Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
“NON OCCUPATEVI DI MACROECONOMIA”: CI PENSA CHI PER LUI
Arriva il Guru. Gianroberto Casaleggio abbandona l’illuminata grotta milanese del futuro e scende a Roma per incontrare i suoi discepoli Cinque Stelle, primitivi uomini nuovi della Gaia Terra.
Il contatto a Montecitorio è previsto per giovedì e venerdì, due giorni di full immersion per parlare di piccole e medie imprese.
E per comunicare una visione globale – e direttiva – che eviti scivoloni e pericolose fughe in avanti di parlamentari che hanno scoperto di avere capacità progettuali autonome. Persino in materia economica.
Possono permetterselo? Non sia mai.
Scambiandosi convenevoli con morbida freddezza, il Guru diffidente e i deputati rampanti del Movimento si renderanno ben presto conto di una cosa che in fondo sanno già : le sensibilità sono diverse. E anche gli obiettivi.
Come si risolve il problema, considerando che Casaleggio tende a ritenere la propria traiettoria immutabile e che mentre lui pretenderebbe dai seguaci analisi semplici e dirette di micro-economia, quelli, blasfemi, pretendono di ancorarle a ragionamenti marco-economici?
Per evitare di rimanere avvitati nella tensione di un silenzio contratto di fronte al web-creatore, i cittadini-deputati cercheranno di assecondarlo lì per lì.
Parleranno di microcredito, di riduzioni fiscali per le piccole e medie aziende, di incentivi concordati con Confapri (una sorta di associazione industriali 2.0 molto amata dal Guru) e si giocheranno il jolly della abolizione dell’Irap, approfittando di un assist involontario del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che ha recentemente spiegato come le grandi aziende rinuncerebbero volentieri ai trenta miliardi previsti di incentivi, in cambio di un abbassamento delle tasse.
«Quei soldi, caro Gianroberto, potrebbero consentire di cancellare – rimpiazzandone l’entrata – l’imposta regionale sulle attività produttive. Niente Irap significa meno tasse, come vuole Squinzi. In più rimarrebbero circa 2.5 miliardi da destinare alla revisione dell’Imu».
Poi gli consegneranno il numero di telefono di Luca Peotta, animatore di «Imprese che resistono» e profeta di questa teoria molto amata dai parlamentari stellati.
Tutto a posto, allora? Non esattamente.
Perchè a quel punto gli economisti-parlamentari del Movimento dovranno trovare il modo per non far sentire il Guru come se, senza alcun motivo, fosse stato espulso dalla linea classica della sua stirpe, introducendo l’argomento che lui non vuole sentire e che loro invece amano oltremodo: l’Euro-scetticismo. «Come affrontiamo il tema?».
I più temerari analisti-cittadini Cinque Stelle ritengono che gli scenari possibili siano quattro: il mantenimento dello stato attuale, la revisione completa degli accordi con Bruxelles, un doppio euro (più leggero in Italia e più pesante in Europa) o, il preferito, la lira in Italia e l’euro oltre confine.
Come si affrontano questioni del genere?
Parlarne esplicitamente con Casaleggio vorrebbe dire trasformarlo in un cavaliere che disarcionato da un ciclone si ritrova con le ginocchia nel fango.
«Macroeconomia, chi vi ha detto che vi dovete occupare di macroeconomia?».
Sarebbe la fine di un rapporto disteso.
L’inizio di un dibattito – che nessuno vuole davvero aprire – sui ruoli reciproci, sulle gerarchie effettive all’interno del Movimento. Sostanzialmente su chi comanda.
Domanda che diventa inevitabile quando si parla di soldi, quando la solidarietà dell’uno vale uno rischia di trasformare l’applauso della condivisione virtuale in un irrimediabile e reale velluto funebre.
Andrea Malaguti
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
I TITOLI MEDIASET E MEDIOLANUM IN BORSA VOLANO, IL VALORE E’ SALITO DA 1,8 A 2,37 MILIARDI…IL CAVALIERE, FACENDO LO STATISTA MODERATO, SI METTE IN TASCA 22 MILIONI AL GIORNO
L’inattesa “remuntada” elettorale e il governo di larghe intese riportano il sereno nelle finanze di
casa Berlusconi.
