Aprile 20th, 2013 Riccardo Fucile
ESECUTIVO LARGHE INTESE: CANCELLIERI AGLI INTERNI, QUAGLIARELLO ALLE RIFORME, VIOLANTE O ALFANO ALLA GIUSTIZIA, GIORGETTI ALL’ECONOMIA… RESTA APERTA ANCHE L’OPZIONE DI UN GOVERNO “ISTITUZIONALE”
Enrico Letta presidente del Consiglio, Angelino Alfano vicepremier, Luciano Violante, Mario Monti agli Esteri, Giancarlo Giorgetti viceministro all’Economia, Gaetano Quagliariello alle Riforme.
Non è uno scherzo.
E’ la rosa di nomi che i partiti avrebbero pronta per formare il governo di transizione, possibile con il secondo mandato di Giorgio Napolitano che — cosa non secondaria – fino a qualche settimana fa non aveva la possibilità di scogliere le Camere, ma ora da “nuovo” capo dello Stato riassume la pienezza dei poteri.
Era stato ipotizzato che l’ossatura dell’esecutivo di transizione, di scopo o di natura “costituente” (le definizioni si sprecano esattamente come un mese fa), fosse quella dei membri dei “saggi” nominati da Napolitano venti giorni fa.
Ma di quelle “commissioni presidenziali” è rimasta solo la componente politica e non quella tecnica: non ci sono nè Valerio Onida nè Enrico Giovannini nè Salvatore Rossi. Lunedì avverrà l’insediamento di Napolitano, martedì verosimilmente saranno in programma i discorsi pronunciati davanti alle Camere, mercoledì inizieranno le consultazioni.
Già a fine settimana o tutt’al più all’inizio di quella successiva potrebbe finalmente nascere un nuovo esecutivo.
Dunque secondo quanto gira al momento tra i partiti il possibile capo del governo di larghe intese sarebbe Enrico Letta con due vice, Alfano e Mario Mauro (Scelta Civica).
Il Guardasigilli sarebbe Alfano oViolante, il ministro del Lavoro sarebbe Paolo Baretta (Pd), agli Interni resterebbe Anna Maria Cancellieri, alla Farnesina (per sua stessa richiesta) andrebbe Mario Monti.
Ancora in forse lo Sviluppo Economico, forse potrebbe andare a Paolo Romani.
Come detto troverebbero posto gli altri “saggi”.
Gaetano Quagliariello avrebbe la delega alle Riforme istituzionali, mentre il leghista Giorgetti potrebbe essere vice all’Economia (che potrebbe andare a un tecnico, come il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco o il direttore generale Fabrizio Saccomanni).
Certo, sono le proposte dei partiti e non è detto che Napolitano le accetti.
L’altra ipotesi in campo è che si torni all’opzione di un governo “istituzionale”, tecnico, insomma senza politici. I nomi che girano saranno sempre gli stessi.
Certo, la Lega ha già chiarito che istituzionale o di larghe intese un governo con Giuliano Amato presidente del Consiglio non avrebbe il sostegno della Lega Nord. Nel quadro ideale sarebbe coinvolto anche il candidato al Quirinale per il Movimento Cinque Stelle Stefano Rodotà in qualità di ministro.
Ma da una parte sembra fantascienza, dall’altra il giurista ha già chiarito più volte che non si farebbe “utilizzare” in questo modo.
Allo stesso tempo i Cinque Stelle non si presterebbero mai a sostenere un governo con tutti gli altri partiti.
I protagonisti si schermiscono: “Lei immagina un futuro decisamente improbabile” risponde Monti a chi gli chiede se possa guidare il ministero dell’Economia.
“Due bischerate” dichiara Enrico Letta.
Però le agenzie riferiscono di un siparietto significativo avvenuto in un corridoio di Montecitorio: “Presidente, presidente” ha gridato Gaetano Quagliariello per attirare l’attenzione dello stesso Letta.
