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AVANTI UN ALTRO: LA PROCURA DI MILANO AVVIA ACCERTAMENTI ANCHE SU CALDEROLI

Aprile 12th, 2012 Riccardo Fucile

NEL MIRINO DELLA PROCURA DI MILANO FINISCE UNO DEI TRIUMVIRI, RITENUTO “SOGGETTO DESTINATARIO DI RILEVANTI SOMME DI DENARO UTILIZZATE PER ESIGENZE PERSONALI ESTRANEE ALLE FINALITA’ DELLA LEGA NORD”

Non solo la posizione di Umberto Bossi, dei suoi familiari e di Rosi Mauro.
Al centro degli accertamenti della Procura di Milano, titolare del fascicolo sulle distrazioni dei fondi della Lega Nord che sarebbero stati utilizzati anche per le spese personali di alcuni esponenti del Carroccio, ci sarebbero anche gli atti dell’inchiesta che “tirano in ballo” Roberto Calderoli, nominato nei giorni scorsi uno dei tre triumviri che devono reggere il partito dopo le dimissioni del leader, travolto dallo scandalo dei rimborsi elettorali ‘volatì in parte anche verso la Tanzania e Cipro.
Ieri i finanzieri del nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano si sono recati nella sede genovese di Banca Aletti e di altri 7 istituti di credito per acquisire tutti i documenti sui conti riconducibili all’ex tesoriere Francesco Belsito, indagato per appropriazione indebita e truffa, ma anche, pare, a Umberto Bossi e più in generale al Carroccio, per andare a ricostruire tutte le movimentazioni di denaro, ‘a caccià  di altri esborsi senza giustificazioni.
Oltre al tentativo di trovare riscontri su elementi già  emersi dall’ inchiesta, come un carnet di assegni rilasciato proprio da Banca Aletti e che reca la scritta “Umberto Bossi”.
Nel frattempo, si è anche saputo che con l’ordine di esibizione, consegnato ieri dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dai pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini nelle mani del nuovo tesoriere Stefano Stefani e alla presenza di Roberto Maroni, i magistrati hanno chiesto “tutta la documentazione riguardante le proprietà  immobiliari e mobiliari della Lega o comunque intestate a rappresentanti o fiduciari del movimento politico”.
Gli inquirenti, inoltre, proprio oggi hanno conferito l’ incarico ad un perito di analizzare tutto il materiale informatico, computer e portatili, sequestrato nel corso delle perquisizioni della scorsa settimana.
Analisi che potrebbero servire anche a trovare tracce dei presunti “fondi neri in entrata” nelle casse del partito.
Mentre per quanto riguarda il capitolo dei soldi che dal Carroccio sarebbero stati dirottati a singoli soggetti, come Bossi, i suoi figli e la moglie, sotto “la lente d’ingrandimento” dei magistrati è finito anche l’ex ministro Calderoli. In una intercettazione, infatti, l’ex responsabile amministrativa di via Bellerio, Nadia Dagrada, dice parlando con Belsito: “E invece quelli di Cald (ndv Calderoli) come li giustifico quelli?”.
E gli investigatori annotano proprio il nome “Calderoli” tra i soggetti destinatari di “rilevanti somme di denaro (…) utilizzate per sostenere esigenze personali (…) estranee alle finalità  ed alle funzionalità  del partito Lega Nord”.
Mentre dall’analisi dei documenti acquisiti ieri nel corso della “visita” alla sede del Sindacato Padano è venuto fuori che tra i pochi dipendenti del Sinpa — non più di tre — una sarebbe la nipote di Rosi Mauro, i militari della Gdf hanno chiesto carte su una decina di conti in alcune filiali della Banca Popolare di Novara, della Bnl, di Unicredit, di Banca Sella, di Carige, del Banco di Napoli e della Banca Popolare di Lodi.
Nella famosa cartella ‘The Family’, infatti, oltre al carnet di assegni di Banca Aletti (istituto da cui sono partiti gli investimenti all’estero e nel quale ci sarebbero diversi conti riconducibili alla Lega), c’è documentazione anche su conti di Bossi e di sua moglie proprio presso la Banca Popolare di Lodi.
In più dalle carte risulta che alla filiale romana del Banco di Napoli da un conto intestato all’ormai presidente del Carroccio vengono fatti due bonifici — da 5 mila euro il 21 aprile 2010 e da 4 mila euro il 13 ottobre 2010 — in favore della moglie, Manuela Morrone, su un conto della Banca Popolare di Bergamo, che sembrerebbe intestato allo stesso Senatur.
Tra i conti acquisiti ci sono sia quelli ‘federalì del Carroccio, ossia quelli su cui avevano potere di firma Belsito e i responsabili amministrativi come la Dagrada, che quelli ‘localì su cui potevano operare i dirigenti delle sedi ‘periferichè del partito. Infine, gli accertamenti su tutti gli “immobili” in uso al “movimento politico” e “ai suoi iscritti”.
I magistrati per fare chiarezza su una tesoriera “opaca” chiederanno “di volta in volta” alla Lega di consegnargli “note informali, appunti” e anche “e-mail”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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SALVATA LA TROTA, ESPULSI ROSY MAURO E BELSITO: ORA QUALCUNO PREGHI CHE NON VUOTINO IL SACCO

Aprile 12th, 2012 Riccardo Fucile

“GIUSTIZIATI” I REPROBI CHE CI HANNO MESSO LA FACCIA: LA CORTE MARZIALE ERA COMPOSTA DA QUELLI CHE SAPEVANO TUTTO O CHE FINO A IERI SCONDINZOLAVANO PER CONVENIENZA PER UN PIATTO DI MINESTRA