La ritrovata (e insperata) centralità politica del Cavaliere ha messo le ali dal voto di fine febbraio ai titoli delle sue aziende quotate in Borsa. Mediaset e Mediolanum sono balzate rispettivamente del 32 e del 30% (contro il +8% dell’indice Mibtel) regalando al leader del centrodestra in poco più di un mese un guadagno virtuale di 570 milioni di euro.
Il valore delle sue partecipazioni nelle due società è lievitato da 1,8 a 2,37 miliardi.
La corsa dei due titoli tra l’altro ha accelerato dopo il giuramento del Governo Letta: dal giorno dell’insediamento del nuovo esecutivo, il patrimonio della Fininvest a Piazza Affari è salito di 220 milioni, garantendo all’ex premier un assegno di 22 milioni al giorno.
L’euforia di Piazza Affari conferma nella fredda logica dei numeri l’eterna altalena azionaria legata al conflitto d’interessi.
Mediaset, in particolare, ha pagato un prezzo altissimo all’anno di interregno di Mario Monti, segnato tra l’altro dal crollo del mercato pubblicitario.
Il titolo di Cologno quotava nell’autunno del 2011 oltre 2,5 euro.
Poi, con lo spread alle stelle e l’arrivo del governo dei tecnici, ha iniziato un’inesorabile parabola discendente condita da una valanga di “sell” delle banche d’affari.
Il punto più basso è arrivato lo scorso novembre, quando il mercato ha intuito che Mediaset avrebbe chiuso per la prima volta i conti in rosso (così è stato, con una perdita 2012 di 287 milioni) e le azioni sono scese al minimo storico dalla quotazione del 1995 a 1,1 euro.
Da quei giorni è iniziata la lenta ripresa, direttamente proporzionale al recupero del Pdl nei sondaggi in vista delle elezioni.
Una resurrezione che ha dato un ulteriore colpo di reni quando, aperte le urne, si è scoperto che nessuno aveva vinto e il Cavaliere rimaneva ancora una volta al centro dello scacchiere politico tricolore.
Oggi il titolo Mediaset quota più di 2,1 euro.
A beneficiare del clima positivo è stata pure Mediolanum, ormai da qualche mese la partecipazione di maggior valore nel portafoglio di Silvio Berlusconi (il suo 35% nell’azienda di Doris vale 1,38 miliardi contro il miliardo del 40% delle tv).
Il titolo della banca viaggia oggi a 5,3 euro, il suo massimo dal 2008.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
CIRCOLANO I NOMI DI CHIAMPARINO, CASTAGNETTI E FINOCCHIARO…. RENZI VUOLE IL RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE
“Sono un militante attivo. A disposizione? Sì, a disposizione” (Gianni Cuperlo).
“Non mi interessa, l’ho detto in tutti i modi. Sto lavorando per un’altra cosa. Sono piuttosto gli altri che vogliono farmelo fare” (Guglielmo Epifani).
Il ruolo in questione è il “reggente” del Partito democratico, quello che deve traghettarlo fino al congresso di ottobre.
Sostanzialmente un ruolo a tempo, tecnicamente un segretario a tutti gli effetti (in caso di dimissioni dei vertici, per eleggerlo fino alla scadenza del mandato bastano i due terzi dell’Assemblea, e non il complicato meccanismo di primarie più delegati).
Il Pd è in alto mare. Tradotto: non c’è modo di trovare un accordo.
E allora si comincia a parlare di una figura di garanzia.
Sabato è in programma l’Assemblea e i due candidati per ora più gettonati, Cuperlo (spinto da D’Alema e dalemiani) e Epifani (voluto da Bersani e bersaniani) sono in ribasso.
Prima motivazione, queste due componenti del partito ormai sono in guerra aperta e visto com’è andato lo scontro in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica si teme la dissoluzione finale del Pd.
Poi, ci sono troppi interessi che cozzano, troppe variabili incontrollate.
Matteo Renzi il reggente non lo vuol fare, il segretario neanche. Il premier sì.
Ha incontrato Fabrizio Barca. I due hanno pranzato insieme: due ore al Four Season, albergo di lusso di Firenze.
Un modo per conoscersi. “La mia partita non è questa – ha ribadito il sindaco al suo interlocutore – Cuperlo, Epifani, Errani? Non mi interessa, per me vanno bene tutti, basta che abbiano la maggioranza”.
