Destra di Popolo.net

CHI LA FA L’ASPETTI: SU “PANORAMA” UN DOSSIER SUI PRESUNTI AFFARI DI MARONI RACCOLTO DALL’EX TESORIERE BELSITO

Aprile 18th, 2012 Riccardo Fucile

IL BARBARO TRASOGNANTE GRIDA AL COMPLOTTO E CONVOCA UNA SINGOLARE CONFERENZA STAMPA PER SMENTIRE QUELLO CHE ANCORA NON ERA STATO PUBBLICATO… A CHE TITOLO MARONI ERA A CONOSCENZA DEL CONTENUTO DEL DOSSIER?

Nella Lega Nord c’era chi da mesi stava preparando con scrupolo un velenoso dossier per screditare Roberto Maroni secondo una tesi, per rilevarne gli intrallazzi secondo un’altra corrente di pensiero
Lo rivela Panorama nel numero in edicola.
Il settimanale racconta in un lungo servizio come l’ex tesoriere Francesco Belsito, dal gennaio scorso abbia incaricato un detective privato genovese, coadiuvato da alcuni collaboratori, di indagare sulla vita e sugli affari dell’ex ministro dell’Interno.
“Non appena ho capito chi fossero i miei nemici (dentro alla Lega Nord ndr), ho deciso di fare un po’ di ricerche su quelli che sostengono di essere ‘trasparenti’, ‘puliti’ e’corretti’.
Presto ognuno dovrà  assumersi le proprie sabilità ” ha detto Belsito a Panorama.
L’investigatore, incontrato dal settimanale, aveva già  lavorato per scoprire chi fossero gli autori di una biografia denigratoria su Internet dell’ex tesoriere.
Per questo lavoro è stato pagato con soldi del partito.
Parte del dossier su Maroni, a quanto risulta a Panorama, dovrebbe essere stato sequestrato dagli inquirenti durante le recenti perquisizioni a casa di Belsito. Maroni, in una lunga intervista a Panorama, ha commentato:
Nel dossier finiscono così note su frequentazioni, amicizie, presunti affari loschi. Un esempio? Si sa che hanno seguito una «pista» nautica.
E’ noto che a Maroni piace la vela.
E che cosa hanno trovato gli investigatori? Tre imbarcazioni: un catamarano e due motoscafi. Il primo sarebbe intestato a una società  di un prestanome.
Uno dei motoscafi, invece, sarebbe stato recentemente trasferito a Portorose in Slovenia.
Il Senatur sapeva del dossier? «Gli ho detto che mi sentivo accerchiato e che stavo cercando di capire alcune cose su Maroni. Se mi ha scoraggiato? In realtà  non mi ha detto niente» ha dichiarato Belsito a Panorama.
Maroni visibilmente pallido ha pensato bene di convocare una conferenza stampa per rispondere ad accuse che nessuno ancora ha letto, salvo lui .
“Pretendo di sapere se davvero qualcuno all’interno della Lega mi ha spiato. e, accertate le responsabilità , i colpevoli dovranno essere cacciati. A tutti i livelli”.
Il delirio di onnipotenza dell’ex ministro (ci voleva Berlusconi per assegnargli un ruolo così delicato come gli Interni) lo ha portato a mettersi a gridare al complotto e auspicare le solite cacciate dalla Lega.
Forse avrebbe fatto meglio ad attendere l’uscita di Panorama e poi difendersi dalle accuse che gli sono state avanzate.
Non si possono pretendere spiegazioni dagli altri e poi rifiutarsi di darne se i rilievi riguardano la tua persona.
Anche stavolta il sassofonista ha steccato.

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I DIAMANTI DI ROSI: INSIEME A STIFFONI AVREBBE ACQUISTATO 300.000 EURO DI PIETRE PREZIOSE

Aprile 18th, 2012 Riccardo Fucile

PER BELSITO SI TRATTAVA DI CUSTODIRE BENI PER CONTO DELLA LEGA, PER ROSY DI INVESTIMENTI PERSONALI DEI SUOI RISPARMI

Per la Procura di Milano è ormai quasi certo che il vicepresidente del Senato Rosi Mauro e il senatore Piergiorgio Stiffoni abbiano ricevuto, lo scorso marzo, diamanti per 300 mila euro.
Quel che resta da capire è se quell’acquisto sia stato un investimento personale dei due parlamentari, come loro stessi sostengono, o se siano stati usati i soldi della Lega, come invece avrebbe fatto Francesco Belsito, l’ex tesoriere della Lega indagato e che sarà  probabilmente presto convocato per un interrogatorio
I pm milanesi stanno ancora sbrogliando la matassa del `tesoro’ della Lega. Se da un lato sono convinti che l’ex amministratore, ora espulso dal movimento, abbia prelevato dalle casse di via Bellerio i soldi per comprare gli 11 diamanti e i 10 lingotti d’oro, restituiti al Carroccio, dall’altro stanno accertando che fine abbia fatto il `malloppo dai molti carati’ che i due senatori, per gli inquirenti, hanno ritirato circa un mese fa.
Rosi Mauro nei giorni scorsi ha ripetutamente smentito l’acquisto «con i soldi della Lega».
E in serata in tv ha spiegato di aver «comprato tante cose» con «i miei risparmi», anche «le case». «I miei 730 parlano – ha sottolineato – e sono pubblici come i miei investimenti».
Tra la messe di carte dell’inchiesta sequestrate dalla Guardia di Finanza, nel frattempo, è stato individuato il certificato dell’avvenuta consegna dei diamanti – comprati dalla `Intermarket Diamond Business’ – firmato dalla `ex pasionaria’ della Lega e da Stiffoni.
Centomila euro di investimento per la vicepresidente di Palazzo Madama e 200 mila euro per il senatore.
Saranno però solo gli accertamenti in corso a dire se l’operazione sia stata effettuata con denaro dei due parlamentari o con i fondi del movimento.
Ciò che è stato accertato finora è che i due hanno aperto ciascuno a gennaio un conto personale alla Banca Popolare di Novara, che a febbraio poi è stata realizzata la compravendita attraverso quei conti accesi `ad hoc’ e che a marzo, stando ai documenti raccolti, i preziosi alla fine sono stati consegnati in sicurezza da un apposito corriere.
Gli investigatori stanno verificando se ci siano stati passaggi di denaro, attraverso bonifici, da altri istituti di credito, in particolare dalla Banca Aletti, anche in assenza di segnalazioni in base alla normativa anti-riciclaggio.
Proprio su questo capitolo dell’inchiesta Piergiorgio Stiffoni anche oggi ha ripetuto di voler presentarsi il prima possibile al quarto piano del Palazzo di Giustizia milanese con documenti a riprova della sua versione: «Incontrerò nelle prossime ore i magistrati che stanno indagando perchè venga fatta completa chiarezza». In questi anni, ha aggiunto, «ho avuto la possibilità  di risparmiare del denaro che, d’accordo con i miei familiari, è stato oggetto di investimenti nello scorso mese»

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NEL PDL SI AGGIRANO LE TESSERE FANTASMA

Aprile 18th, 2012 Riccardo Fucile

DA IMPERIA A SALERNO, DA MODENA A VICENZA, EMERGE IL GRANDE PASTROCCHIO CHE HA PORTATO A 1.200.000 ISCRITTI…E IN QUALCHE CASO SI STANNO MUOVENDO ANCHE LE PROCURE

Ora che ci sono stati i congressi provinciali, l’ultimo sabato scorso a Modena, si possono tirare le somme.
Il Pdl ha avuto risultati straordinari, non tanto nell’affluenza per scegliere i vari coordinatori, ma nel boom di iscritti.
Si parla di un milione e 200 mila: nel 2010 erano appena 100 mila.
E’ vero che è la prima campagna estesa a tutti, mentre l’anno scorso potevano iscriversi solo chi ricopriva cariche nel partito.
Ma certi dati saltano agli occhi.
Accade ad esempio di trovare più tesserati in Campania che nella più popolosa Lombardia.
E’ il costo di 10 euro a tessera che ha scatenato il brivido della militanza? O c’è stata qualche irregolarità ?
Certo è che a Salerno si è addirittura mossa l’Antimafia. Il fascicolo aperto dai magistrati è un filone dell’inchiesta “Linea d’ombra” già  conclusa e giunta a dibattimento dove tra gli imputati c’è anche l’ex due volte sindaco, più votato d’Italia, di Pagani e consigliere regionale Pdl Alberico Gambino.
Punto di riferimento nell’agro nocerino di Nicola Cosentino e braccio destro di Edmondo Cirielli, presidente della Provincia di Salerno, parlamentare che siede in commissione Difesa e primo autore della nota legge che riduceva i termini di prescrizione.
L’indagine sulle tessere sarebbe partita dall’ascolto di un’ intercettazione agli atti del processo “Linea d’ombra”: «A Pagani si ragiona comprandosi i voti a 50 -100 euro». Frase pronunciata da un indagato, degna di approfondimento, secondo gli investigatori.
I sospetti però non hanno bloccato i congressi provinciali del Pdl in Campania, dove ha votato il 60 per cento dei 120 mila iscritti totali. Il numero di tessere esprime la forza di una corrente, e per raggiungere un accordo precongressuale con gli altri candidati è necessario mostrare i muscoli, cioè le tessere. E se aumenta il numero di tesserati, maggiore sarà  l’attenzione dei vertici nazionali verso quei territori e nei confronti di quei militanti che hanno contribuito a ingrassare le casse del partito.
Boom di iscritti (5.800) anche in provincia di Modena.
Un exploit nel feudo del Pd che lascia perplessi molti.
Dopo la denuncia di Isabella Bertolini, deputata fedelissima dell’ex premier Berlusconi ed ex coordinatrice modenese del partito, il congresso previsto a febbraio si è tenuto il 14 aprile, con un partito commissariato.
Sue le denunce pubbliche sulle ‘strane’ presenze tra i nuovi tesserati: «Stranieri senza cittadinanza, cittadini iscritti ad altri partiti – Forza Nuova e Fli – e almeno un centinaio di imprese edili coinvolte nel tesseramento, tutte provenienti dal Casertano».
«Dopo la mia denuncia i vertici nazionali sono intervenuti e sono state sospese 380 tessere», spiega a “l’Espresso” Bertolini.
Le sue preoccupazioni avevano un fondamento. Gregorio Fontana, responsabile nazionale del tesseramento, conferma la sospensione del «5 per cento delle tessere per aspetti formali».
A traghettare il Pdl modenese fino alla votazione, e a indagare su eventuali irregolarità  nel tesseramento da Roma, è arrivato Denis Verdini.
A lui è toccato l’arduo compito di mettere in riga un partito tormentato dalle correnti:da una parte il blocco di potere guidato dal senatore Carlo Giovanardi e dall’avvocato dellutriano Giampiero Samorì, dall’altra Bertolini, sola e contro tutti. Alla fine la deputata ha ritirato all’ultimo minuto la lista, offrendo così la vittoria alla corrente di Giovanardi e Samorì.
Indagano intanto le Procure di Vicenza e Treviso per falso e violazione della privacy. Nomi degli iscritti sul registro degli indagati non ce ne sono.
Una delle ipotesi? Qualcuno ha copiato i nomi degli iscritti alle associazioni venatorie.
E così ignari cacciatori trevigiani e vicentini sono diventati a loro insaputa militanti Pdl.
Nel vicentino le tessere richieste toccano quota 15.767, di queste, 7.900 sono risultate incomplete.
Oltre ai cacciatori, tra gli iscritti c’era anche l’imprenditore Massimo Calearo, alcuni leghisti, qualche comunista, defunti, carabinieri e un esponente dell’Udc.

Giovanni Tizian
(da “L’Espresso”)

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CORRUZIONE, IL TESTO DEL GOVERNO PREVEDE AUMENTO DELLE PENE MA NESSUN INTERVENTO SULLA PRESCRIZIONE

Aprile 18th, 2012 Riccardo Fucile

PREVISTI SETTE ANNI DI CARCERE PER I TANGENTISTI, MA I CRITERI DI CALCOLO PER L’ESTINZIONE DEL REATO RESTANO GLI STESSI…. CAMBIA LA CONCUSSIONE, INTRODOTTA LA CORRUZIONE TRA PRIVATI

