Aprile 17th, 2013 Riccardo Fucile
SULLA CARTA MARINI, ANCHE SENZA IL VOTO DEI DISSIDENTI PD E DI SEL, AVREBBE ANCORA UNA TRENTINA DI VOTI DI MARGINE PER PASSARE ALLA PRIMA VOTAZIONE, MA LE SORPRESE SONO IN AGGUATO
Franco Marini, a quanto si capisce, piace più a Berlusconi che a Bersani, che alla fine lo sosterrebbe
in quanto il più “condiviso”.
Ma il suo nome apre una frattura tra il segretario e le frange più innovative del Pd.
Al termine di una giornata convulsa, in una raffica di indiscrezioni e smentite alla vigilia del primo voto in Parlamento per scegliere il nuovo presidente della Repubblica, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani prima annuncia una sorpresa “che sarà gradita a tutti”, poi durante la riunione serale dei gruppi parlamentari al teatro Capranica di Roma ufficializza la candidatura di Franco Marini.
“E’ il nome su cui ci sono più convergenze” dice il segretario (accolto prima dal gelo, poi dalle proteste della platea), con Berlusconi che subito conferma la convergenza del Pdl all’opzione scelta da una parte del Pd.
Se non è inciucio, di certo è la conferma di un accordo.
Da cui, però, si tira fuori una parte importante del Partito democratico. Durante la riunione, infatti, i renziani attaccano Bersani: “Non è stato fatto quello che ci siamo detti” ha evidenziato il senatore Andrea Marcucci.
“Marini non lo votiamo” dice a brutto muso Matteo Renzi alla stampa. L’ex rottamatore può contare su una cinquantina tra deputati e senatori, ma la protesta è più estesa.
Vendola parla senza mezzi termini di “fine del centrosinstra”.
L’assemblea dei grandi elettori Pd, che pure alla fine approva la candidatura di Marini con 222 sì, 90 no e 30 astenuti, si conclude tra le urla e le proteste, con i rappresentati di Sel che abbandonano la sala prima del voto e annunciano di voler prendere in considerazione l’appoggio a Stefano Rodotà , il candidato scelto dal Movimento 5 Stelle dopo la rinuncia di Milena Gabanelli e Gino Strada.
Un nome, quello di Rodotà , apprezzato anche da Renzi: “E’ meglio di Marini”.
Se l’accordo tra Pd e Pdl sul nome di Franco Marini passerà indenne la notte, l’ex presidente del Senato potrebbe essere eletto presidente della Repubblica già al primo scrutinio, anche senza la preferenza dei “renziani” e dei parlamentari di Sel.
Alla votazione prenderanno parte 1007 elettori (l’area del centrosinistra è stimata in 790).
Il calcolo è presto fatto: deputati e senatori che fanno capo al sindaco di Firenze sono 51, quelli di Nichi Vendola 45, quelli del Movimento 5 Stelle 163.
Se questi numeri si sottraggono al plenum di 1007 elettori, si arriva a 748 voti, ovvero 76 voti in più del quorum dei 2/3 (672 voti) necessario nei primi tre scrutini.
Ma va tenuto conto che questa sera, tra contrari e astenuti, chi ha votato contro Marini erano già 120, senza considerare che molti di Sel se ne erano già andati.
A voler poi sottrarre a Marini i 40 voti degli elettori leghisti che hanno annunciato stasera il voto al primo scrutinio per Manuela Dal Lago (ma senza preclusioni a convergere poi per l’ex presidente del Senato) e i 4 di Fratelli d’Italia, resta all’ex presidente del Senato un margine di una trentina di voti per essere eletto Presidente della Repubblica.
Ma sul voto (che sarà a scrutinio segreto) pesa l’incognita dei franchi tiratori.
Non sono mancate infatti le voci di malcontento all’interno del partito (da Debora Serracchiani al dimissionario Ignazio Marino).
E poi c’è l’area dei parlamentari più giovani, i cosidetti “Giovani turchi”, che potrebbero non apprezzare la candidatura dell’80enne Marini.
