga l’isola di Ponza con un gommone e due uomini di scorta.
Una scena che gli americani potrebbero ambientare nella baia di New York per l’ennesimo film di azione, ma la Polverini era a Ponza, tremila abitanti a largo di Latina.
La questione politica, seria, è il presidente del Lazio in trasferta.
Appena lascia l’ufficio in Regione e inforca la Fiat Ulysse verso il raccordo che circonda la capitale, la Polverini colleziona figure memorabili: in campagna elettorale a Genzano, sfoggiando la sua dialettica istituzionale, cercò il confronto pacifico con un gruppo di contestatori.
Così: “Nun me faccio mette paura da una zecca come te” .
Eppure con il piglio di chi conosce le congiunture economiche e politiche, mentre la sanità laziale stramazza tagliando i posti letto negli ospedali, la Regione Lazio butta via 15 milioni di euro per la pubblicità aerea dei “prodotti di origine controllata e garantita” locali.
Tra elicotteri, gommoni e Fiat Ulysse non è facile tenere la bussola.
E succede.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 19th, 2011 Riccardo Fucile
PROTESTA DEI PRIMI CITTADINI, IL 26 DAVANTI A PALAZZO CHIGI E IL 29 A MILANO: “NON E’ IN GIOCO LA NOSTRA POLTRONA, MA LA VITA DEL NOSTRO PAESE”
La manovra economica del governo è ancora avvolta nell’incertezza, ma i Comuni hanno deciso di non perdere tempo lanciando subito una mobilitazione straordinaria contro i tagli e la sopressione dei municipi inferiori ai mille abitanti.
Il Comitato Direttivo dell’Anci, l’associazione dei comuni italiani, è stato convocato in via straordinaria per giovedì prossimo.
Ufficialmente all’ordine del giorno figurano “le valutazioni e decisioni sugli effetti della manovra finanziaria, sui servizi pubblici locali e sulla spesa per gli investimenti dei comuni”, ma in realtà la bocciatura delle misure antideficit da parte degli amministratori è già netta e l’allarme è alle stelle.
“Siamo ad un passaggio decisivo per il futuro delle nostre comunità . Per questo mi rivolgo direttamente a te per chiedere a te ed ai tuoi colleghi amministratori di partecipare ad una grande manifestazione di sindaci e amministratori dei piccoli Comuni che Anci ha indetto per il giorno 29 agosto a Milano”, scrivono il presidente facente funzione dell’Anci, Osvaldo Napoli, e il coordinatore nazionale dei Piccoli Comuni, Mauro Guerra, in un passaggio della lettera inviata ai colleghi per sensibilizzarli alla partecipazione alla manifestazione organizzata a Milano presso l’Auditorium Gaber.
L’evento sarà “in concomitanza con il dibattito sulla manovra in Commissione al Senato”. “Una grande manifestazione – affermano ancora Napoli e Guerra – contro le norme riguardanti i piccoli Comuni e contro i tagli che colpiranno tutti i Comuni”.
L’appuntamento di Milano non è però l’unico in agenda.
Con una lettera dai toni altrettanto drammatici, l’Anpci, l’associazione dei piccoli comuni d’Italia, ha chiamato infatti a raccolta tutti i suoi iscritti per una grande manifestazione da tenere a Roma venerdì 26 agosto davanti a Palazzo Chigi.
“Se non saremo in tanti, uniti e decisi, questa potrebbe essere la nostra ultima battaglia. Dobbiamo assolutamente vincerla per il bene dei nostri cittadini e dell’Italia stessa. Pertanto ognuno di voi si dia da fare al massimo, senza risparmio di energie”, esorta la presidente Franca Biglio, primo cittadino di Marsaglia, in provincia di Cuneo.
“Ogni sindaco porti con sè la fascia tricolore, il gonfalone e le chiavi del comune per consegnarle ai nostri governanti”, – raccomanda ancora Biglio, chiedendo ai sindaci di “chiudere il municipio il giorno della partenza e sulla porta apporre un cartello con la scritta: ‘La comunità di … è a lutto per la prematura scomparsa del Comune soppresso da fuoco ritenuto amico. Il Comune resterà chiuso a tempo indeterminato'”.
“Qui – conclude la presidente dell’Anpci – non è in gioco la nostra poltrona, ma la vita del nostro paese”.
Un’altra manifestazione convocata dalle amministrazioni comunali del Centro Italia è programma poi il 23 settembre a Perugia.
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Agosto 19th, 2011 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DELLA FERRARI SUL CONTRIBUTO PREVISTO PER I REDDITI SUPERIORI A 90.000 EURO: “MA QUI SOLO IO LA PENSO COSI’: E’ SCANDALOSO CHE IN ITALIA SI COLPISCA INVECE IL CETO MEDIO”
“Io, ricco, sono pronto a pagare più tasse. Per ragioni di equità e solidarietà . E
soprattutto per una vera lotta alla grande evasione fiscale. In cambio chiedo allo Stato di ridurre il suo perimetro d’azione e di essere più efficiente”.
Ragiona così Luca di Montezemolo, 63 anni, reddito annuo medio intorno ai cinque milioni di euro.
Ricco. E potente: presidente della Ferrari, presidente di Ntv (i treni privati per l’alta velocità ), ex presidente della Fiat e della Confindustria.
Da tempo lì lì a un passo da un impegno diretto in politica.
E’ d’accordo con il finanziere americano Warren Buffet: chi ha di più deve pagare di più. “Ma- aggiunge -, con tutto il rispetto per Buffet, sulla mia proposta di un’imposta una tantum sui grandi patrimoni, dai cinque ai dieci milioni l’anno, ho avvertito un assordante silenzio”.
Zitte le associazioni delle imprese, zitta una classe dirigente attenta ai propri interessi di breve periodo. Zitta la politica.
Eppure è anche da qui, secondo Montezemolo, che passa la “ricostruzione del Paese”, dopo il fallimento della Seconda Repubblica, ridefinendo i rapporti tra lo Stato e i cittadini, tra le tasse che si pagano e i servizi che si ricevono.
Un passaggio cruciale per ritrovare – dice – “etica e valori”, per riparlare di “bene comune” e non solo di “interessi”, per quanto importanti.
Bene allora la Tobin tax perchè “si deve mettere assolutamente un freno alla speculazione ed è giusto che lo si faccia a livello europeo”.
Ma è l’Italia il centro, in questo colloquio, del ragionamento di Montezemolo.
Un Paese in crisi profonda, non solo economica; privo di leadership; prigioniero del suo passato.
“Oggi – dice – c’è un governo che si è autodefinito liberale, ma tutto si può dire fuorchè che questo governo abbia compiuto scelte liberali. Ho sentito un ministro dell’Economia sostenere di avere nostalgia dell’Iri… Mi sforzo di fotografare la realtà . E vedo una insostenibile invadenza dello Stato nell’economia. Di conseguenza si sono accresciuti gli intrecci tra politica e affari. Clientelismo e affarismo. Malaffare e ricatti. Sono nate società pubbliche con relativi consigli di amministrazione solo per piazzare qualche politico trombato. Nel 2005 ero presidente della Confindustria e ricordavo che il compito di una Provincia non era quello di acquistare a caro prezzo quote di autostrade, bensì di fornire servizi ai cittadini. Ora sta indagando la magistratura di Milano. Hanno occupato lo Stato e questo è il contrario di uno Stato forte. Uno Stato forte dovrebbe concentrarsi sul suo core-business: sicurezza, sanità , scuola, giustizia. Questo è il perimetro dello Stato. Per questo paghiamo (chi le paga) le tasse”.
Che allo Stato-invadente, gonfio di debiti, non bastano mai. Mai.
“Negli ultimi quindici anni abbiamo toccato tutti i record. Ma i servizi non sono affatto migliorati. Sono accresciuti i monopoli, è nato quello che ho chiamato il neo-statalismo municipale. Dov’è la concorrenza nei servizi locali? C’è forse nei trasporti o nella raccolta dei rifiuti? La verità è che il denaro non va ad alimentare i servizi, bensì la grande voragine della spesa pubblica”.
Tasse e diseguaglianze che crescono; redditi reali che diminuiscono.
Lo dicono le tabelle dell’Istat e le analisi delle Banca d’Italia.
E’ l’Italia del nuovo secolo.
Il ceto medio – come in altre parti del mondo, Stati Uniti in testa – si è assottigliato sempre più. Anche i risparmi sono stati prosciugati.
“L’italiano medio – dice il ricco Montezemolo – si è impoverito. Ha pagato tutte le tasse anche quelle occulte che sono rappresentate dai disservizi. Ora c’è la crisi, sì certo. E’ vero che serve una manovra sui conti pubblici. Ce la chiede l’Europa. Dobbiamo farla. Ma ancora una volta si colpiscono i soliti noti. Invece servirebbero crescita e solidarietà , rigore ed equità “.
E qui quello di Montezemolo diventa quasi un programma di politica economica. Liberale e alternativo a quello del governo.
Ridurre il campo d’azione dello Stato, privatizzando tutto quello che si può, vendendo il patrimonio immobiliare che non serve, abolendo la spesa inefficiente, liberalizzando, e tagliando “subito e non a babbo morto” i privilegi della politica.
“Poi, ma solo a quel punto, se serve un contributo da parte dei cittadini, bisogna cominciarlo a chiederlo a chi ha di più. Perchè è scandaloso che lo si chieda al ceto medio, l’asse portante della nostra società , a chi paga già tutto quello che può pagare. Da qui la mia proposta sulla patrimoniale: un segnale di giusta solidarietà . Ma c’è di più. C’è che in questo modo si può cominciare a colpire la grande (dico, quella davvero grande) evasione fiscale”.
Il ministro Sacconi sostiene che tassando “i Montezemolo” non si prende un miliardo l’anno.
“Non ho fatto i calcoli. Ma intanto riduciamo l’invadenza dello Stato e poi andiamo a prendere i soldi dove ci sono. Quanto? Vedremo. Certo è che l’Italia ha bisogno di recuperare un po’ di etica, un po’ di valori. Serve un segnale e vedremo anche quanto si recupererà in termini di evasione fiscale”.
Roberto Mania
(da “La Repubblica“)
argomento: Costume, economia, emergenza, governo, Politica | Commenta »