Agosto 29th, 2012 Riccardo Fucile
NEL “CARCERE PARADISO” DELLA BASILICATA CON RITA BERNARDINI
Rita Bernardini da anni visita le carceri del bel paese fotografandone la condizione di degrado e illegalità e raccontando, in lunghi e articolati atti sindacato ispettivo, quanto le patrie galere siano lontane dai precetti dell’art. 27 della Costituzione e luoghi in cui troppo spesso si viola la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali.
Le carceri, che Marco Pannella ha definito “un consistente e allarmante nucleo di nuova shoah”. Le carceri, luogo di tortura per detenuti e agenti di Polizia penitenziaria.
Con Rita Bernardini abbiamo trascorso due giorni sulla rotta Basilicata-Puglia per verificare le condizioni di vita della “comunità penitenziaria” nelle case circondariali di Potenza e Taranto.
Domenica 19 agosto, ore 12.10.
Dopo aver tenuto una conferenza stampa all’ingresso della casa circondariale di Potenza, finalizzata a spiegare il senso e il significato di una richiesta di amnistia che non a caso abbiamo definito “amnistia per la Repubblica”, varchiamo il cancello ed entriamo in un carcere che visitiamo con regolarità da anni.
Ad accoglierci, con un sorriso che contrasta con le condizioni di una struttura che presenta numerose “criticità ”, alcuni agenti di Polizia penitenziaria.
Mentre ci avviamo nella stanza del comandate per firmare i moduli di rito, nei corridoi captiamo un commento pronunciato da un agente: “Solo questi ci possono salvare”.
Sento e penso che dovremmo salvare noi stessi e questa Repubblica interrompendo la flagranza di reato in corso contro i diritti umani e la Costituzione.
Pochi minuti dopo, Rita è al telefono con il direttore, il dottor Ferrandina.
Chiacchierando con gli agenti, apprendiamo di una soluzione molto italiana ai problemi di sovraffollamento.
Sembrerebbe che la capienza regolamentare dell’istituto sia stata portata da 170 a 202 posti e la cosiddetta capienza tollerabile da 230 a 260. Viene in mente la lettera del prof. Andrea Pugiotto in cui si parla di “capienza costituzionale”.
Il carcere di Potenza non è Poggioreale, ma in ogni caso il reparto penale – l’unico aperto – capienza regolamentare alla mano fa registrare comunque un sovraffollamento.
Iniziamo la visita dalla prima sezione e dalla cella n.1: i metri quadrati a disposizione dei 4 detenuti presenti sono 18 e qualcuno lamenta il fatto che nel bagno in cella non ci sia acqua calda. Un altro detenuto ci racconta dei suoi cinque rigetti.
I detenuti stranieri presenti sono 16 su 114. Per tutti 4 ore d’aria e due ore di cosiddetta saletta.
Nella cella n.9, un detenuto ci racconta che per aver prestato soccorso alla madre ha perso i benefici degli arresti domiciliari.
Il magistrato non gli ha contestato il reato di evasione.
Procediamo entrando in ogni cella e ascoltando storie.
Nella cella n.2, Oreste lamenta la distanza dalla famiglia e ci dice che ha 4 bambini e che finalmente tra 110 giorni uscirà .
Nella stessa cella, M.R. oggetto di una precedente interrogazione di Rita ha finalmente avuto il trasferimento che aveva chiesto.
Entriamo nella cella n.8 dove convivono 2 definitivi e 3 giudicabili; potrà apparire un paradosso, ma si respira una grande armonia e solidarietà .
M.P. fa da piantone a un compagno di cella che ha problemi di salute.
I detenuti presenti ci mostrano uno sgabello della cella adattato a forno.
Saliamo al primo piano e non possiamo fare a meno di notare che dal finestrone dell’ala si intravede la Sider con i suoi fumi che appestano Potenza.
Nella cella n.15 incontriamo un detenuto trasferito da poco dal padiglione Napoli di Poggioreale: dovrà stare in carcere fino al 2018 e il suo sogno è quello di essere trasferito a Gorgona per poter lavorare; è arrivato da 15 giorni a Potenza e di certo, e con buona pace del Ministro Severino, non rimpiange Poggioreale e il padiglione Napoli.
Ci racconta dei 45 minuti di visita della Ministra e poi aggiunge che “Poggioreale è un inferno”. Nella stessa cella incontriamo di nuovo M.L. che ci racconta di aver potuto vedere i nipotini solo in foto e che la sua richiesta di trasferimento è stata rigettata.
Il detenuto che sogna di andare a Gorgona dice che a Potenza sta bene e che c’è rispetto reciproco tra agenti e detenuti, poi si fa scuro in volto e ci parla della morte di “Zio Gennaro”, stroncato a 45 anni da un infarto in quel di Poggioreale.
Su una porta del corridoio noto una locandina, c’è scritto “Cinestate”. Inevitabilmente lo sguardo cade su uno dei titoli in cartellone: “La ricerca della felicità ”.
Gli agenti mi spiegano che sono riusciti ad organizzare un paio di mesi di cineforum.
Con orgoglio mi fanno notare un’altra locandina: “Olimpiadi all’ombra”.
Mi spiegano che l’area trattamentale di concerto con l’area sicurezza ha organizzato, nel periodo 6 luglio — 9 agosto, un torneo di calcetto a 8, un corso di basket e poi tornei di battimuro, morra cinese e sprint dei 10 metri(basato sulla lunghezza del passeggio).
Altra cella, la numero 15. Troviamo C.L. trasferito da Secondigliano, ci racconta che la moglie e la figlia soffrono di epilessia e che in 3 anni e mezzo ha potuto vederle solo 10 volte. C.L. vorrebbe tornare a Secondigliano e ha presentato domanda di trasferimento.
Le ore passano e Rita visita le celle una per volta fermandosi a parlare.
Nella cella n.18, T.L. ci racconta che c’è un’azienda pronta ad offrirgli un lavoro e che la Direzione e il Sert hanno dato parere favorevole al trattamento esterno. M.G. è da dicembre a Potenza per un reato commesso nel 2002, dice che gli hanno dato l’art. 80 comma 2(possesso di ingenti quantitativi di Marjiuana).
Nella cella si apre un dibattito sulla Fini-Giovanardi e sulle disobbedienze civili radicali. I detenuti tossicodipendenti sono 30 su 114.
Proseguiamo e come da copione, come ogni anno, come in ogni visita, nelle celle 21-22 e 23 il solito cesso a vista.
Continuiamo la nostra visita e nella cella n.3 sono intenti a cucinare zucchine e crostata. B.D., trasferito a Potenza con provenienza Poggioreale, si fa il segno della croce e con un sorriso a 32 denti dice: “Qua sto in paradiso”.
Gli occhi sono quelli di chi ha visto l’inferno e non posso fare a meno di pensare al paradosso di chi può arrivare a definire paradiso una condizione di detenzione dopo aver vissuto in una delle carceri con il maggior indice di sovraffollamento e con una popolazione che è pari ad un piccolo comune della Basilicata.
Entriamo nella sala socialità e 17 detenuti in circolo ascoltano Rita che illustra lo stato dell’arte e parla della Fini-Giovanardi, della ex Cirielli.
Mi metto in un angolo e ascolto. Accanto a me un detenuto che indossa una maglietta con la scritta Napoli a caratteri cubitali inizia a porre domande sull’interlocuzione di Pannella con il Presidente Napolitano: è informatissimo.
Rita chiede della spesa ed esplode un dibattito sui prezzi. Si inizia a parlare del caffè Kimbo, quotatissimo per forza o per amore, e di batterie. Si scatena una discussione sul caro vita e sulla crisi.
Eccoci nella sala colloqui: il muretto è ancora lì. Certo, niente a che vedere con quella che a Taranto, con ironia, definiscono “pescheria”.
Gli agenti ci informano dell’assenza di un servizio di prima accoglienza.
Ci guardiamo attorno e nel complesso la struttura è migliorata rispetto all’ultima visita e all’interrogazione presentata da Rita, ma permangono di certo alcune delle illegalità che abbiamo sottoposto all’attenzione della Procura della Repubblica di Potenza.
Lasciamo il reparto maschile e ci dirigiamo verso il femminile.
Nella cella n.7 ci raccontano che l’intera sezione (17 detenute) ha aderito ai 4 giorni di iniziativa nonviolenta.
Rita parla con le detenute e c’è chi lamenta il fatto che si possono fare poche docce. Nella cella n.1, R.C. è da due mesi in lista di attesa per un intervento chirurgico.
Sono le 17.30 circa e la visita volge al termine.
Domani si va a Taranto che come Melfi è una delle famigerate “Carceri d’oro”.
Nell’avviarmi verso l’uscita una volta di più penso al sorriso del detenuto che ha definito il carcere di Potenza un paradiso.
Un paradiso con i cessi a vista, il muro di cinta che crolla, il muretto divisorio nella sala colloqui, la carenza di personale che dovrebbe occuparsi della rieducazione e del reinserimento sociale dei detenuti…
Sì, in questo paese stretto nella morsa di una illegalità sistemica, la piccola casa circondariale di Potenza appare un paradiso agli occhi di chi ha visto l’inferno.
Noi intanto continuiamo a snocciolare cifre e a raccontare di detenuti e agenti di Polizia penitenziaria che si suicidano, vittime silenziose e silenziate dell’assenza di legalità e Stato di diritto.
Continuiamo a riferire – nell’attesa che il dibattito negato prima o poi possa esplodere – delle condanne ultra trentennali inflitteci dalla Corte di Giustizia europea, della irragionevole durata dei processi e di carceri indegne di un paese civile.
La prepotente urgenza, dov’è signor Presidente?
Con l’intera comunità penitenziaria e con Pannella noi continuiamo a ripetere che occorre interrompere la flagranza di reato contro i diritti umani e la costituzione.
La riforma strutturale per poter affrontare la bancarotta della giustizia e il suo putrido percolato carcerario si chiama amnistia e noi vorremmo poter raccontare al paese perchè essa è “amnistia per la Repubblica”, per uno Stato che da troppo tempo veste i panni del delinquente professionale.
Maurizio Bolognetti
(da “Radicali.it”)
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Agosto 29th, 2012 Riccardo Fucile
SPIN DOCTOR E SOCIOLOGI QUASI TUTTI D’ACCORDO: BERSANI AVREBBE FINITO PER FARE IL GIOCO DI GRILLO… MANNHEIMER DISSENTE: “HA FATTO BENE, DOVEVA SERRARE LE FILE”
L’uscita di Pierluigi Bersani è stato un errore. 
Non avrebbe dovuto rispondere alle critiche di Beppe Grillo, avrebbe dovuto e anzi dovrebbe ancora evitare lo scontro a distanza, che si è rinnovato oggi.
Gli esperti di sondaggi, spin doctor e sociologi bocciano la strategia del segretario del Partito Democratico.
Anzi, per alcuni di loro non c’è stata proprio strategia: il leader dei democratici ha risposto perchè innervosito dalle critiche di Grillo.
Ed è caduto nella sua rete.
Resta da interpretare l’effetto che le parole di Bersani avranno sull’elettorato democratico.
L’elettorato di centrosinistra è in un momento di smarrimento (con l’avvicinamento all’Udc e la rottura con Di Pietro): questo messaggio forte e chiaro a Grillo servirà a serrare le file?
O piuttosto è una “caduta di stile”?
E il modo, le forme: perchè Bersani non ha contestato nel merito Grillo?
Il rischio è che come minimo tutto questo non porterà un solo voto in più. Anzi, il rischio è di un effetto boomerang o di un’emorragia di voti.
Mannheimer: “Bersani vuole rafforzare il senso d’appartenenza”.