Pene aumentate per corruzione e concussione, ma nessun intervento mirato per allungare in modo significativo i tempi di prescrizione, indicati anche dalle istituzioni internazionali come uno dei maggiori ostacoli alle effettive condanne dei tangentisti. E’ il contenuto dell’emendamento del governo al disegno di legge sulla corruzione, depositato dal ministro della Giustizia Paola Severino.
L’emendamento, che sarà  discusso in Commissione giustizia alla Camera a partire da maggio, prevede pene da tre a sette anni di reclusione per la corruzione in caso di atti contrari ai doveri d’ufficio (art. 319 del codice penale, che attualmente prevede pene da due a cinque); da uno a cinque anni per la corruzione per atti d’ufficio, cioè quando un funzionario pubblico “vende” un atto che dovrebbe concedere per legge (art. 318, oggi da sei mesi a tre anni).
Sul tema caldo della concussione (art. 317), uno dei reati contestati a Silvio Berlusconi nel processo “Ruby”, l’emendamento del governo Monti propone l’aumento della sola pena minima, che passa da quattro a sei anni, mentre resta immutata la massima, 12 anni.
Ma è la riformulazione del reato che potrebbe avere conseguenze sul processo contro l’ex premier e su tutti quelli incentrati sullo stesso reato.
“L’emendamento si propone di circoscrivere la concussione”, si legge nella relazione di accompagnamento al testo presentato dal ministro Severino, e “a tale limitazione si accompagna la netta differenziazione delle ipotesi di costrizione e induzione”.
Al di là  degli aspetti tecnici, è il fatto stesso che il reato cambi a mettere a rischio i relativi processi, con una prevedibile valanga di ricorsi e probabili annullamenti di sentenze in Cassazione.
“Tutte le norme incidono sui processi in corso”, ha dichiarato in proposito il ministro Severino, sollecitata dai giornalisti.
“Dobbiamo avere il coraggio di intervenire e se si interviene seriamente e con razionalità  nessuno può dire che si è intervenuti per incidere su un processo o un altro. Questa è la fisiologia, non la patologia del sistema”,
C’è un altro punto controverso.
L’aumento delle pene massime per la corruzione fa automaticamente aumentare i tempi di prescrizione, ma non di molto.
I sette anni previsti comportano una prescrizione a 8 anni e nove mesi, contro i sette e mezzo attuali.
L’ordine di grandezza, insomma, resta uguale, e come succede oggi molti dibattimenti contro i “colletti bianchi” dell’impresa e della pubblica amministrazione accusati di malversazioni continueranno a finire in nulla.
Con la doppia beffa per la collettività  del danno subìto e delle spese per indagini e procedimenti giudiziari destinati a morire.
Il testo del governo è contenuto nell’emendamento all’articolo 9 del ddl anticorruzione, attualmente in discussione alle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera.
La seduta congiunta, durata meno di un’ora, ha però proseguito l’esame dell’articolo precedente, come da ordine dei lavori.
L’ufficio di presidenza ha poi fissato al 4 maggio il termine per la presentazione dei subemendamenti , e ha stabilito la riconvocazione delle commissioni per l’8 maggio.
L’emendamento governativo introduce anche il reato di “traffico d’influenze”, tipo delle “cricche” politico-imprenditoriali delineate da diverse inchieste giudiziarie degli ultimi anni, e la corruzione tra privati.
“Abbiamo voluto intervenire con un’azione di riordino del sistema”, afferma il ministro Severino, perchè il tema della corruzione “è di rilevanza fondamentale per il Paese”.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, Severino ha sottolineato che “tutte le norme incidono sui processi in corso. Sfido chiunque a trovare una norma, anche la più banale, che non incida sui processi in corso”.
Nessun intervento, invece, sul falso in bilancio, altro tema sollevato durante il dibattito sulla legge anticorruzione.
”Sul falso in bilancio c’è una serie di proposte di legge pendenti in Parlamento. E’ una materia diversa” dalla corruzione, precisa il Guardasigilli, “con una sua autonomia e una trattazione separata. Quando arriveranno i tempi parlamentari” per affrontare l’argomento, “il governo non si sottrarrà  ai suoi doveri”.

