Aprile 2nd, 2013 Riccardo Fucile
IL PELLEGRINAGGIO PER DARE GARANZIE AGLI USA SU AMBIENTE, ENERGIA E SANITA’
Un incontro annunciato su Facebook da Roberta Lombardi. “Insieme a Vito Crimi e una stretta delegazione del Movimento 5 Stelle andremo a conoscere l’ambasciatore Thorne“, aveva scritto sulla sua bacheca la capogruppo a Montecitorio.
E il riassunto del meeting è stato affidato a un comunicato sempre via web, ma stavolta sul sito dell’ambasciata americana. “La riunione è stata un’occasione per approfondire la conoscenza del Movimento e la sua posizione sull’attualità italiana”, si legge.
“Un incontro — specifica l’ambasciata — teso a rafforzare la cooperazione con l’Italia”.
E da discutere, secondo il rappresentante 5 stelle Massimo Baroni, c’era tanto.
Ambiente, web, energia e sanità sono stati alcuni degli argomenti trattati.
Nessun riferimento al Muos, il sistema radar della Marina Americana che doveva essere costruito a Niscemi, e contro cui il Movimento 5 stelle aveva opposto una ferrea resistenza.
Non ci sono stati commenti specifici sulla politica italiana, se non che la situazione “è di stallo” e Crimi ha ribadito alcuni punti del programma del Movimento, tra cui il reddito di cittadinanza e la legge elettorale, con il ritorno alle preferenze.
Immaginiamo che se un incontro del genere l’avesse chiesto Monti, sarebbe stato sommerso di giudizi sul fatto di “essere servo dele banche e dei poteri forti”, con l’aggiunta di cocca con il gruppo Bilderberg.
Al circo Barnum del guitto di Sant’Ilario tappeto a stelle e striscie.
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Aprile 2nd, 2013 Riccardo Fucile
IL GRANDE STATISTA GRILLO BACCHETTA IL CAPOGRUPPO: “BERSANI O MONTI PER ME PARI SONO”… PER LUI, SI SA, L’IDEALE E’ IL CAVALIERE
Che cosa succede all’interno dei M5S? 
La domanda sorge spontanea, visto che, per l’ennesima volta, Vito Crimi sembra aver fatto un passo falso che non è piaciuto a Beppe Grillo.
Già , in mattinata, il capogruppo al Senato scrive sulla sua pagina Facebook: «Meglio un incarico a Bersani che una prorogatio a Monti».
A smentire ci pensa il comico in persona: «Sono uguali».
E in Rete parte l’hashtag #Romanzocrimi «Vito, detto lo smentito».
A COLPI DI BLOG –
Insomma sul futuro prossimo della politica italiana , si apre una nuova querelle.
E che ha come protagonista assoluto, appunto il Movimento 5 Stelle.
L’ultimo caso comincia appunto con le parole di Crimi sul suo blog.
«Forse poteva essere intrapresa una strada mai percorsa prima, e cioè di affidare il governo a Bersani che con i suoi ministri poteva presentarsi al Parlamento e qualora non avesse ricevuto la fiducia poteva continuare, alla stregua dell’attuale governo Monti, senza la fiducia ma solo per gli affari ordinari. Almeno sarebbe stato rappresentativo di una maggioranza relativa e non di una strettissima minoranza come il governo Monti in regime di prorogatio».
A stretto giro di posta arriva la replica di Grillo che con un post tisolato «I puntini sulle i», puntualizza: «Breve riassunto sugli ultimi accadimenti per i distratti e/o in malafede. Il M5S non accorderà nessuna fiducia, o pseudo fiducia,a un governo politico o pseudo tecnico (in sostanza di foglie di fico votate dai partiti). Bersani non è meglio di Monti, è semplicemente uguale a Monti, di cui ha sostenuto la politica da motofalciatrice dell’economia».
GAFFEUR –
Una netta smentita. Ed è un attimo che cominciano le prese in giro.
Dalla Rete (scatenati su Twitter e Facebook) alla politica istituzionale.
Bersani ironizza: «Facessero una direzione pure loro in streaming così capiamo tutti…».
Vito Crimi diventa così protagonista dello scherno.
Se da una parte ci pensa Grillo a smentirlo, dall’altra sembra che sia diventato un bersaglio anche per i comici. Maurizio Crozza in testa con la sua imitazione.
Poi c’è sempre la questione delle gaffe.
Con la collega, «l’onorovole Lombardi», durante le consultazioni e la reazione stizzita di lei. E ancora: «Napolitano non si è addormentato», salvo poi appisolarsi sugli scranni di Palazzo Madama.
E gli insulti ai giornalisti, anche lì con una marcia indietro.
Vito Crimi rischia di diventare il bersaglio preferito, se non lo è già , della Rete e non solo
Benedetta Argentieri
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 2nd, 2013 Riccardo Fucile
SI LAVORA SUL RINVIO AL 2014 MA OCCORRE RECUPERARE IL GETTITO MANCANTE
Questa settimana si decide sui pagamenti della pubblica amministrazione, col varo del primo decreto che sblocca 40 miliardi di pagamenti arretrati.
Ma all’esame del governo c’è anche il nodo dell’aumento Iva di luglio e, altra urgenza, l’introduzione della Tares.
Prepariamoci al peggio.
Quale che sia la scelta (rinvio o non rinvio) dovremo tirare fuori «altri» due miliardi per l’immondizia.