Il senatore del Pdl ha salutato l’esponente del Pd “affidandogli l’incarico”.
Letta, però, non si è nemmeno girato e solo dopo l’insistenza di Quagliariello ha capito che quel “presidente” era riferito a lui: “Non ho capito, non mi sentivo chiamato in causa io” ha risposto il vicesegretario democratico.
Un attimo prima, di fronte ai cronisti, Letta aveva di nuovo definito “balle giornalistiche” la presenza del suo nome nella prossima squadra di governo.
“Ora la parola passa al capo dello Stato”, aveva aggiunto.
In ogni caso il ministro dell’Economia uscente Vittorio Grilli traccia la linea da tenere. “Ritengo che il prossimo governo dovrà per forza ripartire dall’Agenda Monti. Continuo a considerare l’agenda Monti un buona base che, ovviamente, potrà essere migliorata in futuro”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 20th, 2013 Riccardo Fucile
SCARICATO DA RODOTA’, DOPO L’INVITO ALLA “FARSA SU ROMA” E ALLA MOBILITAZIONE GENERALE, GRILLO DISERTA LA MANIFESTAZIONE DI “MILIONI DI PERSONE”… I CINQUESTELLE SE LA SONO GIA’ FATTA ADDOSSO
I Cinque Stelle hanno fatto finta di crederci fino all’ultimo. 
«Si voti Rodotà » (colui che Grillo due anni fa aveva definito “un maledetto”)
E alla notizia che Napolitano è stato eletto presidente della Repubblica, la piazza esplode.
Fuori i fischi della folla, dentro i parlamentari del M5S che non si uniscono all’applauso per l’elezione.
Mentre il Parlamento elegge il presidente della Repubblica, in centinaia si accalcano in piazza Montecitorio.
La polizia blocca tutti gli ingressi per evitare problemi di ordine pubblico.
Il tutto mentre Beppe Grillo urla al colpo di stato e parte da Udine per Roma.
Dal blog, Grillo tuona: «Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. È in atto un colpo di Stato. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto. Sono disperati. Hanno deciso di mantenere Napolitano al Quirinale».
Grillo invoca la mobilitazione di massa: «Io sto andando a Roma in camper. Ho terminato la campagna elettorale in Friuli Venezia Giulia e sto arrivando. Sarò davanti a Montecitorio stasera. Rimarrò per tutto il tempo necessario. Dobbiamo essere milioni. Non lasciatemi solo o con quattro gatti. Di più non posso fare. Qui o si fa la democrazia o si muore come Paese».
Poi denuncia che il blog è sotto attacco e su Twitter lancia l’hashtag #tuttiaroma.
Il deputato Roberto Fico gli fa eco: «Il paese è in rovina esclusivamente grazie a loro. Oggi più che mai va alzata l’ascia di guerra”
La tensione sale.
Stefano Rodotà da persona seria prende le distanze dalla mobilitazione e dice: «Il dissenso va espresso nelle sedi istituzionali».
E aggiunge: «Oggi c’è una vicenda faticosa e difficile che si è conclusa, come in tutte le vicende è legittimo discuterne in democrazia, anzi occorre partire dalla premessa che sono vicende a cui va riconosciuta legittimità democratica, rivolgo un saluto al rinnovato Presidente della Repubblica».
La protesta in piazza Montecitorio vive momenti di tensione.
C’è chi urla «Napolitano dimettiti», qualcuno viene spinto e cade.
La situazione rimane comunque sotto controllo.
I parlamentari Cinque Stelle parlano con i cittadini, a tratti si cerca anche di placare gli animi, la zona rimane transennata, i cellulari saltano.
Intanto anche in altre città , come Trieste e Bologna, inizia il tam tam. «Scendiamo in piazza».
Tutte manifestazione che però vengono definite da Crimi “non ufficiali
Grillo su Twitter scrive: «Una raccomandazione: nessun tipo di violenza, ma solo protesta civile. Isolate gli eventuali violenti».