“Bersani lo ha fatto per rafforzare il senso di appartenenza del suo elettorato contro le ‘sirene’ di Grillo” riflette Renato Mannheimer, guida dell’Ispo (l’Istituto di ricerca sociale, economica e di opinione).
“C’è il rischio di sottovalutare il malcontento — spiega — quello che sta sotto Grillo il cui movimento rappresenta e raccoglie una disaffezione forte rispetto alla politica”. Su possibili ricadute sulla popolarità dei Democratici Mannheimer appare sicuro: “Rispetto alla situazione attuale non è detto che il Pd, da questo scontro, non abbia dei vantaggi. La strategia di Bersani non è quella di ledere Grillo, ma ancorare il senso di appartenenza del suo elettorato. Il segretario del Pd — riflette Mannheimer — dovrà piuttosto affrontare una serie di questioni per comprendere quello che sottostà a Grillo per poterlo inglobare”.
Sui toni accesi dei due duellanti il sociologo non si mostra sorpreso: “A mio parere la durezza del linguaggio è stata usata apposta appunto per rinsaldare il proprio elettorato in un momento di difficoltà del Pd, un partito che appoggia il governo. Ed è contro questo sbandamento elettorale che viene usato un linguaggio forte”.
Ricorrere alle parole incisive non è una strategia nuova: “E’ sempre stato utilizzato anche in passato — aggiunge Mannheimer — Per esempio negli anni Cinquanta si diceva di non votare per i democristiani ‘perchè sono tutti ladri’”.
Tuttavia, secondo il sondaggista del Corriere della Sera e di Porta a Porta, lo scontro tra Bersani e Grillo non provocherà danni ai consensi del Pd allo stato: “Non ho idee per il futuro, ma allo stato questo scontro non sembra avere prodotto danni per il Pd, almeno a mio parere”.
Amadori: “Sarà effetto boomerang”.
Secondo Alessandro Amadori di Coesis Research e autore di “Mi consenta” non c’è invece nessuna strategia dietro le dure repliche di Bersani.
Eppure questa scelta “potrebbe avere un effetto boomerang dal punto di vista elettorale”. Specie per gli elettori indecisi, che “sono circa il 50%”.
Il segretario del Pd infatti prende di mira i modi e non le accuse lanciate dal leader 5 Stelle che, di fatto, sono “in gran parte condivisibili”.
L’assenza di contenuti è quindi il tallone d’Achille della polemica dei democratici.
Di fatto “in vent’anni — spiega il sondaggista — centrodestra e centrosinistra si sono spartiti il potere, e non hanno fatto nessuna legge contro la corruzione e il conflitto di interessi“.
Proprio come ha scritto Grillo, insomma.
La replica di Bersani, in sostanza, “non fa che rafforzare le accuse del comico, visto che non contraddicono i contenuti e si limitano a contestarne i modi”. “Fascisti”, appunto.
Il botta e risposta “evidenzia inoltre che il Movimento 5 Stelle, unico elemento di vivacità e perturbazione nello scenario di stallo della politica italiana, è un problema per il Pd, perchè è in grado di intercettare diverse correnti di elettori, da destra a sinistra. Ma soprattutto a sinistra”.
E alle prossime elezioni “può raccogliere l’8% su base nazionale e pesare così più dell’Udc”.
Crespi: “Un’accelerata contro un muro”.
Per Luigi Crespi, storico sondaggista e spin-doctor di Silvio Berlusconi prima di una valanga di guai giudiziari, per i Democratici il confronto con il Movimento 5 Stelle potrebbe essere un bagno di sangue: “Più che uno scontro è una accelerata contro il muro — spiega — Quella di Bersani è una posizione totalmente sbagliata. Non è uno scontro volgare, non sono solo battute: è ancora peggio, è un conflitto necessario. Bersani dice quello che dice, come Ezio Mauro dice scrive quello che scrive perchè uno deve fermare l’emorragia di voti dal Pd al movimento di Grillo e l’altro da Repubblica al Fatto. Entrambi temono l’alternativa alla loro posizione. Mauro dice occhio che quelli — per colpa di Berlusconi — sono di destra, l’altro (Bersani, ndr) dice dei militanti del 5 Stelle che sono fascisti”.
Secondo Crespi il motivo è semplice: “Il nemico non è più Berlusconi che è stato sconfitto, ma è Grillo. Ma è evidente che con questa operazione Bersani perde la credibilità . Berlusconi, per esempio, ha sempre espresso con coerenza la sua posizione contro i giudici e la giustizia, chi lo ha votato sapeva benissimo come la pensava. Chi ha votato il Pd sapeva che per quel partito la magistratura era uno strumento per cambiare la società . Ora lo schema è cambiato perchè i magistrati toccano uno di loro, toccano Napolitano.
Stessa riflessione sul caso Ilva di Taranto per cui i magistrati diventano i nemici. In questa situazione — secondo il sondaggista — vince chi rimane coerente, chi non cambia posizione e per questo il Pd subirà un danno gravissimo”.
Un errore politico, ma anche di comunicazione quello del possibile capo di un governo di centrosinistra: “Bersani usando l’espressione ‘fascisti del web’ ha ha girato la testa verso il Novecento con un linguaggio vecchio e arcaico.
Il Pd ha usato lo stesso linguaggio che usava Berlusconi con i comunisti.
Quelli del Pd si sono berlusconizzati, di fatto legittimando Berlusconi.
Con la sua affermazione, separando la rete dalla realtà Bersani ha sbagliato. Non ha capito che la realtà è nella rete. Non è solo una battuta infelice la sua, è un errore culturale che rischia di emarginalizzare il Pd. Temo che se continueranno così si renderanno non competitivi”.
Piepoli: “Lo scontro non produce ricchezza”.
Anche Nicola Piepoli considera quello di Bersani un errore.
Frutto, sostiene, di un “cattivo vizio”, cioè quello di “intendere il dialogo sottoforma di scontro e lo scontro non produce ricchezza. E la ricchezza in politica è il consenso”. Piepoli, insomma, spiega che così il segretario del Pd è stato al gioco di Grillo che definisce “malato: non so come si possa chiamare, se paranoia o schizofrenia”.
Quindi altro che strategia: Bersani c’è caduto con entrambe le gambe.
E l’errore è stato doppio: non solo perchè è stato al gioco di Grillo. Ma anche perchè il Pd non è in difficoltà , secondo i sondaggi. “Secondo Alessandra Ghisleri (sondaggista di fiducia di Berlusconi, ndr) il Pd ha il 24% dei consensi. Secondo noi ha il 26. E dall’altra parte il Pdl secondo la Ghisleri ha il 20 per cento e secondo noi il 18. Ma non cambiano molto le cose. Bersani doveva tacere. Il tacere è bello. Del resto lo diceva anche Dante, no?”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 29th, 2012 Riccardo Fucile
SEMPRE PIU’ DISTANTI LE POSIZIONI DEI PARTITI… SI RISCHIA DI ANDARE IN AULA CON “MAGGIORANZE VARIABILI”
C’è anche l’approssimarsi delle urne a complicare, e di molto, il confronto-scontro sulla legge elettorale.
Non si andrà a votare in autunno ma l’appuntamento con gli elettori si avvicina a passi veloci e i due maggiori partiti, Pd e Pdl, sono sempre più allergici ad approvare insieme provvedimenti che verrebbero subito bollati come «inciucio» dalle opposizioni interne ed esterne al Parlamento.
Antonio Di Pietro ha attaccato dicendo che quello che stanno combinando Abc, cioè Alfano, Casini e Bersani, è «peggio del Porcellum, è un superporcellum perchè i cittadini daranno il voto ai partiti che si accorderanno come vorranno solo dopo. Così le carte vengono truccate».
Anche lo stop al ddl anti-corruzione da parte dei berlusconiani sembra rientrare nella stessa logica: sulla sistema elettorale la musica non cambia.
Tra l’altro, bisogna tener conto che più in là si approvano le nuove regole e minore è il rischio di un precipitare verso le urne anticipate.
Sono in pochi ormai a credere a una eventualità del genere, ma non si sa mai visto che la strana maggioranza sembra imballata e il governo è in difficoltà .
Risultato: l’accordo non c’è, non c’è mai stato per la verità , nonostante siano state strombazzate intese ormai chiuse.
L’effetto sarà di procedere in Parlamento a colpi di maggioranze variabili.
«Non vedo dove sia lo scandalo spiega il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri – visto che in una lettera inviata ai presidenti di Camera e Senato, prima dell’estate, il capo dello Stato chiese di mettere ai voti le varie proposte pur di superare l’attuale legge. Si lasci decidere alle aule senza costrizioni. Il Pd accetti questo metodo libero e democratico».
Ecco quindi quello che il Popolo delle libertà , per mettere in difficoltà Bersani, chiama il «Metodo Napolitano» e verrà presentato da Gaetano Quagliariello al comitato ristretto di Palazzo Madama che il presidente del Senato Renato ha voluto per aiutare l’accordo.
Ci sarà , dunque, un nulla di fatto, non ci sarà un testo base della strana maggioranza sempre più strana.
E Quagliariello chiederà , appunto, che si cominci ad esaminare comunque uno dei testi già depositati in Commissione.
Magari il suo dove vengono indicati i punti in comune, lasciando al libero voto dell’aula il resto, cioè quello che ancora divide.
Nella convinzione del Pdl che passeranno le preferenze visto che a favore sono anche i centristi di Casini e i finiani.
«C’è un’intesa di massima su alcuni punti: ecco, ripartiamo da lì…», dice Quagliariello. Come dire, poi si vedrà se quali maggioranze prevarranno.
Il Pd verrebbe messo in minoranza sulle preferenze: è questo il punto su cui si è fermata la trattativa.
Bersani vuole invece che la ripartizione dei seggi venga fatta nei collegi e che il premio di maggioranza, se deve andare alla coalizione o al primo partito, sia del 15%. Berlusconi, visto che nei sondaggi i Democratici sono i favoriti, non vuole dare un bonus così alto: vuole concedere solo il 10%.
Ma al di là delle fredde e noiose tecnicalità , che comunque sono determinanti per il successo o meno di un partito, rimane il dato che le sbandierate intese non ci sono.
E il clima politico attorno al governo Monti si surriscalda pericolosamente.
Al presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato Carlo Vizzini non resta che dire: «Se dopo tutte le paginate, gli schemi e gli annunci letti in questi giorni sui giornali mercoledì non si registrerà almeno un minimo progresso, credo che sia meglio tornare in commissione per registrare il nulla di fatto».
Allora avanti con il «Metodo Napolitano», ma il presidente della Repubblica magari non sarà molto contento dell’immagine che dà la classe politica ai cittadini e all’estero.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)
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Agosto 29th, 2012 Riccardo Fucile
L’AZIENDA DI TRASPORTI A CACCIA DI COMPRATORI, 500 POSTI A RISCHIO… SI TENTA IL SALVATAGGIO IN EXTREMIS PER AMT, L’AZIENDA DI TRASPORTO URBANO CONTROLLATA DAL COMUNE E SOFFOCATA DA 15 MILIONI DI PERDITE… TUTTI I DIPENDENTI VERSO LA CASSA INTEGRAZIONE
Si tentano salvataggi in extremis per Amt, l’azienda del trasporto urbano genovese al
momento controllata interamente dal Comune, 2.450 dipendenti di cui 1.550 autisti, 700 mezzi e, soprattutto, perdite per 15 milioni di euro.
La soluzione tampone, dopo un incontro a palazzo Tursi tra vertici aziendali, sindacati e primo cittadino, sembra l’attivazione della cassa integrazione per tutti.
I sindacati — la Faisa per prima che ha la maggioranza degli iscritti — ipotizzano un giorno di cassa a settimana per gli amministrativi e una settimana per gli autisti e nel dubbio non hanno ancora revocato lo sciopero in programma per l’11 settembre in cui minacciano di portare i bus vuoti a spasso per la città .
In realtà le trattative sono aperte.
Il sindaco Marco Doria dice che se non si riesce a fare un piano serio con i sindacati l’azienda va a fondo perchè l’iniezione di liquidità comunali per 5 milioni di euro di luglio ”è servita solo a ripianare una falla, ma non a invertire la rotta”.
E a breve Amt si troverà con perdite superiori a un terzo del capitale sociale, con l’obbligo per legge di azzerarlo e ricapitalizzare senza indugi.
I sindacati parlano di ricapitalizzare l’azienda dandole in dote la “Genova parcheggi” o la stazione ferroviaria di Principe, ma secondo il Comune non basterebbe a ridare fiato all’Amt.
La Regione Liguria con l’assessore ai trasporti Enrico Vesco paladino dei treni locali con numerosi contenziosi con Trenitalia, ha fatto sapere che soldi non ce ne sono più, anche se l’ente garantisce i fondi per la cassa integrazione per tutto il prossimo anno. Per il resto i tagli della spending review hanno ridotto di 2 milioni gli stanziamenti regionali per il trasporto pubblico locale su gomma, che sono quindi scesi da 123,8 a 121,8 milioni di euro.
Ma non si tratta certo di una tempesta improvvisa.
La crisi di Amt inizia a metà degli anni novanta, mentre la parziale privatizzazione risale al 2008, anno dell’ingresso della francese Transdev partecipata di Ratp.
Cinque anni prima, nel 2003, la giunta Pericu aveva provato a dividere l’azienda in due: tutti gli utili e i depositi a un’azienda sana Ami, tutti i debiti nella classica bad company.
E’ finita male: la giunta Vincenzi ha riunificato le due aziende e sull’operazione Pericu la Corte dei conti ha avuto parecchi dubbi tanto da condannare l’ex sindaco per danno erariale ingiungendogli il pagamento di 450mila euro, anche se secondo i giudici il danno complessivo all’erario fu di 9,5 milioni di euro.
Nel marzo 2011, poi, Transdev è uscita dalla compagine azionaria ed è restata Ratp che due mesi dopo ha salutato la lanterna lasciando un passivo di 5 milioni di euro e la bozza di un piano aziendale che prevedeva esuberi per 600 dipendenti e altri tagli ai chilometri.
La strada per il ritorno sotto l’ala del Comune, avvenuto il 1 gennaio 2012, è stata breve.
Secondo l’azienda l’attuale buco di circa 15 milioni è legato a un mancato incasso di 20 milioni di finanziamenti pubblici, al costo del gasolio, alle assicurazioni e agli affitti di alcune rimesse.
Per far quadrare i conti si è fatta una cura dimagrante: ad esempio Amt ad agosto ha comunicato di 56 auto aziendali ne sono state eliminate 30.
Inoltre da metà mese gira la bozza di un accordo che prevede 15 minuti di guida in più per ogni autista, la riduzione di 10 minuti nelle pause guida, l’aumento a 39 ore di lavoro settimanali per gli impiegati e il contratto di solidarietà per 500 lavoratori con la riduzione di un quarto delle ore lavorate per 24 mesi.
Guarda caso 500 è lo stesso numero di lavoratori che, a detta della Faisa, finirebbero in esubero con la privatizzazione.
Il 31 luglio scorso il consiglio comunale col nuovo sindaco eletto da Pd-Sel-Psi-Idv e Federazione della sinistra ha votato per la privatizzazione, ma oggi dice che ”al momento non se ne parla” e che era un’ipotesi su cui bisogna tornare a discutere.
In Comune, però, calcolano che senza il recupero di 2 milioni di euro di costi entro la fine dell’anno l’azienda sarà costretta a portare i libri in tribunale.
Alessandra Fava
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Genova, Politica | Commenta »