Agosto 28th, 2011 Riccardo Fucile
ENTI INUTILI E CONSORZI CHE COSTANO PIU’ DEL PARLAMENTO E DOVE I PARTITI HANNO PIAZZATO I PROPRI COMPAGNI DI MERENDA… SETTEMILA ORGANI COLLEGIALI, UNA FORESTA PIETRIFICATA DI 24.000 PORTABORSE CHE FA COMODO A TUTTI
La Casta di serie B è poco appariscente, quasi sempre anonima, sostanzialmente scialba. Finisce poco o punto sui giornali, non sdottora in tv, non usa macchinoni blu, tutt’al più qualche anonima utilitaria, non ha scorte, non troneggia in uffici grandi come piazze d’armi con le scrivanie di mogano tirate a lucido.
Però ci costa molto più dell’altra.
Se per mantenere la prima Casta, la Casta per antonomasia degli “eletti”, deputati, senatori, presidenti regionali, consiglieri, sindaci delle grandi città , dobbiamo tirar fuori ogni anno oltre 2 miliardi di euro (calcolo del Sistema informatico sulle operazioni degli enti pubblici-Siope), per l’altra Casta, quella di livello inferiore, il conto è molto più salato, 3 volte tanto, oltre 7 miliardi di euro (calcolo delle stessa fonte).
E generalmente in cambio otteniamo poco, molto poco.
La Casta di serie B è una selva di 7mila enti, aziende, consorzi, società , organi collegiali, una specie di foresta pietrificata di sedi, uffici, 24mila consiglieri di amministrazione, presidenti, direttori con stipendi, compensi e spese di rappresentanza per circa 2 miliardi e mezzo di euro all’anno.
Gli esperti li chiamano “enti di secondo livello”, cioè di un livello derivato rispetto a quello primario degli eletti, i politici.
I rappresentanti degli enti di secondo livello sono nominati, infatti, dai politici e quindi devono tutto a questi ultimi.
Rapportato allo schema gerarchico medievale, se i presidenti di regione, sindaci e assessori possono essere considerati i feudatari, gli altri sono i valvassori e i valvassini.
Detto in modo più crudo: se i primi ce l’hanno fatta a ottenere un seggio, i secondi spesso sono politici trombati, ai quali viene concesso un contentino e un ripescaggio.
Pagato con soldi pubblici, naturalmente.
Competenze, merito, professionalità ?
Non sono escluse a priori, ma non abbondano.
Benefici per la collettività ? Non sempre certificabili, soprattutto in relazione ai costi.
Magari poi qualcuno dirà che nonostante le apparenze questi enti, aziende e consorzi in realtà sono utili, utilissimi e senza la loro presenza crollerebbe mezzo mondo e metterne in discussione l’esistenza e le funzioni è da qualunquisti scriteriati.
Ma è difficile, per esempio, riuscire a capire perchè accanto a un organismo statale ad hoc per le erogazioni in agricoltura, l’Agea, ente che ha il compito di coordinare e pagare i fondi dell’Unione europea agli agricoltori, poi sono spuntati tanti sotto-enti a livello locale, con le stesse funzioni e lo stesso scopo.
Come, per esempio, l’Arsea in Sicilia, l’Arpea in Piemonte, l’Agrea in Emilia-Romagna, l’Artea in Toscana.
E via elencando.
Così come non è facile comprendere perchè, tanto per fare un altro esempio, la Regione Piemonte che non ha competenze sulle strade avendole trasferite alle Province, poi ha istituito una società apposita per la progettazione delle strade che si chiama Scr.
E ancora resta arduo rendersi conto per quale motivo la Regione Lazio abbia promosso una società per incrementare il turismo sulle spiagge, la Litorale Spa, quando già esisteva un’altra agenzia regionale con lo stesso scopo (Agenzia per lo sviluppo del turismo di Roma e del Lazio), più 4 agenzie provinciali per il turismo a Viterbo, Rieti, Frosinone e Latina, più una quinta a Roma.
Cinque anni fa la Regione Sicilia ha istituito una società di promozione del cinema, una specie di Cinecittà isolana, che infatti si chiama Cinesicilia alla quale l’assessorato alla Cultura ha elargito una dote di 2 milioni di euro più royalties tra il 3 e il 5 per cento per ogni progetto avviato.
Proprio ora ce n’è uno in corso, “Il giovane Montalbano”, sulla scia della serie famosa di Rai1 con Luca Zingaretti, avviato all’inizio di agosto e coprodotto da Rai-Palomar e Regione Sicilia.
