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FINI: “DIFENDONO LE POLTRONE, IN GALERA VADANO I CRIMINALI, NON I GIORNALISTI”

Ottobre 14th, 2011 Riccardo Fucile

FINI DURANTE LA FESTA DI FLI A TERRACINA: “NONOSTANTE LA FIDUCIA, IL GOVERNO CONTINUERA’ A GALLEGGIARE”

«Il governo Berlusconi è pienamente legittimato a governare perchè oggi ha ottenuto due voti in più. Tuttavia se non apre gli occhi più che governare continuerà  a galleggiare».
Lo ha detto Gianfranco Fini parlando alla prima festa del Fli di Latina.
Quello che oggi ha incassato – ha proseguito Fini – «la cinquantunesima fiducia è un governo che può legittimamente governare, ma che non si preoccupa degli interessi dell’Italia».
«La priorità  è il lavoro e le risposte alla crisi. Se però il governo, quando stila l’agenda, mette prima il processo breve o le intercettazioni, è un governo che non si preoccupa dell’interesse generale».
«Oggi la conferenza dei capigruppo della Camera «ha rinviato di un’altra settimana» l’esame in aula della riforma delle intercettazioni «perchè forse anche la maggioranza si è resa conto che gli italiani non hanno l’anello al naso».
Secondo Fini, quindi, qualche modifica rispetto all’attuale normativa sulle intercettazioni «andrebbe fatta», ma partendo da alcuni «punti fermi».
Primo fra tutti, il fatto che «le intercettazioni sono un importante strumento per garantire la legalità ».
«È poi evidente – ha aggiunto Fini – che nel momento in cui le intercettazioni vengono rese note, è importante distinguere tutto ciò che è rilevante da ciò che non lo è. Questioni private, pettegolezzi, non c’entrano nulla con quello che dice la normativa che deve essere discussa».
Eppure, questo punto, secondo Fini, non è ben trattato nella normativa in discussione a Montecitorio, mentre ci si occupa di altro, come del carcere per i giornalisti che pubblicano le intercettazioni.
«Pensare di vivere in un Paese dove si mettono in galera i giornalisti invece dei delinquenti – ha concluso Fini – è preoccupante».
Fini ha puntato l’indice anche contro la Lega e i suoi diktat: «Se il governo si occupa di quello che accade sopra il Po ignorando le drammatiche condizioni in cui versa il Sud, vuol dire che ha perso di vista la realtà  del paese e continua a galleggiare».
Ha quindi rinnovato la stoccata contro il Carroccio: «La Padania – ha detto – non esiste, ci sono tante questioni nel centro-sud che il governo dovrebbe affrontare».
Di fronte al vento dell’antipolitica che soffia sul paese, Fini ha indicato una rotta per recuperare il rapporto con i cittadini: a suo giudizio la politica deve cambiare subito registro e «dare l’esempio».
Come? «Un ministro, un parlamentare, un consigliere regionale o un sindaco che hanno problemi con la giustizia devono fare un passo indietro», ha detto il presidente della Camera.
«Per i politici difendere la legalità  – ha aggiunto – significa anche non fornire cattivi esempi. La politica deve garantire trasparenza e deve essere consapevole di quanto sia importante essere al di sopra di ogni sospetto».
«È molto triste vedere tanti amici, ex amici con i quali sono state condivise battaglie politiche difendere oggi l’indifendibile per mantenere poltrone e poltroncine di potere» ha rimarcato Gianfranco Fini alla festa del Fli di Terracina.
Il presidente della Camera ha parlato di «rapporto perverso tra politica e malaffare» e ha criticato il governo sulla riforma della giustizia: «Non si può avere come obiettivo limitare il potere dei giudici o impedire l’accertamento della verità . Le forze politiche si impegnino tutte per definire un codice di comportamento per non candidare chi è inquisito. Questo – ha concluso Fini – sarebbe un bel passo avanti».
Fini ha colto l’occasione per rimbeccare Berlusconi a proposito del «cancro della magistratura»: “Ritengo inammissibile che Berlusconi definisca la magistratura un cancro da estirpare. Se ci sono responsabilità  tra i magistrati – ha aggiunto il presidente della Camera – c’è il Consiglio Superiore della Magistratura».

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OK IL PREZZO E’ GIUSTO: KATIA POLIDORI E MISITI PROMOSSI DA CAPORALI DI GIORNATA A VICEMINISTRI

Ottobre 14th, 2011 Riccardo Fucile

NEL GIORNO DELLA FIDUCIA IL CONSIGLIO DEI MINISTRI APPROVA QUATTRO NUOVE NOMINE AD PERSONAM…ANCHE GALATI E VICECONTE DIVENTANO SOTTOSEGRETARI: L’ITALIA E’ NELLA BRATTA MA SILVIO PENSA A PAGARE LE SUE CAMBIALI

A poche ore dalla fiducia incassata dal governo alla Camera, è bufera sulle nuove nomine varate dal Consiglio dei ministri riunitosi subito dopo il voto di Montecitorio.
L’ex finiana Catia Polidori diventa viceministro allo Sviluppo Economico, l’ex dipietrista Aurelio Misiti sarà  viceministro alle Infrastrutture.
Entrano nel governo anche Giuseppe Galati (sottosegretario all’Istruzione) e Guido Viceconte (all’Interno).
Incarichi che l’opposizione non tarda a bollare come “cambiali” pagate da Berlusconi per l’ennesima fiducia sul filo dei voti.
Catia Polidori, politica di destra di lungo corso, passò dal Pdl a Futuro e Libertà , ma poi ritornò sui suoi passi: fu uno dei deputati il cui voto fu determinante il 14 dicembre scorso nel salvare il governo, ad un passo dalla sfiducia.
Dopo quell’episodio passò al gruppo misto.
Misiti, eletto alla Camera con l’Italia dei Valori nel 2008, due anni dopo passò al Movimento per le Autonomie, di cui fu nominato anche portavoce nazionale.
Il suo slogan, ben in vista sul suo sito internet, è “La competenza al servizio della Calabria”. Ma nel febbraio 2011, contravvenendo alla linea dettata dal suo stesso partito, aveva votato contro l’autorizzazione alla perquisizione negli uffici del ragioniere di Berlusconi Spinelli, richiesta dalla procura di Milano alla ricerca di documenti sui passaggi di denaro tra il premier e le ragazze ospiti nelle sue ville.
Tre mesi dopo il premier Silvio Berlusconi lo aveva nominato sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti.
Oggi la promozione a viceministro.
Giuseppe Galati, ex Udc, era stato già  sottosegretario, al ministero delle Attività  Produttive, dall’aprile 2005 al maggio 2006.
“La maggioranza si comporta come se avesse aperto un banco al mercato di Porta Portese”, è il lapidario commento di Pier Luigi Bersani, segretario Pd.
Durissimo il leader Idv Antonio Di Pietro: “Adesso si paga cash e non come il 14 dicembre che c’erano solo le promesse. Quando ero magistrato – ha detto Di Pietro, dal palco della manifestazione di chiusura del centrosinistra per le regionali del Molise – c’erano le bustarelle pagate dai corruttori. Adesso ci sono le nomine ministeriali pagate dagli italiani”.
“Finalmente Berlusconi ha dato la scossa all’economia che ci aspettavamo”, ironizza il segretario Udc Lorenzo Cesa: “Una nuova infornata di incarichi ministeriali di cui nessuno sentiva il bisogno. E’ uno schiaffo ai cittadini italiani che vivono il dramma della crisi economica e una vergogna che ha il solo merito di rivelare al Paese il degrado di questo governo”.
E Italo Bocchino, vicepresidente di Futuro e Libertà , parla invece di “episodi evidenti di compravendita politica” davanti ai quali invoca “una presa di posizione di tutti, a partire dal Quirinale”.
Nella riunione, cominciata poco dopo le 15.30 e conclusasi attorno alle 17, il consiglio dei Ministri ha anche approvato il ddl stabilità .
E qui si che ci sono i tagli: alla polizia (60 milioni in meno tra il 2012 e il 2013), alle spese di vitto per guardia di finanza e carabinieri (tre milioni in meno), ai monopoli di Stato (50 milioni in meno a partire dal prossimo anno) e agli istituti di previdenza: Inps, Inpdap e Inail ”nell’ambito della propria autonomia” dovranno ridurre le proprie spese di funzionamento, “in misura non inferiore, in termini di saldo netto, di 60 milioni per il 2012; 10 milioni per il 2013 e 16,5 milioni a decorrere dal 2014″.
Nel settore della scuola, i distacchi, i permessi e le aspettative saranno ridotti del 15%, e si taglia la figura del dirigente scolastico per quegli istituti autonomi al di sotto dei 300 studenti.
Un governo che taglia gli stipendi agli agenti e ai servizi sociali e li aumenta alla Casta.

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AVANTI CON L’ARMATA BRANCALEONE: UN MANIPOLO DI SBANDATI, IRRIDUCIBILI E MERCENARI CHE CONTINUA A PERDERE PEZZI

Ottobre 14th, 2011 Riccardo Fucile

CINQUANTATRE’ VOTI DI FIDUCIA   IN POCO PIU’ DI TRE ANNI E MEZZO: VINCE SOLO LO SPIRITO DI CONSERVAZIONE DELLA POLTRONA E DEI PRIVILEGI DI CASTA