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Aprile 17th, 2013 Riccardo Fucile
NEL 1995 CHIESTA L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE CONTRO DI LUI PER AVER AGEVOLATO IL GRUPPO SME IN CAMBIO DELL’ACQUISTO DI SPAZI PUBBLICITARI PER 100 MILIONI DI LIRE SUL SETTIMANALE CATTOLICO “IL SABATO”… LA CAMERA NEGO’ L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE ALLA MAGISTRATURA
Marini ha compiuto 80 anni il 9 aprile.
E’ stato segretario generale della Cisl, e nel 1991 fu il presidente del consiglio Giulio Andreotti a volerlo ministro del Lavoro, e l’anno dopo deputato.
Sul possibile successore di Giorgio Napolitano grava però un’ombra mai chiarita.
Nel 1995 il Tribunale dei ministri chiese alla Camera l’autorizzazione a procedere contro di lui per concussione.
Marini era accusato di aver concesso, da titolare del dicastero del Lavoro, una serie di prepensionamenti al gruppo Sme, a carico dello Stato, in cambio dell’ acquisto da parte della stessa Sme di spazi pubblicitari sul settimanale cattolico ”Il sabato” per un totale di 100 milioni di lire.
Il suo principale accusatore era Giancarlo Elia Valori, allora presidente della Sme.
La Giunta per le autorizzazioni a procedere, però, respinse la richiesta (mentre Francesco Storace, allora di An, gridava “regina Coeli”) giudicando indimostrabile il nesso tra i prepensionamenti e l’ acquisto della pubblicità sul ”Sabato”, evidenziando anche che il periodico era ”politicamente ostile a Marini”.
Le accuse di Valori, quindi, non poterono essere valutate da un tribunale.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 17th, 2013 Riccardo Fucile
UN TAM TAM SU INTERNET PORTA QUALCHE DECINA DI MILITANTI A MANIFESTARE DAVANTI AL CINEMA DOVE SONO RIUNITI I PARLAMENTARI PD… MOMENTI DI TENSIONE, INTERVIENE LA POLIZIA.., VENDOLA SE NE VA: “NOI VOTEREMO RODOTA'”
«Non vogliamo inciuci con Berlusconi, sostenete Rodotà ». 
La «sorpresa» annunciata da Bersani che, mercoledì sera, ha proposto come candidato democratico alla presidenza della Repubblica, Franco Marini, non è piaciuta a molti sostenitori del Pd.
Dopo un tam tam partito da Facebook, alcune decine di militanti si sono dati appuntamento per protestare di fronte al teatro Capranica, dove sono riuniti i gruppi di Pd e Sel per discutere sulla porposta del leder del Pd.
MOMENTI DI TENSIONE
«L’Italia migliore vuole Rodotà », «Keep calm and vote Rodotà » si legge sui cartelli che i manifestanti hanno portato in piazza per sostenere la candidatura del giurista Stefano Rodotà , classe 1933, il candidato del Movimento Cinque Stelle per la presidenza della Repubblica.
Durante la contestazione non sono mancati anche momenti di tensione, con lo scoppio di un momentaneo alterco e un intervento «pacificatore» della polizia.
AL VOTO SULLA PROPOSTA DI BERSANI
Se la candidatura di Marini trova pieni consensi nel Pdl (Berlusconi ha dichiarato: «Stimo marini, è una soluzione positiva»), anche dentro al Pd le cose si stanno facendo estremamente più complesse.
Dopo il fermo no di Matteo Renzi, nella riunione dei grandi elettori al Capranica il nervosismo è palese.
Beppe Civati, uscito dal teatro per una pausa, ha dichiarato che le «cose stanno mettendo male» mentre Tabacci ha abbandonato l’assemblea senza rilasciare dichiarazioni a parte un «ci penserò stanotte».
La proposta di Bersani di candidare Franco Marini al Quirinale sarà votata per alzata di mano all’assemblea dei grandi elettori del centrosinistra.
Di fatto l’ok dei grandi elettori su Marini si sta trasformando in una sorta di referendum sul leader democratico.
VENDOLA: VOTEREMO RODOTA’
Sel non partecipa al voto e i parlamentari hanno abbandonato la riunione.
Vendola, uscendo dal Capranica, ha dichiarato: «Voteremo Rodotà , da Bersani una scelta di restaurazione».
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Aprile 17th, 2013 Riccardo Fucile
MILITANTI SCATENATI SUI SOCIAL NETWORK: “COME AL SOLITO FATE VINCERE BERLUSCONI”
Franco Marini è la “scelta condivisa” da parte del Partito Democratico, del Popolo della Libertà e di Scelta Civica per la Presidenza della Repubblica.
Non c’è l’annuncio, ma basta la notizia a scatenare immediatamente le reazioni in rete con migliaia di commenti e di critiche.
Una su tutte arriva da sinistra ed è rivolta al partito guidato da Pier Luigi Berani: “Ma come fate a votare Marini e non Rodotà , l’ex presidente del Pds?”.
Detto altrimenti: “Perchè l’inciucio con Berlusconi e non l’ascolto di una richiesta che arriva anche da gran parte del vostro popolo?”.
La candidatura del giurista da parte dei Cinque Stelle è destinata, per molti, a pesare in maniera rilevante sul futuro stesso dei democratici.
Le pressioni sui grandi elettori del Pd erano partite sin dalla mattina.
Quando, attraverso un “mailbombing”, migliaia di cittadini avevano chiesto ai democratici di non farsi incastrare dalla “mossa del Grillo”.
Anzi: di rilanciare, spingendo con Sinistra e Libertà per una convergenza sul nome di Rodotà .
Parole inascoltate dai vertici del Pd, alle prese con le trattative per arrivare a una scelta “il più possibile condivisa”.
Così, all’annuncio della candidatura dell’ex presidente del Senato sono esplose le critiche: “Bene, avete fatto vincere il MoVimento Cinque Stelle per i prossimi cento anni”.
Ancora: “Ma come si fa ad essere così sordi”.
Per molti si tratta dell’ennesima “manovra di Palazzo” che dimostra come il Pd sia “disconnesso dalla società “.
Le preoccupazioni riguardano anche le ricadute sulla formazione del prossimo governo. “Speriamo solo che non ci sia nessun patto di ferro con Berlusconi, che non si approdi al Governissimo. Sarebbe la fine della sinistra italiana”.
Non mancano critiche personali al segretario del Pd: “Caro Pierluigi, perdi tu, perdiamo noi, perde il Partito Democratico. E ancora una volta vince Berlusconi”.
E c’è chi legge la scelta alla luce degli ultimi scontri tra il segretario e il sindaco di Firenze, Matteo Renzi.
Che, nell’oramai celebre intervista a Canale 5, aveva indicato proprio in Franco Marini un “non candidabile” al Quirinale.
Poi, ovviamente, l’ironia.
“Tranquilli, quello di Marini è solo il nome da bruciare subito, in attesa di quelli buoni: D’Alema, Amato. E forse anche Forlani”.
E c’è chi invoca l’aiuto dei “franchi tiratori”: “Per piacere, salvateci voi”.
Certo, c’è chi invita a riflettere.
E ricorda che Marini, da “ex sindacalista può spingere per migliorare la situazione di molti cittadini italiani”, e che comunque si tratta di una persona “di notevole esperienza”, che “unisce e non divide”.
C’è chi, come Chiara Geloni, direttore di YouDem, invita a ragionare.
Su Twitter scrive: “Se il Pd riesce a portare un suo uomo al Quirinale con un voto largo del Parlamento sarà un grande successo politico del Pd. Ragionate”.
Ma i critici sono la maggioranza.
Si arriva anche alla “minaccia politica”.
C’è chi scrive: “Se votate Marini con Berlusconi poi non vi lamentate se io scelgo di votare il MoVimento Cinque Stelle”.
Poi i paragoni, inevitabili, con Giorgio Napolitano: “Ma come si fa a pensare a Marini dopo il settennato di Napolitano?”.
E non mancano attacchi “eccellenti” alla scelta di Pd, Pdl e Scelta Civica.
Come quello di Deborah Serracchiani. Che sulla sua pagina Fb scrive: “L’accordo che sembra chiuso su Marini al Quirinale è una scelta gravissima. Sarebbe la vittoria della conservazione in un momento in cui avremmo bisogno di dimostrare coraggio, magari scegliendo una donna. A quanto pare, ci sono alcuni dirigenti che non resistono alla tentazione di consegnare il Paese a Berlusconi”.
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Aprile 17th, 2013 Riccardo Fucile
RENZI DICE NO, VENDOLA VOTA RODOTA’, ALTRI PD SI DISSOCIANO, I LEGHISTI SI CALANO LE BRACHE E I MONTIANI REGGONO LA CODA AL PDL…. PER GRILLO OBIETTIVO RAGGIUNTO: SALVARE BERLUSCONI E NON SPORCARSI LE MANI
Il nome è uscito dopo una giornata di trattative e un colloquio telefonico avvenuto tra Bersani e
Berlusconi.
«La candidatura di Franco Marini è quella che è più in grado di realizzare le maggiori convergenze. È una persona limpida e generosa, uno dei costruttori del centrosinistra legato al lavoro ed al sociale», ha spiegato Bersani.
Ma la fronda renziana non sembra destinata a mollare.
Il rischio nelle file del Pd è quello dei franchi tiratori: In questo senso va letto l’appello del segretario: «Dobbiamo eleggere il presidente della Repubblica. È sempre stato difficile, nelle condizioni date non è facile, richiede un’assunzione di responsabilità soprattutto da chi ha più numeri. Attenzione al passaggio che abbiamo davanti».
Per tutto il pomeriggio è andata in scena una lunga trattativa con Berlusconi.
Da una rosa di papabili ridotta a tre (Amato, D’Alema e Marini) la scelta è ricaduta sull’ex presidente del Senato, capace di far convergere anche i voti di montiani e leghisti, ma che rischia di spaccare il Pd.
Oltre al sindaco di Firenze sono arrivati anche i pareri contrari di Serracchiani («Scelta gravissima, sarebbe vittoria della conservazione in un momento in cui serve coraggio») e Laura Puppato: «Il Pd scelga Rodotà ».
«La discussione sul presidente della Repubblica è separata dal governo», prova a rassicurare Bersani.
Ma nel partito la delusione monta.
Bersani prova a riportare la calma: «Siamo in un mare mosso, insieme alla larga coesione servirà esperienza politica, capacità ed esperienza. Marini sarà in grado di assicurare convergenza delle forze di centrodestra e centrosinistra, ha un profilo pe essere percepito con un tratto sociale e popolare. È una personalità di esperienza con con carattere di reggere le onde e con radici nel mondo del lavoro».
Ma negli stessi minuti Matteo Renzi rilanciava il suo veto dallo studio de “Le invasioni barbariche”: «Votare Franco Marini significa fare un dispetto al Paese: si sceglie una persona più per le esigenze degli addetti ai lavori che non per l’Italia. È un uomo del secolo scorso».
Il dado comunque sembra ormai tratto.
È molto difficile che il Pd decida di convergere sul nome di Rodotà per rispondere all’apertura di Grillo.
E si allontana anche l’ipotesi – temuta dal partito di Berlusconi e dallo stesso ex premier – dell’elezione di Romano Prodi al quarto turno.
E sul Professore arriva anche l’altolà dei montiani. «Sul suo nome non abbiamo nessun problema, ma non ce la farà » perchè non gode di una «maggioranza ampia» mentre «noi spingeremo fino in fondo perchè ci sia un nome che trovi d’accordo anche il Pdl» e «il consenso ampio è un fattore indispensabile», spiega il coordinatore Andrea Olivero.
(da “la Stampa“)
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Aprile 17th, 2013 Riccardo Fucile
“SOLO ATTRAVERSO IL MIO LAVORO PROVO A CAMBIARE LE COSE”
Milena Gabanelli rinuncia alla candidatura al Quirinale. Aveva annunciato che avrebbe dato in giornata la sua risposta alla proposta del Movimento 5 Stelle che, dopo le Quirinarie online, l’aveva scelta come sua candidata alla presidenza della Repubblica.
E ora quella risposta è arrivata.
A questo punto il M5S voterà il fondatore di Emergency Gino Strada o, se anche lui rinuncerà , Stefano Rodotà , o a scalare fino al decimo.
