Agosto 5th, 2012 Riccardo Fucile
IL SISTEMA DI POTERE MESSO IN PIEDI DAL DIRIGENTE DEL SIDERURGICO ARCHINA’… LA FINANZA SPULCIA IN NOVE MESI DI INTERCETTAZIONI
La “repubblica indipendente dell’Ilva” tutto vedeva e a tutti provvedeva. 
Dagli uomini politici ai sindacalisti, dagli alti prelati ai giornalisti.
Tremano gli operai, perchè i magistrati sequestrano l’area “a caldo” del più grande centro siderurgico d’Europa.
Ma adesso trema anche tutta Taranto, perchè dalle carte di un’altra inchiesta penale tuttora coperta dal segreto istruttorio potrebbe saltare fuori l’immagine di una città più o meno compromessa col re dell’acciaio, Emilio Riva.
L’indagine la coordina il pm Remo Epifani, che chiede sei mesi di proroga.
Il reato è quello di corruzione in atti giudiziari.
Si tratta della stessa indagine da cui il procuratore Franco Sebastio e il sostituto Mariano Buccoliero stralciano tra le dieci e le quindici intercettazioni per dimostrare che gli otto indagati accusati di disastro ambientale devono rimanere ai domiciliari perchè potrebbero continuare, se fossero in libertà , a inquinare le prove.
Ma ci sono altre decine di telefonate ascoltate dagli investigatori della Finanza e tuttora riservate, che raccontano della capacità di Ilva di tessere una impareggiabile rete di rapporti, ma pure dell’insistenza di chi dall’Ilva reclama piaceri, favori, un occhio di riguardo o solo un’attenzione particolare.
Uomini politici che favorirebbero assunzioni, sindacalisti o ex sindacalisti che non disdegnerebbero promozioni aziendali o l’assegnazione di premi di produzione, preti altolocati che porgerebbero l’altra guancia se riuscissero a ottenere il contributo richiesto, cronisti disposti a diventare malleabili.
Nei documenti nascosti di un processo destinato a prendere forma, si materializza lo spaccato di una comunità ostaggio nel bene come nel male dei “padroni delle ferriere”.
Tutto ruoterebbe attorno alla figura di Girolamo Archinà , da ieri ex responsabile delle relazioni istituzionali di Ilva nel capoluogo ionico.
Era, perfino inevitabilmente, arruolato per chiacchierare con tutti.
Ma non per questo autorizzato ad alzare la voce, come fa invece col direttore generale dell’Arpa, il professor Giorgio Assennato: protesta dopo l’uscita di un dossier dell’agenzia per l’ambiente che “a suo dire porterebbe alla chiusura dello stabilimento” annotano le fiamme gialle.
La conversazione telefonica risale al 21 giugno del 2010.
Dodici giorni prima, un avvocato dell’Ilva, Francesco Perli, spiegava a Fabio Riva che la visita della commissione istruttoria l’autorizzazione ambientale integrata “va un po’ pilotata” e che la pignoleria di Assennato “è dettata da ambizioni politiche”.
Tutto parte proprio dall’eclettico Archinà , filmato mentre consegna all’ombra di una stazione di servizio di Acquaviva delle Fonti una busta bianca al professore universitario Lorenzo Liberti. Non un professore qualsiasi, ma il consulente della procura ingaggiato per mettere a nudo presunti giochi di prestigio dell’Ilva lungo il fronte della tutela ambientale.
Lo sospettano tuttavia di avere intascato denaro per 10mila euro.
Comincia così questa storia, tenuta insieme dalle maledette-benedette intercettazioni andate avanti per nove mesi, nel 2010.
Due anni più tardi Bruno Ferrante, nuovo presidente di Ilva, taglia la testa al toro: “La società ha interrotto ogni rapporto di lavoro con il signor Girolamo Archinà che pertanto in alcun modo e in nessuna sede può rappresentare la società stessa”.
E’ la linea riveduta e corretta impressa alla multinazionale dall’ex prefetto di Milano: patti chiari e amicizia lunga.
Con tutti.
Per “abbassare i toni e essere meno conflittuali”.
Lello Parise
(da “La Repubblica”)
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Agosto 5th, 2012 Riccardo Fucile
DALLA LEGGE ELETTORALE AGLI INDECISI, LE INCOGNITE SONO TANTE, MA SULLA BASE DELLE REGIONALI 2010 E DEI SONDAGGI RECENTI, QUESTO E’ IL POTENZIALE DI UNA INTESA DI GOVERNO
Stupore, reazioni al limite dello psicodramma, un coro di “me lo aspettavo”.
E poi favorevoli e contrari, apocalittici e integrati, dissidenti e fedeli alla linea.
Certo, è bastata la “strana” alleanza per un governo possibile tra Bersani, Casini e Vendola per agitare il quadro politico italiano.
E se le formule si sprecano – Polo della Speranza, “incontro” tra progressisti e moderati, “casa comune” per il bene del Paese – e i distinguo pure, in tanti si chiedono quanto “conta” e quanto può “pesare” un eventuale coalizione di governo formata dal Partito Democratico, dall’Unione di Centro e da Sinistra, Ecologia e Libertà .
Sommare semplicemente i dati relativi ai risultati dei tre partiti nelle ultime elezioni a carattere nazionale può essere un esercizio fuorviante.
Lo scenario politico è del tutto cambiato, ha nuovi segni e nuovi protagonisti.
L’ascesa e la caduta di Silvio Berlusconi, i nuovi equilibri imposti dal governo tecnico di Mario Monti, l’astensionismo che cresce e l’atteso exploit del MoVimento Cinque Stelle.
Tuttavia, come sempre, si parte dai numeri.
Europee del 2009: il Pd, ancora guidato da Dario Franceschini, si attesta al 26,1% dei consensi, l’Unione di Centro al 6,5% e il neonato movimento di Nichi Vendola riesce a strappare un 3,1%.
In tutto, un 35,7% che anche oggi, renderebbe la “strana alleanza” lo snodo essenziale del sistema politico italiano.
Numeri che vengono, in linea di massima, confermati, se si passa alle elezioni regionali del 2010.
In quella tornata elettorale il Partito Democratico, segretario Pierluigi Bersani, conferma il 26,1%. Calano sia l’Unione di Centro, 5,5%, sia Sinistra e Libertà che si attesta al 3%.
Si sfiora il trentacinque per cento, 34,6%.
Ma è preistoria della politica.
Già nelle ultime elezioni amministrative il quadro si frammenta a tal punto che in tanti parlano di fine della Seconda Repubblica.
E se le elezioni del 2011 fanno registrare l’onda arancione dei sindaci, da De Magistris a Pisapia, nel 2012 l’astensione, il crollo di Pdl e Lega e il boom del movimento di Grillo rendono difficile compilare ipotesi e realizzare proiezioni.
Ad oggi, non resta che affidarsi ai sondaggi .
Tra gli ultimi ad essere realizzati quelli di Demos.
Il Pd è dato al 27,5, l’Udc al 7,2 e Sinistra e Libertà al 5,6.
In base a questi dati la Casa comune dei progressisti e dei democratici vincerebbe a mani basse, con il 40,3% delle preferenze degli italiani.
A seguire, con il 24,9%, un eventuale cartello composto dal MoVimento Cinque Stelle (16,5) e dall’Italia dei Valori (8,4).
Poi il Pdl al 17,4% e la Lega Nord al 4,6%.
E negli ultimi giorni le rilevazioni che circolano in rete si attestano, decimale più decimale meno, sulle stesse cifre, con il neonato Polo della Speranza che si muove in una forbice che va dal 38 al 41%.
Cifre che non fanno i conti con quanti, tra gli elettori dei tre partiti, non sono aperti a questa prospettiva elettorale.
Fin qui l’aritmetica.