Com’era prevedibile, è fallita anche questa caccia a “Ottobre rosso”.
Con la cinquantatreesima fiducia in tre anni e mezzo, il governo Berlusconi supera anche questa prova d’autunno, che per difficoltà  e incertezza era quasi pari a quella alla prova d’inverno del 14 dicembre di un anno fa, quando i futuristi di Fini uscirono dalla maggioranza e tentarono inutilmente la spallata con una mozione di sfiducia.
È quasi grottesco che, nelle stesse ore in cui un pur rabbioso Cavaliere festeggia lo scampato pericolo, il presidente della Repubblica inviti il governo a “non eccedere” con lo strumento delle fiducie, che producono una “inaccettabile compressione delle prerogative delle Camere”.
Come se quel clamoroso “eccesso” non si fosse già  ampiamente prodotto, e quella “compressione” non fosse già  palesemente avvenuta.
Ma recriminare è ormai inutile.
Il Capo dello Stato ritiene che il “vulnus” della mancata approvazione del Rendiconto generale del bilancio pubblico sia sostanzialmente sanato dall’avvenuta “verifica parlamentare”.
La maggioranza di centrodestra, disperata e dissoluta, continua a perdere i pezzi.
Ma continua ad avere i numeri per sopravvivere.
Nel modo più avventuroso, rocambolesco e improduttivo possibile.
Grazie alla stampella dei radicali, all’indecisione degli scajoliani, alla resistenza degli ex “responsabili”.
Ormai è peggio che un’Armata Brancaleone.
È un manipolo di sbandati, irriducibili e mercenari, che va avanti per pura inerzia, per puro istinto di conservazione. Senza etica, senza politica.
Ma con il conto in banca e gli appannaggi mensili, i benefit e le auto blu, lo scranno parlamentare e la ricca pensione da salvare.
Questo, oggi, è il solo cemento della coalizione berlusconiana.
Altrove avrebbe fatto gridare allo scandalo non solo i cittadini, ma l’intero establishment.
E avrebbe portato inevitabilmente il presidente del Consiglio a rassegnare le sue dimissioni. Non in Italia, dove il dissenso popolare non serve e lo sdegno istituzionale non basta.
Per quanto posticcio, per quanto esecrabile, quel cemento resiste, ed è sufficiente per durare. Fino a quando? E soprattutto a quale prezzo?
Questo, ancora una volta, è il cuore del problema.
Napolitano ha agito con rigore e correttezza: non poteva essere lui a “disarcionare” il Cavaliere.
Ma c’è da chiedersi se questo pur “doveroso passaggio” della fiducia abbia dissipato il dubbio cruciale che il Quirinale aveva puntualmente posto, tre giorni fa: esiste la “costante coesione necessaria” per affrontare l’asprezza di una crisi economico-finanziaria che non accenna a regredire, e per adempiere agli impegni sottoscritti con l’Europa?
La risposta, chiara, è no.
In questa anomala scheggia di centrodestra italiano non esiste alcuna “costante coesione”, strategica e politica, ma solo un’inquietante adesione, opportunistica e totemica.
Non c’è interesse nazionale. Non c’è bene comune che tenga.
C’è solo la tutela del privilegio, e dunque la difesa del Capo che la garantisce.
Il resto è noia, come dimostra la pochezza del discorso del premier in aula.
O è polemica, come dimostra lo scontro mortale tra i ministri sul fantomatico “decreto crescita”, che non vedrà  mai la luce.
O se la vedrà , sarà  l’ennesimo abbaglio.
Come il primo “decreto scossa” varato il 2 febbraio, e il secondo “decreto sviluppo” varato il 5 maggio.
Nello “spot” del premier, avrebbero dovuto far crescere il Pil “di almeno un punto e mezzo, forse due”.
Tocchiamo con mano, sulle nostre tasche, com’è andata a finire.
L’Italia declina, stabilmente, verso crescita zero.
“Il Cavaliere deve finalmente scendere da cavallo”, titola il Financial Times, ricordando che “l’Italia deve salvare se stessa per salvare l’euro”.
Lui non è sceso. L’Italia non è salva.
E l’euro è sempre più a rischio.
Purtroppo, Silvio c’è.

Massimo Giannini
(da Polis)

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IL GOVERNO OTTIENE LA FIDUCIA CON 316 SI’: ORA I MORTI VIVENTI POSSONO CONTINUARE A FAR FINTA DI GOVERNARE

Ottobre 14th, 2011 Riccardo Fucile

LA PAURA DI PERDERE LA PENSIONE E LA POLTRONA RICOMPATTA QUASI TUTTI GLI ZOMBIE… DUE ASSENZE TRA GLI AMICI DI SCAJOLA E QUELLA DI SARDELLI NON SONO BASTATE…I RADICALI VANNO PER CONTO LORO E FANNO IL GIOCO DEL GOVERNO

Il governo Berlusconi ottiene la fiducia alla Camera: 316 i sì, 301 i no.
Ovvero la maggioranza assoluta.
Dopo che il governo era stato battuto a Montecitorio sul rendiconto dello Stato, l’aula era stata chiamata a un voto di fiducia.
L’opposizione non ha partecipato alla prima «chiama», tentando di non far raggiungere il numero legale (315) per la votazione.
Il tentativo non sarebbe andato comunque a buon fine perchè la maggioranza avrebbe avuto lo stesso il numero esatto di presenti ma, in ogni caso, la strategia è stata fatta saltare dai cinque deputati radicali e da due dell’Svp.
Questi ultimi, infatti, sono entrati in aula e hanno votato (315 sì e 7 no i risultati della prima chiama).
Tanto che al secondo «appello», al resto dell’opposizione non è rimasto che prendere parte al voto
Feroce la reazione di Rosy Bindi. «Ora che hanno votato i radicali, entrate, non restate qui. Fate presto» le dice un sorridente Maurizio Lupi (Pdl), vicepresidente della Camera.
La presidente dell’Assemblea del Pd, Rosy Bindi, allarga sconsolata le braccia e poi, quando Lupi con una battuta le fa presente che «i voti sono voti», replica ironica: «No, gli stronzi sono stronzi».
Secondo le previsioni, il governo avrebbe dovuto ottenere la maggioranza.
Il problema era la sua consistenza, ovvero raggiungere la maggioranza assoluta di 316 deputati che garantisse una maggior forza per governare: risultato ottenuto.
«La fiducia dopo aver sventato la figuraccia dell’opposizione che ha sbagliato i suoi calcoli mettendo in atto i vecchi trucchi del più bieco parlamentarismo e offrendo una immagine su cui gli italiani rifletteranno» commenta Silvio Berlusconi ancora prima che finisca la seconda «chiama».
Lui che invece ha classe ed eleganza ha promesso mari e monti a tutti perchè votassero sì…
Non sono bastate a far cadere il governo le assenze dei cosiddetti «scajoliani» Fabio Gava e Giustina Destro.
L’ex ministro invece ha votato sì. In precedenza aveva rassicurato: «Oggi ci sarà  la fiducia». Pur chiedendo un cambio di passo: «Se non si cambia, i nomi dei deputati che non voteranno la fiducia si moltiplicheranno e si andrà  a sbattere».
In occasione della sconfitta sul rendiconto dello Stato, erano mancati all’appello alcuni voti degli ex Responsabili.
Nel corso delle dichiarazioni di voto Silvano Moffa, capogruppo di Popolo e Territorio, aveva assicurato a Berlusconi: «Saremo qui a sostenerla».
Nelle sue file alla fine c’è stata la defezione, inutile, di Luciano Sardelli, che non ha preso parte al voto.
«Non parteciperò – aveva anticipato il deputato – ho suggerito al premier Berlusconi di andare al Colle inaugurando così una nuova fase».
Sardelli ha raccontato anche di essere stato chiamato da Berlusconi e di aver suggerito allo stesso premier di andare al Quirinale.

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FINI ATTACCA: “MINZOLINI SI DIMETTA, C’E’ UN LIMITE ALL’INDECENZA”

Ottobre 14th, 2011 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE DELLA CAMERA RICORRERA’ “IN SEDE GIUDIZIARIA E PROFESSIONALE”… ALL’ORIGINE DELLO SCONTRO UN’INTERVISTA A BECHIS SENZA CONTRADDITTORIO CON ATTACCHI ALLA GIUNTA PER IL REGOLAMENTO DELLA CAMERA

“Augusto Minzolini si deve dimettere subito per l’intollerabile faziosità  del suo telegiornale. C’è un limite anche all’indecenza”.
Lo afferma il presidente della Camera Gianfranco Fini in relazione a due servizi mandati in onda dal Tg1 che lo riguardano.
Il Presidente della Camera, secondo quanto si è appreso, fa sapere che si riserva di tutelare la propria onorabilità  nelle sedi giudiziarie e professionali.
Sulla vicenda è arrivata la protesta dei giornalisti, che hanno affidato il proprio disagio a un comunicato del Comitato di redazione.
“Da tempo il cdr del Tg1 denuncia che il direttore sta schierando la nostra testata sempre su tesi di parte della maggioranza e del governo e che il telegiornale quando lancia accusa non si preoccupa quasi mai del diritto di replica. Il direttore viene meno così ai doveri del rispetto del pluralismo, della correttezza dell’informazione e del servizio pubblico facendo perdere credibilità  e ascolti al nostro telegiornale. Diciamo basta in nome di tutti i colleghi che credono ancora nel nostro mestiere e non meritano di essere coinvolti in continue polemiche”.
Rincara la dose Flavia Perina, deputato di Futuro e Libertà : “Sappiamo che il Tg1 è ormai un programma per pochi intimi, ma Minzolini non può comportarsi come se fosse il tinello di casa sua”, dice Perina.
“Aprire con un servizio e un’intervista senza contradditorio a Franco Bechis, vicedirettore di Libero, incentrata su un dissennato attacco alla Giunta per il regolamento della Camera e al presidente Fini è uno strappo istituzionale senza precedenti”.
Il deputato Fli conclude: “I vertici della Rai spieghino se sono consapevoli e concordi con la trasformazione del primo Tg italiano in una succursale di Libero”.
“Quello che è accaduto al tg1ha poco a che vedere con la libertà  di informazione. Si tratta piu semplicemente di una nuova versione del metodo Boffo applicato al presidente della Camera, e non è la prima volta, e perfino dai microfoni del servizio pubblico”.
Lo affermano in una nota il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti e il senatore Pd Vincenzo Vita.
“Non è in discussione la libera circolazione delle opinioni; più semplicemente stiamo parlando di un falso, dal momento che il bilancio dello stato non è stato approvato per le risse all’interno della maggioranza, che è piu preoccupata di portare a casa la legge sulle intercettazioni e il processo breve che non il bilancio dello stato”.
“Dal momento – concludono Giulietti e Vita – che si tratta ormai di una consuetudine non è piu tollerabile che il vertice della Rai si giri dall’altra parte”.