La sostanza è questa.
Il consiglio dei ministri di mercoledì scorso, dove il provvedimento è arrivato «fuori sacco» non se l’è sentita di rinviare di nuovo la Tares con l’idea che potesse essere il nuovo governo ad occuparsene.
Ora che i tempi si allungano la questione torna di bruciante attualità e ci si aspetta che il prossimo cdm se ne occupi.
La Tares – per chi si fosse perso questa nuova sigla – è la nuova tassa in cui confluiranno tutti i tributi relativi allo smaltimento dei rifiuti, una nuova versione di quella che in alcuni comuni si chiamava Tarsu e in altri Tia (nella duplice edizione Tia 1 e Tia 2): da una parte era tassa, altrove tariffa.
Un pastrocchio.
Il decreto dell’ottobre 2011 sul federalismo fiscale ha pensato bene di omologare questo prelievo, ribattezzandolo Tares ma, dato che c’era, ha anche fornito le modalità di calcolo – metri quadri, quantità di rifiuti, tipo di rifiuto e relative modalità di smaltimento – e, per quel che ci riguarda, questo sapiente maquillage si è risolto in un aumento che si aggira sul 30%.
La Tares dovrebbe entrare in vigore il prossimo primo luglio ma un coro di soggetti sociali ha invocato la clemenza di un rinvio.Il governo dimissionario, però, non se l’è sentita – almeno questo si dice – di prendere una decisone su un eventuale posticipo, essendo, per l’appunto, in carica solo per la normale amministrazione.
Fin tanto che il Quirinale non lo ha reinvestito nei giorni scorsi di una sua pienezza di azione, considerando che lo stallo politico non si sa quanto potrebbe durare, e quindi una parola definitiva sulla Tares non sembra ulteriormente rinviabile.
La tassa non sembra riducibile, ma potrebbe essere dilazionata nella sua applicazione: non più il primo luglio ma il primo gennaio 2014.
La scorsa settimana anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha scritto una lettera a Mario Monti per sottoporgli una simile eventualità .
Sia Boldrini che Confcommercio che altri soggetti sociali (i sindacati, per esempio), fanno presente al governo che la batosta della Tares a inizio estate, si andrebbe a sommare ad altri balzelli tutt’altro che irrilevanti, come la prima tranche dell’Imu, le addizionali dell’Irpef, per non dire della madre di tutte le stangate, e cioè l’ennesimo aggravio dell’Iva di un punto, che porterebbe il prelievo sugli acquisti dal 22 al 23%. Una misura – quest’ultima – che secondo Confcommercio porterebbe la dinamica dei consumi dalla riduzione all’agonia, sortendo un esito paradossale per cui l’aliquota aumenta ma, determinando una contrazione dei consumi, il gettito diminuisce.
Si sta provando a congelare questo aumento, ma ogni auspicio è prematuro fintanto che il Governo non presenterà il Documento di Economia e Finanza nel quale indicherà gli andamenti macro e quindi la possibile sostenibilità di un intervento riduttivo.
Tutto questo è sul tavolo del governo.
E se sull’Iva nessuno si è ancora pronunciato, sulla Tares è possibile che si possa andare ad un o slittamento.
Ma di quanto? I comuni, attraverso l’Anci, si fanno carico della sofferenza dei contribuenti ma, d’altra parte, però, hanno le casse a secco e dire no a questo flusso di denaro sembra impossibile.
Il gettito atteso dalla Tarsu è, infatti, di 8 miliardi, ben due in più delle vecchie tasse sui rifiuti.
Ma se l’aumento atteso per le famiglie oscilla, appunto, intorno al 30%, per gli esercizi commerciali e di ristorazione la batosta potrebbe essere ben maggiore, in quanto la nuova tassa distingue tra rifiuti e rifiuti, in base alle modalità di raccolta e smaltimento, per cui – è sempre Confcommercio a dirlo – i negozi in genere conoscerebbero un aumento del 290%, che diventerebbe del 400% per ristoranti, bar e pizzerie, e di ben il 600% per i negozi di frutta e verdura.
Raffaello Masci
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Aprile 2nd, 2013 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO CERCA DI USCIRE DALL’ANGOLO E PUNTA SULL’EX PREMIER PER IL QUIRINALE
Pier Luigi Bersani è convinto: «La priorità ora è l’elezione del presidente della Repubblica»,
annuncia ai suoi.
E aggiunge: «Dopo la scelta del nuovo capo dello Stato ci saranno ancora più elementi che giustificheranno l’esigenza di un governo di cambiamento, e che chiariranno che le ipotesi delle larghe intese o di un nuovo esecutivo tecnico retto da una strana maggioranza sono impraticabili».
Già , perchè se l’elezione del presidente avvenisse senza l’aiuto del Pdl ma con l’apporto dei grillini e, magari, di qualche montiano, sarebbe veramente difficile mettere di nuovo insieme attorno a un tavolo il Pd e il Pdl.
Ed è proprio questa l’idea che sta accarezzando Bersani per uscire dall’angolo e rilanciare.
Un capo dello Stato di rottura nei confronti di Berlusconi scriverebbe la parola fine sul tormentone delle «grandi intese», come su quello di un governo modello Monti.
Il nome vincente in questo senso potrebbe essere quello di Romano Prodi.
Ai più è sfuggito il post pubblicato sul blog di Grillo sabato scorso.
Ma al Pd lo hanno letto con attenzione e grande interesse.
È vero, il leader del Movimento 5 Stelle sostiene di non voler vedere un politico già usato al Quirinale, però poi accusa Partito democratico e Pdl che «vorrebbero un presidente “quieta non movere et mota quietare”, non un Pertini, ma neppure più modestamente un Prodi che cancellerebbe dalle carte geografiche Berlusconi».
Sì, Prodi sarebbe l’uomo giusto al posto giusto (anche se si parla pure di Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky).
Al Pd pensano che l’ex premier dell’Ulivo potrebbe ridare l’onore al centrosinistra e l’incarico a Bersani.
Ma per ora nessuno vuole bruciare nè tappe nè nomi, perciò la raccomandazione è: «Prudenza».
Anche perchè Silvio Berlusconi ha subodorato che c’è qualcosa che non torna.
E si è insospettito non poco anche delle mosse di Giorgio Napolitano che a suo avviso servono «a prendere tempo e rendere impraticabile la strada delle elezioni in estate» e rischiano di «metterci fuori dai giochi sul Quirinale».
«Stiamo attenti – ripete incessantemente ai suoi il leader del centrodestra – perchè come ai tempi di Monti è in atto un’operazione contro di noi, questa volta per eleggere il capo dello Stato senza che i nostri voti siano determinanti».
Il Cavaliere è convinto di essere al cospetto di «una trappola» e come i bersaniani guardano con un certo sospetto Enrico Letta, Massimo D’Alema e Matteo Renzi, perchè pensano che stiano lavorando di sponda con il Quirinale, per dare vita a un governo che non sia presieduto dal segretario, così lui teme che riparta dentro il Pdl il tentativo di parricidio.
«Se c’è qualcuno che nel centrodestra pensa di approfittarne per mettermi da parte, sta facendo male i suoi calcoli, perchè io rovescio il tavolo», è il ritornello che più di un suo interlocutore si è sentito ripetere da Berlusconi.
Ma in queste stesse ore, quasi fossero predestinati a cadere insieme, anche Bersani fa riflessioni analoghe: «I saggi non possono preparare il terreno per le larghe intese, se c’è qualcuno nel partito che invece ha in mente questo obiettivo lo dica chiaramente».
E a sentire certe affermazioni, in mente, quell’opzione, la hanno in diversi.
Paolo Gentiloni, per esempio, che dice: «Sto dalla parte di Enrico Letta che ha dato sostegno e fiducia a Napolitano».
Mentre un altro renziano, Angelo Rughetti, propone: «Si potrebbero stabilizzare i gruppi di lavoro in un nuovo governo».
Per questa ragione Bersani si è reso conto che è quanto mai necessario uscire dall’angolo e non assecondare il tentativo di chi nel Pd vuole prendere tempo e, magari, sfruttare l’allungarsi dei giorni per lavorare all’insaputa del segretario su una candidatura al Quirinale che non guardi solo a sinistra. «Io – spiega ai suoi Bersani – rimango in campo e non mi ritiro.
La linea resta quella del governo di cambiamento: non si possono fare le larghe intese solo perchè i saggi dicono che c’è l’accordo su due, tre punti».
Del resto, continuano a ripetere i bersaniani del giro stretto, il presidente della Repubblica non ha dato l’incarico a nessun altro, quindi… Quindi, avanti ancora sulla linea di sempre.
Ne è convinto uno come Matteo Orfini, secondo il quale «la soluzione proposta da Bersani è la più forte anche perchè non ci sono nomi nuovi per la premiership».
E quindi, per dirla con Alessandra Moretti: «Noi vogliamo un governo di cambiamento e Bersani deve esserne a capo».
Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera“)
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Aprile 2nd, 2013 Riccardo Fucile
CHIESTA DAL DISTRETTO DELLA SEDIA CHE E’ IN CRISI… NEL 2000 LE IMPRESE ATTIVE ERANO 1000, ORA SONO 720
Tempi della società , tempi della politica: nulla dimostra le lentezze del Palazzo quanto il paradosso di una bretella stradale in Friuli.
Decisero di farla per il boom del «triangolo della sedia», ora che finalmente la fanno è tardi: il distretto è in crisi nera.
E i costi sono diventati stratosferici.
Ripartiamo dall’inizio, dalla metà degli anni Novanta.
In un pugno di paesi tra Manzano, San Giovanni al Natisone e Corno di Rosazzo vengono prodotte quattro su cinque delle sedie italiane e una su tre di quelle europee. La provincia di Udine, la più colpita dalla grande emigrazione e reduce dal terremoto del 1976, si scopre di colpo ricca.
Gli operai più bravi vengono strappati ai concorrenti per tre milioni di lire al mese.
Il settore è in perenne, frenetica, spasmodica corsa verso nuovi record: più efficienza, più produttività , più velocità …
È in questo contesto che si levano le prime lamentele sul traffico crescente della «Palmarina», la provinciale che da Manzano porta al casello di Palmanova.
Sempre la stessa accusa: «Investiamo montagne di soldi su macchinari per guadagnare secondi preziosi su ogni componente di una sedia e appena i camion escono dal cancello s’impantanano negli ingorghi per raggiungere l’A4!».
Anni di proteste, richieste, confronti, dibattiti… Finchè nel 2004, quando già molti hanno delocalizzato e s’avverte la concorrenza di altri Paesi, la giunta regionale di centrosinistra guidata da Riccardo Illy insediata da pochi mesi vara il progetto per una nuova bretella che colleghi Manzano all’agognata A4.