Ma quanto “pesa” l’asse Pd-Sel-Udc?
Dipende tutto dalla legge elettorale con cui si andrà al voto.
In caso di collegi uninominali, con ogni probabilità saranno le primarie del prossimo ottobre a stabilire un equilibrio di massima tra Pd e Sel, cui potrebbe essere affiancato una sorta di “garanzia elettorale” per l’Udc.
Ma tutto è ancora per aria.
Di sicuro c’è che il Porcellum è ancora vivo, vegeto e vigente.
Il neonato asse non dovrebbe avere problemi, visto il premio di maggioranza, a stravincere alla Camera. Al Senato, dovrebbe essere relativamente semplice conquistare le regioni del Centro e quelle del Sud.
Al nord scontro aperto con lo zoccolo duro di pidiellini e leghisti e con l’espansione del MoVimento Cinque Stelle.
Carmine Saviano
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Agosto 5th, 2012 Riccardo Fucile
QUATTRO AVVISI DI GARANZIA PER IL GOVERNATORE PDL DELLA CALABRIA… L’ULTIMO RIGUARDA LA NOMINA A DIRETTORE GENERALE DELLA MOGLIE DI VINCENZO GIGLIO, IL MAGISTRATO ARRESTATO A NOVEMBRE PER AVER FAVORITO LA ‘NDRANGHETA
Indagato per abuso d’ufficio. E siamo a quattro. 
A tanto, infatti, ammonta il numero di avvisi di garanzia incassati dal governatore calabrese Giuseppe Scopelliti che, a margine del Consiglio regionale, ha dato la notizia ai giornalisti. “Sono stato convocato in Procura dal pm Dominijanni — ha detto — perchè indagato per la vicenda che riguarda la nomina della dirigente Alessandra Sarlo”.
Pur non avendo mai avuto esperienza in materia di controlli, la moglie del giudice Vincenzo Giglio era stata stata nominata dirigente generale esterno.
Un ruolo che la donna non ha mai ricoperto: è stata solo per un breve periodo commissario dell’Asp di Vibo Valentia, l’azienda sanitaria sciolta per infiltrazioni mafiose.
Secondo gli inquirenti la nomina della Sarlo è il risultato di un giro di informazioni giudiziarie ‘riservate’ in cambio di aiuti politici, per soddisfare i desiderata della moglie del magistrato Giglio, arrestato dalla Procura di Milano assieme all’ex consigliere regionale Franco Morelli nell’ambito dell’indagine sui Lampada, la famiglia calabrese trapiantata in Lombardia. Avrebbe curato il riciclaggio di denaro sporco per conto della cosca Condello di Archi.
Stando all’impianto accusatorio, infatti, il presidente della Corte d’Assise di Reggio Calabria, Vincenzo Giglio, avrebbe rivelato segreti investigativi al consigliere regionale in cambio della promozione della consorte.
Promozione che, però, non sarebbe stata decisa solo dal politico di centrodestra finito in manette.
Come ha sottolineato l’assessore Mimmo Tallini, anche lui indagato dalla Procura di Catanzaro, “si è trattato di una scelta collegiale” della giunta Scopelliti.
Da qui, l’obbligatoria iscrizione del presidente della Regione nel registro degli indagati da parte del pm di Catanzaro, Gerardo Dominijanni, che è il titolare di un’altra inchiesta sul governatore della Calabria.
Scopelliti, in qualità di commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro della sanità , dovrà chiarire la ratio di alcuni provvedimenti assunti come il patto di legislatura con l’Aiop, la convenzione con l’università Magna Graecia di Catanzaro e il regolamento attuativo per l’accreditamento dei centri socio-riabilitativi.
A Reggio, le grane giudiziarie di Scopelliti non sono da meno: il presidente della Regione è in attesa del processo d’appello per la mancata bonifica della discarica di Longhi Bovetto.
Una vecchia storia che risale ai tempi in cui era sindaco della città dello Stretto e che, in primo grado, gli è già costata una condanna a 6 mesi di carcere.
Quello che, però, preoccupa di più il governatore della Calabria è il rinvio a giudizio nell’ambito del “caso Fallara” che prende il nome dalla dirigente comunale del settore Finanze e Tributi, morta misteriosamente nel dicembre 2010 dopo aver ingerito acido muriatico, a poche ore da un’accorata conferenza stampa durante la quale si era dichiarata disposta a chiarire tutti i suoi ‘errori’ ai pm Francesco Tripodi e Sara Ombra.
Spese folli, bilanci truccati, casse del Comune raschiate fino all’ultimo centesimo per organizzare feste e balletti in riva allo Stretto e trasformare la città , passata agli onori della cronaca come il luogo in cui si è consumata la seconda guerra di mafia, in una “Reggio da bere”, capace di far cantare Elton John, Ricky Martin, i Duran Duran e di far passeggiare i tronisti della scuderia di Lele Mora.
Milioni di euro pubblici spesi in pochi anni per far ballare i reggini e (perchè no?) creare consenso.
L’esponente di punta del Pdl calabrese, il 20 luglio scorso, è stato rinviato a giudizio assieme ai tre revisori dei conti del comune di Reggio.
Abuso d’ufficio e falso in atto pubblico: per i magistrati “avrebbero falsamente rappresentato, nella contabilità dell’ente, dati e circostanze determinando l’approvazione dei bilanci di previsione per gli anni 2008 e 2009 nonchè quella del rendiconto di gestione per l’anno 2008”. L’inchiesta poggia le sue basi su una relazione redatta dai periti della Procura.
Centinaia di pagine in cui i consulenti dei pm hanno stimato un “buco” di 87 milioni di euro, che sarebbero parte dei 170 milioni “certificati” dagli ispettori del ministero dell’Economia in merito al disavanzo maturato dal 2006 al 2010.
Finanza creativa che ha rappresentato le fondamenta di un “modello Reggio” sbandierato come la soluzione di tutti i mali e rivelatosi, invece, la causa che sta portando al default un Comune già provato dalla pesantissima relazione della Commissione antimafia spedita in Calabria dal ministro dell’Interno per verificare i tentativi delle cosche di infiltrarsi nella cosa pubblica.
A questo si aggiunge lo spettro del dissesto finanziario: una delibera della Corte dei Conti ha quantificato in 170 milioni di euro il deficit del Comune.
Il crac è a un passo: i giudici contabili hanno evidenziato “la presenza di criticità e irregolarità rilevanti, sintomi di una situazione di squilibrio strutturale dell’ente”.
Lucio Musolino
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 5th, 2012 Riccardo Fucile
MENO 10% DI PRESENZE TURISTICHE NEI PRIMI TRE MESI DELL’ANNO, NEI MESI ESTIVI PREVISTA UNA CONTRAZIONE DI OLTRE IL 20%
Sulle autostrade, il bollino nero.
D’altronde se i consumi hanno riavvolto il nastro al 1981, il dato non poteva non influenzare anche il turismo.
Ad incidere soprattutto il rincaro dei trasporti, con le accise sui carburanti a penalizzare il portafoglio degli italiani.
Una rilevazione di Confartigianato mette nero su bianco che mettersi in viaggio costa quest’anno il 12,7% in più rispetto a giugno 2011.
Il caro-vacanze si fa sentire soprattutto per il costo del gasolio, aumentato del 15,2%, segue la benzina (+11,9%). Ma non solo il trasporto su gomma.
Chi ha scelto l’aereo per qualche meta oltre-confine ha dovuto sborsare il 10,9% in più rispetto all’anno scorso.
LE RINUNCE —
L’esito (inevitabile) è che molti rinunciano alle ferie oppure ne riducono la portata, diminuendo i giorni dedicati al relax e alle escursioni in mare e montagna. La cifra indicata da Confartigianato fa spavento: 30,6 milioni di italiani (praticamente metà della popolazione) non sono andati in vacanza.
E il motivo prevalente è legato a fattori economici. Una tendenza aumentata del 33,1% in dieci anni, per una perdita di presenze nelle strutture turistiche del 9,9% rispetto ai primi tre mesi del 2012.
LA GEOGRAFIA
Quelli con minori possibilità di spesa sono i residenti in Sicilia (3,6 milioni di persone, circa il 72% della popolazione), seguiti da pugliesi e calabresi.
All’altro estremo della classifica i residenti in Lombardia, con soli (si fa per dire) quasi 3 milioni di persone senza vacanze (circa il 30% della popolazione residente complessiva).
Per chi invece può permettersi qualche giorni di relax il mare si conferma come la meta preferita (49%), seguono le vacanze in montagna (12,8%) e le città d’interesse storico-culturale (10,5%).
«Preoccupazione e rilancio della competitività del settore», sono l’urgenza e la ricetta dice Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, secondo il quale «i dati testimoniano pesanti effetti sul turismo, con ovvie ricadute sulle oltre 121mila imprese italiane del settore».
(da “La Repubblica”)
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Agosto 5th, 2012 Riccardo Fucile
“I TEDESCHI RITENGONO CHE ROMA ABBIA RICEVUTO CHISSA’ CHE AIUTI DALLA GERMANIA, MA NON E’ VERO: NON ABBIAMO MAI CHIESTO E QUINDI AVUTO UN EURO”…. “I GIOVANI NON SI FACCIANO VINCOLARE DAI LORO PARLAMENTI”
La crisi attuale dell’euro rischia di condurre a una disintegrazione dell’Europa. Lo
afferma Mario Monti in un’intervista al giornale tedesco Der Spiegel: “Le tensioni che da anni accompagnano l’Eurozona hanno già i connotati di una disgregazione psicologica dell’Europa”.
Nel caso in cui l’euro diventasse un fattore di divisione europea, “allora verrebbero distrutte le fondamenta dell’Europa” aggiunge il presidente del Consiglio.
Nell’intervista Monti mostra apprezzamento per l’annuncio di Mario Draghi su futuri interventi della Bce, poichè il mercato dei titoli di Stato dell’Eurozona è da anni “molto turbato”.
Per questo invita i partner europei a “risolvere presto questi problemi” e i governi europei a conservare la loro libertà di manovra nei riguardi dei rispettivi parlamenti.
“Se i governi si facessero vincolare del tutto dalle decisioni dei loro parlamenti, senza mantenere un proprio spazio di manovra” afferma, “allora una disintegrazione dell’Europa sarebbe più probabile di un’integrazione”.
I toni “antitedeschi”.
Per contro Monti è “molto preoccupato” per i toni antitedeschi che si sono levati recentemente in Italia con le accuse alla Germania di durezza e di arroganza.
“Ho riferito al cancelliere Merkel del crescente risentimento qui in parlamento contro l’Ue, contro l’euro, contro i tedeschi e a volte contro lo stesso cancelliere. Questo è però un problema che va molto oltre il rapporto tra Germania e Italia. Le tensioni che da anni accompagnano l’Eurozona hanno già i connotati di una dissoluzione psicologica dell’Europa. Dobbiamo lavorare duro per contrastarle”.
Le contrapposizioni nord-sud Europa.
Uno dei problemi più gravi ed inquietanti per l’Europa, aggiunge Monti, è la contrapposizione tra i Paesi del Nord e quelli del Sud.
“Esiste una contrapposizione frontale con reciproci rimproveri” dice, “è una cosa molto inquietante che dobbiamo combattere”.
“Sono convinto che la maggioranza dei tedeschi abbiano una simpatia istintiva per l’Italia”, continua, “mentre gli italiani ammirano i tedeschi per le loro qualità . Ho però l’impressione che la maggior parte dei tedeschi ritenga che l’Italia abbia già ricevuto aiuti finanziari dalla Germania o dall’Ue, ma non è vero. Non abbiamo ricevuto nemmeno un euro”.
“Resto fino al 2013, se tutto va bene”.
Restare fino a chiusura di legislatura per salvare l’Italia dal baratro è comunque l’obiettivo che Monti illustra allo Spiegel in un’intervista in cui si lascia andare anche a un paio di battute sui suoi “sei giorni di ferie” e al rapporto con Angela Merkel.
“Se tutto scorre secondo i piani, rimarrò in carica fino ad aprile 2013 e spero di essere riuscito a quel punto ad aver salvato l’Italia dalla rovina finanziaria” dice.
Ferie ridottissime per il presidente del Consiglio a causa della crisi dell’euro, con appena sei giorni di riposo.
“Ho solo sei giorni di vacanza e spero che non vadano a monte, anche se guardo con una certa calma all’estate”.
Quando gli viene chiesto in che modo vuole essere ricordato dagli italiani, aggiunge che spera “che l’Italia diventi un po’ più noiosa per gli osservatori esteri”.
Sul suo rapporto personale con la Merkel il premier sottolinea che è “amichevole e cordiale”.
Il rapporto con la Merkel
“Con la cancelliera tedesca ci conosciamo da molti anni e sono molto lieto del riconoscimento nei miei confronti da parte sua e del ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, per i progressi realizzati dalla politica italiana”. All’osservazione che anche Berlusconi ha rivendicato un rapporto amichevole con la Merkel, smentito però da Berlino, Monti risponde ironico: “Allora aspettiamo adesso con calma che arrivi un’altra smentita”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 5th, 2012 Riccardo Fucile
“LA POLITICA DEVE MOSTRARSI CREDIBILE E FARE SCELTE LUNGIMIRANTI”… “IN FUTURO BISOGNA RIDISTRIBUIRE IL CARICO FISCALE, E’ UN’IDEA ANCHE DI HOLLANDE”
Esattamente un anno fa, il 5 agosto del 2011, la Banca centrale europea recapitava al governo italiano la lettera che contribuirà a cambiare il corso degli eventi.
Quando chiediamo a Elsa Fornero un bilancio di questo anno di governo interrompe stupita: «Anno? Spesso si dimentica che abbiamo giurato il 16 novembre».
Il ministro del Lavoro si sta concedendo un week-end al mare prima di rientrare a Roma per l’ultimo consiglio.
Poi, mercati permettendo, una breve pausa ferragostana. Fornero scherza: «Tutti dobbiamo sperare che ci sia. Perchè se fossimo costretti al lavoro anche in quei giorni non sarebbe una buona notizia per nessuno».
Ministro, per quanto breve sia l’esperienza del governo Monti, sulle sue spalle sono state riposte aspettative enormi, in Italia e nel mondo. Lei è soddisfatta?
«Nessuno ha la bacchetta magica. Ma dico abbastanza soddisfatta».
Le cito il passaggio della lettera firmata da Mario Draghi dedicata alla riforma del mercato del lavoro: «Dovrebbe essere adottata un’accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e di politiche attive che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e i settori più competitivi». La vostra riforma soddisfa questa richiesta?
«Questa riforma, che nessuno ha mai pensato potesse essere la migliore possibile, è un buon equilibrio fra interessi sostanzialmente contrapposti, soprattutto nel breve periodo: quelli delle imprese e dei lavoratori. E non lo dico solo io, ma l’Europa e l’Ocse. Fino a poche settimane fa, dopo la decisione del governo di presentarla in Parlamento come disegno di legge, tutti mi dicevano: Elsa, vedrai, faranno finta di discuterne ma non l’approveranno mai. Dal 18 luglio è legge dello Stato. A questa riforma ora dobbiamo dare il tempo di vivere».
La critica più ricorrente: troppo morbida la modifica dell’articolo 18 sul diritto al licenziamento. Di più: in nome della lotta alla precarietà si è irrigidito l’ingresso al lavoro dei più giovani. Cosa risponde?
«Ha ragione: mi criticano in molti. C’è chi auspica deregolamentazioni, altri parlano di una riforma a metà . Nessuno però mi dice: questa specifica norma non va bene, dovresti cambiarla così».
L’idea di affidare ad un giudice l’applicazione o meno dell’articolo 18 non equivale a non cambiare nulla?
«Su questo punto c’è un pregiudizio negativo, quello secondo il quale il giudice del lavoro non è in grado di valutare correttamente e rapidamente eventuali ricorsi. E poi: se avessimo fatto una scelta più drastica, ammettendo il ricorso per meri motivi discriminatori, lei crede che il numero delle istanze di fronte al giudice sarebbe stato diverso?»
Insomma, lei chiede tempo per giudicare la qualità della riforma. E’ così?
«Proprio oggi, a venti giorni dalla sua entrata in vigore, mi hanno informata di un accordo firmato alla Golden Lady. Le mille operaie assunte come associate in partecipazione – uno dei tanti sistemi di cattiva flessibilità usata dagli imprenditori per eludere gli obblighidi legge – verranno assunte quasi tutte a tempo indeterminato. A me questo sembra un bell’esempio di norma che migliora i comportamenti. Ciò detto, nessuno considera la riforma intoccabile, siamo pragmatici, e pronti a modificarla in qualunque momento. Ci sono ancora diverse deleghe da attuare, e sto costruendo un sistema di monitoraggio che resterà a disposizione del mio successore. Io credo che questa sia una buona riforma, e sono convinta sia anche l’opinione della gran parte degli italiani».
Lei si dice soddisfatta di quanto fatto in questi nove mesi. Se il metro del giudizio è il livello di spread fra Btp e Bund, quello dei mercati invece è negativo. Perchè secondo lei?
«Il metro del giudizio degli investitori è la sostenibilità del debito pubblico. Se lo ritengono sostenibile, anche se alto non costituisce un problema. Per ottenere tutto questo la politica deve mostrarsi credibile, fare scelte lungimiranti e non ripiegate sul presente».
In questa fase della crisi c’è una responsabilità delle scelte politiche dell’Europa?
«La crisi finanziaria si è imposta come tema dominante e vincolo stringente. Ma per quanto inevitabile, oggi non è facile spiegare alle persone che si aiuta il sistema bancario spagnolo per salvare il sogno europeo e l’euro. Nelle riunioni con i colleghi europei discuto spesso della necessità di spostare maggiormente l’attenzione sulle politiche sociali, il lavoro, le famiglie. Per quanto importante, imporre il rigore per garantire la sopravvivenza di una moneta non è sufficiente».
Ministro, risorse da distribuire non ce ne sono. Dunque?
«Il sentiero è stretto, ma occorre guardare a una qualche forma di redistribuzione del carico fiscale. Il primo passo per noi è una maggiore lotta all’evasione. Bisogna pensare a una riduzione del carico fiscale sui più deboli, o all’introduzione di un reddito di cittadinanza, presente in molti Paesi europei. Oggi le condizioni non ci sono, ma una volta superata l’emergenza la prospettiva deve essere questa. Non è un mio pensiero estemporaneo, ma è anche una posizione autorevolmente sostenuta dal presidente Monti e mi pare anche da Francois Hollande».
Per via dell’alto spread l’Italia rischia di essere costretta a chiedere l’attivazione di un meccanismo di aiuti e la sottoscrizione di ulteriori impegni con l’Europa. Molti sostengono che questo equivale a un «commissariamento della politica», che costringerà ad un nuovo governo di larga coalizione dopo le elezioni. L’Europa a trazione tedesca comprime la democrazia?
«No, non lo credo. Il problema è che abbiamo ancora molte cose da fare, molte riforme da attuare. L’unico disegno pericoloso è quello di chi pensa si possa uscire dall’euro. Allora sì che prevarrebbero idee poco democratiche».
Alessandro Barbera
(da “La Stampa”)
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