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IL RISCHIO DI UNA FIDUCIA ZOPPA, INCONTRI FINO A NOTTE INOLTRATA: PERSINO UN ELICOTTERO PER FAR VOTARE ASCIERTO

Ottobre 14th, 2011 Riccardo Fucile

TRA POCO ARRIVA L’ORA DELLA FIDUCIA, TIMORI DEL PREMIER PER LE POSSIBILI ASSENZE: OBIETTIVO 319 DEPUTATI….PEONES CORTEGGIATI COME LEADER, DA GAVA AD ANTONIONE E’ CACCIA ALL’UOMO

L’incubo imboscata è cresciuto di ora in ora a Palazzo Grazioli. “Un altro incidente e stavolta andiamo tutti a casa” ha avvertito il premier ricevendo uno dopo l’altro i big dello stato maggiore.
E allora, luci accese fino a tardi.
Trattative serrate con gli incerti, contattati uno per uno, peones corteggiati come leader, da Gava ad Antonione.
La fiducia non viene considerata a rischio, ai piani alti di via dell’Umiltà .
Fatti i conti e le ultime telefonate di “controllo”, in serata il pallottoliere dei coordinatori faceva lampeggiare quota 318-319.
Soglia che permetterebbe di sfangarla anche oggi, ma pericolosamente vicina alla soglia minima di 316 che attesta l’esistenza in vita di una maggioranza.
Quali conclusioni trarrebbe il Colle se le assenze facessero scendere il centrodestra sotto quel limite, se insomma si arrivasse ad una fiducia zoppa?
“Il problema non sono io, ce l’hanno tutti con Tremonti, sta lì il cuore del malcontento” confida il Cavaliere ai suoi nelle ore che precedono quest’altro giro di roulette russa.
Così, le assenze possibili, le defezioni pseudo-casuali tra pezzi noti e meno noti della fronda diventano la vera incognita che fa tremare Berlusconi.
E suggeriscono prudenza anche a un capogruppo navigato come Cicchitto.
Fiducia certa? “I voti ormai preferisco commentarli dopo averli incassati”.
Preoccupazioni non infondate, in effetti. Il gruppo dei 10-13 scajoliani voterà  ufficialmente la fiducia.
Ma Giustina Destro, che i suoi colleghi sostengono fosse pronta assieme ad Antonione e Gava a votare contro il governo, potrebbe non presentarsi.
Per disinnescare anche una seconda “mina”, Berlusconi ha ricevuto di persona Fabio Gava in serata.
Poi lo stesso Scajola per il terzo faccia a faccia in tre giorni. L’ex ministro insiste: “Noi non pugnaliamo alle spalle ma serve una scossa. C’è bisogno di un governo con una maggioranza più vasta per uscire dalla crisi”.
La verità  è che il premier si sta muovendo a tutto campo. Lui e il fidatissimo Denis Verdini.
Il coordinatore ha provato in tutti i modi a strappare il sì all’ormai ex Santo Versace. Lo ha fatto nel cortile di Montecitorio, davanti a tutti: “Pensaci bene. Uno come te, col tuo nome, la tua storia, i tuo contatti. Devi capire che anche noi siamo qui a sopportare, mica siamo felici… Tremonti andava cacciato due anni fa, mica ieri. Ci rompe tutti i giorni”.
Versace alla fine non molla (“La situazione è drammatica, voterò contro, è l’ora di cambiare”) lasciando Berlusconi assai “amareggiato”, racconteranno i suoi.
Ma la partita è frenetica e non hai conosciuto sosta nella notte.
Sotto pressione anche i tre “responsabili” che potrebbero optare per la strategia dell’assenza: Sardelli, Miro, Marmo.
Alla fine almeno un paio di loro potrebbero restare fuori dall’aula, a patto che qualche scajoliano faccia altrettanto.
Sarebbe l’ultimo messaggio cifrato al premier, tenerlo in vita ma costringerlo alla svolta.
“Gli scajoliani stanno come noi prima della rottura – racconta il capogruppo Fli Italo Bocchino in Transatlantico – Ci sono sei o sette che minacciano di mollarlo se non rompe con Berlusconi, altri sono invece più prudenti. Alla fine, tre o quattro molto probabilmente mancheranno”.
Il Cavaliere teme la legge del contrappasso, di morire di imboscata in questo 14 ottobre come di imboscata aveva trionfato il 14 dicembre.
Per tenere buoni i deputati campani, ha ordinato che nel decreto sviluppo venga inserito lo stop alle ruspe nella loro regione, a costo di scontrarsi ancora una volta con la Lega.
Un caso di abusivismo che tocca 67 mila prime case – e altrettante famiglie – e per il quale si sono spesi nelle ultime ore Nicola Cosentino e Amedeo Laboccetta.
Ma i fronti sono molteplici, la maggioranza tiene ma si sfilaccia.
Gianfranco Miccichè ha dovuto serrare le file dei suoi sette che in Transatlantico lamentavano la scarsa attenzione al Sud nell’intervento del premier minacciando anche loro di disertare l’aula: “Se cade bene, ma non possiamo essere noi a tradirlo”.
Poi ci sono quelli della brigata “ultima” fiducia. Da Francesco Pionati a Francesco Nucara, passando per Maurizio Grassano.
Ma domani è un altro giorno. Per il Cavaliere conta l’oggi.
E per l’oggi non si bada a spese.
Fuorigioco Pietro Franzoso (in ospedale), fuorigioco Alfonso Papa (in galera), sembra che alla fine un elicottero privato porterà  l’infortunato Filippo Ascierto con gamba in trazione.