Poi l’improvvisa rinuncia: «Arriverò a Roma durante la notte e non potrò essere presente in piazza. Domani mattina organizzeremo un incontro con la stampa e con i simpatizzanti».
Forse il camper avrà bucato tutte le gomme in autostrada, forse qualcuno se l’è fatta addosso, forse una telefonata di Silvio avrà convinto il capocomico.
Niente film di guerra, alla fine si sceglie una riedizione di “Armiamoci e partite” con Franchi e Ingrassia, professione comici ufficiali.
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Aprile 20th, 2013 Riccardo Fucile
NAPOLITANO PASSA CON 740 VOTI, RODOTA’ SI FERMA A 217 … DA UNA PARTE L’INCIUCIO PD-PDL-SCELTA CINICA-LEGA, DALL’ALTRA LA “FARSA SU ROMA” DI GRILLO CHE APPOGGIAVA RODOTA’, DA LUI DEFINITO “MALEDETTO” APPENA DUE ANNI OR SONO… VERSO LA REPUBBLICA DI SCILIPOTI E GUITTI VARI
Si è conclusa pochi attimi fa la sesta e definitiva votazione per il nuovo Presidente della Repubblica.
Nuovo per modo di dire, visto che dopo veti incrociati, accuse, drammi e tragedie interne, alla fine sono tutti andati in ginocchio da Napolitano pregandolo di restare al suo posto un altro paio di anni.
Da qui l’esito scontato: Napolitano ha toccato quota 740, segue Rodotà a quota 217 .
La farsa è finita, ora inizia quella per la designazione del nuovo premier e del relativo governo.
Scontato un governo di larghe intese, con dentro tutti.
Così invece che litigare in cortile, potranno farlo in casa.
Fuori Grillo convoca per stasera una “marcia su Roma” perchè gli altri partiti non hanno appoggiato il suo candidato Rodotà .
Forse hanno semplicemente seguito il suo invito di due anni fa, quando Grillo stesso aveva definito Rodotà “un maledetto” .
Ora speriamo solo che la “repubblica dei Scilipoti” conservi almeno un posto al suo vate.
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Aprile 20th, 2013 Riccardo Fucile
SE LA ERA DIMENTICATA IN TASCA DALLA SERA PRIMA QUANDO, INSIEME A RENZI, AVEVA “FULMINATO” BERSANI?
Qualcuno oggi lo indica come il regista dell’operazione “affossamento” di Prodi che ha determinato il
“corto circuito” della segreteria Bersani, in collaborazione con il basista Renzi che avrebbe fornito il materiale umano.
Restavano dei dubbi sulle modalità tecniche con cui è stato condotto il blitz che ha “incenerito” gran parte della classe dirigente del Pd, determinandone la dipartita.
Tutti davano per scontato che sarebbe stato difficile risalire agli esecutori e qualche esponente Pd si era spinto ad affermare che “se fosse stato D’Alema, lui le cose le fa bene e non lascia tracce”.
Stavolta forse qualcosa è però andato storto, forse il leader Massimo si è dimenticato di svuotare le tasche del suo impermeabile quando è tornato ieri sera a casa, o forse l’infido complice Matteo gliel’ha messa in tasca a sua insaputa.
Fatto sta che stamane D’Alema è stato immortalato mentre portava a spasso il suo cane sotto casa.
Indossava proprio lo stesso impermeabile di ieri e cosa gli spuntava dalla tasca?
Non i sacchetti per raccogliere la popò del cane, ma una “strana” spina elettrica.
Che sia quella utilizzata ieri per “fulminare” il povero Bersani?
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Aprile 20th, 2013 Riccardo Fucile
IL CONSIGLIERE BONO: “DISTINGUIAMO DAL RINVIO A GIUDIZIO”… MA LA BASE SI RIBELLA
«Davide, tu no vero?».