Costo: una quarantina di milioni di euro.
Da allora, però, è passato quasi un decennio.
E solo da poche settimane (erano in arrivo le «Politiche») è stato approvato il progetto definitivo e successivamente (sono in arrivo le «Regionali») è stata avviata la gara d’appalto.
Con il risultato che, se proprio tutto andrà liscio (per accelerare l’assessore alle Infrastrutture Riccardo Riccardi è oggi commissario), i cantieri potrebbero partire in autunno o l’anno prossimo.
Vent’anni dopo il boom.
Ma quella bretella ha ancora un senso?
Lo ha chiesto in una lettera dove invocava un incontro col presidente regionale Renzo Tondo (nessuna risposta), il sindaco di Palmanova Francesco Martines.
Il quale ricorda che «nell’ultimo decennio (…) le imprese attive che nel 2000 erano 1.011, nel 2011 si sono ridotte a 720 (fra queste 74 sono in procedure concorsuali e 84 in scioglimento e liquidazione), con un accentuato fenomeno di delocalizzazione per le grandi aziende e una percentuale molto alta di cessazione di attività fra le aziende artigiane (riduzione del 45%) e quelle di piccola dimensione (riduzione del 26,1%)». Col risultato che, parallelamente al crollo della produzione, dell’export e dell’occupazione fra i 40 e 50% anche «i flussi veicolari, soprattutto di quelli di mezzi pesanti, hanno subito una drastica riduzione».
Un quadro fosco.
Confermato dai dati della Camera di Commercio e da un reportage del Sole24Ore che un mese fa, sotto il titolo «La crisi azzoppa la sedia di Manzano», scriveva che il distretto «negli ultimi sette anni ha visto volatilizzarsi almeno 6 mila posti di lavoro». Meno lavoro, meno produzione, meno camion.
Dice uno studio fatto fare da Martines che sulla «Palmarina» verso Palmanova tra le 11 e mezzogiorno le «punte di traffico» si attestano sui 148 veicoli totali (dei quali 129 leggeri) e che nell’ora peggiore, tra le 17 e le 18, si contano 348 veicoli dei quali solo 20 (venti) pesanti. Uno ogni tre minuti.
Vale davvero la pena, in questa situazione così cambiata rispetto al passato, chiede la giunta di Palmanova, di insistere sulla nuova bretella che sarebbe di 3 chilometri più corta (13 contro 16) rispetto alla strada attuale?
Con due carreggiate più ampie di 25 centimetri (venticinque!) in confronto a quelle di oggi larghe tre metri e mezzo?
Con 10 rotatorie e un nuovo ponte da costruire? Non bastasse, i costi inizialmente previsti sono raddoppiati. L’ultimo calcolo è di 89.734.717 euro: sette milioni a chilometro.
Da brividi.
«Non sarà questa nuova viabilità a risolvere i problemi del “triangolo della sedia”», sostiene il sindaco di Palmanova. E dunque è sbagliato oggi con «risorse sempre più scarse» buttar soldi in un’opera che servirebbe solo ad «annientare, in maniera ingiustificata, una grande porzione del territorio agricolo rimasto ancora intatto». Anche il suo collega di Moimacco, Manolo Sicco, è perplesso.
Dice che «è un investimento tardivo» e che «vent’anni fa l’opera aveva un senso» ma «oggi sono soldi sprecati».
Lo stesso primo cittadino di Trivignano, Roberto Fedele, favorevole all’opera, ha riconosciuto sul Messaggero Veneto che «è scontato dire che l’opera è tardiva» ma secondo lui «non fare nulla non crea ricchezza».
Quello di San Giovanni al Natisone, Franco Costantini, concorda: «A chi dice che l’opera non serve più rispondo: proprio nei momenti di crisi si investe in infrastrutture e si cerca di stimolare anche insediamenti alternativi». Traduzione: parte per parte della nuova arteria potrebbero sorgere, vedi mai, nuovi insediamenti industriali.
Sarebbe un peccato se questa spaccatura fra sindaci fosse liquidata come una bega locale.
Perchè c’è dentro tutto: i ritardi pazzeschi della politica, il peso mostruoso della burocrazia, l’ineluttabilità di progetti che a un certo punto vanno avanti per inerzia anche se sono vecchi, l’idea che lo sviluppo si inneschi solo col cemento…
Per capirci: con un quinto dei soldi previsti per la bretella (ammesso che bastino…) potrebbe essere completamente restaurata la stupenda cittadella militare di Palmanova le cui mura devastate da decenni di degrado solo recentemente hanno conosciuto i primi interventi solo grazie alla Protezione civile e a migliaia di volontari. Se è vero che l’area è di enorme interesse culturale, turistico ed enogastronomico e che secondo lo stesso Sole24Ore perfino «progetti come il ponte sullo Stretto presentano moltiplicatori di reddito inferiori a quelli evidenziati dai progetti culturali: due volte contro 4-5 volte» vale o no la pena di rifletterci?
E in ogni caso si torna alla domanda posta da Alberto Alesina e Francesco Giavazzi: le «infrastrutture» da rifare con più urgenza sono le autostrade o i processi burocratici? A che serve che i camion guadagnino cinque minuti su una bretella nuova e costosissima se le aziende perdono mesi in scartoffie?
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera“)
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Aprile 2nd, 2013 Riccardo Fucile
RENATO ZERO: “LASCIA UN GRANDE VUOTO”…lL CAMPIDOGLIO ANNUNCIA: CONCERTO OMAGGIO IL 21 APRILE
Dopo la folla in coda alla camera ardente in Campidoglio centinaia di amici e fan si sono radunati
oggi in piazza del Popolo per l’ultimo saluto a Franco Califano.
Durante la cerimonia delle esequie, iniziata alle 11, il suo quartetto d’archi – che lo aveva accompagnato anche al Teatro Sistina – ha intonato il «Cantico delle Creature» e il suono ha riempito il sagrato.
In programma anche alcuni classici del «Califfo» e un pezzo del brano «L’ultimo amico va via», da lui scritto nel 1972.
«Cerchiamo di fare nostro il messaggio di Francesco», ha detto nell’omelia il parroco. «Francesco – ha continuato – ha cercato di non essere inutile su questa terra. Ha cercato, quando si è sentito solo, di andare avanti a sperare in qualcosa di diverso e migliore. A sperare che qualcuno lo notasse per la sua bontà , amore e carità ».
In tanti hanno seguito la funzione dalla piazza, sotto una pioggia battante, ascoltando le parole del sacerdote dagli altoparlanti.
«TUTTO IL RESTO E’ NOIA»
Seduto in seconda fila nella Chiesa degli Artisti, tra i tanti volti noti, anche Renato Zero: «Califano lascia un grande vuoto per la romanità ».
Poco più in là , il sindaco di Roma Alemanno, Amedeo Minghi, Lando Fiorini, Dario Salvatori, Renata Polverini e la figlia di Califano, Silvia.
Intanto, fuori nella piazza, sotto la pioggia, tanti fan che attendevano il feretro intonavano «Tutto il resto è noia».
E uno striscione ribadiva il concetto: «Ora senza di te tutto il resto è noia. Grazie Franco».
Gli ammiratori del Califfo – una folla di simpatizzanti romani e non- avevano iniziato a riempire la piazza fin dalle 9 di martedì radunandosi di fronte alla Chiesa degli Artisti nella speranza di partecipare ai funerali.
Ma la chiesa è troppo piccola e centinaia di persone sono rimaste fuori in fila
POETA MALEDETTO
L’arrivo del feretro poco prima delle 11 è stato accolto con un lungo applauso.
Sulla bara era posata una maglia dell’Inter con su scritto Franco Califano.
«All’inizio era un poeta maledetto – ha ricordato Gianni Alemanno in margine alla cerimonia – ci sono state tante polemiche per i suoi comportamenti spesso fuori le righe. Però questo suo anticonformismo è diventato un segnale di autenticità che riguarda un po’ tutti i romani che si sentono un po’ Califano, perchè dietro questa voglia di trasgredire c’è tanta umanità senza retorica».
L’IMITATORE
Lunedì, per tutto il giorno, in tanti avevano reso omaggio alla salma del cantante scomparso sabato sera nella Capitale.
Una inarrestabile fila di persone comuni, molte visibilmente commosse, che hanno lasciato vicino alla bara un fiore, un biglietto di un concerto, una strofa di una canzone.
In fila anche tanti vip.
Tra i primi ad arrivare Fiorello, il suo più grande imitatore. «Insieme abbiamo ritrovato la grinta. Quando io ho iniziato ad imitarlo eravamo entrambi in crisi e poi abbiamo superato questo momento».
«SE L’E’ GODUTA»
Che dire di Califano? «È sicuramente uno che la vita se l’è goduta», Fiorello ha poi aggiunto: «sono venuto qui per vedere la gente che c’è, ed è tanta, nonostante sia la Pasquetta. E noi tutti sappiamo come Califano non amasse i giorni di festa».
VESTITA COME SEMPRE
La salma del cantautore era stata vestita proprio come un giorno qualsiasi: braccialetti, collana e camicia aperta sul petto.
Visto l’afflusso, lunedì l’apertura della camera ardente è stata prorogata fino alle 20 per permettere alle persone in fila di salutare il cantante.
Dopo i funerali, la salma del cantautore sarà sepolta ad Ardea, cittadina sul Litorale, nei cui pressi Califano viveva da tempo.
CONCERTO IL 21 APRILE
Tra i primi ad arrivare alla camera ardente – oltre a Fiorello -, il pianista Enrico Giaretta, amico e collaboratore, gli attori Massimo Ghini e Maurizio Mattioli, il cantante Edoardo Vianello.
«Ricorderemo nella maniera migliore il maestro Califano – ha detto l’assessore alla Cultura Dino Gasperini – Sarebbe bello organizzare un concerto da dedicargli. Ci piacerebbe ricordarlo già il 21 aprile, nel giorno del Natale di Roma».
LA FIGLIA
Califano non ha mai conosciuto sua nipote, Francesca, che oggi ha 14 anni.
A dirlo è Silvia Califano, la figlia del cantautore, ex ballerina classica e ora titolare di una scuola di danza.
«Non mi sono resa conto di quanta gente amasse mio papà – dice Silvia – forse più di me, ci siamo voluti bene però ci siamo persi un pezzo di vita insieme. Io sono figlia, ma anche madre di Francesca e penso che mio padre non era tagliato per fare il padre».
Silvia Califano racconta «di non aver mai vissuto» insieme al padre Franco.
«Ci siamo frequentati per un periodo – aggiunge – ma il fatto di non vivere a Roma bensì a Trieste non ci ha aiutato. Ho perso un po’ di lui, papà era quello che era, era un artista, un grande poeta, ma non era proprio capace di fare il padre».
MORANDI: UNA PASQUA TRISTE
Nel commemorare la scomparsa di Enzo Jannacci prima e del Califfo poi, Gianni Morandi aveva ricordato Califano sulla sua pagina Facebook: «Ha scritto ed interpretato bellissime canzoni che non svaniranno nel tempo, brani come Minuetto, Tutto il resto è noia, La musica è finita, Una ragione di più». E poi aveva aggiunto: « Questa è una Pasqua triste per la musica».
VOCE DELLE BORGATE
«Credo che tutta Roma sia commossa per la scomparsa di un grandissimo artista come Franco Califano, profondamente radicato nella nostra città , nella storia e nella produzione artistica di tutti quei diversi modi di essere e soprattutto di quelle borgate che spesso hanno bisogno di una loro espressione» ha detto il sindaco Gianni Alemanno.
E ha poi aggiunto: «Troveremo una strada da intitolare a Califano alla Garbatella, quartiere molto amato dal cantante».
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Aprile 2nd, 2013 Riccardo Fucile
LA BASILICA DI SANT’AMBROGIO GREMITA DI FOLLA PER L’ADDIO AL GRANDE CANTAUTORE
«”Si potrebbe andare tutti al tuo funerale”, cantavi tanti anni fa, ebbene ora ci siamo al tuo funerale, e siamo in tanti, e siamo tutti». Basilica e chiostro di Sant’Ambrogio gremiti, martedì pomeriggio, per i funerali di Enzo Jannacci, scomparso venerdì scorso all’età di 77 anni.
Un lungo applauso ha accolto l’arrivo della salma sul sagrato.
Ad accompagnare il feretro la moglie Giuliana Orefice e il figlio Paolo, musicista come il padre.
Ha celebrato le esequie don Roberto Davanzo, direttore della Caritas ambrosiana. Presenti, tra gli altri, il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il presidente del Consiglio Regionale Raffaele Cattaneo, l’assessore alla Cultura e vicepresidente della Provincia Novo Umberto Maerna. Renzo Arbore, Ombretta Colli, Mara Maionchi, Franca Rame e Dario Fo, Fabio Fazio, Shel Shapiro, Enrico Beruschi, Morgan.
Presenti i gonfaloni di Regione, Provincia e Comune, oltre a quello del Milan, squadra di cui Jannacci era tifoso.
L’OMELIA
«”Si potrebbe andare tutti al tuo funerale”, cantavi tanti anni fa, ebbene ora ci siamo al tuo funerale, e siamo in tanti, e siamo tutti. E poi precisavi, “per vedere se la gente piange davvero”, ed ora te le possiamo garantire, perchè la gente ti vuole bene. Hai dato voce a quelli che la voce non ce l’hanno, gli anonimi, gli sconfitti della storia»». Don Roberto Davanzo ha iniziato la sua omelia con queste parole, citando i versi di una delle più celebri canzoni di Jannacci.
Davanzo ha sottolineato l’importanza, espressa anche nei versi di Jannacci, di «prendersi cura anche degli altri».
Da direttore della Caritas, don Davanzo ha poi ricordato che proprio dalla canzone di Jannacci «El purtava i scarp del tennis» è stato preso il titolo della rivista dell’associazione.
«Proprio questa canzone è diventata la’cifra di un prendersi a cuore i senzatetto», ha affermato, definendo alla fine dell’omelia Jannacci «il profeta, il poeta», del mondo degli emarginati.
CELENTANO
Adriano Celentano e la moglie Claudia Mori, arrivati un po’ in ritardo, non sono riusciti ad entrare nella basilica di Sant’Ambrogio, troppo piena.
«Bello, adesso sta bene», ha detto Celentano arrivando.
La coppia si è quindi soffermata fuori dalla basilica per alcuni minuti e poi si è allontanata: «Avrei preferito poter assistere alla cerimonia – ha spiegato il Molleggiato – ma c’era troppa gente ed è giusto così».
VECCHIONI
Fra i primi ad arrivare l’amico Roberto Vecchioni: «Nessuno è mai riuscito a dare la dimensione di Milano come ha fatto lui – è stato il suo commento -. Ricordare il suo genio è impossibile. Il genio è quello che cambia tutto, tu ti aspetti una cosa e lui ne fa un’altra, lui era uno così. Due o tre nella canzone italiana sono come Jannacci. Jannacci è l’unico che sia riuscito a dare la vera dimensione di Milano».
TEOCOLI, BOLDI, FINARDI
«Enzo era una persona che quando non c’era si faceva sentire ugualmente perchè quando era presente dava un senso diverso alla serata – ha raccontato Teo Teocoli, arrivato ai funerali con il collega Massimo Boldi -. È lui che mi ha fatto cambiare carriera, è lui che mi ha fatto diventare un artista. Era il vero collante tra di noi – ricorda il comico -, tant’è vero che i suoi primi pazienti siamo stati io, Massimo Boldi, Cochi e Renato».
«Jannacci rappresentava la Milano che non c’è più, aveva la tenerezza delle persone normali, magari sembrava un po’ burbero ma non lo era», ha detto Eugenio Finardi, arrivato tra i primi al funerale.
«In questi giorni – ha raccontato il cantautore – mi sono ritrovato a cantare le canzoni di Enzo a mia figlia di 13 anni che mi chiedeva chi fosse. Appena ho intonato Vengo anch’io lei ha capito di chi stessimo parlando. Questo significa passare alla storia».
AL FAMEDIO
Il suono della banda ha accompagnato l’uscita della bara di Enzo Jannacci dalla basilica, al termine dei funerali.
L’uscita del feretro, come l’ingresso, è stata accompagnata anche da un lungo applauso e da momenti di commozione.
La salma del cantautore riposerà al Famedio del Cimitero monumentale, dove sono seppelliti coloro che hanno reso grande Milano.
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Aprile 2nd, 2013 Riccardo Fucile
LA GRECISTA EVA CANTARELLA: “I NOSTRI RAPPRESENTANTI NON HANNO PIU’ PAROLE PERCHE’ NON HANNO PIU’ IDEE. SFOGLINO “L’ODISSEA”
Manca l’impegno, l’approfondimento, l’applicazione quotidiana. 
Manca lo studio, dilaga l’ignoranza.
“La politica non ha più parole perchè non possiede idee. Che nascono se si dispone al pensiero, allo studio sistematico, alla fatica. Secondo lei hanno mai letto Omero?”.
Eva Cantarella è una grecista di fama internazionale, i suoi libri, i suoi studi sul diritto romano e la Grecia antica sono noti in tutto il mondo, e si inquieta all’idea dei senza idee.
Professoressa, almeno cento sui mille del Parlamento avranno letto, altri cento avranno solo sfogliato il suo libro preferito.
“Non chiedo di leggere tutta l’Odissea, che pure è uno strepitoso libro sulla vita, sull’esistenza, un viaggio alla ricerca di se stessi mescolato alla potenza della fantasia. Almeno lo tenessero sul comodino e lo sfogliassero qualche volta. E lo alternassero con un volume fondamentale di John Rawls: La teoria della giustizia. Basterebbero solo alcuni passi per capire di più il mondo e persino il nostro tempo”.
Speriamo che almeno i saggi di Napolitano abbiano avuto questa fortuna in gioventù.
“E agli amici di Grillo, ai suoi deputati del Movimento 5 Stelle consiglio fermamente un libretto facile e agevole, ma decisivo per la loro formazione culturale. Discettano di democrazia diretta? Allora e prima di tutto leggano La Costituzione degli Ateniesi di Aristotele. Temo infatti che abbiano gravemente frainteso il senso di quel modo di vivere la vita e il diritto”.
Ah, il loro famigerato uno vale uno!
“Ecco, sì. Nella Grecia effettivamente ogni cittadino aveva diritto di andare nell’agorà per contribuire alla gestione della cosa pubblica. Ma aveva l’obbligo di sostenere attivamente la gestione, il governo. Pesava su quel cittadino l’etica della responsabilità , l’obbligo di dare risposte e l’assoluto dovere di farsi carico del proprio ufficio”.
È rimasta delusa dal loro comportamento?
“Ho idee dichiaratamente di sinistra, e non smetterei mai un secondo di pensare che i partiti sono insostituibili e vitali alla democrazia. E sono afflitta da questo nostro tempo, e afflitta dalle domande che continuamente mi rivolgono quando mi trovo all’estero: ‘Come è stato possibile, cosa vi è successo, perchè Berlusconi?’. Come se la domanda degli amici parigini e di New York non fosse la stessa, identica mia. Com’è possibile che ci siamo ridotti così, che siamo finiti in questo vicolo cieco. Mi viene da dire: colpa della nostra afasia, della mancanza di un briciolo di memoria, di un minimo di etica. Vent’anni sono passati e ora assisto all’esplosione del Movimento 5 Stelle. Non avevo idea che fosse così partecipato, e certo è stata sentita la voglia di buttare via questo mare di politicanti. Ho conosciuto stimatissime persone che mi hanno confessato di aver dato il voto al simbolo di Grillo. Non che non veda l’aspetto positivo: volti e modi di pensare finalmente connessi con la società civile. Ma mi aspettavo un minimo di preparazione in più, di adeguatezza in più rispetto alla crisi che ora è sfociata in uno stallo pericoloso. Perciò dico ai deputati: leggete Aristotele e poi parlate”.
Si fanno chiamare cittadini.
“Cittadini è una bella parola, ma non la voglio usare. Dico deputati e mi convinco che sia la parola adeguata. Essi parlano di democrazia diretta. Dunque hanno l’obbligo di conoscere almeno i fondamentali e di sapere, per esempio, che gli ateniesi partecipavano alla discussione pubblica con consapevolezza di causa”.
Ma sono giovani, alcuni di essi anche impreparati, tutto è cascato sulle loro spalle in modo così improvviso. Non è una esimente importante?
“L’impreparazione e l’ignoranza non è una esimente, mi spiace. Non basta dire sono casalinga per essere assolta. Sei casalinga e deputata e devi contribuire a trovare uno sbocco alla crisi. Contribuisci con la tua forza e le tue idee, ma non disertare per favore”.
Dovessimo andare indietro nel tempo, quali similitudini troverebbe e quale periodo indicherebbe?
