Destra di Popolo.net

L’UOMO DI LA RUSSA E IL SOSTEGNO ALLA KERMESSE PDL

Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile

FILIPPO MILONE, CAPO DELLA SEGRETERIA DI LA RUSSA, CHIEDE UN APPOGGIO “NON COME FINMECCANICA, MA CON UNA SOCIETA’ ESTERNA” PER FINANZIARE LA FESTA DELLA LIBERTA’ A MILANO

C’erano Augusto Minzolini e Gianluigi Paragone, Vittorio Feltri e Nicola Porro.
Il Pdl aveva ancora il vento in poppa e per salire sul palco della Festa della libertà  in quelle giornate del 2010 le firme della destra non si facevano pregare.
All’apertura della convention il coordinatore dell’epoca del partito, Ignazio La Russa prendeva la parola per sottolineare: “Questa è una festa senza sponsor, abbiamo deciso di farla con le sole risorse del Popolo della libertà . Una piccola scelta di etica”. Con un simile plotone di giornalisti pronti a prenderlo in castagna sull’etica, non c’è dubbio che saranno stati i militanti a pagare Ornella Vanoni, Patty Pravo, Giusy Ferreri e Nek, il cabaret e lo spettacolo Si canta, condotto da Pupo e pure l’allestimento della mostra fotografica sulle missioni internazionali del premier Berlusconi.
Anche se a leggere le carte dell’indagine Enav-Finmeccanica un dubbio viene.
Si scopre infatti che pochi giorni prima della convention, il capo della segreteria di Ignazio La Russa, Filippo Milone, in passato presidente della Grassetto di Ligresti, uomo chiave del potere siculo-milanese sull’asse Ligresti-La Russa, implorava Finmeccanica di versare soldi.
La circostanza (senza citare però i nomi, a parte Borgogni) è citata nella richiesta di custodia cautelare contro Lorenzo Borgogni, rigettata dal Gip Anna Maria Fattori perchè questa vicenda non c’entrava nulla con quella per la quale il pm Paolo Ielo aveva chiesto l’arresto del direttore centrale Finmeccanica, auto-sospeso con stipendio garantito dopo l’articolo di domenica del Fatto sui suoi 5,6 milioni incassati da società  legate a Finmeccanica e scudati.
Per il pm Paolo Ielo “vi è una conversazione intercettata dalla quale si evince con solare evidenza come il ruolo di Borgogni dentro Finmeccanica fosse anche quello di occuparsi di contribuzioni illecite ai partiti.
In particolare il 21 settembre 2010…” e Ielo a questo punto riporta la telefonata tra Marco Forlani, direttore affari internazionali Finmeccanica e Lorenzo Borgogni.
Borgogni (B): ciao Marco
Marco Forlani (M): c’hai un secondo Lorenzo?
B: sì.
M: mi ha chiamato Filippo… che dice su, su quel discorso che facciamo ogni anno della loro offerta di partito a Milano eccetera…
B: di partito?
M: sì.
B: del ministero!
M: parti… eh… bè del Pd… credo sia una cosa del Pdl, no? dice che te ne ha parlato a te pure?
B: no!
M: su Milano… su che di, lui mi ha anche detto che gli hai indicato che non volevi comparire come Finmeccanica, ma con una società  esterna
B: sì. M: eh.
B: vabbè, ma se ne parla quando torni dai?
M: e no, questo sì, ok. No, perchè lui dice scusami sto all’ultimo con l’acqua alla gola eccetera, perchè lui deve parlare con qualcuno dei nostri tra oggi e domani.
B: dai Marco, maremma puttana Marco.
M: eh lo so! lui mi ha chiamato ora… lo so, lo so.
B: eh?
M: se me lo diceva, lo dicevo a Pigiani (altro dirigente Fin-meccanica, ndr) piuttosto che… che ne so! Eh? Capito
B: ci sentiamo…
Scrive il Gip Fattori, “Se, invero, si tratta di conversazioni su contribuzioni ai partiti che pur provenendo dalla Finmeccanica sarebbero dovuti apparire — cosi disvelando l’illiceità  dei moventi — come provenienti da altra società , tuttavia non solo non contengono alcun elemento atto a ricondurre l’oggetto alla illecita contribuzione all’operazione di acquisto della barca del Milanese, ma presentano un dato temporale che a siffatta ipotesi contrasta”.
Insomma la telefonata è sospetta, ma non c’entra con Milanese e “per tali ragioni la domanda cautelare formulata nei confronti di Borgogni non può essere accolta”. Secondo i Carabinieri del Ros “il successivo scambio di sms tra i predetti non lasciava dubbi circa la preoccupazione di Borgogni nell’affrontare tali argomenti per telefono: alle 17: 28 Forlani invia il seguente sms a Borgogni: “Ma non ho capito, te la sei presa con me? Forse perchè ti parlavo al telefono? “.
Pronta era la risposta di Borgogni alle 17 e 29: “Certo… “; alle 17: 37 Marco concludeva: “Scusa allora, ma non era nulla di delicato, sto sempre attento, son fuori da giovedì e non ti ho mai chiamato su nulla infatti. Mi dispiace”.
Marco Forlani è un dirigente stimato per la sua serietà  e, alla luce dello scambio di sms, è in buona fede, anzi pecca di ingenuità  agli occhi dello scafato Borgogni. Comunque di tutti i protagonisti contattati dal Fatto, Forlani è l’unico a ricordare bene: “Era semplicemente una sponsorizzazione. Me la ricordo perchè è la prima e l’unica volta in cui mi sono occupato di una cosa simile. Il Filippo di cui si parla era Filippo Milone, capo della segreteria dell’allora ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Con lui mi sentivo spesso per ragioni di ufficio e aveva chiesto a me perchè non trovava Borgogni. Durante un incontro per ragioni istituzionali mi disse di ricordare questa sponsorizzazione e lo feci. Quando tornai a Roma, Borgogni mi disse di lasciar perdere perchè se ne occupava lui”.
Fonti di Finmeccanica confermano: “Era una richiesta di un contributo per la festa del Pdl a Milano che si teneva in quei giorni”.
Sentito dal Fatto Quotidiano l’ex capo segreteria di La Russa, Filippo Milone non ricorda nulla: “Non ho memoria e comunque penso che un domani magari potrei essere chiamato a parlarne con un magistrato”.
Anche Borgogni non ricorda: “Di solito evitiamo di sponsorizzare le feste di partito. Dissi a Forlani di non parlarne al telefono perchè era un brutto periodo per me. Non so poi se il contributo è stato dato”.
L’ex ministro La Russa invece al Fatto replica: “Mi sto provando un abito, non ho tempo per voi”.

( da “Il Fatto Quotidiano“)

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TANGENTI, I PENTITI ACCUSANO I POLITICI

Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile

I NOMI DI ALEMANNO E MATTEOLI…”GUARGUAGLINI AUTORIZZO’ I PAGAMENTI”

Tutti i partiti partecipavano alla spartizione delle nomine in Enav e Finmeccanica.
Anche i Comunisti italiani sono riusciti a ottenere un consigliere. Ma quando si è trattato di distribuire affari e favori, la parte del leone l’avrebbero fatta Udc, An e Forza Italia.
Gli imprenditori che volevano ottenere i lavori consegnavano i soldi ai manager e questi li giravano ai politici, talvolta riuscendo a ottenere una robusta «cresta».
Ma nei verbali di interrogatorio e negli altri atti processuali dell’inchiesta che ha portato agli arresti l’amministratore delegato Guido Pugliesi e due manager ci sono pure i finanziamenti non dichiarati, le società  segnalate dai parlamentari e agevolate per ottenere l’assegnazione delle commesse, i ministri che avrebbero ottenuto il via libera nell’assegnare i posti di dirigenza.
Sono le rivelazioni di chi, dopo essere finito in carcere, ha deciso di collaborare con la magistratura e ha coinvolto il leader udc Pier Ferdinando Casini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, l’ex titolare dei Trasporti Altero Matteoli, il parlamentare Marco Follini, quando era vicepresidente del Consiglio.
Tra loro Tommaso Di Lernia, che ha svelato di aver portato insieme a Pugliesi, 200 mila euro al tesoriere udc Giuseppe Naro il 2 febbraio 2010 e poi ha chiamato in causa molti altri parlamentari e membri di governo.
Ma soprattutto il consulente del presidente Pier Francesco Guarguaglini e della moglie amministratore di Selex Marina Grossi, Lorenzo Cola.
Entrambi stanno rispondendo da tempo alle domande del pubblico ministero Paolo Ielo. I manager dimostrano di esserne informati, tanto che in una intercettazione ambientale un dirigente di Enav afferma: «Ielo pensa di fare il milanese, ma a Roma le cose si fanno alla romana. O si calma o lo calmano».
Il 27 giugno 2011, nel carcere di Regina Coeli Di Lernia afferma: «Enav ha acquisito per una cifra spropositata un ramo di azienda di Optimatica, per un valore di circa 15 milioni di euro. Optimatica è una società  vicina al ministro Matteoli, credo che eroghi finanziamenti alla fondazione a lui riconducibile ed è attraverso questi favori che Pugliesi si è garantito l’appoggio per la conferma nel ruolo di amministratore delegato. Fondamentalmente la conferma di Pugliesi alla carica di ad è dovuta a due canali: l’appoggio di Matteoli e l’appoggio di Milanese, favorito attraverso l’operazione della barca (il pagamento delle rate di leasing ndr ) e la somma di 10 mila euro mensili che l’imprenditore Proietti erogava a Milanese per pagare un affitto per il ministro Tremonti. Il manager Raffaello Rizzo era un uomo di Pugliesi e il suo ruolo era quello di favorire le imprese che erogavano finanziamenti all’Udc e alla frangia romana riconducibile all’attuale sindaco, di Alleanza nazionale.
Sostanzialmente tali imprese portavano finanziamenti all’Udc alle feste del partito, a fare delle donazioni.
Per contro i finanziamenti agli uomini di An, secondo quanto mi ha riferito Pugliesi, avvenivano direttamente nell’ufficio di Pugliesi, dove gli imprenditori portavano le somme di denaro che Pugliesi dava agli uomini di An».
Poi Di Lernia si concentra sull’Udc: «Ricordo anche che in un’occasione, in relazione ai lavori fatti a Venezia, vennero assegnati lavori a una società  che si chiama Costruzioni e Servizi, vicina a Follini, all’epoca vicepresidente del Consiglio. Con riferimento al versamento dei 200 mila euro Pugliesi mi disse che erano destinati a Casini. Vennero consegnati al tesoriere dell’Udc perchè erano assenti sia Cesa che Casini, impegnati in un’operazione di voto, secondo quanto mi disse il tesoriere medesimo».
Il 6 settembre viene interrogato il commercialista Marco Iannilli che risulta in società  con Di Lernia e afferma: «Consegnai a Di Lernia 300 mila euro su indicazione di Cola, parte dell’acconto dovuto a Pugliesi (complessivamente 600 mila euro) la cui quota parte, nella misura di 300 mila euro, avrebbe dovuto essere consegnata al partito di riferimento di Pugliesi, l’Udc».
Il 24 agosto 2011 Lorenzo Cola conferma lo schema già  acquisito dai pubblici ministeri ma aggiunge dettagli e nomi.
Afferma a verbale: «Sul piano strettamente formale il potere di nomina del cda di Enav apparteneva al ministero dell’Economia, sul piano sostanziale era frutto di una precisa spartizione politica. In concreto, nella prima fase ossia tra il 2001 e il 2002 vi era un tavolo delle nomine o laboratorio interno alla maggioranza composto da Brancher, Cesa, Gasparri o La Russa e un uomo della Lega. Quanto ai riferimenti politici dei soggetti che si sono succeduti nel tempo, posso dire che Pugliesi è sempre stato in quota udc originariamente riferibile a Baccini. Devo aggiungere che dentro Finmeccanica il riferimento è Bonferroni, deputato ancora ora confermato nel ruolo di cda della holding. A quanto mi risulta Nieddu venne nominato direttamente dal Tesoro, Martini aveva come riferimento An e il ministro Matteoli».
E poi rivela: «Nell’ultima tornata di nomine io fui messo a conoscenza che Matteoli aveva ottenuto un accordo con Tremonti per il quale avrebbe potuto decidere le presidenze delle società … Ed è proprio per ingraziarsi Matteoli che Pugliesi, tre giorni prima dell’ultima nomina del Cda di Enav fa l’operazione Optimatica chiudendo un contratto poco inferiore alla soglia oltre la quale sarebbe scattata la necessità  di una delibera del Cda. Nieddu mi ha riferito di un incontro avvenuto all’Harry’s bar di Roma tra Matteoli, un suo parente e un apicale di Optimatica nei giorni precedenti la delibera di Pugliesi. Poco dopo Optimatica ha assunto quel parente di Matteoli».
Cola racconta di «buste» piene di soldi – anche 300 mila euro – che l’ex direttore generale di Alenia Paolo Prudente gli consegnava da portare a Lorenzo Borgogni «per le necessità  di pagamento di entità  istituzionali».
E poi racconta come «agli inizi del 2008 è avvenuta la consegna di somme di denaro a Bonferroni quando portai a Borgogni 300,350 mila euro in contanti».
Codice con Guarguaglini: «fare i compiti»
Per mesi Cola ha negato che i vertici di Finmeccanica fossero a conoscenza delle tangenti versate ai politici e invece il 24 agosto scorso rivela: «Nelle nostre discussioni (con Guarguaglini, ndr ) l’attività  di sovrafatturazione e di pagamento di tangenti veniva definita “fare i compiti”.
Locuzione che serviva per definire anche l’attività  di mettere a posto le carte, la contabilità  e tutto il resto, per evitare si scoprissero i fatti illeciti che intervenivano. Quando qualcuno incappava in qualche vicenda giudiziaria, e a ciò veniva dato risalto mediatico, dicevamo che avevano fatto male i compiti».
Anche l’amministratore di Selex era «consapevole», secondo Cola.
Afferma il consulente nell’interrogatorio del 9 dicembre 2010: «Si parlava con l’ad Marina Grossi del fatto che per lavorare in Enav occorreva pagare tangenti. È un sistema che lei ha ereditato e che ha continuato a realizzare».
Di fronte ai magistrati di Napoli, con i quali ha cominciato a collaborare da qualche settimana, il responsabile delle relazioni istituzionali di Finmeccanica Lorenzo Borgogni si è definito «collettore dei rapporti con i politici».
Cola gli assegna un ruolo diverso: «Borgogni gestiva il livello di pagamenti destinati ai politici». Lo stesso manager ammette di aver fatto «assumere la figlia di Floresta (Ilario, ex deputato di Forza Italia, ndr ), che ne aveva fatto richiesta a Martini, in una delle società  del gruppo Finmeccanica».
Agli atti è allegata un’intercettazione telefonica dello stesso Borgogni con tale «Marco».
Marco: senti mi ha chiamato Filippo eh, che dice su, su quel discorso che facciamo ogni anno della loro offerta di partito a Milano eccetera…
Borgogni: di partito? del ministero!
Marco : parti …eh del Pd, credo sia una cosa del Pdl, no? dice che te ne ha parlato a te pure|
Borgogni: no
Marco: su Milano, lui mi ha anche detto che gli hai indicato che non volevi comparire come Finmeccanica ma con una società  esterna
Borgogni: Vabbè, ma se ne parla quando torni dai
Marco: e no, questo si ok! no perchè lui dice scusami sto all’ultimo con l’acqua alla gola eccetera, perchè lui deve parlare con qualcuno dei nostri… tra oggi e domani.
Borgogni impreca e poi, via sms, spiega che di questa cosa non bisognava parlare al telefono.
Scrive Ielo nella sua richiesta di arresto poi negata dal giudice: «Il tenore della telefonata appare essere inequivoco. Si tratta di una contribuzione al Pdl che rischia di essere confusa con una contribuzione al Pd, palesemente illecita, in ragione del fatto che deve essere effettuata con una società  esterna. Carattere di illiceità  emerge anche dalla reticenza e dal fastidio manifestati da Borgogni il quale evidentemente sa o presume di essere intercettato».

Fiorenza Sarzanini
(da Il Corriere della Sera)

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“COSI’ PAGAVAMO I POLITICI”: FINMECCANICA-ENAV, ECCO I VERBALI

Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile

SVOLTA NELL’INCHIESTA ENAV. DAI VERBALI SPUNTANO I NOMI DI MATTEOLI, LA RUSSA, CASINI, CESA E ALEMANNO

Raccontano gli atti dell’inchiesta Finmeccanica-Enav che il Sistema era “corrotto” fin negli interstizi, le gare d’appalto “pennellate”, i fondi neri, creati con sovrafatturazioni fino al 60 per cento del valore delle commesse, la regola.
Che la Politica era vorace, nelle sue richieste di denaro e non solo.
Che Enav è stata “tasca” e “feudo dell’Udc”, dei suoi leader Pierferdinando Casini e Lorenzo Cesa.
“Come di An”, di almeno un suo ex ministro (Altero Matteoli), della “corrente del sindaco Alemanno”, di “Gasparri e La Russa”.
Che bussavano a denari onorevoli del Pdl (Milanese, Floresta, Brancher), e che anche la Lega voleva un posto al sole.
E ancora: che i vertici di Finmeccanica e Selex – Pierfrancesco Guarguaglini e la moglie Marina Grossi – ne erano “pienamente consapevoli” e raccomandavano di “fare bene i compiti”, perchè ne sarebbe andata della loro riconferma nella carica.
Che il verminaio aveva un suo custode, Gran Ciambellano e ambasciatore della corruzione a Palazzo, Lorenzo Borgogni, dimissionario direttore delle relazioni esterne della holding, facile a confondersi se le richieste arrivavano “dal Pd o dal Pdl”.
E che lui, una fetta della torta l’ha trattenuta per sè.
Per stare solo ai contanti, 7 milioni di euro accumulati negli ultimi cinque anni su conti in Svizzera e Inghilterra.
Tra il giugno e l’ottobre di quest’anno, in 15 diversi verbali di interrogatorio al pm Paolo Ielo e a ufficiali di pg del Ros dei carabinieri, Lorenzo Cola, già  “consulente globale di Finmeccanica” e Tommaso Di Lernia, proprietario della società  “Print Sistem”, l’uomo dei fondi neri, per gli amici del giro “er cowboy” o “er magrebino”, illuminano il fondo di questo pozzo nero.
Ecco il loro racconto.
Soldi all’Udc, lavori per Follini
Il 2 febbraio del 2010, negli uffici romani dell’Udc in piazza di Spagna, alla presenza dell’ad di Enav Guido Pugliesi che li ha sollecitati, Di Lernia consegna 200 mila euro in contanti nelle mani del tesoriere del partito, Giuseppe Naro.
Dice: “Pugliesi mi disse che quei soldi erano destinati a Casini. Vennero consegnati al tesoriere dell’Udc, perchè erano assenti sia Lorenzo Cesa (il segretario del partito, ndr) che Casini, impegnati in un’operazione di voto, secondo quanto disse il tesoriere”.
La presenza di Pugliesi e la circostanza che il “contributo” venga chiesto a un imprenditore che lavora con Enav e sia destinato all’Udc, non sono un caso.
“Il braccio destro di Pugliesi in Enav, Raffaello Rizzo, aveva il ruolo di favorire le imprese che erogavano finanziamenti all’Udc. Sostanzialmente, portavano finanziamenti alle feste del partito e facevano donazioni”.
Il rapporto con l’Udc è “antico”. Sicuramente risale al primo governo Berlusconi.
“Ricordo anche – aggiunge Di Lernia – che in un’occasione, per appalti a Venezia, vennero assegnati lavori alla “Costruzioni e Servizi”, società  vicina a Follini, all’epoca vicepresidente del Consiglio”.
Matteoli e la corrente di Alemanno
Enav, come il suo amministratore delegato, ha due padroni. Con l’Udc, la vecchia An.
Spiega Di Lernia: “Rizzo favoriva anche le imprese che erogavano finanziamenti alla frangia romana riconducibile al sindaco Alemanno. I finanziamenti agli uomini di An, secondo quanto mi ha riferito Pugliesi, avvenivano direttamente nel suo ufficio, dove gli imprenditori portavano le somme di denaro che lui poi dava agli uomini di An”.
E, in un caso, i ricordi di Di Lernia si fanno nitidi. “Enav acquisì per una cifra spropositata, circa 15 milioni di euro, un ramo di azienda della “Optimatica”, società  vicina al ministro Altero Matteoli, che finanzia una fondazione a lui riconducibile.
Enav affidò a Optimatica con delibera dell’amministratore delegato, appalti per 9 milioni e 900 mila euro, di poco inferiore alla soglia per cui era necessario l’intervento del cda. Si trattava di lavori privi del valore indicato nell’assegnazione”.
Di “Optimatica”, prosegue Di Lernia, Matteoli parla direttamente con Pugliesi in un incontro a Roma. “Nieddu (ex presidente di Enav, che in un’occasione Di Lernia corrompe con 300 mila euro), mi parlò di un incontro avvenuto all’Harry’s bar tra Matteoli, Pugliesi e Tulliani di Optimatica.
Matteoli, all’epoca, sponsorizzava Luigi Martini (già  deputato di An) per la nomina a presidente di Enav, perchè debitore verso Martini di un favore che aveva ricevuto.
Non so se si trattò dell’assunzione in Alitalia, ovvero del passaggio di un brevetto o un’abilitazione del figlio di Matteoli.
Circostanza che ne ha poi consentito l’assunzione in Alitalia. Martini faceva parte della commissione di concorso”.
Un fatto, a dire di Di Lernia, è certo: “L’appoggio a Matteoli garantì a Pugliesi la sua riconferma quale ad”.
Il tavolo Udc-An-Lega
I ricordi di Di Lernia sono confermati da Lorenzo Cola, che spiega: “Il potere di nomina del Cda di Enav solo formalmente apparteneva al Ministero dell’Economia. In realtà , già  nel 2001, 2002 vi era un tavolo delle nomine all’interno della maggioranza composto da Brancher, Cesa, Gasparri o La Russa e un uomo della Lega. Pugliesi è sempre stato in quota Udc, originariamente riferibile a Baccini. Mentre dentro Finmeccanica il riferimento dell’Udc era l’ex deputato e consigliere di amministrazione della holding Bonferroni, che è colui cui Borgogni consegnò alla mia presenza i 300-350 mila euro, le “zucchine” che Paolo Prudente di Selex mi aveva incaricato di portargli”.
“Il Pdl e la Lega hanno bisogno”
Diventato consigliere di amministrazione di Enav, Ilario Floresta, ex deputato del Pdl, aggancia Di Lernia.
Che racconta: “Mi disse che la sua nomina in Enav la doveva all’allora presidente della Commissione trasporti e dunque che doveva recuperare risorse economiche da destinare al suo partito di riferimento, il Pdl. In un’occasione mi disse che avrei dovuto dargli 500 mila euro. Mi disse dunque di attivarmi dentro “Selex” per conto della quale avrebbero dovuto essere erogate somme di denaro anche in relazione alle delibere del Cda relative alla gara europea per il “Four flight”, un software per la gestione del traffico aereo”.
Non è tutto. “In quella fase, Floresta mi disse che c’erano richieste economiche provenienti anche dal consigliere in quota Lega, credo si chiami Chiatti o Piatti. Aveva fatto pressioni per ottenere il permesso di atterrare su una pista gestita da una società  controllata da Finmeccanica. Poi, voleva entrare in partita. Cioè ottenere somme di denaro”.
Brancher e i fondi Fas per Palermo
Anche i rapporti con il deputato Pdl Aldo Brancher sono intensi. Di Lernia finanzia la sua “Officina delle libertà ” e ha come interlocutore il suo spicciafaccende Fabrizio Gori, “sua emanazione”.
“Brancher doveva intervenire su Lombardo (il governatore della Sicilia, ndr) perchè venissero messi a disposizione i fondi Fas per l’aeroporto Falcone-Borsellino.
E venne fatto un accordo, alla presenza di Gori, che prevedeva il versamento di 300 mila euro ad Antonino Vecchio Domanti, dirigente di Enav. Somma che consegnai in contanti”.
“Pd? Pdl? Maremma puttana”
“In Finmeccanica era Borgogni incaricato di erogare somme a rappresentanti politici ed istituzionali”, spiega Cola.
E almeno un’intercettazione telefonica, conferma le sue parole. Il 21 settembre 2010, Borgogni parla con un tale Marco. “Mi ha chiamato “Filippo” – dice Marco – Per quella cosa che facciamo ogni anno della loro offerta di partito a Milano… Del Pd.. credo sia una cosa del Pdl. Mi ha detto che gli hai indicato che non volevi comparire come Finmeccanica, ma con una società  esterna”.
Borgogni va fuori dai gangheri. Non vuole che di quella roba si parli al telefono: “Marco, Maremma puttana, Marco… “.
Chiosa il pm Paolo Ielo: “È emblematico l’equivoco Pd, Pdl. Si spiega solo con la circostanza che il flusso di finanziamenti è in tutte le direzioni politiche, è sistemico”.
“Quel pm vuole fare il milanese”
E dire che in Enav e Finmeccanica pensavano sarebbero riusciti a farla andare diversamente questa storia. In un’intercettazione ambientale, Giampaolo Pinna, responsabile della security di Enav, ora indagato per favoreggiamento, la dice con la pancia, la minaccia: “Questo Ielo pensa di fare il milanese, ma a Roma le cose si fanno alla romana. O si calma o lo calmano”. Non lo hanno “calmato”.

Carlo Bonini
(da “La Repubblica“)

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LA PAURA DEI DEPUTATI? LO ZOOM

Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile

MEGLIO LIMITARE I FOTOGRAFI PER EVITARE CHE COLGANO DETTAGLI IMBARAZZANTI… LA PROPOSTA DEL LEGHISTA MARONIANO STUCCHI LASCIA DAVVERO DI STUCCO

I tempi cambiano, e tocca adeguarsi.
Per esempio, se fotografi e cameraman s’infiltrano nei palchi parlamentari per cogliere dettagli imbarazzanti — dimostrando peraltro uno scarsissimo senso delle istituzioni e un disastroso amor di patria —, sarà  meglio inventarsi un modo per tenerli alla larga.
E infatti domani, dopo che Mario Monti sarà  andato in giro a convincere l’Europa che siamo diventati un Paese tanto adulto e responsabile, l’Ufficio di Presidenza della Camera affronterà  di petto lo spinoso argomento: come bloccare zoom selvaggio?
Alle ore 11,30, primo punto all’ordine del giorno, ecco due proposte da esaminare con la dovuta attenzione.
Secondo l’agenzia Dire, una è stata depositata dal Pdl e messa a punto dall’onorevole Gregorio Fontana: dirette a parte, concesse solo in occasioni eccezionali, l’accesso ai fotoreporter dovrebbe essere garantito solo per una mezzoretta, giusto il tempo di qualche scatto d’ordinanza e poi via libera a smanettoni e grafomani.
L’idea della Lega, firmata Giacomo Stucchi, va giù con la roncola: niente più obiettivi supersensibili in aula onde evitare la diffusione di zoommate su pizzini, giochini e messaggini indebitamente sottratti alla faticosa vita parlamentare.
Può infatti l’onorevole deputato tollerare che il suo girovagare sui siti di escort (“per sbaglio”, come ebbe a dire Simeone Di Cagno Abbrescia, Pdl) o a tweettare (vedi Roberto Menia, Fli) o ancora a inviare disponibili inviti cartacei al neopremier (vedi Enrico Letta, Pd) sia disturbato da invadenti mezzi che moltiplicano via web e giornali l’indecorosa aggressione popolare?
Ennò, caspita , si trovi subito una soluzione.
Un giusto freno all’eccesso di curiosità  che segnò anticipatamente l’uscita di scena di Silvio Berlusconi quando una lente biricchina colse quell’appunto sugli “8 traditori” che non votarono per il bilancio consuntivo. Galeotto fu il foglietto: vergato con ira funesta dal premier, segnò la fine materiale della maggioranza, e subito giunsero le truppe cammellate a proporre un sano rimedio, le due ipotesi in discussione domani.
Perchè, fin quando il fotografo coglie amorosi bigliettini alle belle deputate, si può anche strizzare l’occhio.
Ma se ci va di mezzo la contabilità  delle poltrone, che di qui a fine legislatura diventerà  scienza e arte sempre più raffinata, è opportuno stendere un pietoso copriobiettivo.
E chissà  come reagirà  il trasparente Pd dopo la figuraccia di Enrico Letta. Dario Franceschini, capogruppo alla Camera, parte soft: “Penso vadano introdotte delle regole. Anche un deputato ha diritto alla privacy”.
Anche nelle aule dove si lavora in nome del popolo italiano?

Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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I LEADER EUROPEI VIAGGIANO SU AUTO NAZIONALI, ORA MONTI ADEGUA ANCHE L’ITALIA

Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile

DA OBAMA ALLA MERKEL, DA SARKOZY A CAMERON: I CAPI DI STATO NON USANO MAI VETTURE DI MARCA ESTERA, L’IMMAGINE CONTA PRIMA DI TUTTO….SOLO BERLUSCONI FACEVA ECCEZIONE

La mossa di Mario Monti, appena arrivato a Palazzo Chigi, è piaciuta: il professore ha lasciato in garage le tante auto tedesche e fra la Maserati Quattroporte nuova di zecca e la vecchia Lancia Thesis non ha avuto dubbi, saltando subito su sulla vecchia berlina torinese.
In redazione sono piovute centinaia di mail di approvazione e il blog, preso come al solito d’assalto, ha raccolto molti messaggi, tutti all’insegna dell'”era ora…”.
Il riferimento va a Silvio Berlusconi che è sempre rimasto fedele alla sua amata Audi A8, ma non sono mancate le accuse di demagogia per Monti.
Non vogliamo entrare nel tema ma tutti i leader mondiali, se hanno un’industria nazionale viaggiano solo ed esclusivamente con macchine loro.
Sarkozy usa solo Citroen, Peugeot o Renault, la cancelliera Merkel Audi o Mercedes, mentre Obama è fedele alla Cadillac.
Perfino Cameron dopo aver sempre detto di preferire la metropolitana alla fine viaggia in Jaguar.
Una scelta per lui difficile perchè così si è tirato addosso le ire di gran parte dei suoi elettori.
Ma gli inglesi, si sa, ormai come grandi berline producono solo Jaguar.
Insomma, Paese che vai, auto nazionale che incontri…
Il tutto – va detto – senza nessuna norma scritta perchè a rigor di logica per la libera circolazione delle merci nella UE sarebbe quasi impossibile obbligare un premier ad usare un certo tipo di auto.
Eppure, in tutti i casi, non c’è mai stata necessità  di scrivere nulla o obbligare nessuno: i capi di Stato hanno sempre viaggiato con vetture simbolo della propria nazione, a costo di farle produrre apposta (i russi con le ZIL) oppure a costo di usare modelli usciti di produzione (Sarkozy con la Peugeot 607 e Monti con la Lancia Thesis). “Questione di convenienza” è il commento non ufficiale usato più volte dai portavoce dei capi di stato.

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RIFUGIATI, VERGOGNA ITALIANA: FATTA LA DOMANDA DI ASILO, DIVENTANO SPESSO FANTASMI SENZA IDENTITA’ CASA E LAVORO

Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile

UN DOSSIER DI DUE LEGALI TEDESCHI HA RESO PUBBLICO LO SCANDALO E ADESSO IN GERMANIA I TRIBUNALI NON LI RIMANDANO IN ITALIA PERCHE’ RITENGONO CHE DA NOI NON VI SIA ALCUNA GARANZIA DI DIGNITA’ UMANA

Li chiamano i “dubliners”, da “Dublino II”, il regolamento europeo sull’asilo politico.
Sono i rifugiati sbarcati in Italia e poi passati nel Nord Europa, ma che devono istruire la loro pratica nel nostro Paese.
E ora quarantuno tribunali tedeschi hanno bloccato le espulsioni dei richiedenti asilo verso l’Italia sulla base di un rapporto che racconta come per queste persone da noi non ci sia alcuna “garanzia di dignità  umana”
Nei primi decenni del Novecento c’erano persone che spontaneamente arrivavano a rompersi un arto, chi un braccio e chi una gamba, per evitare di essere chiamati in guerra.
È passato quasi un secolo ma nella cosiddetta società  dei diritti esistono ancora persone costrette a bruciarsi le dita per cancellare le impronte digitali.
Queste persone sono i rifugiati politici, e alcuni di loro lo fanno per non tornare in Italia, dopo essere arrivati in Germania o nel Nord Europa.
Com’è possibile? È possibile principalmente per due ragioni: la prima è che il principale regolamento legislativo in Europa in materia di asilo politico, il Dublino II, perno fondamentale dell’intero sistema di accoglienza europeo, prevede obbligatoriamente che la richiesta d’asilo di un rifugiato politico debba essere gestita dal paese membro nel quale quel rifugiato ha registrato le impronte digitali.
L’ingresso principale per gli extracomunitari in Europa è rappresentato dalle coste italiane e greche ed è qui che vengono identificati la prima volta, segnando involontariamente il loro destino.
Succede che gli immigrati, quando escono dal periodo di soggiorno forzato, decidono di prendere la strada del Nord in cerca di lavoro e molti attraversano i confini per approdare in Germania e oltre.
Ma una volta usciti da Italia o Grecia, eccoli scontrarsi con la Dublino II che li costringe a tornare nelle penisole di partenza.
E qui si arriva alla ragione per la quale i richiedenti asilo non vogliono fare ritorno: perchè in Italia e in Grecia non ci sono “garanzie di dignità  umana” per loro.
Questa conclusione è contenuta in un dossier, per ora tradotto solamente in inglese, scritto da due avvocati tedeschi che difendendo la causa di alcuni rifugiati sono venuti in Italia per vedere di persona quali sono le condizioni che gli riserviamo.
Un’accusa, non ancora presentata in modo formale, ma che da un lato ha già  scandalizzato l’opinione pubblica tedesca e dall’altro ha spinto quarantuno tribunali (Weimar, Francoforte, Dresda, Friburgo, Colonia, Darmstadt, Hannover, Gelsenkirchen e altri) a emettere altrettante ordinanze temporanee per bloccare le espulsioni dei richiedenti asilo verso l’Italia.
È giusto a questo punto fare una distinzione importante, quella fra richiedente asilo e rifugiato politico.
Il richiedente asilo è colui che richiede lo status di rifugiato: è una distinzione banale ma ancora molte persone confondono le due situazioni.
In Italia, quando un immigrato ottiene lo status di rifugiato politico la sua domanda d’asilo viene gestita dallo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).
Lo Sprar è l’istituzione nazionale che si occupa di trovare soluzioni logistiche e abitative per facilitare l’integrazione sociale dei rifugiati: vitto, alloggio e un programma di inserimento socio-lavorativo più l’assistenza linguistica, il tutto appoggiandosi agli enti locali.
Lo Sprar ha tremila posti a disposizione, quindi riesce a gestire in media seimila rifugiati l’anno (sei mesi a rifugiato).
Il problema nasce proprio qui, dalla carenza di posti. Infatti le domande di asilo sono molte di più e lo Sprar mostra il limite di un sistema sovraccarico che non riesce a fronteggiare le richieste.
Nel 2008 si è raggiunto l’apice di trentunomila domande d’asilo, mentre nel 2009 si è scesi a diciassettemila dopo che gli accordi tra Libia e Italia hanno dirottato gli sbarchi verso la Grecia o li hanno rispediti al mittente, in questo caso alle coste nordafricane.
Oltre la metà  dei rifugiati non rientra quindi in un programma di inserimento.
La maggior parte di loro viene ospitata all’interno dei cosiddetti Cara (Centri di accoglienza richiedenti asilo), dove ricevono un posto letto da lasciare libero alle otto del mattino.
Quindi hanno a disposizione un posto dove passare la notte ma di giorno sono abbandonati a se stessi, e vanno in strada con l’obiettivo di sbarcare il lunario.
Ma anche i Cara sono spesso saturi.
Così a chi non trova posto nemmeno qui dovrebbe essere garantito un compenso per mantenersi nell’ordine di 45 euro al giorno (“dovrebbe” perchè alcuni rifugiati dichiarano di non riceverlo).
Il risultato è che centinaia di persone trovano riparo dove possono: alcuni dormono per strada, altri occupano edifici abbandonati senza nessun tipo di comfort (riscaldamento, acqua, eccetera).
La conseguenza è che i nuovi “inquilini” si ritrovano del tutto tagliati fuori dalla società  e dalla possibilità  di ottenere un riconoscimento legale. Infatti, se mai si liberassero dei posti nei programmi di inserimento, essi non risultano rintracciabili.
E senza fissa dimora non possono ottenere assistenza sanitaria, inserimento nelle liste d’impiego, la patente e tutti gli altri servizi.
Questi rifugiati politici diventano pressochè “invisibili”.
I richiedenti asilo possono rimanere in attesa per mesi, addirittura anche un anno, prima di ricevere una risposta – che può essere negativa — alla loro richiesta da parte della Commissione territoriale.
Una volta messi alla porta dal Cie, il Centro di identificazione ed espulsione, i richiedenti sono soli, non hanno tessuto nessuna rete sociale con l’esterno dal momento che sono stati costretti a mesi di soggiorno forzato.
Così alcuni fuggono cercando di   espatriare o di farsi dimenticare nelle pieghe della città , altri vengono “parcheggiati” in edifici inutilizzati in attesa di una risposta.
E mentre le loro giornate trascorrono inutili, il loro soggiorno diventa una spesa pubblica.
Non si può dare tutta la colpa all’Italia.
à‰ vero, il nostro Paese, in tema di diritti d’asilo, è stato già  richiamato almeno quattro volte in due anni dalla Corte europea per i diritti umani.
Ma a essere sotto accusa è l’intero sistema di gestione dei profughi e dei richiedenti asilo a livello europeo.
È logico che in Europa esistano paesi con più problemi di accoglienza di altri, dal momento che sono le prime terre d’approdo per gli sbarchi.
A questi paesi deve essere riconosciuta la possibilità  di gestire differentemente la questione flusso migratorio.
La legge Dublino II non fa altro che ripartire in modo ineguale la domanda di richieste d’asilo. Per il Cir, Consiglio italiano per rifugiati, questa convenzione dev’essere addirittura abolita “perchè non risponde ai principi contenuti nella Convenzione di Ginevra ma anzi va a soddisfare interessi politici-economici nazionali”.
In pratica Dublino II limita la libertà  personale di queste persone.
Disabili, donne partorienti, persone traumatizzate e vulnerabili: spesso capita al Cir di verificare espulsioni del genere.
Gente spedita come pacchi postali dalla Gran Bretagna e da altri paesi europei.
Eppure alcuni di questi paesi sembrano voler invertire la tendenza.
Oltre alla Germania, anche Olanda e Svezia stanno prendendo in considerazione l’eventualità  di bloccare i rimpatri dei dubliners, i rifugiati di ritorno.
Da non dimenticare che queste misure erano già  state adottate nel 2008 da Norvegia e Finlandia nei confronti della Grecia, reputata un paese “a rischio” per i profughi.

(da “La Repubblica“)

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SOFFERENZE BANCARIE AUMENTATE DEL 40% IN UN ANNO

Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile

TRENTA MILIARDI IN PIU’ IN DODICI MESI, FAMIGLIE E IMPRESE IN DIFFICOLTA’

Le sofferenze bancarie — i prestiti erogati dagli istituti di credito che potrebbero non rientrare e trasformarsi così in rosso di bilancio — hanno fatto un balzo del 40 per cento in dodici mesi, sfondando e superando, nello scorso mese di settembre, quota 100 miliardi.
«Una situazione preoccupante, soprattutto per le famiglie italiane », commenta Elio Lannutti, presidente di Adusbef.
E di certo non una buona notizia per le banche, già  sotto pressione sul fronte della ricapitalizzazione e degli spread e sempre più restie a concedere nuovi crediti.
Da una parte, dunque, il boom degli incagli.
Dall’altra, la minaccia di un nuovo credit crunch, la stretta nelle erogazioni.
Sono proprio le famiglie — a quanto si legge nell’ultimo supplemento al Bollettino statistico della Banca d’Italia dedicato a “Moneta e finanza” — ad essere sempre più esposte: quasi 34 miliardi su un totale di 102 miliardi “ballerini”, perchè a rischio esigibilità , risultano difatti in capo a nuclei familiari.
Sia in qualità  di “famiglie consumatrici” (24 miliardi) che come “famiglie produttrici” (10 miliardi), ovvero società  semplici, di fatto e piccole imprese individuali con pochi addetti.
Nel settembre del 2010 — un anno prima dell’attuale rilevazione di Bankitalia — le sofferenze “familiari” ammontavano a 24 miliardi, dieci in meno.
Ben un terzo, dunque, dei maggiori capitali “zoppicanti”, prestati dalle banche e ora pericolosamente iscritti nei loro bilanci, è stato accumulato proprio dalle famiglie. Sempre più incagliate nella crisi e dunque in difficoltà  con le rate.
Questa situazione è la «prova provata di una crisi lunga e difficile che interessa soprattutto l’Italia », aggiunge Lannutti.
Ma, a suo avviso, è anche la conseguenza di certe «allegre erogazioni del credito». Questi prestiti molto probabilmente dovranno «essere iscritti quasi totalmente a perdite nei bilanci delle banche», prosegue Lannutti.
Per questo l’Adusbef chiederà  un monitoraggio (e relative sanzioni) sulle «sofferenze bancarie derivanti da erogazioni e affidamenti deliberati fuori dai criteri prudenziali sulla meritorietà  del credito ad alcuni grandi gruppi industriali, da tempo decotti, ma tenuti in vita da robuste iniezioni di denaro, mediante fidi incautamente rinnovati, se non aumentati».
Sul fronte delle imprese si registra senza dubbio una vera e propria impennata.
A settembre Bankitalia annotava 67 miliardi di sofferenze.
Erano 48 miliardi nel settembre di un anno prima. Un rialzo del 40 per cento.
Tutti crediti difficilmente recuperabili.
L’ammontare record dei prestiti a rischio si presenta di gran lunga superiore anche rispetto all’inizio della crisi.
Nel 2008, ad esempio, le sofferenze attribuite alle famiglie “consumatrici” erano pari a soli 9,1 miliardi.
Saliti a 12,8 miliardi nel 2009. Poi raddoppiati fino ai 24 attuali.
Segnali poco rassicuranti che preannunciano un 2012 difficile, con la recessione che incombe e l’emorragia di posti di lavoro, oltre che di commesse.
La criticità  di famiglie e imprese, moltiplicata dalle tensioni della finanza globale e dalla crisi dei debiti sovrani europei, potrebbe spingere le banche a chiudere ulteriormente i rubinetti del credito.
Come nel 2008 e 2009. A fine settembre i prestiti erogati erano pari a 1.984 miliardi, dai 1.914 del 2010.
Solo settanta miliardi in più.
Un timido aumento del 3,6 per cento.

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PAVIA, TASSE TROPPO ALTE: L’ATENEO COSTRETTO AL RIMBORSO

Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile

IL TAR HA DATO RAGIONE AGLI STUDENTI: GLI ISCRITTI PAGANO PIU’ DI QUANTO PREVISTO DA UNA LEGGE DEL 1997…MA QUESTO SUCCEDE IN TANTI ALTRI ATENEI

Tasse universitarie eccessivamente alte e l’ateneo deve restituire il “maltolto” agli studenti.
E’ accaduto a Pavia per effetto del ricorso al Tar presentato dall’Unione degli universitari.
La sentenza definitiva condanna l’università  degli studi di Pavia al pagamento di 1,7 milioni di euro.
Per gli studenti si tratta di una “storica vittoria contro l’innalzamento spregiudicato delle tasse universitarie che apre la concreta possibilità  di ricorsi a catena in ogni università  italiana”.
In almeno una ventina di atenei italiani le tasse sforano il tetto imposto dalla legge attuale.
A spiegare la mezza rivoluzione che potrebbe creare il pronunciamento dei giudici amministrativi di Milano è l’avvocato Francesco Giambelluca, che ha patrocinato l’Udu. “Con la sentenza, definitiva, il Tar di Milano ha dichiarato fondato e ha pertanto accolto il primo motivo di ricorso stabilendo che è stata illegalmente violata la soglia non superabile del 20 per cento che pertanto tutta l’eccedenza, pari a circa 1,7 milioni di euro, deve essere restituita sia ai ricorrenti, attivandosi d’ufficio verso tutti gli altri studenti”.
Di che si tratta? Una legge del 1997 stabilisce che il contributo posto carico degli studenti (le cosiddette tasse universitarie) non possono superare la soglia del 20 per cento del finanziamento pubblico ricevuto dallo Stato: il cosiddetto Fondo di finanziamento ordinario degli atenei.
E siccome dal 2008 a oggi il Ffo è stato progressivamente assottigliato per fare fronte ai colpi della crisi economica per fare quadrare i conti pubblici, tutti si aspettavano un calo anche delle tasse universitarie.
Ma le cose sono andate in maniera diversa.
“Con due diverse verificazioni eseguite dalla Ragioneria generale dello Stato   –   spiega Giambelluca   –   è stato accertato uno sforamento pari all’1,331 per cento”.
E il Tar ha condannato l’università  di Pavia a restituire gli importi non dovuti agli interessati.
“E’ una sentenza storica e rivoluzionaria per l’università  italiana   –   commenta Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell’Udu   –   il Tar Milano ha sancito quello che noi ripetiamo da tempo: quel 20 per cento non è un parametro indicativo bensì vincolante, perchè tutela il diritto allo studio”.
Ma non solo.
“Questa sentenza   –   prosegue Orezzi   –   è un enorme argine verso l’innalzamento selvaggio delle tasse universitarie che sta diventando il peggiore ostacolo sociale per accedere al mondo accademico e rappresenta inoltre la risposta migliore a quanto scritto nella lettera di Berlusconi inviata all’Unione Europea, che ipotizzava un aumento selvaggio delle tasse per accedere all’Università “.
E’ uno dei 39 punti di domanda rivolti dalla Commissione al governo italiano prima che cadesse sotto i colpi inferti dai mercati.
L’Europa ha chiesto di sapere “in pratica, che cosa implica la frase “maggior spazio di manovra nello stabilire le tasse di iscrizione?”.
Secondo gli studenti, che hanno manifestato in piazza per mesi, “è un chiaro messaggio al nuovo governo Monti e al neo ministro Francesco Profumo: le tasse non solo non si possono più alzare, ma sono già  ora troppo alte, tra le più alte d’Europa”. Chi ha orecchie per intendere intenda.