A metà pomeriggio Irene Camassa, militante del Movimento 5 Stelle, scrive sul profilo Facebook di Davide Bono, capogruppo in Piemonte.
Una domanda che suona come un’implorazione: non sei indagato, vero?
Sì, invece: è indagato.
Boom.
Per la prima volta un esponente della galassia grillina finisce dentro un’inchiesta.
E con lui c’è anche Fabrizio Biolè, eletto del 2010 e poi cacciato con lettera dell’avvocato di Grillo, accusato di essersi candidato anni prima come consigliere comunale a Gaiola, nemmeno 600 abitanti in provincia di Cuneo.
È un duro colpo.
«Davide, puoi chiarire?», chiede Elisa Bevilacqua, un’altra attivista.
Poco dopo Bono chiarisce o, almeno, ci prova.
«Sì, sono stato raggiunto da un avviso di garanzia anche io (nessun gruppo è stato risparmiato)».
Butta lì una frase che dice tutto sul mito della purezza andato in frantumi: «Un certo effetto lo fa, trovarsi ad essere il primo eletto M5S raggiunto da un avviso di garanzia. Soprattutto pensando ai ragionamenti che tutti abbiamo sempre fatto sui politici indagati. In effetti questo dovrà farci ben riflettere e imparare a distinguere nettamente tra indagini e rinvio a giudizio».
Spiega, entra nei dettagli: «A me personalmente contestano 619,91 euro in due anni e tre mesi. E poi 3.905,27 di spese per attività dei collaboratori».
Benzina, alberghi, trasporti, bar, ristoranti.
A una cosa tiene più che a ogni altra: «Non sono state fatte nè spese per fini personali nè per finanziamento del “partito”».
Dalle pieghe dell’inchiesta emerge una circostanza: per partecipare alle manifestazioni No Tav in Val Susa i consiglieri grillini avrebbero usufruito dei rimborsi chilometrici e per la benzina.
Il malumore dei militanti soffoca anche le buone ragioni della lotta contro il super treno: «Potevano o no? Per andare a Chiomonte 4,35 euro si possono spendere di tasca propria… credo».
Brutta giornata, per Bono. La base rumoreggia.
È vero che la Procura di Torino non ha risparmiato nessuno dei quindici gruppi in Regione.
Ma il punto è proprio questo: loro, di fatto, appaiono come gli altri.
Biolè, l’espulso cui viene contestato l’uso di 7500 euro, gioca allo scaricabarile: non è colpa mia, ha fatto tutto Bono.
«Purtroppo, su proposta del mio ex capogruppo», da marzo 2011 una quota dei rimborsi sarebbe stata pagata dal conto corrente per il funzionamento del gruppo, non più da quello in cui i grillini raccoglievano l’avanzo degli stipendi (avendo scelto di prendere solo 2500 euro al mese).
Errore? Svista? Scelta? «Quando, alcuni mesi fa, analizzando gli estratti conto, ho individuato il totale di queste operazioni non corrette, ho restituito immediatamente la somma al conto corrente del gruppo», racconta Biolè.
Bono non replica.
Ma annuncia: «Da parte nostra non ci sono stati abusi. Però sono pronto a restituire ogni singola spesa che non possa ritenersi legittimamente rimborsata dal fondo».
Andrea Rossi
(da “La Stampa“)
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Aprile 20th, 2013 Riccardo Fucile
L’ASSEMBLEA “DEMOCRAT” VOTA PER RICANDIDARE NAPOLITANO CON SOLI 4 ASTENUTI E 1 CONTRARIO…MA IL POSSIBILE FUTURO LEADER BOCCIA L’OPERAZIONE
I Grandi elettori Pd hanno votato per alzata di mano sulla conferma di Giorgio Napolitano e la
soluzione è passata con un contrario e quattro astenuti.