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IL PD TREMA ANCHE IN EMILIA: INDAGATI CONSIGLIERE REGIONALE E SEI DIRIGENTI ASL

Aprile 18th, 2012 Riccardo Fucile

LA PROCURA DI PIACENZA PROCEDE PER L’IPOTESI DEI REATI DI TRUFFA, ABUSO D’UFFICIO E FALSO IDEOLOGICO IN ATTI PUBBLICI

Un nuovo guaio giudiziario investe il Partito Democratico dell’Emilia Romagna.
Questa volta è la sanità  a far muovere i magistrati.
Sette persone sono indagate dalla Procura della repubblica di Piacenza nella vicenda giudiziaria relativa ai rapporti tra il Centro medico Inacqua Baia del Re e l’Asl della città  emiliana.
Il primo piano della struttura, alla periferia di Piacenza, ospita una ventina di medici del Polichirurgico che esercitano in quegli studi la libera professione, grazie a un accordo firmato dalla direzione ospedaliera con una società  cooperativa piacentina.
Proprio questa situazione è al centro dell’attenzione degli inquirenti. Le accuse ipotizzate sarebbero di abuso d’ufficio, cui si aggiungerebbero ipotesi di truffa e falso in atto pubblico.
Gli indagati sono Marco Carini, ex presidente della cooperativa Inacqua, Legacoop Piacenza, attualmente consigliere regionale Pd e componente delle commissioni per la salute, politiche sociali e politiche economiche della Regione Emilia Romagna; Andrea Bianchi, direttore generale dell’Asl di Piacenza; il suo precedessore Francesco Ripa di Meana (ora direttore generale dell’Asl di Bologna); due ex direttori amministrativi dell’Asl di Piacenza (Luca Baldino, attualmente direttore amministrativo dell’Asl di Bologna, e Francesco Magni); Claudio Arzani, responsabile della direzione amministrativa della rete ospedaliera Asl; Stefano Mistura, ex direttore sanitario dell’Asl.
La vicenda è quella dell’attività  ‘intramoenia’, la libera professione dei medici ospedalieri regolata della legge 120 del 2007.
Per consentire questa attività  dei medici dipendenti, la direzione dell’Asl ha deciso di affittare il primo piano del nuovo edificio realizzato dalla società  Inacqua in via Caffi, nella zona della Farnesiana.
L’accordo e’ finito nel mirino della Procura, anche dopo una serie di esposti che avevano segnalato presunte irregolarita’.
Il pm Ornella Chicca ha affidato agli uomini del Nucleo investigativo dei carabinieri una lunga serie di accertamenti; secondo gli investigatori vi sarebbero irregolarita’, che sono state segnalate alla Procura. Militari dell’Arma sono tornati negli uffici amministrativi del Polichirurgico di Piacenza per acquisire documentazione ed hanno eseguito nei giorni scorsi accertamenti all’interno del Centro medico Inacqua Baia del Re.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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SONDAGGIO SWG COMUNALI DI GENOVA: DORIA 52%. MUSSO 20%, VINAI 13%, RIXI 4,5%, PUTTI 4%

Aprile 18th, 2012 Riccardo Fucile

TRA I PARTITI STABILE IL PD AL 32%, CROLLO IDV AL 4%, SEL SALE AL 5,5%, BOOM LISTA DORIA AL 7%, GRILLINI FERMI AL 4,5%…   MUSSO TRAINA LA LISTA CIVICA DI CENTRO AL 14,5%…CROLLANO IL PDL AL 14% E LEGA AL 5%

Il sondaggio Swg, realiazzato per conto di Italia Futura, pare non lasciare spazio a dubbi: il candidato del centrosinistra Marco Doria naviga oltre il 50% dei consensi, in una forbice tra il 50% e il 54% per l’esattezza, e potrebbe risultare eletto già  al primo turno.
Con tutte le riserve che richiedono questo genere di previsioni, vediamo nel dettaglio quali sono i risultati della Swg, partendo da un dato che spiega poi i risultati emersi.
La percentuale degli astensionisti e degli indecisi è alta, intorno al 50%. Andrà  sicuramente a votare il 62% dei genovesi, ma qui sta la notizia: ben il 73% di chi vota per il centrosinistra, solo il 58% di chi vota per il centrodestra.
Tradotto: l’elettore di centrodestra è deluso e molti non andranno a votare.

La classifica dei candidati sindaci
Marco Doria (centrosinistra) è dato in una forbice tra il 50% e il 54%. Segue Enrico Musso (lista civica e Terzo Polo)   tra il 18% e il 22%. Poi Pierluigi Vinai (Pdl) tra l’11% e il 15%. Edoardo Rixi (Lega) tra il 3% e il 6%, Paolo Putti (5 Stelle) tra il 3% e il 5%.