A Renzi i vertici uscenti del Pd hanno proposto una modifica dello Statuto, per cui verrebbero scisse le due figure di segretario e candidato premier.
Un modo per mantenere lo status quo nel partito e mettere in campo Renzi alle elezioni. Lui ci starebbe.
Nel Pd in molti non sono d’accordo, a cominciare da Veltroni. “Io sarei pure per dividere i due ruoli, ma non per eleggere un segretario senza le primarie”, dice Matteo Orfini.
Un leader scelto nelle chiuse stanze del Nazareno non sembra esattamente la risposta alla crisi del partito.
E se il governo Letta per caso dovesse funzionare, il candidato premier non sarebbe forse il presidente del Consiglio uscente?
Barca e Renzi hanno parlato dell’Assemblea di sabato, ma entrambi hanno preso tempo.
Barca ha raccontato la sua idea di partito. “Non troppo lontana dalla mia”, ha poi commentato Matteo ai suoi.
Mentre l’ex Ministro dichiarava pubblicamente: “Io e Renzi siamo complementari. L’importante è che il Pd rimanga unito”.
Dopo settimane in cui sembrava sulla strada verso l’uscita a sinistra, ora evidentemente si riserva di decidere.
Ha negato in più occasioni di correre per la segreteria, ma da qui al Congresso, magari in accordo con Renzi, chissà .
La partita dei due, comunque, non si gioca adesso.
Il sindaco per ora ha chiesto solo una cosa: vuole il responsabile organizzazione. L’esperienza insegna: Nico Stumpo, che ricopre questo ruolo nella segreteria dimissionaria, è stato l’organizzatore delle primarie, quello che di fatto ha messo in piedi e gestito un regolamento atto a limitare la partecipazione, quello che ha impedito che al secondo turno si aprissero le porte dei gazebo.
Ai danni dell’ex Rottamatore. Renzi ha già il suo candidato: Luca Lotti, neo deputato, ex consigliere comunale a Firenze ed ex responsabile della sua segreteria.
Nella speranza di trovare una soluzione che metta una toppa temporanea, non ipotechi le ambizioni di nessuno e consenta a tutti di elaborare una strategia per il prossimo futuro, domani si riunisce il coordinamento politico del Pd (i vertici, la segreteria dimissionaria, più i segretari regionali e provinciali).
Si cerca dunque una figura di garanzia, super partes, che insieme a una segreteria allargata a tutte le componenti, traghetti il Pd al Congresso.
Come al solito, è questione di nomi. Sergio Chiamparino piacerebbe a molti.
Per ora, lui ha detto no. “Non ho neanche ripreso la tessera”.
Ma se glielo chiedessero tutti, le cose potrebbero cambiare. Certo è una figura forte, che potrebbe pure poi candidarsi al congresso. E rompere qualche equilibrio. Altrimenti? Molti ricordano Pierluigi Castagnetti, una sorta di padre nobile.
Orfini rifà il nome di Anna Finocchiaro.
La Puppato ripropone Bersani.
E qualche renziano tira fuori Vannino Chiti.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
PER IL PDL “VIOLATI I PATTI”, CASSON: “VOTEREMO IL NOSTRO CANDIDATO”
Alla prima e alla seconda votazione per l’elezione del presidente della Commissione
Giustizia al Senato, il candidato Francesco Nitto Palma (Pdl) ha ottenuto prima 12 e poi 13 voti a favore, mentre la maggioranza necessaria era di 14.
La terza votazione si terrà giovedì alle 14.
Dura la reazione di Palma. «È un problema di vertici di partito, non mio, c’era un accordo e non è stato rispettato, non ha dato i suoi frutti» ha detto.
Mentre il capogruppo del Pdl al Senato, Renato Schifani, ha commentato: «Il no a Francesco Nitto Palma presidente della commissione Giustizia è un fatto politico, una cosa organizzata, non un caso di franchi tiratori. Ognuno ora dovrebbe assumersi le sue responsabilità ».
CASSON: «ORA VOTEREMO IL NOSTRO CANDIDATO»
«Da domani, dalla terza votazione, voteremo un nostro candidato – ha risposto il pd Felice Casson – Cercavamo un candidato condiviso- dice lasciando la commissione- ma se tutto il Pd non l’ha votato evidentemente non è condiviso. Un accordo politico? Evidentemente non c’era».
Nonostante l’accordo sulla carta tra Pd e Pdl, proprio sulla nomina dell’ex ministro Francesco Nitto Palma alla Giustizia c’era stato in mattinata il durissimo commento del senatore Pd Corradino Mineo.
«L’unico modo di tenere il Governo in piedi è sparare. Sparare contro le cose indecenti – ha detto – Spero che Nitto Palma non sia nominato».
Altrettanto dura la risposta di Maurizio Gasparri. «Mineo insulta in modo inaccettabile un politico serio e corretto come Nitto Palma”
Il dato politico è un altro: qualcuno nel Pd non ci sta a quanto “concordato” tra i propri vertici e quelli del Pdl.
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
COME MAI DALL’ITALIA LA FECCIA RAZZISTA NON URLA: “CACCIATELI” E NON NE INVOCA L’ESPULSIONE?… POLACCHI, ROMENI, BULGARI E UNGHERESI I FLUSSI MAGGIORI: IN TOTALE LA GERMANIA HA ACCOLTO UN MILIONE DI PERSONE
Vola a record storici l’immigrazione in Germania dal resto dell’Unione europea, e in percentuale l’aumento del numero dei migranti dall’Europa mediterranea schiacciata da crisi e austerità supera di molto il tasso di crescita delle partenze dai paesi dell’Europa centrale e orientale.
Lo dicono i dati ufficiali resi noti stamane da Destatis, l’istituto federale di statistica, fornendo una drammatica conferma della crisi e della disperazione dei disoccupati sudeuropei, soprattutto giovani laureati.
In particolare, l’aumento del flusso di italiani, in grande maggioranza giovani, verso la Germania, è cresciuto del 40 per cento.
Vediamo i dati nel loro complesso.
Nel 2012 si sono trasferiti nella Repubblica federale 1milione e ottomila persone. Nello stesso arco di tempo circa 712mila cittadini tedeschi se ne sono invece andati all’estero a cercare lavori meglio retribuiti (ciò riguarda soprattutto alcune categorie come i medici, retribuiti molto meglio in Norvegia o Nordamerica che non in Germania).
Al netto dell’emigrazione tedesca, quindi, almeno 369mila persone provenienti in massima parte dal resto dell’Unione europea sono immigrate qui.
In assoluto i polacchi sono il gruppo più numeroso, con 180mila persone, seguiti dai romeni (centosedicimila), dai bulgari con 58mila migranti e dagli ungheresi con 54mila, alto numero rispetto ai pochi abitanti del paese, appena dieci milioni.
Ma in percentuale, l’aumento dell’immigrazione polacca è solo dell’otto per cento, di quella bulgara il 14 per cento e di quella romena il 23 per cento.
Tassi d’incremento dell’emigrazione dunque ben inferiori a quelli dei paesi mediterranei dell’eurozona: l’aumento degli arrivi di italiani in Germania è del 40 per cento, quello di greci e portoghesi del 43 per cento, quello dei giovani spagnoli addirittura del 45 per cento.
In valore assoluto, gli immigrati italiani hanno superato la soglia di 42mila persone, più delle 34mila provenienti dalla Grecia e dei 30mila spagnoli.
Nel complesso, si tratta dell’aumento più cospicuo dell’immigrazione nella Repubblica federale (dove la disoccupazione appare stazionaria) da ben diciassette anni a questa parte.
I nuovi arrivati sono in media di dieci anni più giovani rispetto all’età media dei cittadini tedeschi.
Tra i sedici Stati della Bundesrepublik, i cinque Stati che registrano il massimo aumento del flusso di migranti sono anche quelli più ricchi o più industrializzati: Baviera, Nordreno-Westfalia, Baden-Wuerttemberg, Assia e Bassa Sassonia.
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO NITTO PAOLA E MATTEOLI, IL CAVALIERE PIAZZA IL FIDATO NOSFERATU A PRESIEDERE LA GIUNTA, COSI’ NON VERRANNO PIU’ CONCESSE AUTORIZZAZIONI… LA LEGA VOLEVA QUELLA POLTRONA E PER PROTESTA NON PARTECIPA AL VOTO
E’ praticamente completo, sulla carta, il quadro delle presidenze delle commissioni
parlamentari.