Salvo Intravaia
(da “La Repubblica“)

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IL BOSS LATITANTE DA’ DISPOSIZIONI AL CUGINO SINDACO DEL PDL SU A CHI ASSEGNARE AGLI APPALTI

Novembre 22nd, 2011 Riccardo Fucile

CRONACHE DAI CONFINI DELL’IMPERO: IN CARCERE ANCHE UN CONSIGLIERE REGIONALE DEL PD…UNO SPACCATO DEL LIVELLO DI PENETRAZIONE MAFIOSA E DELLA RELAZIONE TRA MAFIA E POTERE POLITICO

Il primo scrive, l’altro legge.
Solo che il primo è un boss e killer spietato dei Casalesi, l’altro è un sindaco del Pdl, vicino a Cosentino.
Sono cugini e hanno lo stesso nome: Enrico Martinelli.
Andiamo con ordine.
Il Gip Alberto Capuano per offrire un ulteriore riscontro al concorso esterno nell’associazione camorristica dei fratelli Mastrominico, due imprenditori anche loro arrestati insieme al consigliere regionale del Pd Fabozzi, riportano un estratto dell’informativa dei carabinieri di Caserta.
Tutto inizia dalle indagini che hanno condotto alla cattura di Antonio Iovine, detto “o’ ninno”, capo assoluto del clan, e prima di lui di due suoi fidati galoppini Ernesto De Luca e Enrico Martinelli.
Quest’ultimo, omonimo del sindaco, è definito “un boss di antica tradizione criminale, capace di gestire gli affari del clan per conto del capo con autonomia decisionale”.
L’informativa riportata nell’ordinanza menziona la perquisizione avvenuta nel maggio 2010, alla ricerca di Iovine, in una abitazione a Casal di Principe nella quale viene ritrovato un bunker e sequestrata una macchina da scrivere elettronica.
Dagli esami dattiloscopici e grafici eseguiti dalla scientifica dei carabinieri di Roma emergeva che l’autore del testo estrapolato era il boss Enrico Martinelli.
L’informativa evidenzia diversi pizzini scritti dal boss, oggi detenuto in regime di 41 bis e condannato all’ergastolo nella sentenza Spartacus per omicidio e partecipazione all’associazione criminale clan dei Casalesi.
Uno dei pizzini, il numero 7 ha un destinatario che conta. “Indirizzato al sindaco di San Cipriano d’Aversa Martinelli Enrico è iniziato: “ Carissimo sindaco” ed è concluso: “ Non dimenticarti che fai di cognome Martinelli … omissis … ti saluto Enrico”.
Non finiscono qui i pizzini che scrive il gip “sono univocamente riconducibili al boss Martinelli perchè (…) effettivamente, il sindaco dell’epoca, e tuttora, è il suo omonimo Enrico Martinelli e in pubblico i due sono conosciuti quali cugini”.
Enrico Martinelli è sindaco di San Cipriano d’Aversa dal 2010, ma era stato primo cittadino già  dal 2004 al 2008 quando il comune viene sciolto per condizionamento mafioso, poi reintegrato dalla giustizia amministrativa.
Nel 2010 Martinelli si sposa con Annarita Patriarca, sindaco di Gragnano e figlia dello scomparso Francesco, braccio destro di Gava, senatore democrastiano condannato per rapporti con la camorra.
Testimone di nozze: Nicola Cosentino.
Torniamo all’ordinanza e ai pizzini.
Quello più interessante è il 33.
L’informativa riporta prima il testo poi la traduzione: “ Ora ti elenco tutti i lavori e chi li deve fare. Ora ti elenco tutti i nominativi delle persone che devono fare il…..Ora ti elenco tutti i lavori e chi li deve fare, per non creare malintesi. Cimitero: Mastrominico; omissis”. Mastrominico è l’impresa considerata espressione dei clan, i carabinieri datano il testo “dal 9 maggio 2007 al 29 agosto 2007, data della delibera di giunta numero 38 e arresto del Martinelli Enrico”.
L’informativa spiega: “ Il presente “pizzino” è l’ultimo di una fitta corrispondenza epistolare intercorsa tra il latitante Martinelli Enrico e il suo omonimo sindaco, Martinelli Enrico”.
Viene indicato “quale ultimo documento cartaceo perchè successivamente, si ritiene che i predetti abbiamo comunicato tra loro facendo uso del computer usando la chat. In più occasioni, infatti, compresa la presente, il latitante ha chiesto notizie al sindaco circa il computer: “Computer: Verrone. Ok”.
E più avanti i carabinieri scrivono: “ Dal contenuto del “pizzino”, si rileva che il latitante Martinelli Enrico, evidentemente conscio e preoccupato dai comportamenti del suo affiliato, l’omonimo Sindaco, che non sempre è fedele nell’esecuzione dei suoi ordini, per evitare i frequenti malintesi gli ha elencato, in forma scritta, tutti gli appalti e le ditte alle quali devono essere affidati”.
Gli accertamenti svolti dagli inquirenti hanno evidenziato che per quanto riguarda il cimitero i lavori sono stati modificati e il comune non ha ancora indetto l’appalto, ma i carabinieri scrivono che il boss fornisce indicazioni al sindaco nel pizzino “che dalla latitanza, insieme a numerosi altri, invia al Sindaco, che egli stesso ha fatto eleggere e che deve sdebitarsi con lui. Gli si rivolge con uno scritto il cui contenuto non lascia dubbio ad interpretazioni”.
L’ultima parte dell’informativa è dedicata a un appalto, da 11 milioni di euro, vinto dalla Mastrominico, nel 2010, e bandito da una partecipata della regione, la Tess, per il restauro di un convento nel comune di Gragnano con la partnership dell’ente locale.
Cosa colleghi Gragnano a San Cipriano lo spiegano i carabinieri: “ Il Sindaco di Gragnano, Annarita Patriarca, è sposata proprio con Enrico Martinelli, il Sindaco di San Cipriano d’Aversa che riceveva le indicazioni dal boss di riferimento suo omonimo e affiliato al clan dei casalesi gruppo Iovine”.
L’amministrazione Patriarca, che difende l’operato del comune “ Siamo estranei, con quell’appalto non c’entriamo”, è già  finita nella bufera dopo l’insediamento della commissione di accesso presso il comune per verificare eventuali infiltrazioni mafiose dopo l’inchiesta su brogli e sospetti di camorra condotta dalla distrettuale antimafia partenopea.
Da Martinelli nessuna reazione, pochi giorni fa le cronache lo descrivevano intento a consegnare le tessere Pdl, più di 400, raccolte nel suo comune al senatore Pasquale Giuliano, già  magistrato in cassazione.
Il senatore è coordinatore del partito a Caserta.
Dopo l’azzeramento per mafia del comune retto da Martinelli, Giuliano difese strenuamente il suo compagno di partito: “I parenti — disse — non si scelgono ma ce li assegna Dio o la natura”.

Nello Trocchia
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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