Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile
IN POCHI MESI BERSANI E GRILLO SONO RIUSCITI NELL’IMPRESA IMPOSSIBILE DI RICONSEGNARE L’ITALIA A BERLUSCONI
Si rallegreranno che per la prima volta c’è un governo dove la presenza femminile è forte, dove c’è anche un ministro di colore all’integrazione (Cecile Kyenge) e dove, alla fine, si è riusciti a mettere due personalità di indubbio peso come Fabrizio Saccomanni ed Emma Bonino rispettivamente all’Economia e agli Esteri.
Ma sono solo alcune luci (poche, pochissime) rispetto alle (molte, troppe) ombre di un esecutivo dove i ministeri chiave sono tutti in mano a tecnici o al Pdl.
Insomma, un governo saldamente nella disponibilità di Berlusconi che potrà decidere, senza grosso rimpianto, di mandarlo all’aria quando più gli converrà .
A breve, forse.
La declinazione del peso specifico delle poltrone, d’altra parte, appare chiaramente sbilanciata verso il centrodestra: Alfano all’Interno (quindi con in mano il controllo della macchina elettorale, dei Servizi e dell’ordine pubblico) ma anche vicepremier, Beatrice Lorenzin alla Salute (una nomina che fa tremare i polsi), Maurizio Lupi alle Infrastrutture e Anna Maria Bernini alle politiche comunitarie.
Ma, soprattutto, Gaetano Quagliariello, uomo di punta di palazzo Grazioli, alle Riforme, dunque anche a quella della giustizia e a quella elettorale, entrambe considerate urgenti, che quindi si può immaginare in quale direzione saranno incardinate.
Ciliegina sulla panna, Nunzia De Girolamo, moglie di Francesco Boccia, fedelissimo di Enrico Letta, ma anche ancella fedele di “Vedrò”, l’altro laboratorio politico del neo premier, all’Agricoltura.
Parlare d’inciucio appare riduttivo: questo è un governo più che ad alta densità politica, ad altissima densità berlusconiana.
E meno male che Letta, in tempi non sospetti, aveva detto “mai al governo con Berlusconi”.
Ai tecnici, si diceva, gli altri ministeri di “trincea” dell’immediato futuro.
E dove s’intravede, più che l’inventiva di Letta, la responsabilità di Napolitano.
La Cancellieri spostata alla Giustizia, per esempio, dopo il rischio — rimasto tale fino all’ultimo minuto — di una possibile investitura di Michele Vietti, vice presidente del Csm, con tutto il suo pesante curriculum politico.
Quindi la Carrozza all’Istruzione, senz’altro una scelta illuminata dopo il rischio (anche questo, schivato di un pelo) di ritrovarsi con la devastante Maria Stella Gelmini in un secondo round che sarebbe stato esiziale per il dicastero di viale Trastevere.
In ultimo, Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, al Welfare.
Dove, sicuramente, dovrà rimettere mano ai danni fatti dalla Fornero, ma Napolitano aveva apprezzato il suo lavoro nella commissione dei “saggi”, dunque una nomina con una firma in calce molto chiara.
Il Pd, in questo scenario, appare all’angolo, schiacciato dalla prepotenza del Pdl, dei tecnici e dei montiani, che incassano Mario Mauro alla Difesa, l’ex ministro Patroni Griffi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giampiero D’Alia alla Pubblica Amministrazione, Moavero Milanesi agli Affari Europei.
Per non parlare della stessa Cancellieri che può essere tranquillamente collocata anche in quota Monti.
Enrico Letta, insomma, ha asfaltato il suo stesso partito lanciando solo un sindaco vicino a Piero Fassino come Flavio Zanonato (che è un cattocomunista della prima ora) in un ruolo così delicato come quello di ministro dello Sviluppo Economico, sotto la cui egida ricade anche la delicata branca delle Telecomunicazioni (che Berlusconi avrebbe voluto spacchettare, stavolta senza successo).
Quindi il sociologo dalemiano Bray alla Cultura, Andrea Orlando all’Ambiente, l’olimpionica Josefa Idem alle Pari Opportunità e Graziano Delrio dall’Anci (dove adesso andrà sicuramente Matteo Renzi) agli Affari Regionali.
Al povero Franceschini la gatta da pelare dei rapporti con il Parlamento.
Che in questa fase saranno più turbolenti del solito, con grillini e Sel schierati su una linea di opposizione decisamente dura.
E ora forse anche di più.
Insomma, un governo in mano a Berlusconi, che rappresenta una scommessa ad alto rischio ma che, nell’ottica del presunto rinnovamento del sistema, lascia libere anche un sacco di altre poltrone che andranno poi ripartite secondo il nuovo manuale del neo inciucio Pd-Pdl.