Stando alle indiscrezioni, manca solo la casella della Affari sociali alla Camera, anche se nessuno se la sente di escludere sorprese dell’ultimo minuto quando oggi pomeriggio ci saranno le elezioni formali.
Il clima, dopo le proteste di ieri da parte del M5S resta infatti molto teso.
Il gruppo della Lega Nord alla Camera ha annunciato che non avanzerà candidature e non parteciperà nemmeno alle votazioni.
I gruppi parlamentari del Senato hanno già comunicato l’elenco dei propri rappresentanti e nel pomeriggio, a partire dalle 15, le commissioni dalla I alla VII si riuniranno per eleggere il presidente, i vice presidenti e i segretari.
Dalle 16 toccherà poi alle commissioni rimanenti provvedere all’elezioni dei propri vertici.
Al momento alla Camera si parla di 8 presidenze al Pd, 5 al Pdl e una a Scelta civica. Al Senato al Pd andrebbero 7 presidenze, al Pdl 6 e a Scelta civica una.
Alla Camera la commissione Affari costituzionali andrebbe a Francesco Paolo Sisto (Pdl), la commissione Giustizia a Donatella Ferranti (Pd), la commissione Esteri a Fabrizio Cicchitto (Pdl), la commissione Difesa a Elio Vito(Pdl), la commissione Bilancio a Francesco Boccia (Pd), la commissione Finanze a Daniele Capezzone (Pdl), la commissione Cultura a Giancarlo Galan (Pdl), la commissione Ambiente a Ermete Realacci (Pd), la commissione Trasporti a Michele Meta (Pd), la commissione Attività produttive a Guglielmo Epifani (Pd), la commissione Lavoro a Cesare Damiano (Pd), la commissione Affari sociali a Scelta civica (nome ancora da stabilire), la commissione Agricoltura a Luca Sani (Pd), la commissione Politiche Ue a Matteo Bordo (Pd).
Al Senato la commissione Affari costituzionali andrebbe ad Anna Finocchiaro (Pd), la commissione Giustizia a Francesco Nitto Palma (Pdl), la commissione Esteri a Pier Ferdinando Casini (Sc), la commissione Difesa e Nicola Latorre (Pd), la commissione Bilancio a Antonio Azzollini (Pdl), la commissione Finanze a Mauro Marino (Pd), la commissione Cultura ad Andrea Marcucci (Pd), la commissione Lavori Pubblici e Telecomunicazioni ad Altero Matteoli (Pdl), la commissione Agricoltura a Roberto Formigoni (Pdl), la commissione Industria a Massimo Mucchetti (Pd), la commissione Lavoro a Maurizio Sacconi (Pdl), la commissione Sanità a Emilia De Biase (Pd), la commissione Ambiente a Giuseppe Marinello (Pdl). Resta da definire la commissione Politiche Ue, per la quale è in ballo Vannino Chiti (Pd).
Indiscrezioni anche sulla scelta della presidenza della Giunta per le Autorizzazioni a procedere della Camera.
La scelta è quasi certo dovrebbe cadere su Ignazio La Russa: la finta opposizione paga.
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
FUTURO E LIBERTA’ SI SCIOGLIE, MA QUALCUNO SI E’ GIA’ SISTEMATO
Il problema dell’occupazione? Per alcuni non esiste.
Vedi Italo Bocchino, disoccupato come parlamentare ma già occupatissimo, con doppio lavoro oltre alla liquidazione di 150 mila euro ricevuta dalla Camera, come generoso Tfr per le legislature svolte in An, Pdl e poi Fli.
IL RITORNO AL GIORNALISMO
Ecco, l’ex deputato e tuttora vicepresidente di Fli, fino allo scioglimento definitivo già avviato da Gianfranco Fini, altro esodato della politica, si è sistemato alla grandissima.
Il finiano già arcinemico di Silvio Berlusconi e del Pdl è infatti riuscito a farsi assumere, ovviamente solo grazie al curriculum, nella redazione del Secolo d’Italia, giornale organo del Pdl area ex An, e perciò finanziato dai fondi per l’editoria di Palazzo Chigi con qualche bel milioncino l’anno.
INVIATO PARLAMENTARE
Italo è stato subito preso come inviato parlamentare, un inquadramento di riguardo, di solito frutto di lunghe carriere e scoop, a 3 mila euro al mese.
Senza aver ancora scritto un rigo, peraltro.
Uno schiaffo per tutti i praticanti e i giovani che escono dalle scuole di giornalismo. Per i quali un’assunzione in una redazione è un miracolo di Lourdes.
IL LEGAME CON ALFREDO ROMEO
Ma Bocchino non si è fermato qui. Ha trovato, sempre grazie al curriculum, un altro bel lavoretto.
Sentite bene.
Qualcuno si ricorda di Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano a capo di un impero, il gruppo Romeo, che prende appalti dalle pubbliche amministrazioni e dalle società pubbliche?
Romeo è stato condannato, pena sospesa, per corruzione e turbativa d’asta, dopo un’inchiesta che tirò in ballo proprio Italo Bocchino per una serie di intercettazioni.
L’AFFAIRE GLOBAL SERVICE
«Siamo un sodalizio», dice Bocchino in una delle telefonate.
«Quindi poi ormai…siamo una cosa…quindi…consolidata, un sodalizio, una cosa solida…una fusione di due gruppi».
Secondo i magistrati della procura di Napoli in quelle intercettazioni c’era l’evidenza di un canale privilegiato tra Romeo e Bocchino per orientare le decisioni del gruppo di An al Comune di Napoli in merito a un mega appalto, il Global Service, che stava molto a cuore a Romeo.
Nella conversazione intercettata vi è la dichiarazione di «un soddisfatto Bocchino», commentano i pm, «per l’esito del ritiro degli emendamenti più ‘fastidiosi’ proposti dal gruppo consiliare di An con riferimento alla delibera avente a oggetto il progetto Global Service»
UN POSTO DA LOBBISTA
E che fa ora Bocchino, oltre a essere inviato del Secolo d’Italia? Il consulente lobbista proprio per il gruppo di Alfredo Romeo.
Quanto prenderà di stipendio? Questo potrà chiarirlo direttamente Bocchino, l’ex moralizzatore della destra «seria, senza la bava alla bocca», come disse in polemica col centrodestra Pdl berlusconiano, che ora si scopre a libro paga del Pdl (tramite il Secolo d’Italia) e contemporaneamente anche dell’imprenditore con cui finì nei guai per i rapporti tra politica e affari.
L’OMBRA DEL CONFLITTO DI INTERESSI
Non vale infatti per i parlamentari quel che vale per i ministri che non possono per legge (sul conflitto di interessi) accettare incarichi in settori privati affini al settore di cui si sono occupati, non prima di un anno dalla scadenza del loro mandato.
Sarebbe forse opportuno allargarla anche ai deputati, per evitare che un eletto che magari ha fatto il presidente della commissione Sanità appena finito il mandato finisca a lavorare per una casa farmaceutica, o che un deputato che è vicepresidente di un partito che conta consiglieri comunali e regionali venga assunto come lobbista per un gruppo che lavora con la pubblica amministrazione.
Cioè esattamente il caso di Italo Bocchino.
IL TESORETTO EX ALLEANZA NAZIONALE
L’assemblea nazionale del partito, convocata per il prossimo 8 maggio nella sede già dismessa di via Poli a Roma, deciderà lo scioglimento di Fli ma in ballo ci sono una montagna di soldi e di case, quelle della ex An.
Almeno 60 milioni di euro e una settantina di immobili di proprietà sparsi in tutta l’Italia, compreso lo storico palazzo di via della Scrofa a Roma, dove ha sede il Secolo d’Italia.
Il tesoretto è amministrato da una fondazione presieduta dagli ex colonnelli di An confuiti nel Pdl, da Altero Matteoli a Maurizio Gasparri fino a Ignazio La Russa.
Ma Fli, come erede minore di An, nonostante sia in via di scioglimento rivendica la sua parte.
Insomma, una vicenda intricata, di soldi e di potere: per fare un po’ di luce ci vorrebbe un segugio giornalistico, un vero inviato.
Perchè non affidare questo servizio al nuovo inviato di punta del Secolo, nonchè lobbista di Romeo, Italo Bocchino?
