IL PD SI SPACCA SUL NOME DI MARINI: FINISCE CON 222 FAVOREVOLI, 90 CONTRARI E 30 ASTENUTI L’ASSEMBLEA DEI PARLAMENTARI
SULLA CARTA MARINI, ANCHE SENZA IL VOTO DEI DISSIDENTI PD E DI SEL, AVREBBE ANCORA UNA TRENTINA DI VOTI DI MARGINE PER PASSARE ALLA PRIMA VOTAZIONE, MA LE SORPRESE SONO IN AGGUATO
Franco Marini, a quanto si capisce, piace più a Berlusconi che a Bersani, che alla fine lo sosterrebbe in quanto il più “condiviso”.
Ma il suo nome apre una frattura tra il segretario e le frange più innovative del Pd.
Al termine di una giornata convulsa, in una raffica di indiscrezioni e smentite alla vigilia del primo voto in Parlamento per scegliere il nuovo presidente della Repubblica, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani prima annuncia una sorpresa “che sarà gradita a tutti”, poi durante la riunione serale dei gruppi parlamentari al teatro Capranica di Roma ufficializza la candidatura di Franco Marini.
“E’ il nome su cui ci sono più convergenze” dice il segretario (accolto prima dal gelo, poi dalle proteste della platea), con Berlusconi che subito conferma la convergenza del Pdl all’opzione scelta da una parte del Pd.
Se non è inciucio, di certo è la conferma di un accordo.
Da cui, però, si tira fuori una parte importante del Partito democratico. Durante la riunione, infatti, i renziani attaccano Bersani: “Non è stato fatto quello che ci siamo detti” ha evidenziato il senatore Andrea Marcucci.
“Marini non lo votiamo” dice a brutto muso Matteo Renzi alla stampa. L’ex rottamatore può contare su una cinquantina tra deputati e senatori, ma la protesta è più estesa.
Vendola parla senza mezzi termini di “fine del centrosinstra”.
L’assemblea dei grandi elettori Pd, che pure alla fine approva la candidatura di Marini con 222 sì, 90 no e 30 astenuti, si conclude tra le urla e le proteste, con i rappresentati di Sel che abbandonano la sala prima del voto e annunciano di voler prendere in considerazione l’appoggio a Stefano Rodotà , il candidato scelto dal Movimento 5 Stelle dopo la rinuncia di Milena Gabanelli e Gino Strada.
Un nome, quello di Rodotà , apprezzato anche da Renzi: “E’ meglio di Marini”.
Se l’accordo tra Pd e Pdl sul nome di Franco Marini passerà indenne la notte, l’ex presidente del Senato potrebbe essere eletto presidente della Repubblica già al primo scrutinio, anche senza la preferenza dei “renziani” e dei parlamentari di Sel.
Alla votazione prenderanno parte 1007 elettori (l’area del centrosinistra è stimata in 790).
Il calcolo è presto fatto: deputati e senatori che fanno capo al sindaco di Firenze sono 51, quelli di Nichi Vendola 45, quelli del Movimento 5 Stelle 163.
Se questi numeri si sottraggono al plenum di 1007 elettori, si arriva a 748 voti, ovvero 76 voti in più del quorum dei 2/3 (672 voti) necessario nei primi tre scrutini.
Ma va tenuto conto che questa sera, tra contrari e astenuti, chi ha votato contro Marini erano già 120, senza considerare che molti di Sel se ne erano già andati.
A voler poi sottrarre a Marini i 40 voti degli elettori leghisti che hanno annunciato stasera il voto al primo scrutinio per Manuela Dal Lago (ma senza preclusioni a convergere poi per l’ex presidente del Senato) e i 4 di Fratelli d’Italia, resta all’ex presidente del Senato un margine di una trentina di voti per essere eletto Presidente della Repubblica.
Ma sul voto (che sarà a scrutinio segreto) pesa l’incognita dei franchi tiratori.
Non sono mancate infatti le voci di malcontento all’interno del partito (da Debora Serracchiani al dimissionario Ignazio Marino).
E poi c’è l’area dei parlamentari più giovani, i cosidetti “Giovani turchi”, che potrebbero non apprezzare la candidatura dell’80enne Marini.
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