C’è stata anche una standing ovation alla lettura del comunicato scritto dal presidente. Per quanto possa valere, l’assemblea democrats ha dato via libera quasi all’unanimità all’operazione bis.
L’unico a opporsi è stato Corradino Mineo.
Ma sull’apparente concordia già si profila un’ombra ingombrante.
Il no di Fabrizio Barca, ministro uscente e possibile futuro leader del Pd. Che dice: “Incomprensibile il no a Rodotà o Bonino”.
Pier Luigi Bersani è stato duro con i parlamentari: “La posizione del Pd su Giorgio Napolitano è vincolante, ha detto. Nel presentare la nuova opzione del partito, il segretario ha spiegato che durante la notte ci sono stati contatti con le altre forze politiche dai quali è emerso l'”impasse” e che solo sul nome dell’attuale presidente si è manifestata una “ampia convergenza”.
Al di là dell’unanimità in assemblea, nel partito è forte la preoccupazione per possibili defezioni.
Per la capacità attrattiva della candidatura di Rodotà .
Per un nuovo boom di possibili “franchi tiratori”.
Per una scissione silenziosa.
D’altra parte l’ingresso in campo di Barca già delinea i contorni di un possibile nuovo soggetto politico: la sinistra del Pd.
(da “La Repubblica“)
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Aprile 20th, 2013 Riccardo Fucile
ECCO COSA SCRIVEVA IL “COERENTE” LEADER DEI CINQUESTELLE SUL LORO ATTUALE CANDIDATO “SANTO” A PROPOSITO DELLA SUA PENSIONE DA CASTA DI 8.455 EURO AL MESE
Ma non era un «maledetto»?
Così Beppe Grillo, non più tardi di due anni fa, definiva il suo candidato al Colle Stefano Rodotà .
Uguale, secondo l’ex comico, a Walter Veltroni, Nicola Mancino, Eugenio Scalfari, Rosa Russo Jervolino, Pino Rauti, Vittorio Sgarbi ed altri.
E cosa mai accomunava personalità tanto diverse?
La “pensione d’oro”, of course.
Rodotà nel 2010 è finito nella “black list” grillina dei pensionati d’oro: in un articolo scritto il 6 luglio 2010, dal titolo “Maledetti, non vi pensionerò”, Grillo lo ha inserito nell’elenco dei privilegiati della “casta” per la sua pensione da 8.455 euro al mese.
Nel post, riprendendo un pezzo allora pubblicato dall’Espresso, il leader CinqueStelle lanciava una “fatwa collettiva” contro tutti i deputati al Parlamento che avevano maturato il diritto alla pensione dopo una sola legislatura (sebbene questo non sia il caso di Rodotà , deputato dal 1979 al ’94, per quattro legislature. Dal ’92 al ’94 è stato iscritto al gruppo del Pds).
Ecco cosa scriveva Grillo:
I parlamentari che chiedono sacrifici agli italiani non sono stati capaci di eliminare l’odioso privilegio dei 30 mesi per il diritto alla pensione e di mettere un tetto massimo. Perchè un parlamentare deve ricevere quasi 10.000 euro al mese? In base a quale diritto? Il tetto massimo va ridotto a 3.000 euro lordi al mese. In caso contrario ogni cittadino non deve più versare un centesimo all’Inps.
Grillo attacca nuovamente Rodotà il 18 luglio 2011, inserendo ancora una volta l’importo dell’assegno del Professore in un elenco di otto pensioni d’oro di ex parlamentari.
E commentando così:
Ci sono circa 19 milioni di pensionati contro qualche decina di milioni di italiani che invece in pensione non ci andrà mai. E’ il “pension divide”. Chi ha avuto ha avuto. Chi continuerà a dare non avrà mai nulla. E’ necessario introdurre un tetto pensionistico massimo (3.000 euro?) per chi già percepisce la pensione e garantire a tutti la pensione dopo 30/35 anni di lavoro. C’è gente in pensione da quando aveva 45/50 anni, parlamentari che hanno maturato la pensione dopo una legislatura. Doppi pensionati. Assessori regionali con pensioni d’oro. Questo sconcio è ormai intollerabile.