(da “La Repubblica”)

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FINANCIAL TIMES: “SAGA DISPERATA DI BERLUSCONI: L’ULTIMO EPISODIO SI AVVICINA ALLA FARSA”

Ottobre 14th, 2011 Riccardo Fucile

IL QUOTIDIANO DELLA CITY METTE IN PRIMA PAGINA UNA FOTO DEL PREMIER CON LA TESTA TRA LE MANI E RICORDA CHE QUELLO DI OGGI E’ L’ENNESIMO VOTO DI FIDUCIA….SPIEGEL: “IL PDL HA PERSO   FIDUCIA NEL CAVALIERE”

Il Financial Times va giù pesante.
In prima pagina campeggia una foto di Silvio Berlusconi con la testa tra le mani, con accanto Giulio Tremonti dopo il suo intervento alla Camera.
Il titolo è: “Mal di testa: Berlusconi affronta l’ennesimo voto di fiducia”.
Nella didascalia il quotidiano della City ricorda che “quello di oggi è il 51esimo voto di fiducia per l’attuale governo da quanto (il Cavaliere) è tornato al potere nel 2008”. Poi c’è l’analisi impietosa del corrispondente a Roma Guy Dinmore: “L’ultimo episodio della saga disperata di Berlusconi si avvicina alla farsa”.
Dinmore ripercorre le vicende politiche delle ultime due settimane fino al voto di fiducia di oggi, reso necessario dal ‘no’ dell’aula di Montecitorio al primo articolo del rendiconto dello Stato.
Una fiducia che, anche se il presidente del Consiglio dovesse spuntarla per pochi voti, come molti prevedono, “probabilmente confermerebbe che la sua capacità  di controllo durata 18 anni sulle disparate forze del centrodestra sta arrivando alla fine”.
“Il cosa o chi verrà  dopo – si legge ancora sul Financial Times – è la domanda che circola di più a Roma e fa paura ai mercati”, che “hanno punito la conseguente paralisi nelle decisioni aumentando gli interessi sul debito a livelli insostenibili nel lungo termine senza un aiuto sostanziale dell’Ue”.
“Non ci sono alternative” ha detto ieri Berlusconi davanti all’aula semi-deserta (l’opposizione è uscita durante il discorso, ndr), ripetendo uno slogan comune ai tempi di Margaret Thatcher, ricorda il Ft. “Questo almeno è ciò che il miliardario magnate dei media vorrebbe che gli italiani credessero – conclude Dinmore – Gli analisti prevedono elezioni anticipate di un anno, nella primavera del 2012, e i sondaggi non sono favorevoli a Berlusconi”.
Spiegel on line sottolinea le difficoltà  del Cavaliere: anche se oggi supererà  il 51esimo voto di fiducia dal 2008, i suoi più stretti alleati si discostano da lui e la crisi economica è peggiorata a tal punto, che “il Paese di Berlusconi non si può più permettere di non fare niente”.
Nonostante tutto questo, osserva il settimanale tedesco, il premier si è mostrato come al solito: “Fuori dalla Camera dei deputati ha ghignato davanti alle telecamere, ha gridato ai giornalisti di avere ovviamente la maggioranza”.
E dentro, nel suo intervento, ha ribadito che “non c’è alternativa credibile al suo governo”.
Ma questa volta è diverso: “Anche se riuscisse a ricevere la maggioranza, in questi giorni in Italia sta succedendo qualcosa che finora era inimmaginabile: il partito di Berlusconi si allontana dal suo eroe. Il partito di Berlusconi ha perso la fiducia in Berlusconi”, scrive Spiegel che poi ricorda la sconfitta del governo sul rendiconto dello Stato e rimarca che anche alcuni ministri sono arrivati troppo tardi per votare.