Le previsioni per i partiti
Centrosinistra: Pd 32% (alle regionali   2010 aveva il 31,7%), Idv 4% (aveva il 10%), Sel 5,5% (aveva il 2,8%), Fed Sinistra 2%, Lista Doria 7%, % Stelle 4,5%
Lista civica Musso e Terzo Polo: 14,5%
Centrodestra: Pdl 14% (aveva il 21,5%), Lega 5% (aveva l’8,5%)

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LA PROVOCAZIONE DI “LIGURIA FUTURISTA”: IL PROSSIMO SINDACO DI GENOVA SI IMPEGNI A CREARE UN ASSESSORATO CHE VIGILI CONTRO LE INFILTRAZIONI DELLA ‘NDRANGHETA NEGLI APPALTI PUBBLICI

Aprile 18th, 2012 Riccardo Fucile

“IN UNA REGIONE ORMAI AL CENTRO DI TROPPE INCHIESTE SULLE INFILTRAZIONI MAFIOSE NEI LAVORI PUBBLICI, CHIEDIAMO AL FUTURO SINDACO UN IMPEGNO CONCRETO   E UN SEGNALE FORTE DI CAMBIAMENTO”

Non passa mese ormai che le cronache liguri non riportino notizie relative ad “affari” tra esponenti della criminalità  organizzata e esponenti politici locali: un fenomeno che sta assumendo proporzioni sempre più vaste e devastanti in un intreccio, svelato da numerose inchieste giudiziarie, che va da Ventimiglia allo Spezzino, ma con solidi ancoraggi anche a Genova.
Tanto da far ritenere che la Liguria rappresenti al Nord la regione con la maggiore ramificazione tra interessi della ‘ndrangheta e casta politica.
Poichè il Comune di Genova è stato spesso al centro di polemiche per lavori affidati ad aziende sospette che spesso agiscono in regime di monopolio, per non parlare dei numerosi scandali che hanno caratterizzato gli ultimi anni della gestione di troppi comuni (arrivando nel ponente persino allo scioglimento di consigli comunali per infiltrazioni mafiose), riteniamo che il “ripristino della legalità ” debba essere una priorità  per il futuro sindaco di Genova.
Eppure questo tema viene toccato quasi con fastidio dai candidati alla poltrona di primo cittadino e ciò pone diversi interrogativi.
Per questa ragione “Liguria Futurista” chiede ai candidati di sottoscrivere un impegno davanti ai propri elettori: la creazione, se non di un assessorato, almeno di organismo certificato e qualificato di controllo sulla gestione degli appalti nella nostra città .
Che estrometta dai lavori chi ha procedimenti in corso e sia attenzionato dalle Procure per fatti riconducibili a organizzazioni malavitose.
Genova sia d’esempio e prenda una posizione chiara: basta appalti, subappalti e lavori affidate ad aziende sospette di collusione con la ‘ndrangheta.
“Vediamo chi ci sta” e chi invece, per interesse o viltà ,   si nasconde dietro un dito.

LIGURIA FUTURISTA
Ufficio di Presidenza

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NEL VENETO TRADITO DA BOSSI: “ORA MARONI DOVRA’ TRATTARE CON NOI”

Aprile 18th, 2012 Riccardo Fucile

NEL REGNO DELLA LIGA VENETA ARIA DI RIVOLTA ANTI-LOMBARDA… IL BOSSIANO GOBBO: “AVANTI COSI’ E IL PARTITO IMPLODE: CI MANDANO TUTTI A CASA”

Ogni maledetto venerdì in un’azie nda del trevigiano o del vicentino o del bellunese, una delle aree più ricche d’Europa, un imprenditore aspetta che escano gli operai e la segretaria, chiude il libro contabile e apre il cassetto con la pistola o scende nel capannone e si impicca.
Perchè non ha più la forza di andare in piazza, al bar, a messa, di incrociare lo sguardo dell’operaio amico o del cognato impiegato senza stipendio da mesi.
Dall’inizio della crisi gli imprenditori e gli artigiani suicidi in Veneto sono cinquantadue, dodici dall’inizio dell’anno.
Quasi sempre a fine settimana e fine mese, dopo l’estremo tentativo di rimettere in moto gli affari, l’ultimo sollecito di pagamento ricevuto o inviato, l’ultima inutile visita in banca.
“Nelle assemblee ormai ci guardiamo intorno, chi sarà  il prossimo?” dice uno dei presenti l’altro giorno a Vigonza, vicino a Padova, alla fondazione di “Speranzaallavoro”, l’associazione dei familiari degli imprenditori suicidi, guidata da due giovani orfane, Laura Tamiozzo e Flavia Schiavon.
In questo clima si può immaginare come il laborioso Nord Est possa accogliere il bollettino quotidiano della padanopoli di via Bellerio, i lingotti d’oro di Francesco Belsito, i diamanti di Rosi Mauro, i rotoli di euro dei figli di Bossi, gli appartamenti di famiglia.
Perfino il bossiano più ortodosso, Gian Paolo Gobbo, segretario regionale della Lega (“Il mio imam in Veneto” dice il Senatur) allarga le braccia e ammette: “Avanti così e   Lega implode, muore. Ci mandano a casa tutti”.
Sul ponte di Caorle, una specie di dazebao dei malumori locali, dove negli anni Ottanta avevo letto il primo slogan proto leghista (“Roma ne ciucia el sangue”), oggi campeggia un definitivo: “LEGA LADRONA”.
Quella scritta l’ha vista anche Bepi Covre, leghista eretico ma della prima ora, ex sindaco di Oderzo e fondatore con Cacciari e l’indimenticato Giorgio Lago del movimento dei sindaci anni Novanta, silurato in tandem da Bossi e D’Alema.
Vado a trovarlo nella sua fabbrica, mobili e ferramenta.
“Come va? Resisto. Non ho fatto un’ora di cassa integrazione. L’export tira da matti, ma il mercato interno è roba triste. Ci facciamo uno spritz?”.
Al secondo spritz affiora tutta l’amarezza: “Noi leghisti di antica data alla diversità  ci credevamo davvero. Siamo nati quando i vecchi partiti morivano di corruzione e ora vedere questi scenari squallidi, la corte, le badanti, i profittatori, ogni giorno è una coltellata. Certo, la puzza di bruciato si sentiva da un po’, c’era insofferenza nella base per quel coprire in tutto e per tutto Berlusconi. Quando è scoppiato lo scandalo dei festini io che ho una figlia dell’età  di Ruby ho scritto una lettera aperta su un giornale e parecchie chiuse ai dirigenti. Ma nessuno si aspettava di scoprire tanto marcio intorno a Bossi. La Lega è stata nobile con lui quando ha avuto il colpo, l’ha aspettato, sostenuto. In qualsiasi altro partito avrebbero affilato i coltelli per la successione. E lui li ripaga così. Come andrà  a finire? Chissà . Un pezzo di Lega terrà  nei territori, qui in Veneto gli amministratori sono a posto, le città  ben condotte, il consenso è radicato. Ma a livello nazionale il fallimento del progetto è sotto gli occhi di tutti. Bisogna ricominciare, ma stavolta le decisioni non possono essere prese tutte fra Varese e Bergamo. La nuova Lega di Maroni dovrà  trattare coi veneti, a cominciare da Zaia e Tosi, e mi pare lo stia già  facendo”.
Nelle pieghe dello scontento riemergono antiche ferite e l’eterna vocazione autonomista del Veneto, prima regione leghista nei voti e ultima a contare nelle decisioni.
“Colonizzati due volte, anzi tre, da Roma, Milano e Varese” dicono i vecchi “lighisti”. Quelli che ricordano la Liga Veneta, la “madre di tutte le leghe”, fondata nel 1980 e la prima a portare eletti in Parlamento.
L’annessione dei fratelli maggiori veneti è stato il primo machiavellico capolavoro dell’ascesa di Umberto Bossi ed è una storia che spiega bene il trionfo del virtuale nella seconda repubblica.
Il vantaggio paradossale di Bossi è stato infatti il totale sradicamento della sua idea di patria immaginaria. La Padania è un falso mito senza storia e la Serenissima ne ha troppa.