Tutte le Regioni italiane hanno istituito per legge propri enti strumentali con uffici, dipendenti, dirigenti, presidenti etc…
Ci sono decine, centinaia di agenzie per il lavoro, lo sviluppo, i rifiuti, il patrimonio, il turismo, la formazione professionale.
Nel bilancio della Casta di serie B tutti questi organismi non sono affatto una voce accessoria, anzi, assorbono più della metà delle spese annue, 3,6 miliardi di euro.
Però nessuno ci mette il naso, come fossero una specie di manomorta della politica.
E come se la Casta di serie B alla fine fosse in realtà di A.
Alcuni di questi enti hanno nomi strambi.
Qualche comune mortale sa che cosa sono i Bim o gli Aato o i Cvb?
Tradotti significano Bacini imbriferi montani, Ambiti territoriali ottimali acqua/rifiuti, Consorzi per la vigilanza boschiva e anche dopo la traduzione il significato non è che sia tanto più chiaro. I Bim sono 63, con compiti assai generici, come si deduce, per esempio, dallo statuto di quello per il fiume Brenta in cui si parla di “favorire il progresso economico e sociale della popolazione dei Comuni consorziati”.
L’anno passato i Bim sono costati 150 milioni di euro anche se secondo la Carta delle Autonomie sarebbero dovuti sparire.
Idem le Comunità Montane: ce ne sono ancora 246 nonostante il governo avesse deciso di cancellarle.
In attesa del trapasso, abbiamo pagato 800 milioni nel 2010.
Idem i 222 Aato (91 per le acque e 131 per i rifiuti).
La loro soppressione era sancita dalla manovra finanziaria del governo nel 2010.
Poi ci hanno ripensato e con il decreto Milleproroghe la cancellazione è stata rinviata a dicembre 2011.
Ci sono costati altri 240 milioni, tanto per gradire.
Daniele Martini
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 28th, 2011 Riccardo Fucile
LA MANOVRA DEL GOVERNO COSTRINGE GLI ENTI A RECUPERARE 400 MILIONI DI EURO ENTRO LA FINE DELL’ANNO… I GOVERNATORI PROTESTANO E I CITTADINI PAGANO
Ticket sanitari. Un pasticcio “epocale”. 
Una truffa del governo a danno delle Regioni, che sono costrette a recuperare 400 milioni di euro entro la fine dell’anno.
Ma andiamo con ordine.
Nel 2009, governo e Regioni firmano il Patto per la salute e, per evitare nuovi ticket sulle visite specialistiche, il ministero dell’Economia stanzia 860 milioni l’anno da versare nelle casse regionali.
A giugno del 2011 arriva la ferale notizia da via XX Settembre: non ci sono i soldi, arrangiatevi.
Anzi, le Regioni sono obbligate ad applicare tre nuovi ticket: 10 euro per le visite specialistiche, altrettanti per gli esami diagnostici e 25 per chi è andato al pronto soccorso ed è stato classificato “codice bianco”.
I primi due si sommano ai costi già previsti dal tariffario regionale.
A parte le categorie esenti, fra cui i malati cronici, tutti gli altri pazienti devono pagare e non c’è reddito che tenga.
Alla notizia tutti i presidenti delle Regioni, come un sol uomo, salgono sulle barricate.
“In Veneto Roma non comanda, a casa nostra facciamo noi, quindi nessun ticket”, afferma il presidente leghista Luca Zaia.
Anche Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, dichiara la sua opposizione, ma poi ricorda che una legge dello Stato va applicata, altrimenti si può essere accusati di “danno erariale”.
Ma il giudizio complessivo dei presidenti è concorde.
Si va dalla manovra “iniqua” al provvedimento “inapplicabile”.
Il 29 luglio alla festa della Lega a Concorezzo, in quel di Monza, Umberto Bossi lancia l’idea dell’aumento delle accise su sigari e sigarette.
L’idea piace a molti: dai presidenti delle Regioni a molti parlamentari di maggioranza e opposizione.
E il governo? Nicchia, prende tempo, rinvia. E dopo tre incontri finiti nel nulla, ai primi d’agosto, partono comunque i ticket. Il governo rimanda il confronto a settembre.
Dopo la truffa anche la beffa.
E i governatori che avevano minacciato di alzare le barricate?
In molti si adeguano e mandano giù il rospo.
“In Veneto comando io”, aveva tuonato Luca Zaia, ma ora si accontenta di firmare il ricorso al Tar.
In Campania, che ha un deficit sanitario abissale, si stanno studiando nuove formule, mentre viene confermato il ticket di 50 euro per i codici bianchi al pronto soccorso.
La Sardegna, dove per le prestazioni specialistiche si arriva a pagare un massimo di 46.15 euro, confermato il ticket di 25 euro per i codici bianchi e di 15 per quelli verdi.