Oggi il professore è tornato nelle grazie del comico.
Che ieri lo ha presentato così: «Rodotà è un uomo di età , ha 80 anni, uno che è stato fuori dal giro ma è diventato un bambino per il fatto che la rete e i giovani si sono ricordati di lui, metterà d’accordo tutto e tutti».
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Aprile 20th, 2013 Riccardo Fucile
L’INCIUCIO E’ SERVITO: ORA POTRANNO LITIGARE PER DUE ANNI… LA TOPPA E’ PEGGIOR DEL BUCO: I VETI INCROCIATI NON TIRERANNO IL PAESE FUORI DALLA CRISI… E TRA DUE ANNI SI ACCUSERANNO A VICENDA COME E’ SUCCESSO PER MONTI
Prima Bersani. Poi Berlusconi, Monti, Maroni e i Governatori. 
Il “pellegrinaggio” dei leader politici al Quirinale per convincere Giorgio Napolitano ad accettare una ricoferma al Quirinale ha portando “buoni frutti”.
Nonostante i ripetuti no del Capo dello Stato, vicino agli 88 anni, il Presidente si è reso conto della situazione gravissima e alla fine si è detto pronto al sacrificio. Impossibile pensare di dare al Paese uno spettacolo indecoroso come quello delle prime quattro votazioni e della bocciatura prima di Marini e poi di Prodi.
Napolitano, però, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, ha accettato il bis solo in cambio del via libera dei principali partiti a un esecutivo di larghe intese.
Proprio quello che non voleva Bersani ma che ora, dopo la disgregazione del Pd, sembra costretto ad accettare.
AMATO PREMIER, ALFANO ED ENRICO LETTA VICE
Un Napolitano bis solo a precise e determinate condizioni.
Ovvero, il via libera sin da ora alla condivisione di un governo del Presidente, guidato da una personalità dell’area di Centrosinistra – e circola il nome di Giuliano Amato – ma affiancato da due vicepremier, uno del Pdl (Alfano) e uno del Pd (Enrico Letta). Questo, secondo quanto riferiscono fonti di via dell’Umiltà , sarebbe in sintesi il contenuto del colloquio al Colle tra Giorgio Napolitano, Silvio Berlusconi, Angelino Alfano e Gianni Letta.
Proprio il nome di quest’ultimo, sempre nel Pdl, viene citato come uno dei due possibili vicepremier.
E, stando ai rumors, il contraltare Pd emerso dal colloquio potrebbe essere Enrico Letta.
Il Cavaliere, tuttavia, avrebbe chiesto garanzie a sua volta sulla tenuta del Pd in aula per l’elezione del nuovo Capo dello Stato.
Le resistenze del Capo dello Stato, infatti, sarebbero legate alla prova non certo ‘brillante’ data dai partiti nell’ultimo anno e mezzo.
A fronte dei suoi reiterati appelli a favore di una nuova legge elettorale e di una riforma dei partiti, infatti, nonostante le molteplici promesse la fine della legislatura passata si è conclusa con un nulla di fatto.
Altrettanti dubbi ci sarebbero stati espressi però in queste ore, ricordando come in passato nè Pd nè Pdl si siano voluti ‘legare le mani’ affiancando un loro vicepremier al governo Monti.
Ora prosegue il pressing su Napolitano, sempre nel quadro più complessivo di uno schema che preveda una condivisione ampia su Colle-governo e che coinvolga le principali forze.
Il Pdl, dal canto suo, avrebbe ribadito la necessità che il nuovo esecutivo non sia ‘tecnico’ ma politico, aprendo alla possiblità di ministri d’area, ma con pari dignità di Pd e Pdl.
(da “Affari Italiani”)
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