“Io sono una giornalista, e solo attraverso il mio lavoro provo a cambiare le cose”, scrive la conduttrice di Report in una lettera pubblicata da Corriere.it, che riportiamo integralmente qui di seguito.
“Mi rivolgo ai tanti cittadini che hanno visto in me una professionista sopra le parti e quindi adeguata a rappresentare l’inizio di un cambiamento nel Paese.
Sono giornalista da 30 anni e ho cercato sempre, in buona fede, di fare il mio mestiere al meglio; il riconoscimento che in questi giorni ho ricevuto mi commuove, e mi imbarazza.
Certamente non mi sono mai trovata in una situazione dove sottrarsi è un tradimento e dichiararsi disponibile un segno di vanità . Forse non si sta parlando di me, ma dell’urgenza di dare un volto a un’aspettativa troppo a lungo tradita.
Che io non avessi le competenze per aspirare alla Presidenza della Repubblica mi era chiaro sin da ieri, ma ho comunque ritenuto che la questione meritasse qualche ora di riflessione. E non è stata una riflessione serena.
Quello che mi ha messo più in difficoltà in questa scelta è stato il timore di sembrare una che volta le spalle, che spinge gli altri a cambiare le cose ma che poi quando tocca a lei se ne lava le mani. Il mio mestiere è quello di presentare i fatti, far riflettere i cittadini e spronarli anche ad agire in prima persona.
Ma quell’agire in prima persona è tanto più efficace quanto più si realizza attraverso le cose che ognuno di noi sa fare al meglio.
Io sono una giornalista, e solo attraverso il mio lavoro — che amo profondamente — provo a cambiare le cose, ad agire in prima persona, appunto.”
Milena Gabanelli
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Aprile 17th, 2013 Riccardo Fucile
L’INCUBO DEGLI SCRUTINI AD OLTRANZA PER LA CORA AL QUIRINALE
L’incubo del Movimento Cinque Stelle ha l’accento bolognese e va in bicicletta. 
E’ Romano Prodi a turbare i sogni dei grillini, soprattutto se nell’infinito risiko del Quirinale ci si dovesse avventurare sul terreno scivoloso del quarto scrutinio.
E’ proprio sul nome del Professore che i 162 parlamentari del M5S potrebbero tornare a dividersi, piegandosi alla logica del “meno peggio” esplicitata da Beppe Grillo pochi giorni fa in un casale della periferia romana: «E’ meglio Prodi di D’Alema o di Amato».
L’ex premier, in realtà , può vantare un rapporto cordiale con il guru Gianroberto Casaleggio.
E, nonostante le critiche ricevute dagli attivisti, è comunque arrivato nono alle recenti Quirinarie. Davanti solo a Dario Fo, ma comunque nella top ten dei preferiti per il Colle più alto.
Il problema, serio, è che il Professore non è giudicato all’altezza dalla base del movimento.
La Rete lo spernacchia, i duri e puri lo bocciano senza appello.
Vito Crimi, che intravede il rischio di una spaccaturra interna, prova a scacciare l’incubo mentre la porta di un ascensore di Palazzo Madama si chiude alle sue spalle: «Se il Pd propone Prodi? E’ arrivato nono, non esiste…».
Il movimento siede sulla bocca di un vulcano e un assaggio del rischio si è toccato con mano ieri sera.
I parlamentari si sono ritrovati a Montecitorio, al chiuso di una sala e senza streaming. E hanno duellato fino a tardi, divisi tra chi reclama il confronto e chi ha già deciso di arroccarsi in difesa della candidatura unica di Milena Gabanelli.
Per una mediazione si è speso proprio Crimi, che già nel pomeriggio aveva anticipato la linea: «Quarto scrutinio? Un passo alla volta, stasera discuteremo delle prime tre votazioni…».
Eppure, la fazione del dialogo non ha mancato di mettere pressione al resto del gruppo.
Quattro senatori, nel corso del summit serale, hanno lanciato un’idea choc, capace di rimettere tutto in discussione: «Perchè non proponiamo noi ai partiti di scegliere uno dei primi quattro nomi eletti con le Quirinarie?».
Altri parlamentari, più semplicemente, hanno implorato libertà di coscienza dal quarto scrutinio, con l’obiettivo di evitare una nuova frattura, dopo quella consumata sulla Presidenza del Senato.
Ma i falchi del movimento hanno tenuto duro, ribadendo la linea: almeno per le prime tre votazioni sosterremo Milena Gabanelli (o, in caso di rinuncia, chi le sta immediatamente dietro).
Qualcuno l’ha detto alzando la voce e guardando negli occhi i colleghi di gruppo: «La nostra candidata è lei. Dobbiamo rispettare la volontà della Rete. Punto e basta».
Ed è su questa posizione che – senza contarsi e senza votare – nel corso della lunghissima serata sembra essersi coagulato il consenso della maggioranza della pattuglia 5Stelle.
Il nome di Gabanelli ha il pregio di mantenere compatto, almeno per il momento, l’eterogenea armata grillina.
Se la giornalista dovesse rinunciare, toccherebbe a Gino Strada sostituirla.
Ma nessuno nel movimento nasconde che l’asso nella manica resta quello di Stefano Rodotà .
Il giurista è considerato un autentico jolly capace di lasciare il Partito democratico senza parole. E senza argomenti per rifiutare.
Anche in vista di questo scenario, i pontieri democratici si sono confrontati ieri con la diplomazia a cinque stelle.
Soprattutto a Palazzo Madama.
E in vista dell’incontro tra capigruppo democratici e grillini in agenda per oggi.
In attesa di toccare con mano la tenuta delle truppe di Grillo, il movimento si confronta con il caso del senatore Marino Mastrangeli.
Il parlamentare amante dei talk show è sul banco degli imputati e nel corso della riunione serale di ieri si è stabilito di affrontare il capitolo solo dopo l’elezione per il Colle.
L’esito del confronto interno – dopo aver saggiato l’opinione della Rete – potrebbe addirittura essere il ritiro dell’autorizzazione a utilizzare il simbolo del movimento.
Nei prossimi giorni, infine, il M5S riceverà da cinque economisti cinque diversi scenari macro economici.
La traccia affidata agli esperti dal M5S è più o meno questa: l’Italia e l’euro, cinque progetti alternativi.
Le proposte saranno raccolte, elaborate e sintetizzate dai parlamentari cinquestelle.
E, c’è da scommettere, faranno discutere.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
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Aprile 17th, 2013 Riccardo Fucile
IL PRESCELTO SAREBBE UNA FIGURA DI “ALTO PROFILO” CHE AVREBBE L’AVALLO DI PD, PDL E LISTA CIVICA
Per ora nessuna conferma ufficiale, ma solo sussurri che si rincorrono e una serie di indizi.
Tuttavia si fanno sempre più insistenti le voci secondo le quali potrebbe essere in corso un incontro tra il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, e il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, per affrontare il nodo Quirinale.
Il Cavaliere, infatti, non sarebbe presente nella sua residenza romana di Palazzo Grazioli.
Una giornata che potrebbe essere decisiva per la corsa al Colle.
Secondo Velina Rossa, l’agenzia di area dalemiana, un faccia a faccia è già in corso tra Bersani e Berlusconi. La bersaniana Alessandra Moretti non ha confermato ma ha detto: “Di sicuro ci sarà entro stasera”.
E ha aggiunto a Radio Uno: “Bersani ha un asso nella manica, un nome di altissimo profilo”.
Fonti Pdl e Pd per ora smentiscono ma ammettono che ci sono state alcune telefonate, in mattinata, tra i due leader.
A meno di 24 ore dalla riunione del Parlamento in seduta comune, dunque, la trattativa per un’intesa Pd-Pdl è entrata nella fase decisiva.
L’agenzia Agi annuncia che i due partiti sarebbero vicini all’intesa e intenzionati a chiudere la partita su un nome gradito anche a Scelta Civica.
Fonti parlamentari riferiscono sche il candidato scelto non sarebbe nè Giuliano Amato nè Massimo D’Alema ma una personalità che si vuole ancora tenere ‘coperta’ fino a ridosso delle votazioni.
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Aprile 17th, 2013 Riccardo Fucile
RENZI: “NESSUNA SCISSIONE”…E NON STOPPA AMATO
«Ma che partito è mai questo?». 
Sono le quattro del pomeriggio e Rosy Bindi, nel Transatlantico di Montecitorio, sta perdendo la pazienza per il modo (per nulla compatto) in cui i democratici si preparano al voto sul Quirinale: «Chi lo ha detto che con Amato si fanno le larghe intese e con Prodi si va a votare? Il governissimo non si farà perchè il Pd non lo vuole…».
Così la presidente del partito, che da prodiana non accetta «veti» sul fondatore dell’Ulivo, prova a stoppare le tentazioni di larga parte del Pd
Manca una manciata di ore e Bersani gioca ancora a carte coperte, l’incontro con Berlusconi è possibile ma non scontato e la strategia di Grillo sta mettendo in difficoltà il Pd.
«Rodotà è un ottimo candidato», ammette il bersaniano Corradino Mineo.
Il segretario ha anche i suoi problemi sul fronte interno, a cominciare dal Problema con la maiuscola: Matteo Renzi.
Il sindaco di Firenze ha impallinato Marini e Finocchiaro e ieri l’ex presidente del Senato e la ex capogruppo sono andati al Nazareno per un chiarimento con il leader, che ha visto anche Luciano Violante.
Bersani ha detto loro che «non sarà certo Renzi a decidere chi deve andare al Quirinale e chi no», rassicurandoli sul fatto che sono ancora della partita.
«Marini e Finocchiaro restano assolutamente in campo», conferma Stefano Fassina.
Sul punto cruciale il segretario non ha cambiato idea: «La crisi del Paese è tale che serve il consenso più ampio su una figura politica forte e in grado di unire, nel Pd e fuori».
Massimo D’Alema? O Giuliano Amato?
Il «dottor sottile» non pesca voti da Sel, non convince i «giovani turchi», scontenta i prodiani ed è fumo negli occhi per i «popolari» amici di Marini, che ieri hanno spinto molto sul nome di Amato come «candidato di Renzi», con la segreta speranza che il sindaco di Firenze si adoperi per bruciare anche lui.
Renzi però è stato alla larga dalla questione e tanti, nel Pd, ne hanno dedotto che Matteo ha cambiato linea e non spinge più per Prodi: in fondo un governo di larghe intese, se fosse breve e mirato alla modifica della legge elettorale, potrebbe far comodo anche a lui…
Renzi avrebbe qualche mese per organizzarsi e tentare, magari in autunno, la corsa per Palazzo Chigi.
Per tutto il giorno, a chi gli ha chiesto se davvero sia pronto a far votare Amato ai suoi parlamentari, Renzi ha risposto «io non so nulla, sono fuori dai giochi, Bersani non mi ha chiesto niente».
Stasera il segretario riunirà i gruppi e allora anche i renziani, forse, potranno capire il da farsi.
La tensione resta, ma i toni si fanno meno taglienti.
«Non ci sarà nessuna scissione – assicura Renzi – L’importante però è che ci sia un po’ di rispetto». Quando l’inviato di Striscia la notizia gli ha consegnato il tapiro bianco per gli insulti volati nel Pd, l’inquilino di Palazzo Vecchio è stato al gioco: «Noi non sbianchiamo, nè smacchiamo. Continuare a parlare delle offese non ha senso».
E ora tra i fedelissimi si insinua il dubbio che il loro leader abbia un po’ esagerato. «Matteo ha sbagliato, non doveva fare quella battuta cattivissima su Finocchiaro», lo rimprovera Andrea Marcucci.
Matteo Richetti pensa che ci vorrà tempo «per lenire le ferite» e Dario Nardella propone di «voltare pagina» e concentrarsi sul Quirinale.
Molti renziani ritengono, come Roberto Reggi, che Prodi abbia «il profilo ideale». L’ex premier ha tenuto una lectio magistralis all’Angelicum e ha schivato abilmente tutte le domande sul Quirinale, ma non si è tirato fuori dalla corsa…
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera“)
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