LEGGE ELETTORALE: SENZA ACCORDO AVANTI IN PARLAMENTO
SEMPRE PIU’ DISTANTI LE POSIZIONI DEI PARTITI… SI RISCHIA DI ANDARE IN AULA CON “MAGGIORANZE VARIABILI”
C’è anche l’approssimarsi delle urne a complicare, e di molto, il confronto-scontro sulla legge elettorale.
Non si andrà a votare in autunno ma l’appuntamento con gli elettori si avvicina a passi veloci e i due maggiori partiti, Pd e Pdl, sono sempre più allergici ad approvare insieme provvedimenti che verrebbero subito bollati come «inciucio» dalle opposizioni interne ed esterne al Parlamento.
Antonio Di Pietro ha attaccato dicendo che quello che stanno combinando Abc, cioè Alfano, Casini e Bersani, è «peggio del Porcellum, è un superporcellum perchè i cittadini daranno il voto ai partiti che si accorderanno come vorranno solo dopo. Così le carte vengono truccate».
Anche lo stop al ddl anti-corruzione da parte dei berlusconiani sembra rientrare nella stessa logica: sulla sistema elettorale la musica non cambia.
Tra l’altro, bisogna tener conto che più in là si approvano le nuove regole e minore è il rischio di un precipitare verso le urne anticipate.
Sono in pochi ormai a credere a una eventualità del genere, ma non si sa mai visto che la strana maggioranza sembra imballata e il governo è in difficoltà .
Risultato: l’accordo non c’è, non c’è mai stato per la verità , nonostante siano state strombazzate intese ormai chiuse.
L’effetto sarà di procedere in Parlamento a colpi di maggioranze variabili.
«Non vedo dove sia lo scandalo spiega il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri – visto che in una lettera inviata ai presidenti di Camera e Senato, prima dell’estate, il capo dello Stato chiese di mettere ai voti le varie proposte pur di superare l’attuale legge. Si lasci decidere alle aule senza costrizioni. Il Pd accetti questo metodo libero e democratico».
Ecco quindi quello che il Popolo delle libertà , per mettere in difficoltà Bersani, chiama il «Metodo Napolitano» e verrà presentato da Gaetano Quagliariello al comitato ristretto di Palazzo Madama che il presidente del Senato Renato ha voluto per aiutare l’accordo.
Ci sarà , dunque, un nulla di fatto, non ci sarà un testo base della strana maggioranza sempre più strana.
E Quagliariello chiederà , appunto, che si cominci ad esaminare comunque uno dei testi già depositati in Commissione.
Magari il suo dove vengono indicati i punti in comune, lasciando al libero voto dell’aula il resto, cioè quello che ancora divide.
Nella convinzione del Pdl che passeranno le preferenze visto che a favore sono anche i centristi di Casini e i finiani.
«C’è un’intesa di massima su alcuni punti: ecco, ripartiamo da lì…», dice Quagliariello. Come dire, poi si vedrà se quali maggioranze prevarranno.
Il Pd verrebbe messo in minoranza sulle preferenze: è questo il punto su cui si è fermata la trattativa.
Bersani vuole invece che la ripartizione dei seggi venga fatta nei collegi e che il premio di maggioranza, se deve andare alla coalizione o al primo partito, sia del 15%. Berlusconi, visto che nei sondaggi i Democratici sono i favoriti, non vuole dare un bonus così alto: vuole concedere solo il 10%.
Ma al di là delle fredde e noiose tecnicalità , che comunque sono determinanti per il successo o meno di un partito, rimane il dato che le sbandierate intese non ci sono.
E il clima politico attorno al governo Monti si surriscalda pericolosamente.
Al presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato Carlo Vizzini non resta che dire: «Se dopo tutte le paginate, gli schemi e gli annunci letti in questi giorni sui giornali mercoledì non si registrerà almeno un minimo progresso, credo che sia meglio tornare in commissione per registrare il nulla di fatto».
Allora avanti con il «Metodo Napolitano», ma il presidente della Repubblica magari non sarà molto contento dell’immagine che dà la classe politica ai cittadini e all’estero.
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)
Leave a Reply