Toscana, Emilia Romagna e Umbria hanno imboccato un’altra strada: rivedere il livello minimo di reddito oltre il quale si paga e far gravare gli aumenti sui quelli “alti”.
Ma chi non pagherà in maniera assoluta l’aggravio dei ticket?
Di sicuro le persone affette da patologie invalidanti: cardiopatici, asmatici, diabetici, malati cronici, pazienti affetti da tumore e invalidi al 100 per cento.
E poi i bimbi sotto i 6 anni e gli over 65, ma solo se il reddito familiare non supera i 36 mila euro.
ovranno invece mettere mano al portafoglio, se ce l’hanno, i componenti delle famiglie monoreddito, i precari e i disoccupati.
Per capire meglio come stanno le cose è però opportuno farsi un giro negli ospedali della Capitale.
Sandro Pertini, zona est di Roma. Viali alberati, aiuole curate, padiglioni ordinati e puliti.
E poi l’aria condizionata, mentre fuori il termometro sfiora i quaranta gradi.
Nella sala d’aspetto del Pronto Soccorso una ventina di persone attendono di sapere le condizioni delle persone che hanno accompagnato.
“Mia madre, 85 anni, si è sentita male stanotte, non respirava più, forse sarà colpa del caldo”, dice una signora sulla cinquantina.
Lei sa che per i casi non gravi, i codici bianchi, c’è da pagare un ticket di 25 euro?
“Sì, l’ho sentito dire, ma mia madre è una malata cronica, quindi non credo che dovrà spendere soldi”.
Il reparto cassa ticket dista 300 metri dal Pronto soccorso.
L’impiegata allo sportello spiega a una paziente: “La visita specialistica costa 24 euro e 66 più 10 per l’aumento recente, la Tac 51.15 sempre più 10”.
La signora gira sui tacchi e se ne va.
Sono in molti quelli che vengono a pagare i 25 euro per i codici bianchi?
La signorina abbassa la voce: “Quasi nessuno, perchè al paziente, al termine della visita, gli viene consegnato un conto corrente e, secondo lei, la maggioranza che fa? Non mi faccia dire altro”.
Stessa musica all’ospedale San Giovanni.
L’impiegata allo sportello attende che il paziente si sia allontanato poi sussurra: “Io non posso parlare ma qui di gente che paga in codice bianco se ne vede proprio poca”.
Lo spartito non cambia all’ospedale Umberto I, dove però hanno installato un congegno futuribile: una macchina luminosa dove s’infila la tessera sanitaria.
Poi si accendono una serie di tasti sui quali il paziente deve appoggiare il dito.
Solo che otto volte su dieci è un’impiegata che deve uscire dal box per insegnare all’ignara anziana disperata come funziona quel maledetto aggeggio.
“Ecco, sullo scontrino lei ha il suo nuovo codice d’accesso, ora lo schermo luminoso le indicherà a quale sportello rivolgersi”.
E dallo schermo esce una voce che proviene dallo spazio sillabando il codice.
L’anziana signora non capisce, s’alza e se ne va.
Nel frattempo un giovane si avvicina al “mostro”, infila la tessera, digita e riceve lo scontrino. “Devo fare una gastroscopia. Quanto devo pagare?”. “Trentadue euro più dieci”, risponde l’impiegata. “E che sono questi dieci?”. La risposta è secca. “Non lo sa che da luglio c’è stato l’aumento?”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 28th, 2011 Riccardo Fucile
PERCHE’ E’ COSI FACILE USCIRNE PULITI: IL CASO PENATI E’ SOLO UNO DEI TANTI
Così anche Penati è entrato nella Hall of Fame nostrana: anche lui è felicemente prescritto. Sarebbe andato in prigione perchè reati ed “esigenze cautelari” c’erano; lo ha detto il Gip, condividendo le motivazioni del Pm alla richiesta d’arresto, sicchè ci sono buoni motivi per pensare che sia proprio così.
E nemmeno si può dire che trattasi di giudici comunisti e che ci sia un complotto contro gli eletti dal popolo: Penati di sinistra è.
C’è stata solo una piccola divergenza tra Pm e Gip.
Secondo il Pm, Penati aveva costretto il costruttore Pasini a dargli le stecche: concussione, da 4 a 12 anni, prescritta in 16 anni.
Secondo il Gip, invece, Penati e Pasini si erano messi allegramente d’accordo (dai fammi lavorare e io ti do una stecca): corruzione, da 2 a 5 anni, prescritta in 7 anni e mezzo.
Le stecche sono state date fino al 2004; siamo a fine agosto 2011, dunque…
Uno normale pensa: ma se Penati ha preso le stecche, che si tratti di concussione o di corruzione, non dovrebbe andare in galera?
Chi se ne frega della prescrizione, delinquente è e delinquente resta.
Lo si è scoperto tardi ma non è colpa di nessuno, Pasini adesso ha parlato.
Proprio vero.
Infatti, nei Paesi civili, quando si comincia il processo, di prescrizione non si parla più: oggi ti ho scoperto e oggi ti processo, potevi confessare prima e ti processavo 5, 10, 15 anni fa.
Ma noi, che siamo più civili degli altri, la prescrizione continuiamo a farla marciare anche quando cominciamo il processo; il che produce tre risultati fantastici.
Primo.
Siccome il processo si compone di indagini preliminari, udienza preliminare, giudizio in primo grado, giudizio in secondo grado e processo in Cassazione, è ovvio che è un po’ lunghetto: Angelino Alfano ha detto che lui aveva gli incubi per la durata del processo penale, in media 8 anni. Naturalmente, questa è la media.
Un processo come quello di Penati, o del suo collega di Hall of Fame B., dura molto di più. Solo che un giudice non può dire “tanto questo processo non ce la facciamo a finirlo prima della prescrizione, inutile lavorarci su, chiudiamolo nel cassetto e chiasso finito”.
No, deve farlo comunque. Indagini, udienza preliminare, Tribunale, Appello; poi in Cassazione (B. insegna) tutto prescritto.
Sudore, sangue e quattrini buttati dalla finestra.
Con Penati è andata ancora bene, almeno ci siamo risparmiati processi inutili, la prescrizione era già maturata.
Secondo.
Con questo sistema, nessuno che abbia un po’ di sale in zucca ricorre al patteggiamento. Imputato: “Accordiamoci su una pena piccolina e chiasso finito”. Pm: “Ok, ti toccherebbe il triplo o il quadruplo, ma almeno ci risparmiano un sacco di lavoro”.
Ma perchè uno dovrebbe accettare una pena, anche se piccolina, quando sa che bastano un po’ di soldi per gli avvocati e si prescriverà tutto, quindi manco un giorno si dovrà fare? Così, siccome già ci sono pochi processi, invece di risparmiarne qualcuno ne facciamo il doppio: tanto magistrati, soldi e tribunali ci escono dalle orecchie.
Terzo.
Quando imputati sono i commendevoli appartenenti alla classe politica che ci ritroviamo, la tentazione di cambiare le regole è irresistibile: le leggi le facciamo noi, il Parlamento sovrano (veramente B e Co., poi il Parlamento asservito mette la croce dove gli dicono).
Sicchè diciamo che i termini di prescrizione sono dimezzati, sicuro che non ci condannerà più nessuno, non faranno a tempo.
Adesso, fortunati come Penati, che manco gli comincia il processo, magari no; ma in Cassazione li freghiamo di sicuro.
E infatti, come tutti sanno, la legge 251/2005 (cd. ex Cirielli) ha dimezzato i termini.
Prima la corruzione (il reato che il Gip ha detto che Penati ha commesso) si prescriveva in 15 anni; anche se il reato si scopriva tardi, come in questo caso, a mandarlo in prigione ce la si faceva ancora .
Adesso, in 7 anni e mezzo, chi ce la fa? E nemmeno ce la si fa se un reato del genere si scopre subito: se anche Alfano dice che la durata media del processo è di 8 anni; e se il reato si prescrive in 7 e mezzo; è ovvio che si può delinquere impunemente.
Per essere proprio sicuri che qualche giudice, lavorando di notte, non riesca a farcela, si sono inventati anche il processo lungo: voglio sentire 1547 testimoni; e tu giudice me li devi far citare tutti.
Dici che così il processo dura 20 anni? Eh questa è la legge.
Chicca finale.
Siccome controlliamo i mezzi d’informazione, e visto che in prigione non ci andiamo perchè siamo prescritti, facciamo dire a tutti i nostri amici giornalisti (!) che B., Penati e altri C. sono stati assolti.
Non è proprio vero, ma la gente ci crede.
Così non solo questa gente delinque; non solo fa spendere soldi e tempo alla giustizia; non solo non va in prigione; ma, per la grande maggioranza dei cittadini, è anche innocente, vittima di giudici comunisti e di un sistema perverso che consente alla magistratura di sovvertire il consenso popolare.
Qui finisce che si diventa credenti per forza: nella giustizia divina.