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I MORIBONDI DI PALAZZO CHIGI: 145 ANNI IN DUE

Ottobre 14th, 2011 Riccardo Fucile

BERLUSCONI PARLA 20 MINUTI RIUSCENDO A FAR APPISOLARE BOSSI 12 VOLTE…NELL’AULA VUOTA VA IN ONDA IL CAVALIER SBADIGLIO

E venne il giorno del “Cavalier sbadiglio”. Dodici appisolamenti del tuo miglior alleato, al tuo fianco, dodici crolli di attenzione: di fatto un epitaffio.
L’uomo-ovunque che cuciva i limoni sugli alberi a Pratica di mare, il leader coreografo che faceva il casting delle gambe sulla prima fila del congresso pidiellino a Roma, il capo che regalava lo spray per l’alito ai parlamentari affetti da fiatata sulfurea, è drammaticamente caduto sul suo primo postulato — l’immagine — marchiando a fuoco il proprio discorso con la rappresentazione plastica della sonnolenza.
Ti arrampichi sulla tribuna stampa di Montecitorio per assistere all’ultimo ruggito del Re Leone.
Pensi a tutti i precedenti, alle ovazioni, agli sfottò, alle invettive rivolte all’opposizione, alle trovate studiate a tavolino, come quel giorno che nel 1994 si
alzò platealmente per stringere la mano a Giorgio Napolitano. E va bene che glielo aveva suggerito Giuliano Ferrara, che in quei mesi sarebbe arrivato a girare con il gesso tra banchi del governo, ed era ministro dei Rapporti con il Parlamento.
Però nessuno poteva negarglielo: l’omaggio a Re Giorgio era una berlusconata che spiazzava.
Adesso le trovate non ci sono più, persino l’originario antiparlamentarismo sembra addomesticato, il dietrista inquadrato nella diretta televisiva è Umberto Bossi, e l’unica cosa che ci ricorderemo di questo discorso sono i dodici, terrificanti sbadigli a scena aperta del senatùr.
Dodici sbadigli in dodici minuti: una catastrofe.
Le agenzie discettano sulla definizione tecnica: “Sbadiglio. Atto involontario accessorio della respirazione caratterizzato da una abnorme apertura della bocca”.
Un tempo non era così: che dire di quella volta che i fotografi — nella seduta inaugurale — scoprirono, con un abile gioco di teleobiettivi, il bigliettino premuroso scritto per due deputate del Pdl?
Era il primo giorno della legislatura e il premier scriveva euforico: “Gabri, Nunzia, state molto bene insieme! Grazie per restare qui, ma non è necessario. Se avete qualche invito galante per colazione, Vi autorizzo (sottolineato) ad andarvene!”.
E nel retro: “Molti baci a tutte e due !!! Il ‘Vostro’ presidente”.
C’era persino un Berlusconi gaffeur, ma simpatico, come quella volta che aveva detto, sicuro: “Adesso do la parola al ministro Martino!”.
Dimenticandosi, però del fatto che la parola la dà  il presidente della Camera, ma non un membro del governo.
Un’altra volta Berlusconi si era lamentato con un cronista: “Cosa dovrei andare a riferire? Non mi faccia più certe domande!”.
Un’altra volta si era lamentato: “Non è piacevole passare una giornata in Parlamento a schiacciare bottoni”.
Disse una volta Oscar Luigi Scalfaro: “Berlusconi non sa cos’è il Parlamento!”.
Ma l’imperizia, la rottura del galateo, le papere regolamentari erano pur sempre energia, vita, rispetto al cloroformico dibattito di ieri.
Berlusconi diceva: “I parlamentari la tirano così a lungo con le leggi, perchè devono dimostrare ai figli e alla moglie che non vanno a Roma solo perchè lì hanno l’amante”.
Adesso, invece, scopriamo che l’aula può servire per addormentare gli amici.
Anche stavolta il consigliere è Giuliano Ferrara.
Faceva una certa impressione sentire Berlusconi dire “chiedo scusa per la bocciatura del Rendiconto”, fotocopiando, di fatto, l’editoriale de Il Foglio di ieri.
Un tempo avremmo versato fiumi di inchiostro, adesso non ce ne accorgiamo nemmeno, perchè non si riesce a staccare gli occhi dal leader della Lega, quando fra le 11:15 e le 11:20 tracolla, prova disperatamente a mettere la mano davanti alla bocca per mascherare lo smascellamento. Ma non ci riesce.
C’è chi sbadiglia di mattina, perchè ancora non ha preso conoscenza, chi di primo pomeriggio perchè si abbatte come una mannaia la fase post-prandiale, chi di sera, perchè crolla stremato per la stanchezza.
Nessuno, fino a oggi, aveva avuto il tracollo di metà  mattina. Ma questi sono il Bossi e il Berlusconi di oggi. Il lettore di un discorso precotto e l’uditore sofferente.
Poi, però, se ci pensi meglio, mentre la guardi dall’alto, quest’aula semivuota, con emiciclo in cui risuona l’eco, con Bobo Maroni che se ne va in gita goliardica sui banchi dipietristi, se la guardi dall’alto, la scena, improvvisamente ti pare di capire qualcosa di più.
In questi anni di crisi, il berlusconismo ha mascherato il suo svuotamento con la teologia del nemico, ha supplito al tradimento dei suoi sogni con il tonico della tirata apocalittica, il corpo a corpo, la sfida.
Ora, mentre l’aula vuota rende mezzo Parlamento desertificato, e la curva sud piediellina diventa inutile, è come se Berlusconi fosse costretto a combattere contro il suo fantasma, come se dovendo ascoltare se stesso perdesse le energie.
Umberto e Silvio, 145 anni in due.
Risorto dopo il suo tracollo, ieri Bossi sembrava tornato a ruggire: “Domani sera — diceva — il governo ci sarà !”.
Non c’è motivo di dubitarne.
A patto, però, che riesca a restare sveglio.

Luca Telese   blog.

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LA MAGGIORANZA FA I CONTI E POI DA’ I NUMERI: 315 VOTI SICURI, SI PUO’ ARRIVARE A 320

Ottobre 14th, 2011 Riccardo Fucile

I DUBBI E LA PAURA PER IL VOTO DI FIDUCIA DI OGGI … NEL WEEK-END TANTI TORNANO A CASA

Dopo il tonfo in Aula sul Rendiconto – con relativo contorno di repentine emicranie, improvvise distrazioni, necessità  fisiologiche e veri problemi di famiglia di svariata natura – andare al voto di fiducia di domani con il cuore leggero per la maggioranza non è facile.
Alle insofferenze degli scajoliani e all’affidabilità  relativa dei «responsabili», si aggiunge anche qualche dubbio sulla permanenza a Roma dei leghisti, deputati abituati a tornare «sul territorio» di giovedì pomeriggio o venerdì mattina.
Tanto che fino all’ultimo si è discusso se rinviare il voto a martedì.
Eppure i «contabili» della maggioranza ostentano sicurezza e fissano a quota 318-320 la soglia che può essere raggiunta agevolmente.
I più cauti, invece, fissano il tetto a 315.
Daniela Santanchè non pare granchè preoccupata e si dice sicura di un buon risultato. In linea Mariastella Gelmini: «Non ho dubbi che avremo la fiducia».
Poco più in là  c’è un capannello di «scajoliani».
L’ex ministro rassicura: «La fiducia non è mai stata messa in discussione».
Però ripete che serve una discontinuità  e si aspetta dal discorso del premier qualche segnale in tal senso.
Tutti gli scajoliani giurano fedeltà , «almeno per questo voto».
Ma gli sguardi restano sfuggenti e il termometro del malumore oscilla troppo velocemente per prevedere l’assenza di perturbazioni.
L’ultima fiducia a Montecitorio, il 28 settembre scorso, è stato in realtà  un voto di sfiducia individuale nei confronti di Saverio Romano.
In sua difesa la maggioranza racimolò 315 voti, contro i 294 dell’opposizione.
Ora il ministro Franco Frattini assicura che ci sarà  la maggioranza assoluta.
Non la pensavano come lui i dirigenti pdl alla Camera, visto che a un certo punto si è pensato di rinviare il tutto a martedì: troppo grosso il pericolo di assenze dei leghisti, di ritorno nei loro collegi per il fine settimana.
Nel pomeriggio, il contrordine di Marco Reguzzoni: «Si vota domani, anzi è già  tardi».
Non ci saranno Pietro Franzoso (per malattia) e Alfonso Papa (a Poggioreale), ma erano già  assenti all’ultima fiducia.
Mancherà  per la prima volta in una fiducia, invece, il voto di Santo Versace, che ha abbandonato il Pdl: «Sono preoccupati? Fanno bene. Se vanno giù, il Paese tirerà  un sospiro di sollievo, sarà  più sorridente».
Versace ha tirato una riga nera su Silvio Berlusconi: «Ha fatto il suo tempo. E poi non vedete come soffre? Smetta di fare il politico a tempo perso e si goda la vita 24 ore su 24. Intanto noi facciamo un governo di transizione con Mario Monti. Sto lavorando a un nuovo gruppo».
Giorgio Stracquadanio, che voterà  la fiducia, non sprizza ottimismo: «Credo che anche questa volta la fiducia ci sarà . Ma il prossimo incidente potrebbe essere extraparlamentare: a novembre Berlusconi potrebbe essere condannato nel processo Mills». Foschi presagi.
Che mettono di malumore Giacomo Chiappori, sindaco di Diano Marina e deputato leghista: «Non ho mai simpatizzato troppo per Berlusconi. Ma non è questo il momento di giocare ai bussolotti. C’è troppa imbecillità , c’è gente cieca che non vede la gravità  della crisi».
E Scajola? «Dovrebbe essere un po’ più serio. Non gli conviene fare la figura di chi vuole una poltroncina».
Pippo Gianni, dei «responsabili» («Ma ora ci chiamiamo Territorio e non mi ricordo cosa»), l’altro giorno non ha votato, causa emicrania: «Pressione alta. Sono medico e so cosa vuol dire. Stavolta prenderò una pillola. Se non volessi più questo governo, lo direi chiaramente, non mi nasconderei dietro la pressione».
Però qualcosa deve cambiare: «Tremonti dopo il taglio pensi al cucito».
Sicuro che gli altri «responsabili» voteranno la fiducia? «Tutti lo giurano, ma boh. In teoria non ci sono problemi, ma si sa che a volte la notte porta consiglio».

Alessandro Trocino
(da “Il Corriere della Sera“)

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