Il consiglio federale della Lega Nord, riunito in via Bellerio, ha decretato all’unanimità  l’espulsione dal partito del vicepresidente del Senato, Rosy Mauro e anche dell’ex tesoriere Francesco Belsito, indagato per la gestione dei fondi del partito.
Neanche trattato il caso di Renzo Bossi.
La Mauro si è presentata per una lunga autodifesa di fronte al consiglio federale della Lega.
A quanto si è appreso l’organo decisionale del movimento ha ascoltato un accalorato intervento della Mauro, che ha ripetuto la sua estraneità  a quanto emerso dall’inchiesta, ma alla fine è stata votata l’espulsione, anche per la determinazione di Roberto Maroni che oggi il “Fatto Quotidiano” indicava, sulla base delle intercettazioni, come uno che “sapeva” tutto.
Più veloce l’espulsione dell’ex tesoriere Belsito, non si sarebbe invece parlato di Renzo Bossi.
«Il rancore è prevalso sulla verità »: ha detto Rosy Mauro fuori dalla sede della Lega parlando della sua espulsione.
«La mia epurazione – ha aggiunto – era già  scritta».
«Valuterò tutto, si fa un passo alla volta»: ha anche affermato la Mauro a chi le chiedeva se, dopo l’espulsione dalla Lega, si dimetterà  da vicepresidente del Senato.
«Mi sono tolta un peso dal cuore, non potevo restare nell’ambiguità  e nella ipocrisia»: ha detto anche Rosy Mauro. «
Indietreggiare – ha aggiunto – vorrebbe dire che non c’è verità ».
«Al momento del voto su Rosy Mauro tutti erano presenti. Qualcuno, tra cui Bossi, era uscito dalla stanza, ma prima della votazione, solo per cercare un estremo tentativo di convincere Mauro alle dimissioni da vicepresidente del Senato»: lo ha confermato all’Ansa uno dei dirigenti partecipanti.
Secondo quanto raccontano alcuni leghisti, Umberto Bossi al consiglio federale del Carroccio avrebbe detto: «Se si accerterà  davvero che qualcuno della mia famiglia ha preso dei soldi appartenenti alla Lega io farò un assegno per rimborsare l’intero importo».
Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega Nord, ha saputo dell’espulsione dal Carroccio mentre si trovava a casa sua nel centro di Genova, assieme ai suoi più stretti familiari.
Per lui si tratta dell’ennesima puntata di questa bufera politico-giudiziaria scoppiata nove giorni fa quando scattarono le perquisizioni disposte dalle procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria.
Ora anche le procure di Genova e Bologna hanno aperto fascicoli sulla vicenda.
In questi giorni Belsito ha avuto lunghi colloqui con il suo avvocato per spiegare i contenuti delle intercettazioni e gli spostamenti di denaro sui conti della Lega.
Dai prossimi giorni l’ex tesoriere della Lega non dovrebbe però più poter contare sulla scorta per coprire i circa 500 metri che separano la sua abitazione dallo studio legale.
Secondo quanto si è appreso a Genova gli sarebbe infatti stata revocata la “protezione” assegnata nel 2010 (all’epoca era sottosegretario alla Semplificazione normativa).
Da segnalare che mentre Belsito è indagato, la Mauro non lo è.
Non solo: Boni in Regione è indagato ma non è stato certo espulso, ovviamente perchè è maroniano.
La morale è che avrebbe dovuto dimettersi, oltre alla Rosy Mauro e a Belsito, l’intera classe dirigente della Lega, da Calderoli a Maroni, perchè “non potevavo non sapere”.
Invece c’è chi ha cavalcato la vicenda per un regolamento di conti interno.

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INDAGATO ALESSANDRI, BOSSIANO IN TERRA ROSSA: “MULTE IN CONTO LEGA E CASA NON PAGATA”

Aprile 12th, 2012 Riccardo Fucile

PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE AMBIENTE E LAVORI PUBBLICI, AL CENTRO DI VARI INFORTUNI… COMPRESO I SOLDI RICEVUTI PER LA CAMPAGNA ELETTORALE DA UN’AZIENDA ALLA QUALE E’ STATO TOLTO PER DUE VOLTE IL CERTIFICATO ANTIMAFIA