Bruno Tinti
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 28th, 2011 Riccardo Fucile
UNA CITTADELLA DI 3.000 PERSONE TRA DEPUTATI, QUESTORI E PORTABORSE CHE OCCUPA A ROMA 22 PALAZZO STORICI… UN BUDGET DI 1 MILIARDO DI EURO PER ARREDI, BOLLETTE, TENDAGGI, DIVISE, SAPONI E PULSANTIERE
L’accorpamento dei Comuni più piccoli e la cancellazione di 29 provincie previste dal decreto
anticrisi sono un passo avanti per la riduzione dei costi della politica.
Se mai si farà .
Peccato che a Roma i tagli restino ancora un tabù.
Diminuire il numero di parlamentari (e dei rappresentanti di altre assemblee tipo consigli regionali, provinciali e comunali) resta una chimera, mentre è un fatto che i costi complessivi per il funzionamento della Camera, nonostante le promesse seguite al boom del libro “La Casta” di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, dal 2007 al 2011 siano aumentati di ben 60 milioni di euro: a dicembre sfioreranno la stratosferica cifra di un miliardo e 71 milioni.
Denaro speso per far funzionare 22 (!) palazzi e una popolazione di nemmeno tremila persone, tra deputati, portaborse, questori e personale vario.
Eppure, sono tante le voci che potrebbero essere ridotte.
Scorrendo la nota al bilancio pluriennale si scopre che gli assegni vitalizi diretti, per esempio, sono stati limati di un ridicolo uno per mille (95mila euro su un totale di 96,7 milioni), e che – ecco la beffa – nel 2013 l’intero capitolo di spesa (comprese le pensioni di reversibilità ) riprenderà a crescere.
Anche il fondo per i viaggi degli ex deputati aumenterà , passando da 800 a 900mila euro l’anno: nessuno ha avuto il coraggio di cancellarli con un tratto di penna.
Altro costo difficile da abbassare è quello che riguarda gli stipendi (altissimi) del personale: aumentato di 12 milioni dal 2007, a fine 2011 toccherà i 235 milioni di euro nel 2011, per schizzare a 246 milioni nel 2013.
Anche la voce “pensioni” di ex commessi e funzionari è data in crescita di 12 milioni.
Alla faccia dei risparmi promessi.
Andiamo con ordine, e passiamo alle spese di manutenzione: 14 palazzi sono tanti, troppi, così per aggiustare gli onorevoli ascensori i contribuenti italiani pagheranno nel 2011 circa 930mila euro di bulloni e pulsantiere, mentre 990 mila euro serviranno a riparare i vecchi arredi (ma sono previsti nuovi mobili per oltre un milione di euro) e ben 7,7 milioni serviranno per la pulizia e l’igiene.
Dal primo gennaio 2012 i costi per aspirapolveri, scope e detergenti sarebbero dovuti aumentare di altri 120 mila euro l’anno, invece i deputati hanno deciso che gli ottoni di Montecitorio sono già abbastanza splendenti e hanno, bontà loro, congelato l’aumento previsto. I nostri onorevoli non sono riusciti nemmeno a tagliare la voce vestiario: si tratta di 490mila euro l’anno destinati alle divise di autisti e commessi (chissà qual è il sarto che s’è accaparrato l’appalto).
Soldi a cui bisogna aggiungere i 70 mila euro annui per la lavanderia e 100 mila per i guardarobieri che custodiscono cappotti e pellicce delle signore del Parlamento.
Se il decoro dell’istituzione è sacro, anche il benefit del cellulare resta intoccabile: il fondo da 2,3 milioni del 2011 è stato confermato anche per il 2012 e il 2013.
Carta, matite, gomme e penne ci costano invece un milione l’anno, assai meno della stampa di tutti gli atti parlamentari: 7,1 milioni di euro previsti a fine 2011.
A questo fiume di denaro (“Abbiamo già tagliato le pubblicazioni, se tutti i parlamentari ci chiedessero gli atti di giornata non avremmo copie sufficienti”, dice un dipendente) vanno sommati i 2,2 milioni spesi quest’anno per l’accesso gratuito al sito Internet, più altri denari per la realizzazione del “portale storico” della Camera, in occasione del 150 anniversario dell’Unità d’Italia.
Nel bilancio è annunciato anche il fondamentale “sviluppo del palinsesto del canale satellitare”, in modo da assicurare ai telespettatori che finissero per sbaglio sulla tv della Camera in prima serata o nei week-end “la continuità ” delle trasmissioni.
I deputati hanno però annunciato che tenteranno di risparmiare su biglietti aerei, pedaggi autostradali e treni: un milione in meno (sui 13 previsti) a partire dal 2012.
Un taglio inferiore al 10 per cento, che riporta la voce di spesa ai livelli – già altissimi – di quattro anni fa.
“Scorrendo il documento appena modificato, lei vedrà spese che sarebbero giustificate se il denaro fosse usato bene. In realtà sono soldi sprecati, dal momento che la classe dirigente non è all’altezza dell’istituzione per la quale lavora”, chiosa ancora l’alto funzionario che chiede l’anonimato.
Mentre la politica dell’Italia è commissariata da Ue e Bce, a Montecitoro s’è deciso di potenziare “le attività di analisi e documentazione in materia di politica internazionale” di 125 mila euro, a cui bisogna aggiungere 454 mila euro da investire in non meglio specificate “strutture di supporto del Parlamento”.
Altra spesa esorbitante è quella destinata alla comunicazione: dal 2007 ad oggi la crescita della voce è stata costante, e l’ufficio stampa costerà a fine 2011 4,3 milioni di euro.
Un esborso che – questa la promessa – a partire dall’anno prossimo verrà ridotta di 550 mila euro.
Anche la maxivoce “beni e servizi e spese diverse” (che valeva 56 milioni nella scorsa legislatura, oggi toccherà quota 59,5) verrà limata del 10 per cento.
Scorrendo la lista della spesa del 2011, però, si notano uscite che forse potrebbero essere ridimensionate di più: banche dati e agenzie di informazione del Palazzo costano 3,5 milioni di euro l’anno, mentre – nonostante il numero altissimo di avvocati che siedono tra gli scranni o dietro gli uffici – altri 160mila euro verranno usati per assistenze legali esterne. Il controllo dei rendiconti dei partiti politici costa 300 mila euro l’anno, mentre la gestione dei Centri informatici ben 5,3 milioni di euro, a cui s’aggiunge ulteriore assistenza di esperti per 2,8 milioni (capitolo di spesa che, rispetto al 2007, è cresciuto di quasi il 20 per cento).
Già : alla Camera sono tante le voci che, invece di diminuire, in questi ultimi quattro anni sono cresciute: dalle pensioni del personale (più 42 milioni), alle bollette di luce, acqua e gas (più 135 mila euro), dal facchinaggio (che costa ormai 1,6 milioni l’anno) al presidio medico fisso (stessa, folle cifra).
I partiti politici, dal Pdl al Pd, passando per Lega Nord e Udc, non hanno messo un freno nemmeno ai “contributi” per il funzionamento dei vari gruppi parlamentari: se nel 2007 le segretarie costavano 9 milioni, quest’anno ne costeranno 11.
Pure il totale degli stipendi dei dipendenti assunti dai partiti è cresciuto da 12,4 a 13,4 milioni. Commissioni, giunte e comitati hanno un fondo, per missioni di vario tipo e “spese di rappresentanza” e conferenze, di 690 mila euro mentre il capitolo sulle attività interparlamentari ed internazionali tocca i 2,1 milioni.
Anche il restauro delle opere d’arte ha un costo, 150mila euro quest’anno.
Un capitolo a parte merita, infine, la biblioteca di palazzo San Macuto: complessivamente le spese per tenere in piedi la struttura sommano tre milioni e 50 mila euro tondi tondi.
Solo per la gestione dell’inestimabile patrimonio librario (1.385.000 volumi) si spendono quasi 1,3 milioni di euro l’anno (210 mila euro in più rispetto al dato 2007), e quest’anno altri 900 mila euro serviranno ad acquistare libri nuovi, mentre 100 mila verranno destinati alle rilegature. Anche mantenere l’archivio ha suoi prezzi: 270 mila euro da spendere per il 2011.
Bisogna ordinare e fare l’inventario di migliaia di documenti: quest’anno gli esperti si concentreranno soprattutto sull’informatizzazione dei “Disegni e proposte di legge e incarti delle Commissioni del Regno d’Italia”.
Se gli storici e i ricercatori saranno felici, chissà quanti dei nostri deputati andranno a leggere i lavori dei loro antenati.
“Pochini” ammette il funzionario: “Gli onorevoli che vanno a studiare in biblioteca sono rari come un’edizione di pregio.
Preferiscono chiacchierare al bar della buvette”.
Emiliano Fittipaldi
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Agosto 28th, 2011 Riccardo Fucile
DA ROMA A VERONA, DAL PDL ALLA LEGA, LA PRASSI DELLA PRETESA DEI POSTI IN TRIBUNA D’ONORE ACCOMUNA TUTTA LA CASTA
Niente biglietti omaggio, siamo inglesi.
Accade a Londra per le Olimpiadi del prossimo anno.
Agli inizi di giugno nel Regno Unito la vendita dei tagliandi si è svolta per sorteggio. Una misura scelta per fronteggiare l’enorme richiesta.
E così, alla fine, tra i 250mila rimasti a secco c’è stato anche il pittoresco sindaco di Londra, Boris Johnson.
Altro che tribuna autorità con ingresso gratuito.
La marea degli esclusi ha fatto nascere un polemico dibattito nel Paese ed è intervenuto pure il primo ministro David Cameron: “Il sistema del sorteggio è l’unico modo per distribuire i biglietti in maniera giusta”.
Dal pianeta inglese, per noi surreale e sconosciuto, a quello italiano.
Immaginiamo l’assegnazione delle Olimpiadi del 2020 a Roma, candidata ufficialmente.
Potrebbe ripetersi la scena catturata dalle Iene di Italia 1 due anni fa.
Partita all’Olimpico tra Roma e Arsenal per la Champions League. Le Iene si appostano davanti alla sede del Coni di Gianni Petrucci e arrivano a contare quaranta auto blu in sei ore di appostamento.
La casta della politica manda gli autisti a ritirare i biglietti omaggio.
I contrassegni sono visibili: Ministero delle Finanze, Camera dei deputati, Presidenza del Consiglio, Senato della Repubblica, Ministero dell’Interno, Regione Lazio, finanche la paletta del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, pletorico e inutile organismo.
Qualche autista fa i nomi e i politici beccati sono due: l’allora sottosegretario al Lavoro Pasquale Viespoli e l’allora governatore del Lazio Piero Marrazzo. Quest’ultimo smentisce l’auto blu ma non l’ambito tagliando gratuito: “La persona che ha dichiarato di essere stata da me delegata al ritiro del biglietto non è a me riconducibile. La persona invece che io ho incaricato ha utilizzato una normalissima utilitaria, senza nessun uso di palette o di lampeggianti”.
La tribuna autorità allo stadio è status symbol e benefit allo stesso tempo. E che resiste a ogni rivoluzione o rinnovamento.
Altro scandalo: i mondiali del 2006 in Germania, vinti dall’Italia.
La Federcalcio è stata commissariata dopo Moggiopoli ed è guidata da Guido Rossi.
Il glorioso settimanale Guerin Sportivo documenta che la Figc, che tramite il Coni è finanziata anche con soldi pubblici, ha sperperato 1.356.751 euro in biglietti omaggio per i mondiali teutonici.
Ma forse adesso qualcosa si sta rompendo.
Tutto nasce dalla guerra tra la Lazio di Claudio Lotito e il Coni, proprietario dell’Olimpico, che reclama la “tassa” di 1.311 biglietti gratis a partita da distribuire alle varie caste (compresi i direttori di giornale).
Allo stadio i politici arrivano all’ultimo momento, fanno parcheggiare comodamente le auto blu in posti riservati, sgranocchiano qualcosa all’apposito buffet e infine si accomodano sulle poltroncine imbottite del Coni, come illustrate dalle foto del Portfolio, prese da Dagospia.
Una pacchia che però adesso è a rischio.
Lo dimostrano gli ampi vuoti delle tribune centrali in occasione dell’incontro tra Lazio e Rabotnicki all’Olimpico, preliminare di Europa League.
Sia il Coni, sia la Federcalcio non hanno ritirato i biglietti messi a disposizione dalla società : 350 circa al posto dei 1.311.
Nelle stesse condizioni si trova anche la Roma.
Il nuovo presidente americano Tom DiBenedetto si è posto il problema sin dal suo arrivo nella Capitale. “Chi sono quelli in tribuna? E quanto pagano?”, chiese. La risposta: “Sono autorità , non pagano nulla”.
A Trigoria , la questione sarà esaminata nei prossimi giorni e gira già un’ipotetica cifra: 6.555.000 annui.
Cioè quanto si potrebbe ricavare dalla vendita degli abbonamenti dei posti assegnati dal Coni alla casta.
Una cifra al ribasso, peraltro, ottenuta moltiplicando 1.311 per 5mila euro, il costo attuale della tessera per le tribune d’onore, laterali rispetto a quella del potere.
Per quest’anno sarà impossibile non onorare l’impegno con il Coni perchè Di Benedetto ha ereditato il vecchio contratto.
Ma dalla stagione 2012-13 sarà chiesta una drastica revisione sul modello Lotito.
Del resto, all’Olimpico pagano tutti tranne i vip. Anche i disabili.
Per loro l’abbonamento, comprensivo di un accompagnatore, è ridotto ma non gratuito: 350 euro.
Il benefit dello stadio gratis non riguarda solo Roma.
Il 5 agosto scorso, il Corriere del Veneto ha dato conto del malumore di Luca Campedelli, presidente del Chievo.
Nella nuova convenzione per il Bentegodi, di proprietà comunale, l’amministrazione del leghista Flavio Tosi ha preteso: 32 posti della tribuna autorità , 50 poltroncine, 20 tessere di servizio, la disponibilità di 10 distinti superiori e 40 curve.
La casta è casta, ovunque.
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Agosto 28th, 2011 Riccardo Fucile
IN UN ANNO 12.000 PUBBLICAZIONI IN MENO: PER LA PRIMA VOLTA IN 30 ANNI LA PRODUZIONE SCIENTIFICA ARRETRA…SEI RICERCATORI OGNI DIECIMILA ABITANTI E SOLO LO 0,4% DEL PIL: ULTIMI IN EUROPA
Abbiamo ricercatori resistenti e talentuosi, capaci di una produttività da fabbrica tessile
cinese.
Ma il sistema della ricerca italiana – scientifica e umanistica – è crollato.
Ora ci sono i numeri, offerti dal lavoro di una docente di economia e organizzazione aziendale all’Università di Bologna e di un esperto bibliometrico (uno statistico che studia le pubblicazioni scientifiche) olandese.
Il “paper” di Cinzia Daraio e Henk Moed reso noto da Research Policy ci dice che per la prima volta in trent’anni la produzione scientifica dell’Italia ha smesso di crescere e dà segnali di arretramento.
Esperimenti e scoperte, nuova conoscenza prodotta nelle biblioteche universitarie e nei nostri centri di ricerca. Arretra, tutto questo, come quota percentuale dell’intera produzione mondiale e in termini assoluti come numero di articoli scientifici pubblicati.
Sul piano quantitativo le pubblicazioni italiane hanno conosciuto un percorso di crescita dal 1980 (erano 9.721) al 2003 (sono diventate 39.728, quattro volte tanto). Nei cinque anni successivi si è proceduto tra depressioni e fiammate fino al 2008: 52.496 articoli italiani resi pubblici nel mondo, un record.
L’anno dopo, il 2009 (ultimo dato conosciuto), il crollo: dodicimila pubblicazioni in meno, poco sopra quota 40 mila, bruciata la crescita di cinque stagioni.
«Il confronto europeo è schiacciante », spiega Cinzia Daraio illustrando i successivi grafici.
Siamo ultimi per numero di ricercatori rispetto alla popolazione: sei ogni diecimila abitanti.
Metà della Spagna e un terzo della Gran Bretagna.
Siamo ultimi (insieme a una Spagna che ci ha appena raggiunto) per investimenti pubblici nella ricerca: sono lo 0,4% del Prodotto interno lordo.
E i nostri privati non riescono a sostituirsi a Stato, Regioni e Università , il loro investimento arriva solo allo 0,6% del Pil.
Nelle collaborazioni internazionali, quelle che spesso forniscono il prodotto intellettuale più nuovo e solido, tra i sei “big europei” siamo penultimi.
Eravamo secondi negli Anni Ottanta.
In generale, il contributo italiano alle pubblicazioni nel mondo è pari al 3,3%.
«C’è una trentennale disattenzione della politica italiana verso la ricerca», dice la Daraio, «e oggi assistiamo all’inizio del declino della scienza italiana».
È interessante notare come i ricercatori italiani restino i primi per produttività individuale: ogni due anni esce un nostro nuovo lavoro realizzato insieme a uno studioso straniero.
Si chiama “effetto di compensazione”: per bilanciare gli investimenti risicati, gli studiosi italiani si impegnano più degli altri.
Non è un caso se molti “portavoce” di progetti internazionali siano di casa. Dice Cinzia Daraio: «Abbiamo difficoltà a competere sui fondi europei per la ricerca, portiamo a casa meno di quanto versiamo.
Gli altri paesi fanno piani ventennali e influenzano le scelte della Ue, noi ci ritroviamo con i professori a fare fotocopie degli scontrini per le note spese da presentare a Bruxelles».
Il lavoro pubblicato da Research Policysegnala una generale difficoltà europea di fronte ai grandi investimenti fatti nelle ultime stagioni dai paesi asiatici, in particolare dal governo cinese.
In quindici anni la Cina ha quadruplicato le prestazioni superando di slancio l’Italia (nel 1999), la Francia (2002), la Germania (2005) e il Regno Unito (nel 2006).
Di fronte a questa massa di lavoro, però, il numero delle citazioni dei dossier cinesi resta ampiamente al di sotto di quello dei paesi occidentali.
Corrado Zunino
(da “La Repubblica“)
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