I padani non sono mai esistiti, mentre i veneti sono un popolo da tremila anni e da allora si lamentano dei vicini. I lombardi sono dialetti e il veneto è una lingua da prima dell’italiano. Il sole padano è paccottiglia pseudo celtica e il Leone alato è uno dei grandi simboli della civiltà  europea.
Ma proprio perchè se l’era inventata lui, Bossi s’è messo in tasca la Padania e se l’è venduta e rivenduta a piacere sul mercato politico, mentre i fratelli veneti s’accoltellavano sull’eredità  della Serenissima.
A Gianfranco Miglio che gli consigliava il “divide et impera” in Veneto alla vigilia del primo congresso federale, a Pieve Emanuele nel 1991, Bossi che conosceva i suoi rissosi polli rispose: “Non c’è bisogno, ci pensano da soli”.
Per avere un’idea del grado di conflittualità  interna agli autonomisti veneti, vale la pena di ricordare la loro più famosa impresa, l’occupazione del campanile di San Marco da parte dei “Serenissimi” nella notte fra l’8 e il 9 maggio 1997.
Un’immagine finita sulle prime pagine di tutto il mondo. Ma pochi conoscono i retroscena, narrati da Francesco Jori, allievo di Lago, nella bellissima inchiesta “Dalla Liga alla Lega”.
L’operazione San Marco parte come una spedizione militare in grande stile, con decine di militanti e diversi “tanki”, mezzi di trasporto paramilitari. Soltanto che alla fine si presentano in otto, con un trattore mascherato da panzer.
Il capo, l'”ambasciatore serenissimo” che avrebbe dovuto leggere la dichiarazione d’indipendenza dal campanile di San Marco, si dilegua la notte stessa, rincorso dalle chiamate disperate degli altri. All’alba vengono arrestati tutti. Durante i processi litigano fra di loro e con gli avvocati, un paio si pentono e in cinque patteggiano. All’uscita dal carcere smettono di frequentarsi.
Naturalmente Franco Rocchetta e Marilena Marin, la coppia leader per un decennio, papà  e mamma della Liga veneta, buttati fuori da Bossi nel ’94 (“ma ce n’eravamo andati noi da sei mesi”) hanno un’altra versione e me la raccontano in una trattoria di Conegliano, davanti a prosecco e baccalà  d’ordinanza.
“Voi giornalisti avete spiegato la fine della Liga con le solite baruffe chiozzotte, ma sono balle” spiega Rocchetta “La verità  è che Bossi, con alle spalle le teorie di Miglio, vate della Lombardia come Prussia del Nord, ha tramato fin dal principio per prendersi l’egemonia del movimento. E se l’è preso manovrando i soldi del partito, esattamente come aveva fatto prima Craxi nel Psi. La Lega Lombarda era appena nata e già  intascava duecento milioni di tangenti Enimont. Poi hanno dato la colpa al “pirla” Patelli, come ora cercano di fare con Belsito. Ma uno che dà  la cassa di partito a uno come Belsito, perchè lo fa? Non mi stupisce neppure la debolezza di Bossi nei confronti dell’amica Rosi Mauro. E’ lo stesso tipo di debolezza che lo portò a nominare la ragazzotta, in seguito show girl, Irene Pivetti alla terza carica dello Stato”. Marilena Marin rincara la dose: “Nel ’94 Berlusconi, che ha i suoi lati comici, ci chiese che cos’era questo famoso federalismo e di fargli avere una memoria sulla faccenda. Malafede? Non credo. A lui interessava scampare ai processi e salvare le tv, per il resto era disposto a tutto, al federalismo, alla riforma fiscale, perfino al ritorno della Serenissima. In ogni caso, noi gli portammo il dossier, Bossi mai”.
Conclusione di Rocchetta: “A Bossi del federalismo non è mai fregato niente. E’ stato al governo dieci anni e le uniche riforme federaliste le ha fatte l’Ulivo con i decreti Bassanini e la riforma del titolo V della Costituzione, soltanto che sono troppo stupidi per rivendicarla e anzi se ne vergognano. Bossi ha replicato con la devolution, che è una solenne pagliacciata”.
Papà  e mamma Liga avranno i loro rancori da mettere in conto, ma nel grande Nord Est i tamburi della rivolta autonomista hanno ricominciato a battere da Verona a Belluno.
Se le elezioni di primavera andranno come si prevede, un crollo della Lega romanizzata in Lombardia e la tenuta della Lega dei sindaci in Veneto, anche grazie alle liste civiche che Bossi aveva proibito, Roberto Maroni dovrà  tornare nella culla del leghismo a firmare un nuovo patto fra lombardi e veneti.

Curzio Maltese
(da “La Repubblica“)

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