Ottobre 17th, 2011 Riccardo Fucile
DOPO IL TRAGICO TEATRINO DEI GRAVI FATTI DI ROMA, ECCO PUNTUALE LA RICHIESTA DI LEGGI SPECIALI DA PARTE DEL GOVERNO… DI PIETRO RICORDA I “BEI TEMPI” DI QUANDO INTERROGAVA GLI IMPUTATI IN QUESTURA CON LA BOMBA A MANO SULLA SCRIVANIA E SI ASSOCIA A MARONI, UNO DEI POCHI ITALIANI CONDANNATI PER RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE E PERTANTO ADATTO A FARE IL MINISTRO DEGLI INTERNI
Ieri il teatrino della politica ha visto come protagonisti il peggior ministro degli Interni che abbia mai avuto l’Italia repubblicana (capace solo di attribuirsi i meriti di polizia, carabinieri e magistrati nella lotta alla mafia) e un ex questurino, oggi progressista, che non riesce a cancellare le sue origini quando, alla questura di Bergamo, era solito interrogare gli indiziati con una bomba a mano ben in evidenza sulla scrivania.
Questo impareggiabile duo comico, il primo uno dei pochi italiani condannati a sei mesi per resistenza a pubblico ufficiale, un passato in Democrazia proletaria, poi avvocato della Avon e quindi con le carte in regola per essere nominato ministro degli Interni, il secondo noto per i metodi spicci, per i piedaterre ricevuti gratis e per aver restituito milioni di lire avvolgendo le banconote in carta da giornale, si sono contesi una grande idea: quella di reintrodurre la famigerata Legge Reale in versione bis e aggiornata.
La legge Reale “uno” rappresenta uno dei momenti più controversi della storia della democrazia italiana.
Fu presentata nel 1975, nel pieno degli anni di piombo, da Oronzo Reale, ministro della Giustizia del governo Moro.
I 36 articoli di quel testo ampliavano a dismisura il potere delle forze dell’ordine, sia per quanto riguarda l’uso delle armi che per il fermo preventivo.
La legge affermava il diritto delle forze di polizia di utilizzare armi da fuoco, se strettamente necessario, anche in ordine pubblico.
La custodia preventiva poteva essere applicata anche in assenza di flagranza di reato, sempre che vi fosse il “fondato pericolo di fuga” di persone nei cui confronti vi fossero “sufficienti indizi di delitto concernenti le armi da guerra o tipo guerra”.
La legge Reale vietava inoltre l’uso di di caschi o altro per rendersi irriconoscibili durante le manifestazioni (l’unica cosa giiusta e pertanto mai applicata).
La normativa ha subito negli anni diverse modifiche e ha anche superato indenne un referendum abrogativo nel 1978.
Il cerchio si chiude: la pessima gestione dell’ordine pubblico durante la manifestazione degli indignados da parte del ministero degli Interni ha permesso che 500 persone rovinassero una manifestazione pericolosa per il potere politico-finanziario, tarpando le ali a ogni velleità degli indignados.
Ha consentito poi che i teppisti creassero panico tra i benpensanti che così possono tornare a votare Pdl e Lega perchè sempre meglio un puttaniere e un rincoglionito che i black bloch secondo il pensiero veicolato dai media amici.
Ha infine dato spazio a certa becerodestra per ergersi come garante della sicurezza dei cittadini, dopo che la stessa aveva posto in essere tutte le condizioni perchè la manifestazione degenerasse.
Per arrivare così tempestivamente a giustificare le leggi speciali il giorno dopo, gia belle pronte e quasi stampate.
Ma invocare leggi che non ci sono più nel nostro paese dimostra in realtà la debolezza dell’attuale governo.
Senza dimenticare che le leggi speciali sono sempre fallite, non hanno mai aumentato la sicurezza e spesso sono diventate strumenti per restringere le libertà di tutti.
E poi quale persona di buon senso darebbe un’arma del genere in mano a Maroni e a Berlusconi, col rischio di trovarsi in galera solo per aver manifestato dissenso nei confronti del governo?
La realtà è un’altra: i disordini sono stati favoriti da una pessima organizzazione delle misure di prevenzione da parte delle forze dell’ordine che a loro volta ne sono rimaste vittime.
Ma l’imput era venuto dal ministro degli Interni che non a caso, mentre Roma bruciava, se ne stava comodo a Varese.
Ben ha fatto il finiano Briguglio, ex membro del Copasir a porre la questione: “Dinanzi a un disegno eversivo che e’ stato organizzato e preparato da estremisti e black bloch, unico caso in Europa, la domanda e’ d’obbligo: ma che hanno fatto i nostri Servizi segreti, quelli alle dipendenze di Gianni Letta?. Dove era la nostra elefantiaca intelligence, quella che cucina per il Copasir rapporti periodici di dubbia utilita’? “.
La nostra tesi è talmente motivata che trova conferma persino tra i sindacati di area di destra (quella vera) della polizia.
I poliziotti del Sindacato indipendente Coisp oggi organizzano un sit-in di protesta davanti a Palazzo Madama, dove alle 16,30 è atteso il ministro dell’Interno Roberto Maroni per riferire sui fatti di Roma.
“Siamo stanchi di assistere alle passerelle e ai bavosi attestati di solidarietà da parte dei politici. Siamo stufi di ascoltare parole, parole e ancora parole. Non sono le parole a proteggerci dalle violenze dei teppisti, non portiamo con le parole il pane a casa, non sono le parole ad assicurare un futuro ai nostri figli”, afferma Franco Maccari, segretario generale del Coisp, che prosegue: “Cosa può dire Maroni al Senato, se non che i poliziotti sono stati bravi, che hanno dimostrato la solita grande professionalità , che hanno evitato che le violenze sfociassero in episodi ancora più drammatici? Lo sappiamo già , lo sanno tutti i cittadini italiani. Gli unici a ricordarlo soltanto all’indomani delle violenze di piazza sembrano essere i rappresentanti del governo, buoni a incassare meriti che non sono loro. Se l’ordine pubblico viene mantenuto nelle piazze, se vengono inferti colpi alla criminalità , lo si deve soltanto agli uomini ed alle donne delle forze dell’ordine, al loro impegno mai ripagato, alla loro abnegazione, alla loro insostituibile professionalità ”.