Enrico Giovannini lascia infatti la presidenza dell’Istat, Saccomanni quella di direttore generale di Bankitalia, Zanonato quella di sindaco di Padova (un assist alla Lega per farsi votare la fiducia?), Lupi la vicepresidenza della Camera, Mauro la poltrona di capogruppo montiano al Senato.
Ci sarà di più, nei prossimi giorni, quando saranno piazzati anche i nomi del sottogoverno, sottosegretari e viceministri che in molti casi andranno a blindare posizioni politiche già conquistate con questa divisione sbilanciata dei ministeri.
In totale, alla fine, il corpo governativo arriverà a circa 100 persone (21 sono i ministri, tra sottosegretari e vice ci saranno almeno altre 70 nomine da fare) e di sicuro anche sul fronte del risparmio ai costi della politica, il governo Letta non ha dato un grande segnale.
Ma questo è certo il minor male. Di peggio c’è il resto.
Che Berlusconi è il premier ombra di un governo presieduto dal nipote del suo migliore scudiero e con i ministeri chiave sotto il suo stretto controllo.
Insomma, benvenuti nel quinto governo del Cavaliere, che da vero gattopardo è riuscito a restare al potere facendo finta di lasciarlo ad altri.
E quali altri…
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile
LA MACCHIETTA LEGHISTA, NOTO PER CANTARE CHE I NAPOLETANI PUZZANO, DOVREBBE ESSERE SEMMAI SOLIDALE CON LA NEOMINISTRA DEL CONGO: E’ NATA ALL’ESTERO COME LUI
Il rappresentante del becerume legista Matteo Salvini, esponente di rilievo (figuratevi gli altri…) della
Lega, non ha perso tempo a indignarsi per la nomina di una persona per bene a “ministro all’integrazione” invece che “agli affogamenti” a lui cari.
Obiettivo dei suoi rutti politici è Cècile Kyenge, neo ministra del governo Letta, che, leggiamo su “Repubblica”, per Salvini non “è italiana”.
Come al solito Salvini non ne azzecca una: sposata con un italiano e madre di due figlie, nata a Kambove nel Congo-Kinshasa, Cècile è in Italia dal 1983 e ha la cittadinanza italiana.
A differenza del diplomato Salvini, ha una laurea in medicina e chirurgia conseguita all’Università Cattolica di Roma, è specializzata in oculistica ed esercita la professione di medico oculista.
A differenza di qualcun altro, insomma, non è mai stata mantenuta da alcun partito, non si è mai ubriacata, non rutta e non è razzista.
Semmai è stata oggetto di minacce di morte.
Caso strano da un segretario leghista che, commentando la sua elezione a deputata aveva scritto: “Dovremmo fare i kamikaze giapponesi — proponeva infatti Francesco Bellentani, segretario comunale della Lega Nord di Nonantola, nel modenese — prima del gesto estremo, ucciderne minimo 20 di loro”.
Al messaggio un secondo leghista aveva risposto: “Basta far fuori loro, perchè poi ammazzarsi, non ne vale la pena”.
Non risulta che Salvini in quella occasione propose l’espulsione del segretario razzista di Nonantola, forse non era un bossiano…
Ricordiamo che, come coordinatrice della Rete Primo Marzo, Cècile denunciò il caso di Andrea e Senad, i due fratelli bosniaci di 23 e 24 anni, improvvisamente detenuti nel Cie di Modena perchè i loro genitori avevano perso il lavoro e il permesso di soggiorno, facendoli diventare per il nostro ordinamento giuridico meno che apolidi.
Una vicenda kafkiana che si risolse dopo 50 giorni di detenzione con una sentenza del giudice di pace che li rese giustamente liberi.
Cècile ha sempre usato parole moderate: “poter dire ‘io esisto per questa società ‘ anche se la strada per diventare cittadini è lunga, può cambiare sensibilmente la vita di chi già abita in questo paese. Significa sentirsi parte di quella comunità in cui si lavora, in cui si crescono i propri figli, in cui si compra casa e si mette su famiglia”.
Ma sono frasi difficilmente comprensibili per chi è uso cantare: ” senti come puzzano, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani…”
In ogni caso, comunque la si pensi, che ad accusare Cècile di “non essere italiana” sia proprio chi rivendica di non appartenere alla nostra nazione (come da foto) ma alla “padagna del magna magna” (quanti inquisiti leghisti in Regione nella scorsa legislatura, quanti miliardi gestiti da Belsito senza che Salvini si accorgesse di nulla..) è davvero il massimo dell’umorismo involontario.