(da “Lettera 43“)
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
DOPO IL VOTO INTERNO PER TENERSI, SENZA DOCUMENTARE LE SPESE, I SOLDI DELLA DIARIA, ESPLODE SUL WEB LA RABBIA CINQUESTELLE
Una riunione a mezzogiorno per parlare della “talpa”, un post di Roberto Fico contro
Repubblica rea di aver raccontato cose che non avrebbe dovuto sapere, e la rabbia degli attivisti, che sul blog chiedono: «Ma insomma, quanto prendete di stipendio?». Sono inciampati nell’asticella che loro stessi hanno alzato, i 5 stelle.
Nel regolamento firmato prima dell’elezione era scritto che i parlamentari avrebbero tenuto solo 5mila euro lordi (2500 netti) dei 10mila dell’indennità di carica, insieme a diarie e rimborsi vari (che calcolando per difetto, tra spese per il mantenimento a Roma, collaboratori, taxi e telefono ammontano a 8.440 euro).
C’era però l’obbligo di rendicontare tutto, e qui la prescrizione rimaneva ambigua: quello che non si documenta va restituito oppure no?
Nell’e-mail inviata da Grillo e Casaleggio la settimana scorsa si invitavano i parlamentari a identificare delle onlus cui devolvere l’eccedente.
E quindi, a restituire.
I 163 deputati e senatori ne hanno parlato nel loro forum interno istituendo un sondaggio, e la maggioranza ha scelto per la libertà di coscienza.
Fatti salvi i 2500 euro devoluti obbligatoriamente a un fondo di solidarietà (che hanno chiesto alla Camera di istituire) potranno decidere se tenersi diaria e rimborsi oppure no.
Molti promettono che terranno solo quel che sono in grado di documentare, che manderanno indietro i soldi per taxi e telefono, ma la maggioranza ha chiesto che non siano obbligati a farlo.
È quello che Repubblica e l’agenzia Agi hanno ricostruito domenica sera, ed è quello che Roberto Fico definisce: «Occuparsi del nulla per screditare il Movimento, per metterci contro Beppe Grillo e viceversa ».
Il deputato M5S — subito rilanciato dal blog — snocciola le rinunce fatte: il dimezzamento dello stipendio base dei parlamentari che varrà 5 milioni di euro all’anno, i 42 milioni di euro di rimborsi elettorali non incassati, la rinuncia all’assegno di fine mandato e alle doppie indennità di carica.
Non nega però che il sondaggio ci sia stato, e che quelli siano i risultati.
Così come non lo negano i deputati in Transatlantico. «Per me siamo solo all’inizio dice uno di loro — su questa vicenda dei soldi scoppieranno altri casini».
Il capogruppo al Senato Vito Crimi fa un video per dire: «Dateci un po’ di tempo e vedrete che rispetteremo gli impegni».
Fico e Laura Castelli intervengono sulla web tv del Movimento: la deputata piemontese spiega che nel forum si sono solo espresse delle opinioni, e che la decisione finale sarà presa in assemblea.
A chi li segue in Rete non basta.
I post messi sul blog per screditare Repubblica e Ballarò (cui il deputato Alessandro Di Battista ha dedicato una personale “lezione di giornalismo”) vengono bersagliati dalle critiche: «Scusate, io avevo sempre capito che la diaria sì, ma in base alle spese rendicontate — scrive Elisa — sennò che serve? Vogliamo fare i politici vecchio stampo?».
E Francesco: «Non stiamo qui a fare gli azzeccagarbugli su quello che dice il regolamento, è lo spirito con cui si è presentato agli elettori il Movimento che viene violato».
La maggior parte chiede, e a gran voce, più chiarezza.
Il fatto è che per il fisco i parlamentari prendono tutto lo stipendio base (a chi poi lo devolvano non è affare dell’Agenzia delle Entrate) e questo comporterà un aggravio di tasse per molti.
Ma non è facile farlo capire dopo aver mantenuto a lungo un messaggio ambiguo. Chissà che non aiuti la visita a Roma di Gianroberto Casaleggio.
Il cofondatore incontrerà i parlamentari che si occupano di Economia, quelli destinati alla commissione Bilancio, giovedì e venerdì.
Porterà loro i frutti del suo giro tra gli imprenditori del nord, le loro idee per battere la crisi, che però — anche stavolta — pare non coincidano con quelle di deputati e senatori a 5 stelle.
Anche di questo, ci sarà da discutere.
Annalisa Cuzzocrea
(da ““La Repubblica“)
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
NEL PROCESSO D’APPELLO MEDIASET E’ STATA CHIESTA LA CONFERMA DELLA CONDANNA A 4 ANNI CARCERE E 5 ANNI DI INTERDIZIONE DAI PUBBLICI UFFICI
Ora che la Cassazione ha deciso, Silvio Berlusconi ha un problema: come rallentare (di nuovo) i processi che riprendono a Milano, invece di essere spostati a Brescia, dove sarebbero ricominciati da capo.
Il calendario è impietoso.
Domani, mercoledì 8 maggio, riprende l’appello per il caso diritti televisivi Mediaset, in cui il leader del Pdl è imputato di frode fiscale.
Il sostituto procuratore generale Laura Bertolè Viale ha già chiesto la conferma della condanna ottenuta in primo grado: 4 anni di carcere più 5 d’interdizione dai pubblici uffici e 3 dalle cariche societarie.
Domani potrebbero concludere la loro arringa i difensori degli imputati Daniele Lorenzano e Gabriella Galletta.
E nella prossima udienza (che potrebbe essere fissata per sabato 11 maggio) il processo si avvierebbe verso la conclusione, con sentenza entro metà mese.
Ma Lorenzano ha già chiesto di rendere dichiarazioni spontanee e un altro imputato, Frank Agrama, vorrebbe anch’egli prendere la parola, in videoconferenza da Los Angeles.
Se le richieste saranno accolte, i tempi saranno rallentati. A meno che i giudici non decidano di stralciare la posizione di Agrama.
L’altro dibattimento, quello in cui è imputato di concussione e prostituzione minorile per il caso Ruby, riprende lunedì 13 maggio.
Quel giorno il pm Ilda Boccassini completerà la requisitoria, chiedendo la pena.
Poi la parola passerà ai difensori Piero Longo e Niccolò Ghedini.
La sentenza di primo grado dovrebbe arrivare entro la fine di maggio.
Berlusconi, dunque, potrebbe essere raggiunto da due verdetti nel giro di tre settimane.
Ma trattandosi di un imputato molto speciale, tutto può succedere.
Tanto più nel clima di larghe intese, in cui il leader Pdl è diventato azionista essenziale del governo e forse anche “padre costituente”.
È quindi possibile che riprendano le richieste di legittimo impedimento per impegni istituzionali dell’imputato e dei suoi due difensori, entrambi parlamentari.
Nei prossimi mesi inizierà a Milano anche l’appello del processo sul trafugamento dell’intercettazione segreta tra l’ex segretario dei Ds Piero Fassino e il presidente di Unipol Giovanni Consorte.
In primo grado, Berlusconi è stato condannato a 1 anno di reclusione per rivelazione di segreto d’ufficio.
A Napoli invece è in corso l’indagine sul passaggio al fronte berlusconiano del senatore Sergio De Gregorio, con l’ex presidente del Consiglio accusato di corruzione e finanziamento illecito ai partiti.
Ma è il processo Mediaset quello più delicato: se arrivasse la conferma della condanna, entro qualche mese la Cassazione potrebbe porre fine alla vicenda, stilando il verdetto definitivo.
Se fosse di condanna, potrebbero essere confermati anche i 5 anni d’interdizione dai pubblici uffici.
Vorrebbe dire, per Berlusconi, la perdita del seggio al Senato.
Ultima speranza, la Corte costituzionale: ha lasciato aperto il caso del conflitto d’attribuzione tra poteri dello Stato sollevato in primo grado dalla difesa del leader Pdl per via d’una udienza, quella del 1 marzo 2010, in cui i giudici non ritennero valido il legittimo impedimento del presidente impegnato in un Consiglio dei ministri.
L’avvocato Longo ha annunciato ieri che chiederà la sospensione del processo (non obbligatoria) in attesa della decisione della Corte.
La spada di Damocle della Consulta s’intreccerà con le vicende politiche e i destini del governo: Berlusconi potrà sopportare di essere buttato fuori dal Senato mentre sostiene il governo Letta? E quale salvacondotto potrà mai essere escogitato per l’imputato più eccellente della storia italiana?
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Berlusconi, Giustizia | Commenta »