Durissime le accuse alla classe politica: “Fosse per la politica, il Paese sarebbe già nell’anarchia. La politica, infatti, quando interviene, lo fa solo per ostacolare il lavoro delle Forze dell’Ordine: tagliando le risorse in modo insostenibile, inventando leggi criminogene che vanificano anni di lavoro, adottando qualunque possibile strampalato provvedimento che possa contribuire alla disorganizzazione delle strutture e dell’attività operativa”.
Al ministro Maroni il sindacato chiede due cose: le risorse o le dimissioni.
Un appello viene rivolto anche ai senatori: “Se vogliono davvero dimostrare la loro solidarietà alle forze dell’ordine, lo facciano in maniera concreta: sfiducino Berlusconi e il suo governo che usa i poliziotti come carne da macello, mandandoli ogni giorno al massacro contro i criminali tradizionali e contro i nuovi delinquenti che la politica stessa contribuisce a creare, lasciando affondare il Paese nella crisi economica e negli scandali”..
Ora qualche imbecille becerodestro che ci ha accusati, per un nostro precedente articolo, di essere amici dei black boch solo perchè usiamo il cervello nelle nostre analisi, è servito: i poliziotti e l’opinione pubblica più informata ragionano sulla nostra lunghezza d’onda.
Altro che legge Reale bis che inasprisce il conflitto sociale, è il momento di puntare sulla prevenzione e sull’aumento delle risorse per la sicurezza.
Quanto al governo, un solo slogan potrebbe essere calzante: “fuori dai maroni”.
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Ottobre 17th, 2011 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO DI STATO A ROMA E NAPOLI, MA RIFIUTA INCONTRI CON ESPONENTI DEL NOSTRO GOVERNO
Un segretario di Stato americano in Italia (quasi) in incognito: missioni segrete a parte, eventuali e
improbabili, forse non era mai successo nella storia della Repubblica; e, magari, non succederà , perchè il clamore e il malessere suscitato dalle notizie filtrate da Washington nelle ultime ore lasciano ancora spazio a correzioni di rotta.
A quanto risulta, Hillary Rodham Clinton, ex first lady ai tempi di Bill alla Casa Bianca (1993-2000), ed ex candidata 2008 alla nomination democratica, attualmente segretario di Stato dell’Amministrazione Obama, verrà in Italia la prossima settimana, ma non farà tappa a Roma e non avrà incontri con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e neppure con il ministro degli esteri Franco Frattini.
La Clinton sarà a Napoli e passerà lì la notte di lunedì: magari, è curiosa di vedere la statuetta sua accanto a quella dell’hacker per antonomasia Julian Assange nel presepe di San Gregorio Armeno.
Il mattino dopo, incontrerà i militari in servizio alla base navale di Capodichino, un’installazione Usa e Nato.
Nel pomeriggio volerà a Tripoli, per la prima visita nella capitale libica ‘liberata’ dal regime di Muammar Gheddafi: Hillary ci arriva con comodo, dopo che lì sono già passati Nicolas Sarkozy e David Cameron, il ministro Frattini e vari altri leader europei ed arabi, confermando la relativa distanza della diplomazia statunitense dalla crisi libica.
A termine di protocollo, la Clinton non ha l’obbligo di incontri in Italia: la sua non è una visita al nostro Paese, ma a una base militare americana e alleata, sulla via di un Paese terzo.
Ma la prassi è ben diversa: quando un segretario di Stato americano è in Italia, un incontro, se non altro di cortesia, con il suo collega italiano c’è praticamente sempre; e spesso c’è pure un incontro, per quanto breve e informale, con il presidente del Consiglio.
Quello attuale, poi, ha sempre tenuto particolarmente a celebrare i riti dell’amicizia tra Italia e Stati Uniti.
Secondo Vanity Fair, la Farnesina s’è data per un po’ da fare perchè il ministro Frattini potesse almeno partecipare al saluto ai militari alla base Nato.
Ma, dopo un po’ di pestate nel mortaio a vuoto, gli sforzi cominciavano ad apparire fuori luogo.
Anche se il fatto che la notizia sia uscita può ora innescare una dinamica diversa. Nell’interpretazione diffusa fra i siti che riprendono la storia, la condotta della Clinton è indice di quanto l’America di Obama cerchi di tenere a distanza l’Italia di Berlusconi.
I segnali non mancano: da quando Barack “l’abbronzato” è presidente, Mr B. è stato invitato alla Casa Bianca solo nel 2009, perchè il premier italiano era presidente di turno del G8 ed era impossibile snobbarlo.
Così come era inevitabile la visita in Italia di Obama nel giugno sempre 2009, al vertice dei Grandi all’Aquila.
E quando il presidente americano ha voluto sapere che cosa stava succedendo in Europa e in Italia, ha invitato a prendere un tè a Washington il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, non certo il premier Berlusconi.
Qualche insofferenza pubblica per i comportamenti del Cavaliere, magari contenuta a livello di linguaggio del corpo, c’è pure stata: al vertice del G20 a Pittsburgh in Pennsylvania, nel 2009, Mr B. dimostrò un eccessivo entusiasmo per il “davanzale” di Michelle, la first lady, che gli si parò davanti in tutta la sua opulenza.
O quando, più di recente, all’ultimo G8 in terra francese, Mr B. quasi s’inginocchiò accanto a Obama, per raccontargli, in una sorta di imbarazzante confessionale, come la giustizia lo perseguiti.
Per non parlare dei cablo dei diplomatici americani di stanza a Roma resi pubblici da Wikileaks: documenti che trasmettono a Washington un’immagine da vaudeville, quando non da film hard, del premier e del Paese.
E il ministro degli esteri? È un “messenger”, un fattorino.
Certo, a livello di politiche e di governi, Stati Uniti e Italia non hanno aperti, in questo momento, particolari contenziosi: non ci sono frizioni sul fronte della sicurezza, con gli italiani impegnati in Afghanistan e in numerose missioni di pace e attivi nel conflitto in Libia, più di quanto non lo siano stati gli americani; e, sul fronte ell’economia, le preoccupazioni sono comuni.
Eppure i segnali di mancanza d’attenzione, e persino di garbo, verso le autorità italiane sono talora palesi, quasi ostentati.
Il 20 settembre, dalla tribuna dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Obama ha ringraziato, citandoli uno a uno, molti dei Paesi che hanno partecipato alle operazioni in Libia, persino la Danimarca che, a ben vedere, non ha fatto molto, ma non incluse nella lista l’Italia che ha fornito aerei, navi e basi agli alleati.
E, ora, la Clinton “fantasma”: forse Hillary pensava di non farsi notare, di passare in punta di piedi. Ma, così, la sua visita rischia di fare più rumore che mai.
Giampiero Gramaglia
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Ottobre 17th, 2011 Riccardo Fucile
A REGGIO CALABRIA LA PANLEUCOPENIA STA UCCIDENDO I GATTI OSPITI DELLA CAT HOUSE, NATA UN ANNO FA PER INIZIATIVA DI POCHE VOLONTARIE… SONO GIA’ DECINE I GATTI RICOVERATI, LA TERAPIA COSTA 25 EURO AL GIORNO
A Reggio Calabria è piena emergenza felina.
Una terribile epidemia, la panleucopenia, sta uccidendo tutti i gatti ospiti della cat house, nata a Reggio Calabria meno di un anno fa grazie all’ammirevole iniziativa di poche volontarie che si sostengono con le donazioni che arrivano da tutta Italia. Questa estate sono stati abbandonati davanti alla cat house decine di micini. Affrontare l’emergenza senza l’aiuto delle istituzioni è diventato impossibile.
Grazie a chi ha cuore e amore verso queste creature, si è potuto procedere al ricovero di circa 45 gattini in alcune cliniche veterinarie della Sicilia, mentre a Reggio Calabria sono in sedici i gatti ricoverati che lottano per la vita.
Le terapie di ogni micino costano 25 euro al giorno.
Si è scatenata una vera corsa di solidarietà su Facebook, sulle varie pagine create per dare aiuto tra cui “Aiuto x la Cat House di Daniela Gironda e i suoi 100 gatti a rischio morte”.
Si tratta di un’Associazione di volontari che accoglie i gatti abbandonati per strada, li cura e li mette al sicuro, si prodiga per l’affidamento presso le famiglie che ne fanno richiesta.
Il tutto in forma assolutamente gratuita e senza alcuna sovvenzione da parte degli Enti pubblici.
Un’opera assolutamente encomiabile, resa possibile solo grazie alla grande passione messa in campo dai volontari e dalla loro enorme forza d’animo.
Negli ultimi mesi sono centinaia i gatti salvati.
Numeri enormi per un’Associazione cosi piccola che si appoggia solamente sul lavoro volontario quotidiano di due ragazze, Daniela e Sabrina, e sul supporto dei tanti attivisti che da ogni parte d’Italia inviano sostegni economici e morali.
Un’opera encomiabile dunque, messa in pericolo negli ultimi giorni da una grave epidemia di gastroenterite che ha messo in ginocchio praticamente tutti i gatti della Cat House e che rischia di decimarli in pochissimo tempo.
A questo punto il lavoro dei volontari, seppur fondamentale, non basta più.
“Servono medicine, trasportini, cibo, coperte e anche un aiuto fisico” è quanto si legge sulla pagina facebook dell’Associazione Il GattoNero Onlus.
L’emergenza può essere sconfitta solamente con l’aiuto di tutti.
Diamo una mano all’Italia migliore, quella del volontariato sociale.
Per contributi e donazioni
1) conto PAYPAL: danielagironda@gmail.com (e-mail)
2) BONIFICO Bancario: IBAN: IT26X0335901600100000015904
Intestato all’Associazione “Il Gattonero ONLUS” Banca Prossima
3) Conto BANCOPOSTA: Intestato a: Daniela Paola Gironda
IBAN: It67h0760116300000068740737
4) CARTA ricaricabile POSTEPAY n. 4023600599611151 intestata a Daniela Gironda; CODICE FISCALE di Daniela: GRNDLP74M52H224Q
5)CARTA ricaricabile POSTEPAY n. 402360046871902 intestata a BRUNO ANGELA. Codice fiscale: brnngl84s51h224j
(dando ANCHE il codice fiscale, pure chi NON ha una propria POSTEPAY PUO’ DONARE DA una qualsiasi RICEVITORIA SISAL o dalle POSTE).
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Ottobre 17th, 2011 Riccardo Fucile
CON MARONI SIAMO ARRIVATI ALLA “COLLETTA TRA I CITTADINI PER LA BENZINA” … “RISCHIAMO DI NON POTER PIU’ GARANTIRE LA SICUREZZA DOPO I TAGLI DI 60 MILIONI SUL BILANCIO DEDICATO ALL’ORDINE PUBBLICO E ALLE MISSIONI”
“I veri indignati siamo noi poliziotti. Indignati contro i delinquenti che hanno trasformato
una protesta pacifica nell’ennesima mattanza contro le forze dell’ordine, contro i cittadini e contro una città che tutto il mondo ci invidia come Roma. Indignati anche contro il governo che, appena due giorni fa, col Ddl stabilità , ha tagliato altri 60 milioni di euro alla sicurezza, proprio sui capitoli di bilancio dedicati all’ordine pubblico e alle missioni”.
E’ quanto afferma Nicola Tanzi, segretario generale del Sap, il sindacato autonomo di polizia.
“Oggi contiamo i feriti – dice Tanzi – e siamo stufi di dover stilare ogni volta questo triste bilancio. Si rafforzano, pertanto, le ragioni della nostra annunciata mobilitazione nazionale.Il 18 ottobre, saremo noi ad essere pacificamente in piazza in tutte le città italiane per una iniziativa senza precedenti: chiederemo un contributo ai cittadini per acquistare carburante per i nostri automezzi. Siamo costretti a farlo perchè da qui a qualche tempo rischiamo di non essere più in grado di garantire la sicurezza dei cittadini. Al governo, al di là di tante belle parole di solidarietà , chiediamo fatti. Fatti concreti”.
“Quel che è accaduto ieri a Roma non è una novità , ma vorremmo che questa volta servisse a far sì che in futuro non si verifichino ancora situazioni di tale leggerezza e azzardo”. Lo dice in una nota Franco Maccari, segretario generale del Coisp, il Sindacato indipendente di Polizia, all’indomani della manifestazione della guerriglia urbana a Roma.
“Questa è ormai storia quotidiana”, ha aggiunto Maccari, “colleghi feriti e sfiniti, dotazioni di servizio distrutte e non rimpiazzate, e in cambio? Semplice quanto incredibile: tagli, tagli, tagli. Uomini e donne in divisa costretti a turni e servizi che a momenti non riescono più a coprire, e in risposta solo tagli, tagli tagli”.
“Il nostro primo pensiero va a loro – continua – colleghi mandati per la strada in condizioni che tutti hanno potuto vedere, a svolgere servizi cui non si possono certamente opporre o sottrarre, a rischiare la vita per quei quattro soldi che il governo getta loro a fine mese come briciole”.
Un governo, insiste il segretario generale del sindacato, “che risponde a tutto questo con un’infamità dietro l’altra e che da soli pochi giorni ormai ha partorito l’ennesima indecente trovata con una bozza del Ddl stabilità che prevede nel biennio 2012-2013 una sforbiciata di 60 milioni di euro per le missioni di ordine pubblico e sicurezza del ministero dell’Interno”.
Per Maccari “è necessario far rendere conto a tutti che da subito avremo difficoltà oggettive a fronteggiare l’ordine pubblico, per la mancanza anche degli scudi dei reparti mobili che sono stati distrutti ieri, e che non è possibile cambiare per ovvi motivi di portafoglio, o più semplicemente per la mancanza della benzina nei mezzi. Non si può poi ignorare che nessuno, nessuno al mondo, continuerebbe imperterrito a restare fedele al proprio incarico pur svolgendo il lavoro gratis, come fanno colleghi e funzionari che devono restare in servizio senza un’ora di straordinario pagata fino a fine anno, come da recente disposizione ministeriale”.
E incalza: “Bisogna che tutti sappiano che con il taglio delle missioni ci viene imposto di andare dove ci mandano ma senza che ci siano i soldi necessari e quindi obbligandoci pure ad anticipare le spese”.
Italia “Paese dei balocchi! Il Governo reclamizza la svendita dei poliziotti: vanno a farsi massacrare gratis e si pagano pure le spese! Ecco il nuovo slogan della cricca. Ci chiediamo per quanto sarà possibile andare avanti così” , conclude.
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Ottobre 17th, 2011 Riccardo Fucile
SI INTERROMPE LA RICERCA DELL’ESPONENTE DI PUNTA DEL CLAN DEI CASALESI CON UN PESANTE ALLARME ANTICAMORRA…ESAURITI ANCHE I FONDI PER GLI STRAORDINARI DEGL AMMINISTRATIVI
La caccia al superlatitante del clan dei Casalesi Michele Zagaria si interrompe ogni pomeriggio alle 18.
Da quel momento i pm dell’anticamorra restano a piedi.
Senza autisti, nè macchine blindate e senza scorta.
Gli uffici invece chiudono tre ore prima, alle 15, quando il personale amministrativo termina l’orario e si allontana.
“Si sono esauriti i fondi per pagare lo straordinario e adesso è tutto bloccato”, spiega il procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho, che coordina il pool impegnato nelle indagini sulle cosche della provincia di Caserta.
I tagli alle risorse stanno mettendo in ginocchio la Procura.
Ma da Ravello, dove ha preso parte a un convegno, il ministro della Giustizia Nitto Palma minimizza l’allarme sui tagli: “Il problema degli straordinari non esiste solo per Napoli ma anche per altre regioni d’Italia e altri uffici importanti, penso a Reggio Calabria. Non mi pare che altrove vi sia stata un’analoga protesta”.
Al ministro replica indirettamente il procuratore aggiunto Cafiero de Raho. “Per rendersi conto della condizione di pericolo di molti magistrati napoletani non è necessario aspettare l’attuazione di eventi tragici. La situazione è molto grave – avverte – ai magistrati della Dda di Napoli accade ogni giorno di subire minacce o assistere a manifestazioni di forte astio se non addirittura a propositi di vendetta. Ecco perchè auto blindate e tutela servono sempre. Per pagare gli straordinari agli autisti basterebbero 20 mila euro. Invece si obbligano magistrati esposti a muoversi senza protezione dopo le sei del pomeriggio e dunque a fare rientro anticipatamente a casa. Così non solo la ricerca di un latitante del calibro di Zagaria ma l’intera azione di contrasto alla criminalità viene fortemente penalizzata”.
Nella stessa situazione si trovano gli altri due pool in cui è suddivisa l’anticamorra, quello che indaga sui clan napoletani, coordinato dal procuratore aggiunto Alessandro Pennasilico, e quello competente per la fascia costiera diretto dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo.
Lo stop allo straordinario del personale amministrativo riguarda invece tutta Procura. Per garantire l’apertura dell’ufficio intercettazioni anche la mattina del sabato si è reso necessario il distacco di personale da un’altra sezione.
“Purtroppo sembra che nessuno sia interessato al problema – dice Cafiero de Raho – registro una pericolosa sottovalutazione di quanto sta accadendo. Anche il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica si è limitato a rinviare la questione al ministro. Ritengo che sia obbligo di tutte le istutizioni intervenire, cooperando fra loro, per scongiurare eventi pericolosi”.
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Ottobre 17th, 2011 Riccardo Fucile
AUTUNNO 2009: “RIVOLUZIONE CON MILIONI IN PIAZZA, DIAMO L’ASSEDIO A REPUBBLICA”…IL PREMIER PARLA CON IL FACCENDIERE DI LODO ALFANO, RACCOMANDAZIONI ALLA GUARDIA DI FINANZA E SOLDI AI GIORNALI
“Portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di giustizia di Milano,
assediamo Repubblica: cose di questo genere, non c’è un’alternativa…”.
Parola di Silvio Berlusconi nell’ottobre 2009.
Sì, proprio lui. Si sfoga al telefono con Valter Lavitola, il giornalista-faccendiere incredibilmente di casa a palazzo Grazioli.
Questa è solo una delle migliaia di telefonate raccolte negli atti dell’inchiesta di Pescara sui fondi dell’Avanti.
Sta in un cd depositato al processo. Intercettazioni ormai pubbliche quindi. Sorprendenti. Confermano il rapporto strettissimo tra il premier e Lavitola. Che, come dice lui stesso, lo accompagna abitualmente in aeroporto.
In questa stretta relazione il Cavaliere rivela i suoi odi e le sue ossessioni: “La situazione oggi in Italia è la seguente: la gente non conta un cazzo… Il Parlamento non conta un cazzo… Siamo nelle mani dei giudici di sinistra, sia nel penale che nel civile, che si appoggiano a Repubblica e a tutti i giornali di sinistra, e alla stampa estera”. Qual è, allora, la ricetta risolutiva del premier? “Facciamo la rivoluzione, ma la rivoluzione vera”.
Colloqui continui tra Lavitola e il premier, l’affannosa ricerca di non farsi intercettare, di beffare “il maresciallo” che ascolta.
La segretaria Marinella, pressata da Lavitola, gli dice “lasciami vivere” e “togli il fiato”.
Ma lui dà ordini su chi e come deve entrare dal Dottore.
Parla con tutti i palazzi del potere, tutti gli rispondono, spesso con insofferenza e con fastidio, ma è evidente dai colloqui registrati che nessuno gli può dire di no.
Sembra un plenipotenziario occulto, la cui frase preferita è: “Ne ho parlato con il capo”.
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 17th, 2011 Riccardo Fucile
NEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DI FINCANTIERI LA LEGA, DOPO IL “LAUREATO” BELSITO, NOMINA PER DISCENDENZA DIVINA ALESSANDRO AGOSTINO, CONDANNATO IN APPELLO A QUATTRO ANNI, FIGLIO DEL SINDACO DI CHIAVARI (CONDANNATO A SEI ANNI)
Gli operai dei cantieri di Sestri Ponente hanno di nuovo manifestato a Genova.
Dopo l’incontro con il Governo ancora nessuna garanzia, nessuna commessa.
Insomma, sono a rischio 800 posti di lavoro, più di duemila se si contano i dipendenti delle ditte esterne.
Ma proprio lo stesso giorno da fonti interne a Fincantieri arriva la notizia di una nuova “assunzione”: il 22 settembre Fintecna (cioè il ministero dell’Economia di Giulio Tremonti, amico della Lega) ha deliberato la nomina del nuovo collegio sindacale e di un nuovo membro del consiglio di amministrazione di Fincantieri, una poltrona ambitissima.
Per la retribuzione, ma non solo.
L’incarico dovrebbe diventare effettivo il 22 ottobre.
La nomina tecnicamente deve essere ratificata, ma pare certo che il posto andrà all’architetto Alessandro Agostino, classe 1967.
Ai piani alti di Fincantieri subito è corsa una domanda: “Ma chi è? Avrà le competenze per occuparsi di un’industria che sta vivendo un momento drammatico ed è sull’orlo del disastro?”, si chiede un dirigente dei cantieri.
La risposta ai dubbi è presto data: si tratta di un architetto di Chiavari, figlio del sindaco della cittadina della Riviera ligure.
Da una visura camerale Alessandro Agostino non pare avere competenze specifiche.
È un architetto che si è occupato prevalentemente di società immobiliari.
Ma il curriculum di Agostino è anche un altro.
Come ricordano le cronache giudiziarie liguri, l’architetto nel febbraio scorso è stato condannato in appello per tentata concussione a 4 anni, nonchè all’interdizione perpetua dai pubblici uffici nel caso Previ.
Uno scandalo che ruota proprio intorno a un ex cantiere navale, e forse per questo è stato ritenuto che avesse una competenza nel settore e fosse la persona più adatta a occuparsi di Fincantieri.
Nello stesso processo era stato condannato anche suo padre, Vittorio, sindaco di Chiavari.
La Corte d’Appello ha inflitto al primo cittadino una pena di 6 anni.
Ed ecco un paradosso: certo, la condanna non è definitiva, ma un comune di decine di migliaia di abitanti, una vera e propria città , è guidato da un sindaco che in Appello è stato condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
In una Liguria ormai abituata a tutto, però, nemmeno questo fa più notizia.
Anzi, la Lega ha deciso di puntare tutto sulla famiglia Agostino, con il giovane Alessandro che ricopre la carica di segretario cittadino del partito di Umberto Bossi.
A Chiavari la Lega ha una testa di ponte importantissima.
Da qui veniva Maurizio Balocchi, uomo chiave del Carroccio, tesoriere degli anni d’oro, nonchè anima delle sfortunate imprese finanziarie degli uomini di Bossi: prima la banca Credieuronord, che senza l’aiuto di Gianpiero Fiorani (il furbetto del quartierino) stava finendo a gambe all’aria.
Poi il Bingo del Carroccio, che non ebbe certo fortuna.
Ma è soltanto l’inizio: alla morte di Balocchi, il suo posto è stato preso da Francesco Belsito. La sua è stata una carriera folgorante: Belsito ha iniziato come buttafuori delle discoteche di Genova, poi nel 2006 è diventato autista e collaboratore tuttofare di Alfredo Biondi.
Quindi il grande salto: Belsito diventa il custode dei segreti finanziari del Carroccio e in particolare della famiglia Bossi che lo vuole come amministratore dell’Editoriale Nord.
Così Belsito vola a Roma: prima viene scelto per la poltrona di vice-presidente di Fincantieri. Poi addirittura come sottosegretario alla Semplificazione Normativa.
A ogni passo, però, seguono polemiche.
Qualcuno, andando a vedere il curriculum ufficiale del membro del Governo, nota una frase: “Laureato in scienze politiche”.
E scoppia il caso: nei documenti depositati al cda della Filse (la finanziaria della Regione Liguria, altra poltrona su cui ha seduto) Belsito aveva dichiarato di essere laureato in scienze della Comunicazione.
Ma Belsito è davvero laureato oppure no, come sostengono i suoi critici?
Alla richiesta del cronista del Fatto di mostrare il titolo di studio, il neo-Sottosegretario rispose: “Ho due lauree”. Ma dove le ha prese? A Malta e a Londra.
Come scrisse Il Secolo XIX, alla segreteria dell’ateneo di Genova, dove dovrebbero essere passate le pratiche per il riconoscimento delle lauree all’estero, la carriera universitaria di Belsito risultò “annullata”.
Non basta: è di pochi mesi fa la protesta degli agenti della questura di Genova che notarono una Porsche Cayenne nera fiammante che occupava i posti riservati alle auto di servizio della Polizia.
Ci volle poco per scoprire che l’auto era quella in uso all’onorevole Belsito.
Anche se intestata a una società di noleggio di Roma.
Intanto Belsito sedeva indisturbato sulla poltrona di Fincantieri.
Con un paradosso: eccolo in prima fila alle manifestazioni degli operai dei cantieri di Genova che protestavano contro le scelte del consiglio di amministrazione della società .
In pratica Belsito manifestava contro se stesso.
Finchè, visto che era anche sottosegretario, ha deciso di lasciare la poltrona di Fincantieri.
A un suo fedelissimo.
Proprio Alessandro Agostino, il suo collaboratore.
Partito di lotta e di poltrone.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 17th, 2011 Riccardo Fucile
LA BELLA VITA DEI CONSIGLIERI: SI TRATTANO MEGLIO DEI PARLAMENTARI E SENZA IL DISTURBO DI ANDARE A ROMA… ECCO TUTTE LE CIFRE DEI PRIVILEGI
In Romagna il servizio ferroviario è eccellente rispetto alla media nazionale. Collegamenti
frequenti, treni puntuali, vagoni puliti.
Per i consiglieri regionali però è meglio viaggiare in auto.
L’ente guidato da Vasco Errani, in prima fila nella battaglia contro i tagli del governo, prevede infatti formule di rimborso benzina che nessuna ditta privata si sognerebbe di offrire ai suoi dipendenti.
Ottantuno euro ogni cento chilometri effettuati: un indennizzo che le tabelle Aci contemplano per fuoriserie come la Jaguar XK 5.0 o la Porsche Carrera coupè 345 cv.
Anche se ci si muove con una Fiat Punto.
Soprattutto, senza bisogno di presentare ricevute. A inizio mandato basta indicare la distanza tra il Consiglio e la propria abitazione e il gioco è fatto.
I soldi arrivano automaticamente a fine mese, oltre 3 mila euro per quanti risiedono più lontano da Bologna.
Denaro che gli eletti intascano anche se al posto dell’auto usano il treno.
I conti sono presto fatti: da Piacenza il rimborso di un viaggio in auto è di 278 euro, mentre il biglietto del Frecciabianca costa solo 57 euro.
Con oltre 200 di guadagno effettivo.
E’ la casta local.
Non alberga nel cuore di Roma. Non invade tv e talk show.
Ma rinchiusa nei palazzi delle Regioni, sparsa in tutta Italia, zitta zitta spende e spande come gli onorevoli colleghi della capitale.
E anche dove statistiche e bilanci raccontano una gestione virtuosa, come appunto in Emilia Romagna, a fare bene i conti gli sprechi sono tanti. E a volte pure dolosi.
A inizio 2011, la ventata moralizzatrice sui costi della politica è soffiata proprio su Bologna e sui suoi rimborsi auto.
Con un gioco di prestigio: da una parte le presenze mensili dei consiglieri sono state ridotte da 16 a 12, dall’altra l’indennità di trasferta è salita da 61 a 81 centesimi al chilometro.
Una farsa che, dati alla mano, ha fatto risparmiare 1.800 euro a fronte di oltre 70 mila di spesa al mese. Quasi 900 mila l’anno.
Ecco che gli stessi enti locali che accusano il governo di tagliare tutto e tutti, lamentano l’iniquità della manovra e dicono che Tremonti metterà a rischio servizi essenziali come sanità , istruzione e trasporti, potrebbero risparmiare un sacco di soldi tagliando benefit e privilegi.
Da Nord a Sud cambia poco.
La benzina aumenta? Nessun problema.
In Basilicata, Lombardia, Molise, Umbria e Val d’Aosta, come nel Lazio, il rimborso è legato al prezzo del carburante.
Una quota che oscilla fra il 20 e il 33 per cento e che funziona, in pratica, come una scala mobile petrolifera.
Nel Lazio basta risiedere a 15 chilometri dal consiglio regionale per averne diritto: una distanza studiata per permettere a tutti di usufruirne, romani de’ Roma compresi.
E fra questi c’è pure chi (una decina) ha dichiarato di non possedere un’automobile. Si può dire che è Roma ladrona, poi però si scopre che in Val d’Aosta, col pretesto della “piccola regione”, i chilometri sufficienti ad ottenere l’indennizzo scendono a cinque.
Poco più di una passeggiata.
In Calabria, dove nel 1970 la scelta del capoluogo a Reggio portò a scontri, con morti e feriti, non solo hanno sdoppiato tutti gli organi ufficiali, ma a ruota anche i rimborsi. Previsti sia per i viaggi nella sede dei gruppi consiliari a Catanzaro, che in quella dell’assemblea a Reggio.
La Sicilia di Raffaele Lombardo non bada a spese: trasporti marittimi, ferroviari, autostradali e aerei sono gratis. In alternativa sono previsti 1.100 euro al mese per chi abita entro 100 km da Palermo e 1.300 per chi sta più lontano.
Chi vive nel capoluogo, magari di fronte al Consiglio, si deve accontentare, si fa per dire, di 6.400 euro l’anno.
Ma non di soli viaggi a sbafo vive il politico locale. Nella busta paga regionale c’è un florilegio di indennità , che a volte denotano una certa fantasia.
Prendi la Puglia, dove la Regione rimborsa “il rapporto con gli elettori”, o la Calabria dove s’è introdotto un forfait di 2.809 euro per le “missioni nel territorio”.
Il bello è che vengono versati anche se le missioni non si fanno, e pure se per raggiungere il comizio o la piazza da inaugurare l’onorevolino usa l’auto blu.
Non è un vizio di giù, sia chiaro, se in Molise il forfait missioni scende a 1.712 euro, nella ricca Lombardia di Roberto Formigoni sale a 3.525 euro.
L’Emilia Romagna, poi, fa un altro ragionamento: siccome chi viene eletto è lì per fare politica, aspetta che rimborsiamo con 2.277 euro al mese “l’attività politica”.
Senza scordarsi mai dell’amato portaborse.
A Potenza, Cagliari e Palermo hanno provveduto con un bonus che oscilla fra 2.561 e 4.678 euro, fra spese di segreteria e rappresentanza.
Da Cagliari risponde la Sardegna, che ci tiene alla preparazione dei suoi amministratori, e assegna 780 euro per spese di documentazione e aggiornamento.
Per non far loro perdere tempo con gli acquisti, lo scorso autunno in Campania avevano pensato di risolvere il problema a monte: una delibera prevedeva la dotazione di pc portatili, I-pad o notebook per tutti. E poi via con i clic.
Questo per i peones, perchè per presidenti di commissione e capigruppo c’erano perfino frigobar, scrittoi e divani in pelle, anche se le polemiche hanno costretto al ritiro del provvedimento.
A Trieste, dove ci si preoccupa di un’alimentazione sana, panini e spuntini veloci sono banditi: per il vitto la Regione Friuli Venezia Giulia assegna ai 60 consiglieri un contributo forfettario di 735 euro al mese.
Anche la Sicilia ci tiene alla linea, ma a prezzo politico, tanto che fino ad agosto ha permesso a deputati ed ex di consumare alla buvette un pasto completo alla modica cifra di 9 euro (pagato da Palazzo dei Normanni).
E ancora: 346 euro per le spese telefoniche, 10 per cento di sconto per comprare l’auto e mutui agevolati al 2 per cento per l’acquisto della prima casa (col resto degli interessi a carico della collettività ).
Per la settantina di ex onorevoli che non hanno maturato il vitalizio fino ad agosto c’era un bonus da 6.400 euro l’anno per l’aggiornamento politico-culturale, poi i tagli hanno costretto alla retromarcia.
Sull’Isola un pensiero andava perfino all’Aldilà : 5 mila euro se morivi, così, per pagare i funerali dei consiglieri deceduti.
Poco per il cattolicissimo Veneto, che andava perfino oltre, con un contributo di 7.500 euro”.
“Seguito decisioni conferenza presidenti comunicasi seduta ordinaria est convocata…”. Samuel Morse sarebbe contento di sapere che a un secolo e mezzo dalla sua invenzione il telegrafo ha ancora degli estimatori.
Nell’era delle e-mail e degli smartphone, il Consiglio regionale del Lazio fino allo scorso luglio comunicava le riunioni d’aula con un telegramma.
Poi l’ufficio di presidenza, anche a seguito di varie denunce dei Radicali, ha deciso di colmare il digital divide passando alle comunicazioni ufficiali con la Pec.
Ma la Pisana pare avere un debole per la cellulosa.
Secondo i calcoli di Sinistra e libertà durante la discussione sul piano casa in una sola seduta sono state distribuite oltre 2 tonnellate di carta non riciclata fra rassegne stampa, emendamenti e subemendamenti. Costo: 4.670 euro.
Eppure per eliminare questa spesa sarebbe bastato un semplice clic, dal momento che tutto il materiale è a disposizione sul sito del Consiglio.
Al Sud è lo scintillio della carta patinata a renderla preferibile ai supporti elettronici. Ogni due settimane la Fondazione Federico II, emanazione del parlamentino siciliano, manda in stampa 4 mila copie della rivista “Cronache parlamentari” (200 mila euro lo stanziamento in bilancio). Il quindicinale è gratuito e può essere scaricato in pdf, tuttavia viene stampato in un elegante formato cartaceo per essere inviato a tutti: consiglieri, assessori e un bell’elenco di enti istituzionali.
In questo vortice di spese non si può dire che non ci sia vita nei Consigli regionali. Attualmente risultano attivi ben 53 organismi unicellulari: i monogruppi.
Il record spetta al Lazio e alle Marche, con otto gruppi da un solo consigliere ciascuno. Diventare capogruppo di se stessi, infatti, fa lievitare la busta paga. E i gettoni.
Non dev’essere sfuggito al governatore marchigiano Gian Mario Spacca, che ha fondato un gruppo col suo nome che gli permette di sommare le cariche di consigliere, capogruppo e presidente.
Nemmeno l’ex governatore Mercedes Bresso, in Piemonte, ha resistito alla tentazione e ha fatto altrettanto.
Peccato che in aula esistesse già Insieme per Bresso, la lista civica che l’aveva sostenuta: “L’ho fatto per tutelare tre persone che hanno lavorato con me nei cinque anni precedenti”, ha motivato lei.
Un senso protettivo che costa ai piemontesi circa 150 mila euro l’anno.
A Roma, poi, in 18 mesi sono nati cinque monogruppi: Mpa, Fli, Responsabili, Api e perfino un improbabile gruppo Misto composto da un solo consigliere. Complessivamente fanno più di 2 milioni di spesa annua.
Ma all’assemblea laziale piace accumulare record. Nessun altro parlamentino, per dirne una, conta così tante commissioni: ben 20 per 71 consiglieri.
Quando Camera e Senato, per farsi un’idea, ne contano 15 ciascuno.
In Campania l’eco delle proteste contro i costi della politica sembra non essere arrivato. Il 3 agosto, in pieno clima vacanziero, l’aula ha approvato in prima lettura una modifica allo statuto che consente di allargare la giunta da 12 a 14 assessori.
Nella canicola estiva era balenata perfino l’ipotesi di istituire due sottosegretari. Secondo la giunta l’ampliamento sarà a costo zero ma l’Idv calcola una spesa aggiuntiva di un milione tra stipendi, costi del personale di segreteria e autisti.
Quanto al Molise, con le imminenti elezioni regionali finirà in soffitta un pezzo di storia politica. In Consiglio, eletto nel 2006 prima della nascita di Pd e Pdl, ci sono ancora i Ds, la Margherita, An e Forza Italia.
I gruppi, per non perdere finanziamenti e dipendenti, si sono guardati bene dal fondersi. Fra contributi mensili, staff e capigruppo, fermare le lancette dell’orologio ha comportato un aggravio di spesa quantificabile in almeno un milione di euro.
Del resto anche il gusto vintage ha il suo costo.
Paolo Fantauzzi e Andrea Managò
(da “L’Espresso“)
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Ottobre 17th, 2011 Riccardo Fucile
AMICIZIA E AFFARI DEI NUOVI “MIRACOLATI” DAL PREMIER…AUMENTANO LE TENSIONI NEL PARTITO TRA CHI ERA IN LISTA DI ATTESA E NON E’ STATO ACCONTENTATO
Il settantaseienne Aurelio Misiti era stato nominato sottosegretario alle Infrastrutture nel maggio scorso, quando Silvio Berlusconi saldò la prima tranche del conto pagato ai Responsabili salva-governo il 14 dicembre 2010.
Misiti però ci rimase molto male.
Voleva un poltrona di seconda fila, da viceministro, non di terza.
Comunista, poi al centro e a destra nella Seconda Repubblica, poi ancora dipietrista e autonomista del movimento di Lombardo, infine repubblicano-azionista, Misiti in cinque mesi non sarebbe mai andato al ministero.
Per ripicca.
Del resto, l’anziano parlamentare è un calabrese aspro, abituato a ben altre battaglie. Professore di ingegneria, Misiti fu perito nell’inchiesta su Ustica e sostenne la tesi della bomba esplosa a bordo dell’aereo DC9, recentemente rilanciata da Giovanardi.
A chi, in questi cinque mesi, gli ha chiesto conto della sua “latitanza” al ministero, Misiti ha sempre risposto: “Comincerò a lavorare quando il premier mi farà viceministro. Questo è il patto che ho fatto con Berlusconi e lui deve mantenerlo”.
Il Cavaliere, alla fine, lo ha mantenuto, per non perdere altri pezzi della sua maggioranza.
Da venerdì, Misiti è viceministro e funzionari e dipendenti del dicastero delle Infrastrutture, la prossima settimana, finalmente lo vedranno per la prima volta al lavoro.
Miracoli della fiducia.
Un’altra promossa da sottosegretario a viceministro è stata Catia Polidori, ex finiana conosciuta come Miss Cepu, il “preparificio” a pagamento per ogni tipo di studenti.
Lo stesso Misiti ha consegnato ieri a Tommaso Labate del Riformista una dichiarazione sulla Polidori che conferma le manovre dei montezemoliani per smontare il centrodestra, riportate dal Fatto giovedì scorso: “Montezemolo ha contattato Giustina Destro e Fabio Gava, convicendoli a voltare le spalle al Cavaliere. Ha preso contatti con altri parlamentari. Di sicuro con Catia Polidori, che a quando mi risulta gli ha detto ‘no grazie’”.
Il movimento del presidente della Ferrari, Italia Futura, ha smentito questi sospetti, ma dentro il Pdl nessuno crede a Montezemolo.
Anche perchè quella della Polidori è stata una delle assenze decisive che martedì scorso hanno mandato sotto la maggioranza sul fatidico voto per l’assestamento di bilancio, che poi ha portato alla fiducia.
Di qui la rivolta di colonnelli e peones di stretta osservanza pidiellina.
Ministri come Galan e sottosegretari come Crosetto lo avrebbero detto a muso duro al premier: “Presidente qui sono tutti incazzati, furibondi per la Polidori e Misiti. Sono state due nomine inutili e che aumentano i mal di pancia del gruppo. Possiamo correre altri rischi”.
Così, nemmeno il tempo di gustare la festa per lo scampato pericolo di venerdì, che nel centrodestra è di nuovo allarme rosso sulle imboscate alla Camera.
Un pessimismo che va nella direzione dell’editoriale di ieri di Avvenire, il quotidiano dei vescovi: “Tutto a posto e niente in ordine”.
Berlusconi per il momento gode e parla di “golpe burocratico sventato” ma chi saranno la prossima volta gli assenti “strategici”, contando che pure gli ex An non hanno digerito l’ultima infornata di poltrone?
Chi sarà il nuovo Pisacane, che ha guidato la rivolta dei peones prima della fiducia?
Il deputato di Agerola, oggi con Pid del ministro Romano, ha votato solo all’ultimo.
Eppure, appena un mese fa, aveva ricevuto un dono molto gradito: la nomina della moglie, consigliere regionale in Campania, ad amministratore delegato dell’Istituto di sviluppo agroalimentare.
Una nomina di competenza del “suo” ministro alle Politiche agricole.
Uno degli scontenti è il portavoce degli ex Responsabili Francesco Pionati, che da mesi punta a fare il sottosegretario.
Ma l’elenco dei mancati promossi ha anche altri nomi.
Ci sono, per esempio, due donne: Paola Pelino e Nunzia De Girolamo.
A dire il vero, nemmeno il ritorno di Giuseppe Galati nel governo ha fatto gridare di gioia il Pdl. Insieme con Mario Baccini e l’ultimo arrivato Gerardo Soglia, l’ex presidente del Pescara calcio accusato di bancarotta, il neosottosegretario all’Istruzione forma un altro partitino di ex dc che tiene sotto scacco la maggioranza.
Calabrese come Misiti, Galati è alla sua seconda vita nella Seconda Repubblica.
Nel 2001 era già sottosegretario dopo le elezioni. In quota con l’Udc di Casini.
Ma due anni dopo il suo nome viene fatto nell’inchiesta “Cleopatra” su un giro di prostituzione e droga a livelli istituzionali, in cui sono coinvolti anche l’attrice Serena Grandi e il senatore a vita Emilio Colombo.
Scrive il gip di Roma: “Galati, soprannominato Pino il politico, si rifornisce stabilmente di cocaina dal pusher Martello. Gli acquisti hanno cadenza almeno settimanale e sono effettuati direttamente o tramite Armando De Bonis, suo uomo di fiducia che ha libero accesso alle Attività Produttive”.
Nel 2007 si è sposato con la collega deputata Carolina Lussana, leghista.
È lo stesso anno in cui Luigi de Magistris lo ha messo sotto inchiesta per associazione per delinquere.
Ovviamente, anche il quarto premiato di venerdì è un malpancista.
Si chiama Guido Viceconte ed è stato uno dei congiurati di Claudio Scajola.
Sostituito da Galati all’Istruzione, è stato nominato sottosegretario all’Interno. Una poltrona di peso, al Viminale.
Di Viceconte si è parlato nell’inchiesta sulla cricca degli appalti del G8, ma il suo nome è legato alla prima indagine su Gianpaolo Tarantini in Puglia, nel 2002, condotta da Michele Emiliano, attuale sindaco di Bari. Al centro, i soliti appalti nella sanità .
Alla regione il governatore era Raffaele Fitto, oggi ministro.
I carabinieri, in un rapporto, scrivono che la suocera del fratello di Tarantini, Claudio, “sarebbe andata a Roma dove grazie all’appoggio del sottosegretario Guido Viceconte, pare abbia incontrato il ministro alla Sanità , Girolamo Sirchia, per discutere di questioni personali”.
Poi le solite cene elettorali organizzate dall’imprenditore che portò la D’Addario da B. In un’intercettazione del 2004, ecco cosa dice Gianpy Tarantini a un amico primario: “Io sto appoggiando il sindaco di Bari, di Forza Italia, Lo Buono, e domani sera fanno una cena con Fitto e i direttori generali di Forza Italia. Sono tutti di Forza Italia tranne Bari 1 che è di An. Ci saranno Fitto, Viceconte, che è un amico…”.
Nel centrodestra, questo genere di amicizia è un valore importante.
Improbabile che riesca a scalfirlo l’avvertimento lanciato ieri dal segretario Alfano: “Dobbiamo adottare il principio anatomico: un uomo, una sedia. Non si può sedere su due contemporaneamente”.
Nel partito dell’amore, l’anatomia che conta è un’altra.
Chiedere a B.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Berlusconi, Costume, denuncia, governo, la casta, PdL, Politica, radici e valori | Commenta »