Capita solo ai grandi attori.
O agli emeriti cretini.
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Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile
MAURO ALLA DIFESA. BONINO AGLI ESTERI, ZANONATO ALLO SVILUPPO, QUAGLIARELLO ALLE RIFORME, LUPI ALLE INFRASTRUTTURE, DI GIROLAMO ALL’AGRICOLTURA, CARROZZA ALL’ISTRUZIONE, LORENZIN ALLA SALUTE… OTTIMA SCELTA ALL’INTEGRAZIONE CON CECILE KIENGE
Ecco i nomi e gli incarichi dei ministri che fanno parte del governo guidato dal presidente del Consiglio Enrico Letta.
Interni e Vicepremier- Angelino Alfano
Difesa – Mario Mauro
Esteri – Emma Bonino
Giustizia – Anna Maria Cancellieri
Economia – Fabrizio Saccomanni
Riforme istituzionali – Gaetano Quagliariello
Sviluppo – Flavio Zanonato
Infrastrutture – Maurizio Lupi
Poliche Agricole – Nunzia Di Girolamo
Istruzione, Università e ricerca- Maria Chiara Carrozza
Salute – Beatrice Lorenzin
Lavoro e Politiche sociali – Enrico Giovannini
Ambiente – Andrea Orlando
Beni culturali e Turismo- Massimo Brai
Coesione territoriale – Carlo Trigilia
Politiche comunitarie – Anna Maria Bernini
Affari regionali, sport e turismo – Graziano Delrio
Pari opportunità , sport, politiche giovanili – Iosefa Idem
Rapporti con il Parlamento – Dario Franceschini
Integrazione – Cecile Kyenge
Pubblica Amministrazione- Giampiero D’Alia
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Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile
“DOVEVI PROPORRE UNA ROSA DI NOMI AL PD E NON AVREBBERO POTUTO DIRTI DI NO”… “L’INCAPONIRSI SUL DISCUTIBILE NOME DI RODOTA’ HA FATTO SOLO IL GIOCO DI BERLUSCONI”
Bel colpo, Beppe. 
L’incaponirsi su Rodotà ha portato ai seguenti risultati.
1) Un bis di Napolitano che ha tollerato senza fiatare tutte le nefandezze di Berlusconi (non per nulla lo chiamavi ‘Morfeo’), ha firmato le leggi ad personam e ogni volta che l’energumeno, nelle vesti di premier, faceva dichiarazioni eversive, tipo “la magistratura è il cancro della democrazia”, si limitava a dei generici “abbassare i toni” validi erga omnes.
2) Il governo di ‘larghe intese’ (chiamarlo inciucio è proibito) fra Pdl e Pd che per 18 anni si sono alternati al potere portando il Paese alla bancarotta economica e sociale (oltre che morale), che ora tentano di addebitare, col mantra della ‘responsabilità ‘, a 5Stelle che nel Parlamento è appena entrato.
Hanno avuto 18 anni per dimostrare ‘responsabilità ‘ verso il Paese. La scoprono solo ora, perchè temono che la casa che hanno distrutto gli caschi addosso.
3) Berlusconi, che pareva finito, è uscito enormemente rafforzato da questo giro di valzer e ora detta legge.
4) Il premier incaricato è Enrico Letta, nipote di Gianni il ‘consigliori’ del Cavaliere. Ma si è anche rischiato l’incarico al pupillo di Napolitano, Giuliano Amato. Che non è solo il premier che nottetempo, fra il 10 e l’11 luglio del ’92, ha messo le mani sui conti correnti degli italiani (altro che Monti), ma è stato il principale sodale di Craxi. Ha detto la figlia di Bettino, Stefania: “Papà era il capo di un partito di ladri? E allora Amato era il vice ladrone”.
Ma forse sarebbe stato preferibile che la protervia della ‘nomenklatura’ si spingesse fino a questo punto, fino ad Amato.
Perchè sarebbe stato un tale schiaffo in faccia agli italiani, da fargli drizzare finalmente il loro membro floscio. Anche se ci credo poco.
Hai sbagliato i tempi, Beppe.
Se tu avessi proposto fin da subito, prima che iniziasse la sarabanda, i nomi di Zagrebelsky, di Caselli, di Prodi e anche di Rodotà visto che piace tanto ai tuoi attivisti (che probabilmente non conoscono a fondo il personaggio, ben incistato sia nella Prima che nella Seconda Repubblica), Bersani non avrebbe potuto dirti di no perchè quei nomi li aveva ventilati anche lui.