La sua stella nella Lega è cresciuta all’ombra di Umberto Bossi.
Se non direttamente inserito nel cerchio magico, Angelo Alessandri, classe 1969, nella costellazione bossiana ha sempre brillato di luce intensa.
Ministeri sfiorati più volte, attualmente presidente della commissione ambiente e lavori pubblici alla Camera, e soprattutto anello di congiunzione tra il profondo nord e le cooperative rosse con le quali Alessandri ha sempre dialogato.
Anche e soprattutto grazie al suo incarico ai lavori pubblici.
Ruolo che se non è chiave poco ci manca.
Se non per le decisioni — e i soldi — che da quelli uffici transitano.
Oggi l’onorevole Alessandri, che secondo fonti interne agli inquirenti e come riportato dalla Gazzetta di Reggio, risulta indagato dalla Procura di Reggio Emilia per finanziamento illecito ai partiti insieme a Nadia Dagrada segretaria amministrativa della Lega nord, Giacomo Giovannini, capogruppo della Lega in consiglio comunale a Reggio, Francesca Carlotti, consigliere leghista in Provincia e candidato sindaco a Castellarano nel 2009 e Gianfranco Barigazzi, responsabile amministrativo della Lega Emilia.
Quest’ultimo è l’uomo sul quale gli ex leghisti (e alcuni degli attuali) puntano il dito. L’esposto presentato in Procura e sulla base del quale Reggio Emilia ha aperto un fascicolo con quattro indagati ogni tre righe parla della condotta di Alessandri.
Di come gestiva direttamente la cassa del partito, dell’uso disinvolto del danaro, delle eccezioni che gli venivano mosse e alle quali lui rispondeva con espulsioni.
Il Procuratore di Reggio Emilia, Giorgio Grandinetti, non conferma e non smentisce i nomi degli indagati.
Per poi aggiungere: “Se venisse verificato quello che sostiene l’ex vice segretario della Lega in Emilia, Marco Lusetti, i fatti sarebbero molto gravi”.
Come se non bastasse il potere accumulato, oltre a governare la Lega in Emilia per 11 anni, Alessandri è stato anche presidente federale della Lega nord, posto lasciato a Umberto Bossi il 5 aprile, quando il senatur ha liberato la segreteria e c’era bisogno di un ufficio dove collocarlo.
Ha lasciato a malincuore, ma per il capo questo e altro.
Eppure negli anni, Alessandri, qualche problemino l’ha avuto.
Non guai giudiziari, ma la sua condotta non sempre è stata così limpida.
Ne sa qualcosa un tassista romano, convinto di vendere la propria casa all’onorevole Alessandri, con lui firma un preliminare, ma al rogito si presenta una terza persona, guarda caso anche lui leghista, e che la casa la paga con assegni scoperti.
Casa nella quale Alessandri tutt’ora vive con un contratto di comodato d’uso. Gratuito.
Tutto documentato dalle Iene, trasmissione alla quale il tassista si rivolse per cercare di recuperare qualche soldo.
Ma non è l’unica stravaganza di Alessandri.
Accadde nel 2010 che venne provato come una sessantina di contravvenzioni al codice della strada a suo carico venivano pagate dalla Lega.
Non soldi di finanziamenti pubblici, ma quelli degli iscritti. 70 multe per eccesso di velocità , alcune delle quali annullate dai prefetti competenti.
Altre pagate. Coi soldi del partito.
Quali soldi? Quelli che arrivano dalle campagne elettorali, assegni staccati da grandi aziende.
Come la Bacchi, per esempio, che risulta, seppur con cifre modeste, equamente distribuiti alla Lega, ma anche al Pd, tutti regolarmente denunciati Con un particolare che non è poi del tutto scontato.
Già  perchè proprio alla Bacchi spa di Boretto per due volte è stato ritirato il certificato antimafia su ordine del prefetto di Reggio Emilia, Antonella De Miro, destinataria non più di qualche giorno fa di un paio di proiettili, tanto perchè capisse quanto il suo lavoro di rappresentante del governo sul territorio non sia così apprezzato.
Nella prima occasione l’azienda, era ricorsa al Tar, che a fine luglio dello scorso anno aveva dato ragione alla Bacchi annullando, l’interdittiva antimafia.
Come conseguenza di questo atto il Tar aveva anche cancellato gli atti collegati:   quello del 7 aprile scorso, di Iniziative Ambientali, che sospendeva i lavori per la tangenziale di Novellara e quello del 15 aprile.
Quest’ultimo emesso dalla Provincia di Reggio Emilia che prevedeva la sospensione   del contratto di appalto vinto dalla Bacchi Spa per la manutenzione delle strade provinciali della bassa reggiana.
Poi è arrivato il secondo “stop” ai lavori.
La   firma è del prefetto De Miro, 4 agosto 2011.Nella nuova interdittiva antimafia si può leggere di un “sussistente pericolo di infiltrazioni mafiose tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della ditta Bacchi Spa”.
Perchè il Prefetto di Reggio ha emesso questa nuova interdittiva nei confronti di una ditta che negli anni ha legalmente finanziato il mondo della politica locale con elargizioni regolarmente registrate ad esempio a favore   alla Lega Nord come riportato dal ilfattoquotidiano.it?
Nei mesi scorsi le forze dell’ordine hanno effettuato diversi accertamenti mirati a rilevare la consistenza di un pericolo di permeabilità  alla mafia. Indagini che, secondo il prefetto De Miro avrebbero superato le motivazioni per cui il Tar di Parma ha accolto il ricorso presentato dalla Bacchi.
Nonostante questi piccoli problemi Alessandri non ha mai perso il potere nè il sorriso. E’ rimasto e uno dei delfini di Bossi, è legatissimo e riconoscente a Rosi Mauro, ha continuato a macinare consensi, perchè abile in politica lo è sempre stato.
Un geometra di professione artigiano, come spiega la sua mini biografia di parlamentare, che della mastica pane e Lega da oltre un decennio.
E che nella volontà  di Bossi doveva essere colui che portava la Lega alla presa della rossa Emilia Romagna.
Potere che poi ha dovuto dividere con un altro parlamentare, Gianluca Pini, maroniano della prima ora.
Oggi Alessandri, in un intervista al Corriere di Bologna, si dice pronto a lasciare.
Ma non per i guai giudiziari, ma perchè 11 anni (di successi, dice lui) sono tanti e “se ci fosse un’alternativa all’altezza” si farebbe da parte.
Sul fronte delle indagini, invece, fa sapere al procuratore di Reggio Emilia che ha in mano il fascicolo, di essere a disposizione per poter chiarire.
Anzi, lo invita a essere chiamato prima possibile.
Anche se in realtà  non è così che funziona: i magistrati lo ascolteranno   quando sarà  opportuno per le indagini.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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MINACCE E PERCOSSE ALLA MOGLIE, MA IL VICEPRESIDENTE LEGHISTA DELLA REGIONE LOMBARDIA RISULTA “IRREPERIBILE” AL PROCESSO

Aprile 12th, 2012 Riccardo Fucile

IL VICE DI FORMIGONI E’ STATO DENUNCIATO NEL 2009 PER PERCOSSE ALLA MOGLIE E MINACCE, MA IL PROCESSO VIENE RINVIATO PERCHE’ LE NOTIFICHE AL DOMICILIO DA LUI STESSO INDICATO TORNANO AL MITTENTE IN QUANTO RISULTEREBBE “IRREPERIBILE” … E LA PRESCRIZIONE SI AVVICINA

Il numero due della Regione Lombardia, il vicepresidente Andrea Gibelli, della Lega, è sotto processo a Lodi con l’accusa di minacce e percosse alla moglie, l’architetto Maria Giovanna Venturini.
Dunque non sono 10, come si pensava finora, ma 11 i consiglieri al Pirellone con guai giudiziari.
Quattro i leghisti: Davide Boni, accusato di corruzione, Monica Rizzi, assessore allo Sport, accusata a Brescia di aver fabbricato falsi dossier contro i nemici di Renzo Bossi, detto il Trota; Daniele Belotti, indagato a Bergamo per le violenze degli ultras dell’Atalanta, e Gibelli, appunto, che è anche assessore all’Industria.
Il vice di Roberto Formigoni è stato denunciato nell’ottobre 2009.
Ancora adesso, però, il processo penale, davanti al giudice di Pace, è alle eccezioni preliminari: non è stato possibile notificargli gli atti.
Spediti all’indirizzo indicato dal vicepresidente (la sua casa di Lodi), tornano al mittente perchè il destinatario è “irreperibile”.
Singolare, se si pensa che l’esponente leghista è stato deputato e dal 2010 è vicepresidente di una regione.
La moglie si è rivolta alla procura di Lodi il 27 ottobre 2009.
Nella denuncia-querela la signora Venturini racconta che il 15 ottobre il marito, da cui è separata di fatto dal marzo 2009, arriva a casa sua, intorno alle 18, insieme alle due figlie: “Ferma sull’uscio della porta… consegnavo allo stesso una busta contenente le fotocopie delle fatture relative alle spese straordinarie effettuate per le bambine e l’abitazione famigliare di cui chiedevo il pagamento… Il signor Gibelli si metteva a urlare… il tono della voce era talmente elevato da attirare l’attenzione della vicina di casa… Spaventata dal comportamento di mio marito chiedevo di andarsene… Provavo a chiudere la porta senza riuscirvi… Alla presenza delle nostre figlie minori riusciva a entrare in casa, mi spingeva per terra e mi faceva cadere all’indietro. Io riuscivo a rialzarmi e, disperata, gli chiedevo di uscire… Lui, grazie alla differente forza fisica, spingeva con violenza la porta verso di me, mi schiacciava tra la porta e il muro per ben tre volte, tanto che la porta mi colpiva alla spalla, al braccio e al costato. Altresì sulla faccia. Il giorno dopo presentavo ematomi”.
Due foto ritraggono la signora con ecchimosi sugli zigomi.
Gibelli, sempre secondo il racconto della moglie, è andato via solo quando lei ha chiesto alla vicina di chiamare i carabinieri.
Non prima, però, di averle urlato “Giuro che te ne pentirai”.
Quella frase, la signora Venturini-Gibelli l’ha vissuta come una minaccia: “Mi ha letteralmente terrorizzata dato il “potere” che mio marito è in grado di gestire attesa la sua importanza nel panorama politico nazionale”.
La moglie del vicepresidente della Regione Lombardia quel pomeriggio del 15 ottobre 2009 è finita al pronto soccorso di Lodi dove i medici le hanno dato una prognosi di 15 giorni per “contusione all’avambraccio-omero sx e arcata costa-le dx”.
Nel referto non sono indicati gli ematomi sul viso perchè sono apparsi diverse ore più tardi.
A novembre 2011, rappresentata dall’avvocato Franz Sarno, si è costituita parte civile contro il vicepresidente lombardo “per avere con più azioni consecutive di un medesimo disegno criminoso minacciato di un male ingiusto” la moglie, pronunciando la frase “Giuro che te ne pentirai e per averla schiacciata tra la porta e il muro procurandole lesioni personali”.
Anche l’ultima udienza del processo, a gennaio, è andata a vuoto per l’impossibilità  di inviare gli atti a Gibelli.
L’avvocato Sarno ha chiesto al giudice di Pace di provvedere alla notifica presso la Regione Lombardia dove Gibelli “ricopre la carica di vicepresidente”.
Intanto, l’esponente leghista ha già  guadagnato 3 anni in vista della prescrizione che, a bocce ferme, scatta nell’autunno 2015.

Antonella Mascali |
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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ORO, DIAMANTI, BONIFICI: ECCO I CONTI DI BELSITO E DELLA LEGA