“La fine della Repubblica romana. A Roma si combattevano fazioni intransigenti mentre il potere era eternamente instabile. Finì che arrivò Cesare. Grande personaggio che però spalancò le porte all’Impero. I miei occhi guardano e la memoria va sempre all’indietro. Continui flashback che mi fanno chiedere: ma questi governanti hanno memoria? Ma gli italiani hanno memoria? Ma come è stato possibile offrire ancora a Berlusconi tutti questi voti? Chiedo: ma ci vedete bene? Vedete anche voi quel che vedo io? Questa crisi non è solo economica, intreccia le basi morali della nostra società , è figlia di una caduta di massa dell’etica, di una volgarizzazione generalizzata. Infatti il turpiloquio è l’approccio consueto nella discussione pubblica e televisiva. Non desta scandalo, c’è ormai assuefazione. È solo una curva di acuti che si confrontano: uno dà sulla voce all’altro. Parlano e di cosa? Hanno sterminato la scuola, che è l’alfabeto della nostra società . Pensi solo alle poesie che si imparavano a memoria. Certo, non era il massimo. Ma hanno creato per generazioni un fondo comune di conoscenza. E ora cosa c’è?”.
Antonello Caporale
argomento: Grillo, radici e valori | Commenta »
Aprile 2nd, 2013 Riccardo Fucile
“MA SE SI FA QUELL’ACCORDO IL PD E’ MORTO”… “FACCIANO UN NOME PER APRIRE A GRILLO”
Professor Massimo Cacciari, il Pd deve appoggiare il lavoro dei saggi o rivendicare un proprio
ruolo?
«Cosa vuole che le dica, il Pd finora le ha sbagliate tutte. Non si possono dare consigli a vanvera. Francamente mi sono stancato di continuare a dare consigli che non vengono mai ascoltati e che mi hanno solo reso antipatico a questa classe dirigente».
Che cosa intende dire?
«Da una parte mi sembra che ormai sia chiaro a tutti che se il Pd avesse operato un maggior rinnovamento della propria classe dirigente non saremmo arrivati a questo punto. Dopo una sconfitta così tremenda come quella che ha subito il Pd alle ultime elezioni Bersani avrebbe dovuto farsi da parte. In questo modo la classe dirigente del suo partito avrebbe potuto andare alle consultazioni dal presidente Napolitano proponendo un altro nome».
L’errore dunque è stato di Bersani?
«Ormai il latte è versato, ma sono stati commessi anche troppi errori. Conosco Bersani e sono sicuro che la sua scelta è stata dettata dalla volontà di difendere la sua classe dirigente. Del resto, aveva portato la croce per tutta la campagna elettorale. Mi auguravo che Napolitano scegliesse una strada diversa, ma non l’ha fatto. E il Pd si trova incastrato ».
Perchè?
«La mossa del Capo dello Stato ha un chiaro senso nemmeno tanto recondito. Un governo che abbia l’appoggio sia del Pd che del Pdl. Le persone che sono state scelte non sono dei saggi, ma degli esponenti politici a tutti gli effetti. Di centrodestra e di centrosinistra».
Un esecutivo di scopo o delle larghe intese?
«Per il Pd, il governissimo sarebbe una trappola. Il partito si sfascerebbe. Ma certo se Bersani si fosse fatto da parte e avesse candidato una personalità come Stefano Rodotà magari il Movimento Cinque Stelle avrebbe reagito diversamente. Un’altra strada poteva essere quella di dare l’incarico a una personalità neutra. Il presidente della Corte Costituzionale».
Invece?
«In questo scenario, al momento, non vedo soluzioni possibili per il Pd. Credo che lo scopo di Napolitano sia quello di ottenere che i saggi consegnino al prossimo Capo dello Stato un possibile programma condiviso almeno da Pd e Pdl. Il Pd non può permettersi di appoggiare un governo Violante-Quagliariello. Se cadesse in questa trappola, il Pd sarebbe morto. E si capisce benissimo allora il perchè il Pdl sia disposto ad appoggiare qualsiasi candidato del Pd pur di andare al governo».
Il suo consiglio?
«Essere rigorosi sulla stesura del programma e sperare che Beppe Grillo si sganci dall’immobilismo nel quale si è cacciato sulla base di un programma innovativo».
Che cosa le fa pensare che Grillo potrebbe cambiare idea?
«Non voglio fare il profeta, ma ancora una volta voglio mandare un avviso a tutti. Guardate che se le cose non cambiano e si va subito alle elezioni le vince ancora una volta Silvio Berlusconi».
Ne è convinto?
«Ma Beppe Grillo è veramente convinto che potrebbe prendere di nuovo il venticinque per cento? Mi sembra che non esista un italiano che sia convinto che l’Italia possa essere governata da un esecutivo monocolore grillino. Quanto al centrosinistra, mi sembra chiaro che non si ripresenterebbe con Bersani. Il mio appello lo rivolgo proprio a Grillo. Se si rivota subito l’esito delle elezioni potrebbe essere come quello del secondo voto in Grecia. Se Grillo pensa di prendere ancora più voti, se lo sogna».
C’è un’alternativa?
«Che il lavoro dei saggi possa produrre un programma che possa essere appoggiato anche dai grillini. Allora il nuovo Capo dello Stato potrebbe aprire un nuovo scenario dando un nuovo incarico. Ma non voglio nemmeno pensare a cosa potrebbe succedere nelle prossime settimane senza un governo e nemmeno un Presidente della Repubblica. Che Dio ci salvi».
Andrea Montanari
(da “La Repubblica”)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »