LA CASTA DELLE REGIONI: AUTO BLU, CELLULARI OMAGGIO, PASTI, CENTINAIA DI PORTABORSE
LA BELLA VITA DEI CONSIGLIERI: SI TRATTANO MEGLIO DEI PARLAMENTARI E SENZA IL DISTURBO DI ANDARE A ROMA… ECCO TUTTE LE CIFRE DEI PRIVILEGI
In Romagna il servizio ferroviario è eccellente rispetto alla media nazionale. Collegamenti frequenti, treni puntuali, vagoni puliti.
Per i consiglieri regionali però è meglio viaggiare in auto.
L’ente guidato da Vasco Errani, in prima fila nella battaglia contro i tagli del governo, prevede infatti formule di rimborso benzina che nessuna ditta privata si sognerebbe di offrire ai suoi dipendenti.
Ottantuno euro ogni cento chilometri effettuati: un indennizzo che le tabelle Aci contemplano per fuoriserie come la Jaguar XK 5.0 o la Porsche Carrera coupè 345 cv.
Anche se ci si muove con una Fiat Punto.
Soprattutto, senza bisogno di presentare ricevute. A inizio mandato basta indicare la distanza tra il Consiglio e la propria abitazione e il gioco è fatto.
I soldi arrivano automaticamente a fine mese, oltre 3 mila euro per quanti risiedono più lontano da Bologna.
Denaro che gli eletti intascano anche se al posto dell’auto usano il treno.
I conti sono presto fatti: da Piacenza il rimborso di un viaggio in auto è di 278 euro, mentre il biglietto del Frecciabianca costa solo 57 euro.
Con oltre 200 di guadagno effettivo.
E’ la casta local.
Non alberga nel cuore di Roma. Non invade tv e talk show.
Ma rinchiusa nei palazzi delle Regioni, sparsa in tutta Italia, zitta zitta spende e spande come gli onorevoli colleghi della capitale.
E anche dove statistiche e bilanci raccontano una gestione virtuosa, come appunto in Emilia Romagna, a fare bene i conti gli sprechi sono tanti. E a volte pure dolosi.
A inizio 2011, la ventata moralizzatrice sui costi della politica è soffiata proprio su Bologna e sui suoi rimborsi auto.
Con un gioco di prestigio: da una parte le presenze mensili dei consiglieri sono state ridotte da 16 a 12, dall’altra l’indennità di trasferta è salita da 61 a 81 centesimi al chilometro.
Una farsa che, dati alla mano, ha fatto risparmiare 1.800 euro a fronte di oltre 70 mila di spesa al mese. Quasi 900 mila l’anno.
Ecco che gli stessi enti locali che accusano il governo di tagliare tutto e tutti, lamentano l’iniquità della manovra e dicono che Tremonti metterà a rischio servizi essenziali come sanità , istruzione e trasporti, potrebbero risparmiare un sacco di soldi tagliando benefit e privilegi.
Da Nord a Sud cambia poco.
La benzina aumenta? Nessun problema.
In Basilicata, Lombardia, Molise, Umbria e Val d’Aosta, come nel Lazio, il rimborso è legato al prezzo del carburante.
Una quota che oscilla fra il 20 e il 33 per cento e che funziona, in pratica, come una scala mobile petrolifera.
Nel Lazio basta risiedere a 15 chilometri dal consiglio regionale per averne diritto: una distanza studiata per permettere a tutti di usufruirne, romani de’ Roma compresi.
E fra questi c’è pure chi (una decina) ha dichiarato di non possedere un’automobile. Si può dire che è Roma ladrona, poi però si scopre che in Val d’Aosta, col pretesto della “piccola regione”, i chilometri sufficienti ad ottenere l’indennizzo scendono a cinque.
Poco più di una passeggiata.
In Calabria, dove nel 1970 la scelta del capoluogo a Reggio portò a scontri, con morti e feriti, non solo hanno sdoppiato tutti gli organi ufficiali, ma a ruota anche i rimborsi. Previsti sia per i viaggi nella sede dei gruppi consiliari a Catanzaro, che in quella dell’assemblea a Reggio.
La Sicilia di Raffaele Lombardo non bada a spese: trasporti marittimi, ferroviari, autostradali e aerei sono gratis. In alternativa sono previsti 1.100 euro al mese per chi abita entro 100 km da Palermo e 1.300 per chi sta più lontano.
Chi vive nel capoluogo, magari di fronte al Consiglio, si deve accontentare, si fa per dire, di 6.400 euro l’anno.
Ma non di soli viaggi a sbafo vive il politico locale. Nella busta paga regionale c’è un florilegio di indennità , che a volte denotano una certa fantasia.
Prendi la Puglia, dove la Regione rimborsa “il rapporto con gli elettori”, o la Calabria dove s’è introdotto un forfait di 2.809 euro per le “missioni nel territorio”.
Il bello è che vengono versati anche se le missioni non si fanno, e pure se per raggiungere il comizio o la piazza da inaugurare l’onorevolino usa l’auto blu.
Non è un vizio di giù, sia chiaro, se in Molise il forfait missioni scende a 1.712 euro, nella ricca Lombardia di Roberto Formigoni sale a 3.525 euro.
L’Emilia Romagna, poi, fa un altro ragionamento: siccome chi viene eletto è lì per fare politica, aspetta che rimborsiamo con 2.277 euro al mese “l’attività politica”.
Senza scordarsi mai dell’amato portaborse.
A Potenza, Cagliari e Palermo hanno provveduto con un bonus che oscilla fra 2.561 e 4.678 euro, fra spese di segreteria e rappresentanza.
Da Cagliari risponde la Sardegna, che ci tiene alla preparazione dei suoi amministratori, e assegna 780 euro per spese di documentazione e aggiornamento.
Per non far loro perdere tempo con gli acquisti, lo scorso autunno in Campania avevano pensato di risolvere il problema a monte: una delibera prevedeva la dotazione di pc portatili, I-pad o notebook per tutti. E poi via con i clic.
Questo per i peones, perchè per presidenti di commissione e capigruppo c’erano perfino frigobar, scrittoi e divani in pelle, anche se le polemiche hanno costretto al ritiro del provvedimento.
A Trieste, dove ci si preoccupa di un’alimentazione sana, panini e spuntini veloci sono banditi: per il vitto la Regione Friuli Venezia Giulia assegna ai 60 consiglieri un contributo forfettario di 735 euro al mese.
Anche la Sicilia ci tiene alla linea, ma a prezzo politico, tanto che fino ad agosto ha permesso a deputati ed ex di consumare alla buvette un pasto completo alla modica cifra di 9 euro (pagato da Palazzo dei Normanni).
E ancora: 346 euro per le spese telefoniche, 10 per cento di sconto per comprare l’auto e mutui agevolati al 2 per cento per l’acquisto della prima casa (col resto degli interessi a carico della collettività ).
Per la settantina di ex onorevoli che non hanno maturato il vitalizio fino ad agosto c’era un bonus da 6.400 euro l’anno per l’aggiornamento politico-culturale, poi i tagli hanno costretto alla retromarcia.
Sull’Isola un pensiero andava perfino all’Aldilà : 5 mila euro se morivi, così, per pagare i funerali dei consiglieri deceduti.
Poco per il cattolicissimo Veneto, che andava perfino oltre, con un contributo di 7.500 euro”.
“Seguito decisioni conferenza presidenti comunicasi seduta ordinaria est convocata…”. Samuel Morse sarebbe contento di sapere che a un secolo e mezzo dalla sua invenzione il telegrafo ha ancora degli estimatori.
Nell’era delle e-mail e degli smartphone, il Consiglio regionale del Lazio fino allo scorso luglio comunicava le riunioni d’aula con un telegramma.
Poi l’ufficio di presidenza, anche a seguito di varie denunce dei Radicali, ha deciso di colmare il digital divide passando alle comunicazioni ufficiali con la Pec.
Ma la Pisana pare avere un debole per la cellulosa.
Secondo i calcoli di Sinistra e libertà durante la discussione sul piano casa in una sola seduta sono state distribuite oltre 2 tonnellate di carta non riciclata fra rassegne stampa, emendamenti e subemendamenti. Costo: 4.670 euro.
Eppure per eliminare questa spesa sarebbe bastato un semplice clic, dal momento che tutto il materiale è a disposizione sul sito del Consiglio.
Al Sud è lo scintillio della carta patinata a renderla preferibile ai supporti elettronici. Ogni due settimane la Fondazione Federico II, emanazione del parlamentino siciliano, manda in stampa 4 mila copie della rivista “Cronache parlamentari” (200 mila euro lo stanziamento in bilancio). Il quindicinale è gratuito e può essere scaricato in pdf, tuttavia viene stampato in un elegante formato cartaceo per essere inviato a tutti: consiglieri, assessori e un bell’elenco di enti istituzionali.
In questo vortice di spese non si può dire che non ci sia vita nei Consigli regionali. Attualmente risultano attivi ben 53 organismi unicellulari: i monogruppi.
Il record spetta al Lazio e alle Marche, con otto gruppi da un solo consigliere ciascuno. Diventare capogruppo di se stessi, infatti, fa lievitare la busta paga. E i gettoni.
Non dev’essere sfuggito al governatore marchigiano Gian Mario Spacca, che ha fondato un gruppo col suo nome che gli permette di sommare le cariche di consigliere, capogruppo e presidente.
Nemmeno l’ex governatore Mercedes Bresso, in Piemonte, ha resistito alla tentazione e ha fatto altrettanto.
Peccato che in aula esistesse già Insieme per Bresso, la lista civica che l’aveva sostenuta: “L’ho fatto per tutelare tre persone che hanno lavorato con me nei cinque anni precedenti”, ha motivato lei.
Un senso protettivo che costa ai piemontesi circa 150 mila euro l’anno.
A Roma, poi, in 18 mesi sono nati cinque monogruppi: Mpa, Fli, Responsabili, Api e perfino un improbabile gruppo Misto composto da un solo consigliere. Complessivamente fanno più di 2 milioni di spesa annua.
Ma all’assemblea laziale piace accumulare record. Nessun altro parlamentino, per dirne una, conta così tante commissioni: ben 20 per 71 consiglieri.
Quando Camera e Senato, per farsi un’idea, ne contano 15 ciascuno.
In Campania l’eco delle proteste contro i costi della politica sembra non essere arrivato. Il 3 agosto, in pieno clima vacanziero, l’aula ha approvato in prima lettura una modifica allo statuto che consente di allargare la giunta da 12 a 14 assessori.
Nella canicola estiva era balenata perfino l’ipotesi di istituire due sottosegretari. Secondo la giunta l’ampliamento sarà a costo zero ma l’Idv calcola una spesa aggiuntiva di un milione tra stipendi, costi del personale di segreteria e autisti.
Quanto al Molise, con le imminenti elezioni regionali finirà in soffitta un pezzo di storia politica. In Consiglio, eletto nel 2006 prima della nascita di Pd e Pdl, ci sono ancora i Ds, la Margherita, An e Forza Italia.
I gruppi, per non perdere finanziamenti e dipendenti, si sono guardati bene dal fondersi. Fra contributi mensili, staff e capigruppo, fermare le lancette dell’orologio ha comportato un aggravio di spesa quantificabile in almeno un milione di euro.
Del resto anche il gusto vintage ha il suo costo.
Paolo Fantauzzi e Andrea Managò
(da “L’Espresso“)
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