Aprile 12th, 2012 Riccardo Fucile

PER COMPRARE PREZIOSI, BELSITO DIROTTA SUL SUO CONTO 100.000 EURO DEL PARTITO

Vederle scritte come causale di un bonifico bancario, le cifre di quelle consulenze hanno tutt’altro sapore.
Fin qui i rapporti tra Francesco Belsito, ex segretario amministrativo della Lega Nord, e Stefano Bonet, l’imprenditore veneto detto “lo shampato”, entrambi indagati per appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato in relazione ai soldi destinati alla Lega come finanziamento pubblico, erano emersi solo dalle intercettazioni telefoniche del Noe, il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri.
Gli estratti conto dei depositi di Belsito e della Lega, le cui movimentazioni sono giudicate sospette dagli inquirenti della procura di Milano, non sembrano invece lasciare scampo.
Eccoli, i documenti bancari.
Ecco, cifra per cifra, i prelievi di contanti, i bonifici dai conti della Lega a quelli di Belsito, le compravendite di oro, diamanti, valute estere, le operazioni immobiliari che hanno lasciato traccia sui rendiconti dell’istituto di credito che custodiva la cassa del Carroccio.
I BONIFICI
Tra agosto 2011 e gennaio 2012, l’ex segretario amministrativo della Lega riceve dalla Polare tre bonifici: uno da 120mila euro (causale: «vs competenze 2009-2010 compenso professionale»), un altro da 11mila euro («saldo fattura») e un terzo da 180mila euro («saldo fattura numero tre»).
Oltre 300mila euro che sanciscono il legame tra Belsito e la Polytechnic Laboratory of Reasearch (la Polare scarl, appunto), finita al centro dell’inchiesta milanese del secondo dipartimento guidato dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo.
La società  è riconducibile a Stefano Bonet e nelle carte acquisite dal Nucleo tributario della Guardia di Finanza risultano a suo carico anche altre operazioni sospette: nel corso del 2010 la Polare avrebbe ricevuto dalla Siram, società  del gruppo Veolia che opera nella gestione energetica di edifici pubblici e privati, circa 5 milioni dei quali poi la Siram sarebbe rientrata in possesso attraverso un dubbio giro di fatture con altre società  di Bonet.
L’operazione circolare sarebbe servita per lucrare gli incentivi fiscali previsti dalla Finanziaria 2007 per gli investimenti in attività  di ricerca industriale e sviluppo di cui la Polare si occupava.
Perchè poi Bonet, cliente della Siram, società  attività  con molte pubbliche amministrazioni di tutto il Nord Italia, abbia ricompensato l’ex segretario amministrativo della Lega, Belsito, non è dato sapere.
Ma che Belsito si fidasse di Bonet è certo,visto che come segretario amministrativo della Lega gli ha affidato ben 4,5 milioni dei soldi del partito da investire in Tanzania, proprio tre giorni prima (il 30 dicembre 2011) di ricevere l’ultimo bonifico da 180mila euro sui suoi conti personali.
I SOLDI PER GIRARDELLI
Le entrate dei conti correnti di Belsito riservano qualche sorpresa in più,come un altro bonifico da ben 300mila euro.
A versare, a Natale 2009, sono Chiara Spadoni e Marco Sanfilippo.
La causale, «Lotto in Serra Ricco Genova», lascia immaginare una operazione immobiliare.
La Spadoni non sembra essere una figura irrilevante, perchè nel corso del 2011 riceve dai conti della Lega gestiti da Belsito assegni circolari per 240mila euro, mentre Serra Ricco è il paese di residenza di un socio di Belsito nella Effebi Immobiliare, Fabrizio Cassissa, figlio di un agente immobiliare locale.
Nella Effebi siede come socio anche Alex Girardelli, figlio di Romolo Girardelli, “l’ammiraglio”, già  indagato dalla procura di Reggio Calabria e considerato dagli inquirenti un link con la ‘ndrangheta, pizzicato dal Noe al telefono proprio con Bonet.
Il giro di soldi non è chiaro.
Belsito, una settimana dopo aver ricevuto i 300mila euro dalla Spadoni, dispone un bonifico di 52mila euro ad Alex Girardelli. E non finisce qui, perchè il 26 gennaio 2010 altri 132mila euro finiscono a un tale Massimo Ciciriello.
I DIAMANTI
Sui conti di Belsito transita anche un’altra operazione sospetta, portata a termine a dicembre 2011. Il cassiere della Lega diversifica gli investimenti del partito.
Oltre ai tentativi, noti, di acquistare fondi “esotici” in Tanzania e Cipro, di speculare su valute (corone norvegesi e dollari australiani) Belsito pensa bene di buttarsi sull’oro e sui diamanti.
Mentre per l’oro può agire direttamente dai conti della Lega (204mila euro versati alla 8853 Spa, società  che compra e vende oro, dagli anelli ai denti, dai lingotti ai gettoni d’oro), per i diamanti Belsito deve prima trasferire i soldi sui suoi conti e poi operare, poichè la compravendita di diamanti è possibile solo attraverso bonifico e per persone fisiche.
Belsito dirotta 100mila euro della Lega sui suoi conti personali e da lì compra quanto gli viene offerto dalla Intermarket Diamond Business.
I CONTI DELLA LEGA
La stessa padronanza Belsito dimostra nella movimentazione dei rapporti bancari della Lega Nord.
Qui, dopo la scomparsa di Balocchi, Belsito fa il bello e cattivo tempo, tanto da chiedere a Banca Aletti di trasferire gli estratti dei conti correnti al proprio indirizzo di casa a Genova.
Stando alla contabilità  relativa al 2011, il cassiere, senza la necessità  di altre firme, preleva in contanti nell’ultimo trimestre oltre 240mila euro e muove assegni circolari per 900mila euro.
Soldi che, oltre alle operazioni in diamanti e oro e con la Spadoni, finiscono tra gli altri al Sindacato padano (30mila euro), alla Equitalia di Sestri (126mila euro) e al gruppo Immobiliare Minetti (oltre 78mila euro).
«Io non ho mai fatto nulla da solo. In tanti nella Lega sapevano, avevano il controllo di tutti i miei atti. E, per la mia parte, so di aver sempre amministrato correttamente», si è difeso Belsito.

Walter Galbiati
(da “La Repubblica“)

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DA BERLUSCONI 127.000 EURO A NICOLE MINETTI E ALLE GEMELLE DE VIVO, TESTIMONI NEL CASO RUBY, POCHI MESI FA

Aprile 12th, 2012 Riccardo Fucile

INDAGINI SUPPLETIVE DA PARTE DELLA PROCURA: L’ANOMALIA DI UN IMPUTATO CHE PAGA TRE TESTIMONI MENTRE E’ IN CORSO IL SUO PROCESSO

L’imputato che paga 127mila euro a tre testimoni del suo processo solleva sospetti in qualunque dibattimento: ma diventa un caso se il processo è quello di Ruby e del bunga-bunga, se l’imputato generoso è l’ex premier Silvio Berlusconi (appena prosciolto per prescrizione dall’accusa di aver corrotto in un’altra vicenda il testimone David Mills), se i quattro bonifici sono di appena pochi mesi fa e cadono nel pieno delle udienze.
E soprattutto se le beneficiate sono tre importanti testi del suo processo: le gemelle Eleonora e Imma De Vivo, e la consigliere regionale lombarda pdl Nicole Minetti (che è invece imputata nell’altro processo con Lele Mora e Emilio Fede).
La storia, che si stenterebbe a credere se non esistessero le contabili bancarie acquisite dalla Procura dopo la segnalazione dell’Unità  di informazione finanziaria (Uif) di Banca d’Italia, affiora mercoledì dalle «indagini suppletive» notificate a sorpresa dai pm Ilda Boccassini e Antonio Sangermano sia ai difensori di Berlusconi, nel processo dove l’ex premier (prossima udienza lunedì) è imputato di prostituzione minorile per i rapporti con la minorenne marocchina Karima «Ruby» el Mahroug e di concussione per le pressioni sulla Questura milanese la notte del 27 maggio 2010, sia ai legali di Minetti-Mora-Fede nel processo (prossima udienza domani) dove l’ex igienista dentale, l’impresario di starlette tv e l’ex direttore del Tg4 sono imputati di favoreggiamento della prostituzione nelle «cene eleganti» ad Arcore.
Il 14 ottobre 2011 Minetti, cioè la persona accusata di aver gestito gli aspetti logistici delle notti di Berlusconi (reclutamento, affitti in via Olgettina, bollette), sul conto in Banca Intesa San Paolo incassa 15.000 euro inviatigli come «prestito infruttifero» da Silvio Berlusconi, che un mese dopo gliene spedisce altri 40.000 senza causale descrittiva.
Ma già  il primo luglio 2011 Berlusconi, sempre dal proprio conto personale presso il Monte dei Paschi di Siena, con la causale «regalìa» bonifica 42.000 al conto personale di Enzo De Vivo presso l’agenzia napoletana della Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, che il 7 ottobre 2011 incassa dal premier altri 30.000 euro.
Interrogato il 5 aprile scorso dal pm Boccassini, Enzo De Vivo, titolare di un impianto di carburanti, conferma di aver ricevuto sul proprio conto (anzichè su quello delle figlie «per evitare pettegolezzi») i 72.000 euro da una persona mai conosciuta, appunto Berlusconi, ma che le sue figlie gli avevano anticipato avrebbe dato loro un aiuto finanziario: Eleonora e Imma De Vivo, le gemelle dell’ Isola dei Famosi 2008, inserite dai pm tra i testi del processo all’ex premier e tra le «persone offese» del processo a Minetti-Mora-Fede in quanto assidue ospiti delle serate di Arcore, inquiline di un trilocale messo loro a disposizione in via Olgettina, protagoniste di intercettazioni-cult (Berlusconi «lo trovo un po’ out, ingrassato, imbruttito: deve sganciare. Speriamo sia più generoso, io non gli regalo un c…»), definite «un amuleto» dal premier che le invitava a margine dei Consigli dei ministri a Napoli nell’emergenza rifiuti, e così evocate il 15 gennaio 2011 da una ballerina testimone delle notti di Arcore, Maria Makdoum: «Finita la cena il presidente disse: “E ora facciamo il bunga-bunga” e spiegò che cosa era, cioè una cosa sessuale (…) le De Vivo in mutande e reggiseno, il presidente le toccava e loro lo toccavano nelle parti intime».
Il 14 gennaio 2011, giorno dell’invito a comparire a Berlusconi e delle perquisizioni alle ragazze, Eleonora De Vivo era stata trovata in possesso di una copia del proprio verbale datato 26 ottobre 2010 come «indagini difensive» dei legali del premier, che poi avevano ritenuto di non depositarlo.

Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella
(da “Il Corriere dela Sera”)

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LE DONNE DIFENDONO ROSY MAURO: E’ SOLO UN CAPRO ESPIATORIO

Aprile 12th, 2012 Riccardo Fucile

PERINA: “MESSA AL ROGO PER PURIFICARE IL CARROCCIO”…BONIVER: “CONTRO DI LEI CAMPAGNA MASCHILISTA”

Rosy Mauro trattata come una strega, usata come capro espiatorio, vittima del maschilismo che impera nel mondo politico.
Tre donne politicamente e culturalmente diverse come Flavia Perina, Paola Concia e Margherita Boniver decidono di spendere una parola in difesa della vicepresidente leghista del Senato finita sulla graticola per le spese “allegre” del Caroccio.
Ecco allora la Perina scrivere che la Mauro è stata «bruciata sul rogo come le fattucchiere di Salem per purificare la comunità  padana».
«Trovo vergognoso il modo con cui i “capetti della Lega” assetati di sangue, si sono accaniti come un branco di selvaggi nei confronti della Mauro, che pure ben conoscono e che oggi le si scagliano contro solo per ripulirsi la coscienza», aggiunge la Concia.
Che ancora scrive: «Del resto non possiamo certo dimenticare che stiamo parlando di quegli stessi leghisti, campioni di inciviltà , che da un ventennio ci regalano esempi di machismo, misoginia, omofobia, razzismo e xenofobia».
Infine la deputata democratica tocca anche il tema delle dimissioni della senatrice leghista dalla carica di vicepresidente del Senato.
Ma fa notare che se deve lasciare la carica deve farlo solo per «un eventuale illecito, l’utilizzo di finanziamenti pubblici per fini privati e non certo una presunta relazione con il suo capo scorta, che la senatrice ha del resto smentito».
Se fosse questa la motivazione, conclude la Concia, «ho la netta sensazione che dovrebbero dimettersi molti colleghi uomini, visto che si tratta di una pratica molto in uso».
Infine a difesa della senatrice leghista arriva la Boniver. «Opportunità  politica a parte, far dimettere Rosi Mauro evoca con intollerabili accenti maschilisti la necessità  di una capra espiatoria», dice la presidente del Comitato Schengen.
Più cauto il giudizio dell’ex ministro Mariastella Gelmini.
Ad ogni modo, spiega la dirigente del Pdl, «se le accuse che le sono rivolte sono false e ha gli strumenti per dimostrarlo credo che la sua resistenza abbia un senso, diversamentesarebbe un grave errore».

(da “La Repubblica“)

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LE INTERCETTAZIONI: “ANCHE MARONI SAPEVA”

Aprile 12th, 2012 Riccardo Fucile

NELLE REGISTRAZIONI DELLA DIA DI REGGIO CALABRIA, BELSITO DICEVA CHE MARONI LAVORAVA CONTRO BOSSI: “BAFFETTO HA TUTTO IN MANO”…MARONI ERA A CONOSCENZA DELL’OPERAZIONE TANZANIA E LA USAVA CONTRO IL SENATUR….GIRARDELLI RIVELAVA: “ORA INCONTRO BOBO”

A un certo punto la “banda dei quattro” si spacca.
La barca sulla quale sono saliti il tesoriere della Lega Francesco Belsito, l’“ammiraglio” in odor di ‘ndrangheta Romolo Girardelli, il presunto avvocato Bruno Mafrici e l’imprenditore esperto in investimenti off-shore e operazioni di estero-vestizioni, Stefano Bonet, affonda.
“Qui rischio di finire in galera per colpa loro”.   E’ il 19 gennaio scorso quando Paolo Scala, braccio operativo degli investimenti dei fondi della Lega a Cipro e in Tanzania, si sfoga con la moglie e piange a dirotto.
La barca pilotata in modo spregiudicato da Francesco Belsito è un Titanic.
“Tra 2 mesi l’euro salta”
E a poco servono le rassicurazioni che un vecchio amico della Lega, un esperto di materie finanziarie e di flussi economici, come l’ex superministro Giulio Tremonti, fornisce ai suoi amici.
Incontra Belsito nell’agosto del 2011, dice all’imprenditore Bonet che c’è poco da preoccuparsi per i soldi trasferiti all’estero, e Bossi è d’accordo con lui, perchè la Lega aveva voluto diversificare gli investimenti
Che si trattasse di soldi pubblici, contava poco, perchè la Lega “dei risparmi può fare quello che vuole, e se loro non credono nell’euro non vede dove sia il problema, anche in virtù del fatto che fra due mesi l’euro sarebbe saltato”.
A saltare, invece, sono i nervi dell’allegra combriccola, prima unita dal sistema di interessi che ruotava intorno a Francesco Belsito, poi divisa dal crollo della piramide e in preda alla sindrome del “si salvi chi può”.
Una lotta non solo interna al gruppo, ma anche dentro la Lega.
Da una parte il cerchio magico, dall’altra i maroniani.
Tutto ricostruito nell’inchiesta del pm della Direzione antimafia di Reggio   Calabria, Giuseppe Lombardo.
“Tutti uomini suoi”
Chi manovra contro Belsito e il “cerchio magico”? “Baffetto”, vale a dire Maroni, l’uomo che punta al vertice della Lega.
Ne sono certi Romolo Girardelli e il suo interlocutore Lombardelli in una telefonata contenuta nel dossier che la Dia di Reggio ha consegnato ai magistrati.
“Il 23 ci sarà  il Consiglio federale, ha organizzato tutto Baffetto perchè vuole vedere tutto in fondo. Si sono divisi la torta e sapevano già  venti giorni prima che sarebbe stato sferrato l’attacco e per questo erano pronti a difendersi e il Baffetto ha messo tutti uomini suoi, lui è stato in un posto chiave (il Viminale, ndr) per quattro anni”.
E allora i due si dicono d’accordo sul fatto che “conviene chiamare il Baffo per dargli gli elementi per affondare Belsito”.
E allora è guerra di dossier, girandola di incontri.
Il primo tra ‘l’imprenditore Bonet e Maroni lo organizza Lubiana Restaini, un impiegata della Camera molto vicina all’ex ministro dell’Interno. ”
Vedrai, riuscirò a riabilitarti ai loro occhi”. Loro sono Maroni, Giorgetti e Calderoli. “Spingere su Formigoni”
Il summit viene fissato per il 27-28 gennaio in una villa di Varese. La donna rassicura l’imprenditore veneto. “Ormai la linea della Lega è tutta in mano a Maroni, cambierà  il capogruppo della Lega e sarà  un maroniano, e anche Zaia è passato sotto la sua corrente. Stiamo spingendo su Formigoni che ci aprirà  tutta la Lombardia”.
“La mia disponibilità  è totale”, è la risposta di Bonet.
Un uomo terrorizzato che comincia a intuire cosa c’è dietro la fuga di notizie sui 5 milioni e 700 mila della Lega che Belsito ha investito a Cipro e in Tanzania.
Logge
“La massoneria”, gli dice il tesoriere in una telefonata del 24gennaio scorso. Belsito fa il nome di un avvocato in ottimi rapporti proprio con Maroni: Andrea Mascetti, fondatore di “Terra nsubre”, molto legato in passato ai neofascisti, “l’eminenza grigia del sistema di potere che si contrappone al cosiddetto cerchio magico.
”.L’ammiraglio”
Tutti vogliono parlare con “Baffetto-Maroni”: anche Romolo Girardelli, “l’ammiraglio”, ritenuto dalla Procura antimafia di Reggio Calabria, uno dei referenti della cosca De Stefano al Nord.
In una telefonata del 27 gennaio informa il suo sodale Bonet che presto incontrerà  Maroni e Calderoli.
Ma cosa spaventava il gruppo, tanto da indurre Stefano Bonet a scrivere un memoriale-dossier da inviare addirittura in Vaticano, per “evitare problemi con la Santa Sede qualora qualcuno gli avesse richiesto delle spiegazioni nella vicenda Belsito e i soldi della Lega”?
La pubblicazione dei primi articoli sullo scandalo dei fondi esteri.
Il primo è del Secolo XIX e viene pubblicato l’8 gennaio. C’è tutto sui soldi transitati a Cipro e diretti in Tanzania, tutto particolareggiato.
Talpe maroniane? Il sospetto che Belsito scarica addosso all’intimorito Bonet è che sia tutta opera di “talpe” leghiste legate a Maroni che passano veline ai giornali.
È iniziata la guerra.
“Hai preso gli orologi”
Girardelli litiga ferocemente con Belsito. “Ti ha regalato gli orologi e non me ne hai dato neanche mezzo a me… e i soldi che ti sei pigliato da shampato (Bonet, ndr) per i cazzi tuoi…”.
Quanto basta per iniziare una campagna per “distruggere” Belsito.
L’8 gennaio Girardelli parla con un amico che è pronto“ a dare ai giornali nuovi elementi su Belsito”
Castelli e i telefoni
Ma bisogna stare attenti ai telefoni e alle cose che si dicono. Stefano Bonet lo avverte del rischio che i telefoni siano intercettati. “Me lo ha detto il senatore Castelli” (ex ministro della Giustizia, ndr).
Bonet & compagnia hanno la certezza che la parabola politica di Belsito, di Bossi e del suo cerchio magico è alla fine.

Enrico Fierro e Lucio Musolino
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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PER LE DIMISSIONI DI ROSY MAURO E’ BRACCIO DI FERRO TRA BOSSI E MARONI: MA SPUNTA LO STATUTO CHE IMPEDISCE A MARONI DI FARE IL SEGRETARIO

Aprile 12th, 2012 Riccardo Fucile

OGGI RESA DEI CONTI AL CONSIGLIO FEDERALE…IPOTESI SOSPENSIONE PER NOVE MESI CHE IMPEDIREBBE LA CANDIDATURA DELLA ROSY MAURO ALLE PROSSIME ELEZIONI…L’ART 15 DELLO STATUTO VIETA CHE PRESIDENTE E SEGRETARIO SIANO DELLA STESSA REGIONE

Belsito sì, la Rosy chissà . L’unica cosa certa, in questo consiglio federale della Lega che si riunisce oggi in via Bellerio è l’espulsione dell’ex tesoriere, che tra l’altro è già  stato costretto alle dimissioni dall’incarico di partito.
Rosy Mauro, invece, non vuole lasciare la poltrona di vicepresidente del Senato, nonostante glielo abbia chiesto Bossi con una telefonata.
E nonostante la terra bruciata che le stanno facendo intorno nell’aula del Senato.
A cominciare dal presidente Renato Schifani, che ieri presiedeva la seduta al posto della Mauro, rimasta nel suo ufficio.
E continuerà  a farlo, come ha spiegato alla capogruppo del Pd Anna Finocchiaro, «fino a quando ci sarà  l’opportunità  di salvaguardare il decoro dello Stato».
Sul fronte interno alla Lega, le cose sono un po’ più complicate.
«Rosy Mauro ha disobbedito a un ordine del presidente federale», è l’accusa dei rinnovatori raccolti attorno a Maroni.
L’ex ministro ne parla anche ospite di Vespa a Porta a Porta dove discute di Bossi, che «si è reso conto di aver sbagliato con me»; di « unità  padana: basta gufare: inizia la fase nuova. Ci sono le condizioni per ripartire con l’unità  interna. Ho visto un sondaggio, possiamo arrivare al 15%».
Poi liquida la teoria di Bossi sul complotto: «Non credo che ci sia un complotto dei servizi segreti nè della magistratura. L’errore è nostro che non abbiamo controllato. Lo so bene perchè sono stato ministro dell’Interno».
E infine torna su Rosy Mauro rispondendo così a Vespa che gli chiede se la Mauro oggi sarà  espulsa: «Al consiglio federale si capirà  se la permanenza di alcuni dirigenti è ancora possibile; la mia posizione è che si debba fare pulizia dei traditori e dei comportamenti non da leghisti».
E ancora: «Il partito le chiede di dimettersi e lei si deve sentire obbligata».
Sta di fatto che alla vigilia del federale, sono in pochi a scommettere che per “la badante”, come da anni la chiamano i suoi nemici interni, oggi sarà  davvero il giorno dell’addio forzato al Carroccio.
Il fatto è che Bossi, nonostante quella telefonata, appare molto più prudente di Maroni.
Tanto che sulla cacciata della Mauro tra i due sembra profilarsi un braccio di ferro che confermerebbe le riserve dell’ex segretario sulla marcia trionfale di Bobo verso la conquista del partito al congresso federale anticipato a fine giugno.
«La Rosy è brava, non è come la dipingono, vediamo», ha ragionato a voce alta il Senatùr alla fine del suo intervento alla «serata delle scope».
Ma non solo quelle parole a seminare più di un dubbio sullo scenario che ancora ieri Maroni immaginava: il “federale” chiederà  formalmente alla Mauro di lasciare la poltronissima del Senato, e se lei dovesse opporre un nuovo rifiuto scatterebbe l’espulsione.
Riserve di Bossi a parte, di sicuro – considerata la composizione del parlamentino leghista – ci sarà  qualcuno pronto a frenare sulla proposta della cacciata ignominiosa. Tuttavia qualcosa bisognerà  pur fare, ed ecco allora profilarsi una seconda ipotesi: una sospensione di nove mesi, che per statuto è la massima sanzione dopo l’espulsione.
Se così fosse, la Mauro verrebbe pure degradata,in modo automatico, da “militante” a “sostenitore”.
E non sarebbe più ricandidabile alle elezioni politiche dell’anno prossimo.
È solo un’ipotesi, oggi tutto è possibile.
Ma il solo fatto che venga affacciata la dice lunga sulle tensioni che si registrano ai piani alti della Lega.
Intanto, a spulciare lo Statuto, non sembra immaginabile che a giugno il congresso possa confermare il Senatùr nella carica di presidente con Bobo leader.
L’articolo 15, infatti dice in modo chiaro che presidente e segretario non possono appartenere alla stessa “nazione” (vuole dire regione, nel complicato linguaggio dei leghisti).
Un bel problema, anche se Maroni, sempre da Vespa, dice che lo statuto della Lega «si può anche cambiare».
Sarà , ma Bossi ieri è tornato a marcare qualche distanza da Bobo.
Nell’intervista alla Padania oggi in edicola, il vecchio capo così commenta la “visita” dei leghisti ai pm milanesi che indagano sui conti del partito: «Hanno fatto bene ad andare con Maroni per dirsi disponibili ai chiarimenti, manon dimentichiamoci che i tempi della politica non li decide la magistratura ».
Poi la messa in guardia da «eventi esterni che aspettano solo il momento opportuno per cavalcare divisioni e sperare di rompere l’unità  della Lega».

Rodolfo Sala
(da “la Repubblica”)

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