E Berlusconi sarebbe finito fuori gioco.
Invece cincischiando con la Gabanelli e con Strada hai perso due giorni dando il tempo a Pdl e Pd di organizzare il ‘grande inciucio’ su Marini, che poi è fallito non tanto per merito vostro, ma per il disfacimento del Partito democratico.
Il resto è venuto di conseguenza.
Bersani non poteva più accettare Rodotà dopo che, con i suoi sponsor, gli si era messo di traverso. Sarebbe stato come consegnare le chiavi di casa propria a un altro inquilino.
Caro Beppe so bene, quanto te, che la nostra è una parodia di democrazia, ma se tu intendi, come mi pare, rovesciare il tavolo rimanendone all’interno, devi imparare meglio la sua grammatica e la sua sintassi.
Altrimenti i farabutti che giocano questo sporco gioco da decenni ti buggereranno ogni volta.
Massimo Fini
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile
SI DANNO PER CERTI I NOMI DI ALFANO, QUAGLIARELLO, LORENZIN, LUPI E DE GIROLAMO PER IL PDL, MAURO, MOAVERO, CANCELLIERI PER LISTA CIVICA, ORLANDO E FRANCESCHINI PER IL PD
Dovrebbe essere il giorno buono per la nascita del governo Letta che è salito al Quirinale per riferire al Presidente della Repubblica sull’esito delle consultazioni.
Il presidente del Consiglio incaricato va al Colle con un buon lavoro già fatto, ma non ancora è certo l’esito della riserva.
Da parte sua il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, si è mostrato fiducioso a termine del lungo incontro che ha avuto con il premier in pectore: «Penso che Letta giurerà oggi stesso».
Prima della delegazione del Pdl, della quale facevano parte anche Angelino Alfano e Gianni Letta, il premier incaricato aveva incontrato anche il segretario dimissionario del Pd Pier Luigi Bersani.
In tasca Letta avrebbe anche una lista di 14 possibili ministri.
E fioccano già le indiscrezioni.
Da quel che filtra il Pdl avrà 5 ministeri: sembrano sicure le presenze di Angelino Alfano, Gaetano Quagliariello, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi .
Se dovesse permanere il veto all’ingresso di ex ministri la Bernini potrebbe essere sostituitoa dalla collega di partito De Girolamo.
Per quanto riguarda i ministri in quota Scelta Civica sarebbero tre: Mario Mauro, Enzo Moavero, Annamaria Cancellieri.
Ancora incerta invece la lista dei ministri del Pd, ma si fanno con insistenza i nomi di Andrea Orlando e dell’ex segretario Dario Franceschini.
Nel tam tam delle ultime ore è finito persino il nome di Pier Luigi Bersani. Una voce anche alimentata dal fatto che il segretario dimissionario del Pd ha incontrato stamattina alla Camera il premier incaricato, Enrico Letta. Ma lo staff di Bersani stoppa i rumors: «Non è così».
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Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile
“QUANDO L’HO VISTO MI HA PRESO UN COLPO”… IL GRANDE BLUFF: PER ORA SU 13.800 EURO TOTALI AL MESE HANNO DECISO DI RESTITUIRNE 2.500
“Quando l’ho visto m’è preso un colpo!”. Marco Baldassarre, aretino d’adozione, 16 mila euro sul suo
conto corrente non li aveva mai visti in vita sua.
Ha 29 anni, di professione fa l’operaio in una ditta che si occupa di informatica e adesso, ligio all’impegno preso prima delle elezioni, dovrà prendere mezzo malloppo e restituirlo allo Stato.
Facile a promettere, più complicato quando i soldi sono diventati tuoi.
Così, nello staff del Movimento comincia a serpeggiare il terrore: e se questi si tengono tutto?
Il primo onorevole stipendio, a Baldassarre e agli altri 163, è arrivato ieri mattina. Telefonate che si rincorrono, battute su chi è già scappato all’estero, shopping per chi si può finalmente permettere di comprare vestiti adatti al Parlamento.
Ma qui c’è poco da ridere.
Se non la gestiscono bene, questa storia dei soldi, rischia di far scoppiare un discreto casino.
Il punto non è l’indennità , lì il codice di comportamento parla chiaro: gli eletti terranno 5000 euro lordi. Si era parlato di 2500 netti, in realtà la cifra varia in base all’Irpef regionale, al reddito precedente, alle detrazioni familiari.
Alessandro Di Battista, per esempio, ha già calcolato che a lui rimarranno in tasca 2990 euro al mese.
Ma il problema è la diaria da 3500 euro (e altri 3.800 euro di rimborsi vari).
Beppe Grillo ha chiesto che venga rendicontata voce per voce.
Ma che l’avanzo vada restituito, non è scritto da nessuna parte: “I parlamentari avranno diritto — si legge nel Codice — ad ogni altra voce di rimborso tra cui diaria a titolo di rimborso delle spese a Roma, rimborso delle spese per l’esercizio del mandato, benefit per le spese di trasporto e di viaggio, somma forfettaria annua per spese telefoniche e trattamento pensionistico con sistema di calcolo contributivo”. Restituire? “Dipende dalla coscienza di ognuno…”, ammettono i parlamentari.
E così, la guerra è cominciata.
C’era chi suggeriva l’idea di un forfait con cui pagare vitto e alloggio ed evitarsi la seccatura di conservare ogni scontrino.
Senatori e deputati ne discuteranno lunedì, in un’assemblea che si preannuncia infuocata.
L’idea del forfait non piace a Grillo e Casaleggio.
Il capogruppo al Senato Vito Crimi sta elaborando un fac simile, una sorta di file Excel, su cui gli eletti dovranno segnare ogni uscita.
Gli scontrini non dovrebbero essere pubblici: si vuole evitare, spiegano, che si sappia quali posti frequentano i grillini a Roma.
Ma dovranno comunque essere conservati per qualsiasi controllo: “Ne ho due buste piene — spiega il senatore Alberto Airola — anche se per la verità in questo primo mese e mezzo ho speso pochissimo, perchè ho avuto persone che mi hanno ospitato a casa”. Laura Castelli, invece, tra affitto e stipendio del collaboratore ad aprile ha speso otto mila euro.
Gli altri stanno ancora facendo i conti.
I più agguerriti sono quelli che hanno figli e famiglia. Gli asili nido da pagare, il mutuo nella città di origine.
Come si fa a pagare tutto?
C’è anche chi ha lasciato lavori ben retribuiti e rischia di rimetterci, considerando che ognuno pagherà le tasse come se avesse guadagnato anche i soldi poi restituiti.
Su dove finiranno, è ancora in forse: ieri, i Cinque Stelle, hanno chiesto ai presidenti di Camera e Senato di aprire “un nuovo capitolo di entrata” nei bilanci dei due rami del Parlamento.
Se vorranno anche gli eletti degli altri gruppi potranno partecipare.
Dai grillini dovrebbero arrivare 400 mila euro al mese.
Sul resto, i conti sono ancora da regolare.
Paolo Zanca
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile
E PUNTA ALLA NOMINA DI SENATORE A VITA
La paura è sempre la stessa, essere condannato, venir interdetto o, nella peggiore delle ipotesi, finire in cella.
Mentre tratta, da potente leader del Pdl, per il nuovo governo, Berlusconi vive il suo atavico incubo, la catastrofe per via giudiziaria.
I nomi sono quelli di sempre, Mediaset, Ruby, Unipol, De Gregorio, i processi in pista tra Milano e Napoli.
I suoi avvocati sono preoccupati quanto lui. Si confessano. Il gioco si fa scoperto.
Ma sarebbe sbagliato pensare che sono solo alla ricerca, pure stavolta, del salvacondotto miracoloso, della superlegge capace di ottenere quello in cui hanno fallito tante norme ad personam, i lodi, i legittimi impedimenti, le Cirami, le Cirielli. Ora la partita diventa molto più “alta”.
La via “legislativo-giudiziaria” per evitare le sentenze e mettere nel nulla anni di inchieste si trasforma in una via “politico-giudiziaria”.
Per dirla con Silvio: «È giunto il tempo di chiudere questa partita. Ora ci sono le condizioni per farlo».
Per come la illustrano i corifei del Cavaliere, la strategia si regge su un assunto semplice: nelle ore in cui l’ex premier rende praticabile un governo di salute pubblica, che salva il Paese dal baratro di nuove elezioni, egli non può cadere per via dei suoi processi.
In qualsiasi grado di giudizio si trovino, prossimi o lontani dalla sentenza che siano, i dibattimenti devono fermarsi.
Perchè se andassero avanti, se si arrivasse alla sentenza definitiva, se Berlusconi fosse interdetto dai pubblici uffici, se dovesse fare i conti con la galera (e non cambia la prospettiva dei domiciliari), è ben evidente che il governo Letta prossimo venturo si trasformerebbe d’acchito in un fantasma.
È questo il vero tema della trattativa di governo.
Tema segreto, ovviamente. Coinvolge tutti, anche Napolitano, se è vero che proprio da lui Berlusconi si aspetta un passo molto importante, la sua nomina a senatore a vita.
Un doppia nomina, in realtà .
Nel progetto del Pdl il presidente della Repubblica dovrebbe scegliere Berlusconi, ma anche Romano Prodi, nel segno della grande pacificazione.
Una mossa per chiudere, con un colpo solo, una guerra giudiziaria in atto da 20 anni.
Il progetto è ambizioso.
Svela, al contempo, ben cinque grandi difficoltà .
La prima: i processi vicini alla conclusione.
La seconda: l’impossibilità di trovare la legge giusta per chiuderli tutti e quattro in un sol colpo.
La terza: il nuovo quadro politico con i grillini pronti a seminare la guerra tra Camera e Senato.
La quarta: il Pd messo in discussione dai suoi giovani per il patto mortale con Berlusconi.
La quinta: la paura che aggressioni come quelle di Franceschini, Fassina, Bindi possano diventare la prassi.
Chi, in Parlamento, potrebbe affrontare una legge per mettere una pietra sui processi di Berlusconi?
Questo complica la trattativa sulla giustizia e rischia di diventare un’ipoteca pesante non solo per il prossimo ministro Guardasigilli, ma anche per il Pd che dovrà barcamenarsi per mantenere gli impegni presi con i suoi elettori, una nuova legge anticorruzione, la prescrizione più lunga, il reato di auto-riciclaggio (l’aveva promesso Letta, proprio a Repubblica, a dicembre).
Invece sul tappeto il Pdl ha messo altro.
Non sarà epoca di lodi, ma lo spazio per un provvedimento generale a favore dei detenuti e dei condannati, sia esso un’amnistia o un indulto o fortissime misure alternative all’attuale detenzione, questo dev’essere praticabile.
E Napolitano – dicono le fonti vicine a Berlusconi – non potrebbe che essere d’accordo visti i suoi tanti interventi contro lo svilimento della vita carceraria.
Vi è di più: un governo dal tratto istituzionale, che nasce sotto l’evidente usbergo del capo dello Stato, può anche permettersi una misura ampia, perchè scritta per chiudere definitivamente una stagione politica, quella della «malagiustizia» (Ferrara, Il foglio).
I sogni, però, devono fare sempre i conti con la realtà .
Quella di Berlusconi non è affatto rosea.
Un processo chiuso in primo grado, Unipol, con un anno di pena. Potrebbe prescriversi. E sia.
Un secondo processo, Mediaset, prossimo alla conclusione dell’appello. Rischio conferma della sentenza di 4 anni per frode fiscale e 5 d’interdizione.
Cassazione stimata entro primavera 2014, prima della prescrizione.
Ruby, la peggiore delle grane. Proprio Niccolò Ghedini, avvocato e consigliere giuridico stretto di Berlusconi, si aspetta una condanna.
Infine Napoli, la compravendita per De Gregorio, il grande punto interrogativo.
Può saltare tutto questo? Possono i magistrati farsi carico della nuova stagione politica?
Possono «rispettare» Berlusconi e mandarlo sistematicamente assolto?
I fatti, quelli che contano: il 18 maggio la Cassazione decide sull’istanza di legittimo sospetto avanzata da Ghedini e Piero Longo.
Nel palazzaccio la danno per bocciata al 98%, ma essa rappresenta la prima cartina al tornasole.
Se fosse approvata, la partita per Berlusconi si trasferirebbe a Brescia, cioè sarebbe chiusa.
Prim’ancora ecco altre due scadenze.
Il 6 maggio il Csm sceglie il nuovo presidente della Suprema corte: Giorgio Santacroce, alta toga sponsorizzata dal centrodestra e dalla moderata Unicost, e che una volta andò a cena nello studio di Cesare Previti, o Luigi Rovelli, il candidato della sinistra?
Berlusconi ha detto della Cassazione che è «il suo giudice a Berlino».
Infine la Consulta.
All’inizio di maggio la decisione su Mediaset e un farlocco legittimo impedimento. Un consiglio dei ministri piazzato di lunedì, era il primo marzo 2010, per approvare “d’urgenza” un ddl anti-corruzione che poi aspetterà altri due mesi per entrare in Parlamento, e per far saltare un’udienza del processo.
I berlusconiani sperano che una decisione favorevole faccia saltare l’intero processo. Alla Corte, martedì, hanno rinviato solo per evitare che uno scontato no potesse destabilizzare l’avvio del governo.
La strada, come si vede, è stretta.
Il Pdl agogna la via della grande pacificazione giudiziaria, ma tanti e tali sono i burroni da renderla perigliosa.
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX DIRETTORE DELLA NORMALE DI PISA: “UN GOVERNO SENZA POPOLO DOVE DECIDONO LE SEGRETERIE DEI PARTITI E NON I CITTADINI”
“Stiamo scivolando verso un governo senza popolo, dove a scegliere non sono i cittadini ma le segreterie
di partito. Vedo grossi rischi per la nostra democrazia”.
Il professore Salvatore Settis, già direttore della Scuola Normale di Pisa, dopo gli appelli al Partito democratico perchè trovasse la forza di dialogare con Grillo e la lungimiranza di convergere sulla candidatura di Stefano Rodotà , riflette sulla scomparsa del protagonista più importante: l’elettorato. “Che non conta più nulla, e quando le decisioni vengono prese ignorando chi vota, il futuro diventa preoccupante. Le conseguenze, potenzialmente, sono molto gravi”.
Professor Settis, mai come oggi l’elettore pare ininfluente, e a gestire i giochi è il capo dello Stato. Ci stiamo trasformando in una Repubblica presidenziale?
Sono convinto che Napolitano non volesse essere rieletto. Ha accettato con riluttanza, pensando che la crisi del Paese andasse affrontata subito. Detto questo, il risultato netto del governo Letta-Letta sarà quello di riconsegnare il Paese a Berlusconi, cioè il contrario della volontà popolare.
Ieri mattina Napolitano ha incontrato il neo premier per due ore. Trova normale che il capo dello Stato, nella scelta dei ministri e nella definizione del panorama politico, abbia tutto questo potere?
La Costituzione, entro certi limiti, lo prevede. Spetta a lui indicare i ministri. Ci sono precedenti famosi in cui le prerogative del presidente permisero di scampare a scelte inaccettabili: penso a Oscar Luigi Scalfaro che impedì a Cesare Previti di diventare ministro della Giustizia. Gli siamo tutti grati per questo. Però concordo con quello che ha scritto Carlo Azeglio Ciampi, cioè che lo spirito della Costituzione, implicitamente, dice che è meglio se il capo dello Stato resta in carica per un solo mandato. Napolitano, ne sono certo, non aveva pianificato tutto questo per accumulare potere, però è successo.
E la responsabilità di questa anomalia è del Pd.
C’è stata una tragica incapacità del Pd e del M5S di dialogare. Era fondamentale, per evitare il ritorno del Cavaliere. Anche Beppe Grillo però ha commesso errori: come quello di non sostenere Romano Prodi, nonostante fosse stato indicato dalle Quirinarie online. Che poi, visti i numeri — hanno votato solo 24 mila persone — non mi pare sia stata un’idea straordinaria.
Pensa che l’intransigenza dei Cinque Stelle sia eccessiva?
Quando non offre alternative, l’intransigenza si chiama movimentismo. Quello di cento anni fa, alla Bernstein: ‘il movimento è tutto, il traguardo nulla’. Non si può procedere così. Bisogna darsi una meta, da individuare nei diritti garantiti dalla Costituzione. E credo che gli elettori di Grillo capirebbero questo ragionamento.
Un’apertura però c’è stata: se il Pd avesse sostenuto Stefano Rodotà , il M5S sarebbe stato disposto a governare insieme.
Vero, in quell’occasione hanno avuto ragione. Infatti mi fa più impressione il modo di procedere del Pd, a zig zag: come si fa a proporre prima Franco Marini e poi Prodi, come se fossero sinonimi ed equivalenti? Per due mesi, poi, hanno ripetuto che non sarebbero mai andati al governo con il Cavaliere. L’elenco di dichiarazioni di Enrico Letta contro Berlusconi che avete pubblicato ieri sembra apocrifo. Il patto di legislatura tra Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola escludeva un accordo con il Pdl: e tradendo quelle promesse hanno perso ogni diritto morale anche al premio di maggioranza, si sono delegittimati di fronte ai cittadini. Alla fine, il bilancio di questa incapacità del Partito democratico e del M5S di venirsi incontro è drammatico.
Cosa succederà ora?
Per evitare proteste troppo forti dovranno contenere i danni del governo tecnico, affrontare il problema della disoccupazione, arginare il fenomeno dei suicidi, la recessione massiccia, il disastro della scuola e il crollo della cultura. Il problema di fondo è che questa legge elettorale è pessima e non la cambieranno mai, perchè conviene a tutti. Il primo esperimento di un listino bloccato e senza preferenze l’ha fatto proprio il centrosinistra in Toscana: i partiti non vogliono più sorprese, solo candidati sicuri che poi obbediscono.
Chi ci guadagna, però, è Berlusconi, non la sinistra.
È lui il vero dominus, basta osservare i suoi larghissimi sorrisi in questi giorni. Come ha scritto Barbara Spinelli, sarà lui a condurre i giochi durante questa legislatura: farà cadere il governo quando gli converrà , aspettando qualche altro passo falso del M5S, e poi si farà eleggere al Quirinale. È un quadro agghiacciante, ma non fantasioso.
Soluzioni?
Un pezzo del Pd dovrebbe trovare la forza di staccarsi dalle ‘larghe intese’ e adottare una linea più dura, facendosi interprete della scontentezza degli elettori. E poi non dovremmo più accettare che la nostra politica interna sia dominata da un’idea astratta di Europa, dall’euro e dai mercati. Ci sono altri modi per affrontare la crisi: siamo il terzo Paese al mondo per evasione fiscale. Se la combattessimo davvero avremmo più margini di respiro, e potremmo evitare l’abbraccio mortale con B.
Beatrice Borromeo
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: governo, Partito Democratico, PD | Commenta »
Aprile 27th, 2013 Riccardo Fucile
“NON VOTO ALCUN GOVERNISSIMO, LA LINEA DEL PARTITO VA CAMBIATA NELLE SEDI OPPORTUNE”
Quando Silvio Berlusconi due settimane fa è andato a Bari per un comizio, dal palazzo del Comune è spuntato lo striscione “Bentornato”. Firmato: “Il sindaco”.
Era “un saluto ironico” dice Michele Emiliano, che di larghe intese non vuole sentir parlare.
Contento di governare con il Pdl?
Guardi, so di esagerare, ma avrei preferito un monocolore berlusconiano a un pastrocchio simile. Sel, Lega e Fratelli d’Italia si sono sfilati, resta solo un duetto perverso.
Un terzetto, con Monti.
Monti è il sensale del duetto. Ha provato disperatamente a diventare la sposa, ma non c’è riuscito.
E l’abito bianco se l’è messo Letta.
Spero che nessuno dei nostri iscritti, tantomeno di punta, debba sedere in un Consiglio dei ministri con chi combattiamo da 20 anni.
Mi sembra chiaro che se fosse in Parlamento la fiducia all’esecutivo che sta nascendo non la voterebbe.
Non ho ancora deciso, voglio vedere la proposta. Se mi dicono che si tratta di un governo di tre mesi per cambiare la legge elettorale e sbloccare situazioni come gli esodati e la Cassa integrazione in deroga, potrei pensarci. Ma se trattasi di governissimo non ci penso proprio.
Lo sa che è passibile di espulsione?
E chi lo dice?
Francesco Boccia, con cui anche lei ha scambiato velenosi tweet, per esempio.
E con quale legittimazione? Quella di amico di Letta? Il mio partito ha una linea politica determinata da una carta d’intenti che hanno firmato tutti gli elettori delle primarie. Compreso Boccia. E quella carta esclude radicalmente l’alleanza con il Pdl. Se la faranno, inviterò i parlamentari a votare contro.
Civati lo farà , ma rischia l’espulsione.
Difenderò Pippo fisicamente, se serve. Vogliono cacciare noi? Noi cacceremo loro, ma se si scusano li perdoniamo. Se poi la linea del partito cambia nelle opportune sedi, allora ognuno farà le sue valutazioni. Per ora, è fuori dalla legittimità democratica dire che si fa fuori chi non è d’accordo. Con che cosa?
Non ne avete discusso?
In Direzione nazionale no. Quando si è trattato di votare un documento in cui non c’era scritto nulla sono uscito, e come me molti altri. Era lesivo della nostra dignità . Altro che 7 contrari e 14 astenuti.
Quindi non sa quali saranno le fondamenta su cui poggerà il governo.
Se le basi sono i punti stabiliti dai dieci saggi me ne terrò lontano.
I saggi erano un modo di Napolitano per allungare i tempi o servivano a favorire le larghe intese?
Sono un magistrato, mi hanno insegnato a rispondere che tutto quel che fa il Capo dello Stato è legittimo.
Ho capito, la seconda. Se ci sarà il governissimo lascerà il Pd?
Se lascio il Pd smetto di fare politica, chiedo piuttosto un congresso subito.
Con chi si schiererà ?
Questo lo vedremo, io continuo a spingere per un accordo tra Renzi e Vendola per le prossime elezioni, ma non consumerei Matteo nella segreteria di un partito. Chi c’è passato ora sta dallo psicologo.
Preferirebbe Barca in quel ruolo?
Darebbe un contributo intellettuale importante.
Insomma, in un cantiere della sinistra non ci va.
Io no, ma spero che ci vada tutto il Pd.
Caterina Perniconi
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »