IL RISCHIO DI UNA FIDUCIA ZOPPA, INCONTRI FINO A NOTTE INOLTRATA: PERSINO UN ELICOTTERO PER FAR VOTARE ASCIERTO
TRA POCO ARRIVA L’ORA DELLA FIDUCIA, TIMORI DEL PREMIER PER LE POSSIBILI ASSENZE: OBIETTIVO 319 DEPUTATI….PEONES CORTEGGIATI COME LEADER, DA GAVA AD ANTONIONE E’ CACCIA ALL’UOMO
L’incubo imboscata è cresciuto di ora in ora a Palazzo Grazioli. “Un altro incidente e stavolta andiamo tutti a casa” ha avvertito il premier ricevendo uno dopo l’altro i big dello stato maggiore.
E allora, luci accese fino a tardi.
Trattative serrate con gli incerti, contattati uno per uno, peones corteggiati come leader, da Gava ad Antonione.
La fiducia non viene considerata a rischio, ai piani alti di via dell’Umiltà .
Fatti i conti e le ultime telefonate di “controllo”, in serata il pallottoliere dei coordinatori faceva lampeggiare quota 318-319.
Soglia che permetterebbe di sfangarla anche oggi, ma pericolosamente vicina alla soglia minima di 316 che attesta l’esistenza in vita di una maggioranza.
Quali conclusioni trarrebbe il Colle se le assenze facessero scendere il centrodestra sotto quel limite, se insomma si arrivasse ad una fiducia zoppa?
“Il problema non sono io, ce l’hanno tutti con Tremonti, sta lì il cuore del malcontento” confida il Cavaliere ai suoi nelle ore che precedono quest’altro giro di roulette russa.
Così, le assenze possibili, le defezioni pseudo-casuali tra pezzi noti e meno noti della fronda diventano la vera incognita che fa tremare Berlusconi.
E suggeriscono prudenza anche a un capogruppo navigato come Cicchitto.
Fiducia certa? “I voti ormai preferisco commentarli dopo averli incassati”.
Preoccupazioni non infondate, in effetti. Il gruppo dei 10-13 scajoliani voterà ufficialmente la fiducia.
Ma Giustina Destro, che i suoi colleghi sostengono fosse pronta assieme ad Antonione e Gava a votare contro il governo, potrebbe non presentarsi.
Per disinnescare anche una seconda “mina”, Berlusconi ha ricevuto di persona Fabio Gava in serata.
Poi lo stesso Scajola per il terzo faccia a faccia in tre giorni. L’ex ministro insiste: “Noi non pugnaliamo alle spalle ma serve una scossa. C’è bisogno di un governo con una maggioranza più vasta per uscire dalla crisi”.
La verità è che il premier si sta muovendo a tutto campo. Lui e il fidatissimo Denis Verdini.
Il coordinatore ha provato in tutti i modi a strappare il sì all’ormai ex Santo Versace. Lo ha fatto nel cortile di Montecitorio, davanti a tutti: “Pensaci bene. Uno come te, col tuo nome, la tua storia, i tuo contatti. Devi capire che anche noi siamo qui a sopportare, mica siamo felici… Tremonti andava cacciato due anni fa, mica ieri. Ci rompe tutti i giorni”.
Versace alla fine non molla (“La situazione è drammatica, voterò contro, è l’ora di cambiare”) lasciando Berlusconi assai “amareggiato”, racconteranno i suoi.
Ma la partita è frenetica e non hai conosciuto sosta nella notte.
Sotto pressione anche i tre “responsabili” che potrebbero optare per la strategia dell’assenza: Sardelli, Miro, Marmo.
Alla fine almeno un paio di loro potrebbero restare fuori dall’aula, a patto che qualche scajoliano faccia altrettanto.
Sarebbe l’ultimo messaggio cifrato al premier, tenerlo in vita ma costringerlo alla svolta.
“Gli scajoliani stanno come noi prima della rottura – racconta il capogruppo Fli Italo Bocchino in Transatlantico – Ci sono sei o sette che minacciano di mollarlo se non rompe con Berlusconi, altri sono invece più prudenti. Alla fine, tre o quattro molto probabilmente mancheranno”.
Il Cavaliere teme la legge del contrappasso, di morire di imboscata in questo 14 ottobre come di imboscata aveva trionfato il 14 dicembre.
Per tenere buoni i deputati campani, ha ordinato che nel decreto sviluppo venga inserito lo stop alle ruspe nella loro regione, a costo di scontrarsi ancora una volta con la Lega.
Un caso di abusivismo che tocca 67 mila prime case – e altrettante famiglie – e per il quale si sono spesi nelle ultime ore Nicola Cosentino e Amedeo Laboccetta.
Ma i fronti sono molteplici, la maggioranza tiene ma si sfilaccia.
Gianfranco Miccichè ha dovuto serrare le file dei suoi sette che in Transatlantico lamentavano la scarsa attenzione al Sud nell’intervento del premier minacciando anche loro di disertare l’aula: “Se cade bene, ma non possiamo essere noi a tradirlo”.
Poi ci sono quelli della brigata “ultima” fiducia. Da Francesco Pionati a Francesco Nucara, passando per Maurizio Grassano.
Ma domani è un altro giorno. Per il Cavaliere conta l’oggi.
E per l’oggi non si bada a spese.
Fuorigioco Pietro Franzoso (in ospedale), fuorigioco Alfonso Papa (in galera), sembra che alla fine un elicottero privato porterà l’infortunato Filippo Ascierto con gamba in trazione.
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply