Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
LA REAZIONE DEL CAVALIERE DOPO LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE SUI PROCESSI IN CORSO
Seduta lampo e decisione lampo. 
La Cassazione – «i nostri giudici a Berlino» come li chiama Berlusconi – azzera in mezz’ora di camera di consiglio il teorema del palazzo di giustizia di Milano come pregiudizialmente ostile al Cavaliere.
Lui e i suoi avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo sono convinti che lì il pregiudizio è la prassi. L’hanno argomentato per 40 pagine.
La sesta sezione della Suprema corte replica picche.
Per la seconda volta nella storia giudiziaria dell’ex premier crolla la tesi del legittimo sospetto. Bocciata nel 2003, quando la Cirami fu scritta su misura per il processo Sme, fallisce l’obiettivo oggi.
Berlusconi parla preregistrato, a conferma che su un esito positivo non credeva nemmeno lui. Solito rèfrain: «Confido in una sentenza di piena assoluzione, a meno che si voglia eliminarmi per via giudiziaria».
Sul processo Sme: «Avrei evaso il fisco per 3 milioni. In quello stesso periodo il mio gruppo ne ha versati 567. Che senso aveva un’evasione di quella portata? E poi all’epoca ero premier».
I processi, l’incubo riprende.
Inevitabilmente Mediaset e Ruby – fermi da un mese, chè a questo serviva il ricorso in Cassazione – ripartono subito.
Già domani il primo in corte di appello, lunedì 13 il secondo in tribunale.
Corrono a razzo verso la sentenza. Domani potrebbe pure esserci quella di Mediaset.
Per Ruby mancano le arringhe del pm Ilda Boccassini e della difesa, un paio di udienze al massimo.
Partita chiusa entro maggio.
Tant’è che Ghedini e Longo corrono ai ripari.
Longo annuncia che per i diritti tv – su Berlusconi pesa la condanna a 4 anni in primo grado per frode fiscale, con 5 d’interdizione dai pubblici uffici – chiederanno di aspettare la decisione della Consulta sul conflitto sollevato da palazzo Chigi per un contestato legittimo impedimento che risale al 1 marzo 2010.
La Consulta, stranamente, ha preso tempo, non ha deciso subito dopo l’udienza pubblica del 23 aprile.
Dice Ghedini: «È fisiologico attendere, perchè se la Corte dovesse darci ragione potrebbe saltare l’intero processo».
Al momento, i legali non parlano di eccepire un nuovo impegno parlamentare del premier, che però potrebbe scattare visto che le Camere lavorano a pieno ritmo.
Nella tattica processuale c’è un dato però che va rilevato come estremamente significativo e che dà la cifra della futura strategia di Berlusconi.
Attiene all’atteggiamento rispettoso verso la Cassazione, «i giudici a Berlino» per l’appunto, quelli che alla fine decideranno il destino del Cavaliere.
Dove l’udienza a porte chiuse comincia alle 10 e 23 e termina alle 11 e 42.
«Velocità usuale, discussione buona, pg molto urbano» chiosa Ghedini.
I giudici (presidente Giovanni De Roberto, nel collegio Giacomo Paoloni, Domenico Carcano, Arturo Cortese) entrano in camera di consiglio alle 11 e 53, escono alle 12 e 34.
Esame frettoloso? «Velocità usuale, si tratta di una decisione cartolare» commenta Ghedini.
Che aggiunge: «Rispettiamo la decisione, siamo stati trattati con cortesia, i giudici hanno tenuto un atteggiamento impeccabile nei nostri confronti, attento alla difesa. Non condivido le loro conclusioni, ma le rispetto».
Netta la distinzione con Milano: «Qui anche se non ti danno ragione, non c’è l’atmosfera di una guerra».
Comunque, quando sarà pronta la sentenza, Ghedini ha già in mente di ricorrere, «per una questione di principio», alla Corte di giustizia europea di Strasburgo.
È la nuova strategia per la Cassazione, quella che ha portato alla scelta di aggiungere un avvocato non “gridato” come Franco Coppi per l’ultimo grado di giudizio.
L’ultima speranza è che domani arrivi anche un primo presidente del palazzaccio (si vota al Csm con Napolitano) non sgradito.
Nella corsa tra Rovelli e Santacroce i berlusconiani sponsorizzano il secondo.
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
IL DISSENSO DI UNA PARTE DEL PD PER LA NOMINA DI NITTO PAOLA ALLA GIUSTIZIA E DI MATTEOLI ALLE COMUNICAZIONI
Corradino Mineo, ex direttore di Rainews24 e ora senatore del Pd, è a cena quando lo raggiunge la notizia che il suo partito avrebbe chiuso l’accordo con il Pdl sulle commissioni parlamentari.
A Berlusconi le presidenze della commissione Giustizia e di quella Lavori Pubblici di palazzo Madama, che ha la competenza sulle Comunicazioni.
Ovvero sulle televisioni.
A Mineo va di traverso il boccone.
È così, se ne faccia una ragione. Amareggiato?
«Amareggiato per una modestissima trattativa partitocratica? Non ci penso neppure. Anche perchè vedo grandi spazi per lanciare una politica diversa».
Diversa dalle larghe intese?
«Più che il governo delle larghe intese mi pare che questo stia diventando il governo delle ampie divisioni. Ha visto lo scontro sul ministro Kyenge?».
Stiamo al tema, le presidenze delle commissioni. Nitto Palma alla Giustizia e Paolo Romani alle Comunicazioni (alla fine ci andrà Matteoli, sempre Pdl n.d.r.) . Che ne dice?
«Non ci credo. Questi due nomi sono un insulto a tutti quegli italiani che hanno chiesto, con il loro voto, un rinnovamento della politica e un sistema dei media liberato dagli interessi oligopolistici».
Una provocazione dunque?
«Esatto, una provocazione. Di più: Nitto Palma è quello che vorrebbe mettere la mordacchia ai giornalisti e pensa che la magistratura non debba disturbare il manovratore. Immaginare di eleggere l’ex Guardasigilli di Berlusconi alla Giustizia per me è una proposta oscena».
Per lei non è potabile.
«Per me no».
C’è il voto segreto, potrebbero non passare nelle votazioni…
«Con una maggioranza così larga la vedo difficile. Ma, le ripeto, non me ne importa più di tanto».
Prima si indigna poi se ne lava le mani?
«Ma no, è che guardo oltre questo accordicchio. Pensando più in grande, non mi pare che questo governo sia in grado di far scendere una coltre di ghiaccio sul paese. Ci sono tante cose da fare in Parlamento, a partire dallo ius soli».
E il conflitto di interessi?
«Certamente, anche quello. Anzi proprio una legge severa sul conflitto di interessi può essere la migliore risposta a questa provocazione delle commissioni».
Senta Mineo, il Pd ha fatto un accordo con il Pdl per il governo. Perchè mai non dovrebbe farlo per le presidenze di commissione?
«Infatti questo mostriciattolo è solo l’epifenomeno di un problema più generale. Che nasce il giorno in cui sono andati in ginocchio a chiedere a Napolitano di ricandidarsi. Io ero contrario, come si sa».
Lei in quale commissione andrà ?
«Sarei andato volentieri nella Affari costituzionali, ma pare che non ne sia degno. Allora mi metteranno alla Cultura. Ora voglio proprio vedere cosa accadrà sulle commissioni bicamerali. Me lo devono dire in faccia che non vado bene per la Vigilanza Rai»
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Maggio 7th, 2013 Riccardo Fucile
PROBABILI LA BINDI ALL’ANTIMAFIA, FAVA AL COPASIR E FICO ALLA VIGILANZA RAI
Berlusconi era partito puntando ancora più in alto: «Voglio la Giustizia e le Comunicazioni». Le
due caselle chiave per tutelare gli interessi suoi e delle sue aziende.
I nomi portati ieri mattina al tavolo della trattativa dai due capigruppo Pdl, Brunetta e Schifani, erano quelli di Paolo Romani alla commissione Lavori pubblici e telecomunicazioni e, appunto, Nitto Palma alla Giustizia.
«Impossibile», hanno spiegato Zanda e Speranza. «Inaccettabili», hanno insistito.
«Con il voto segreto c’è il rischio che i nostri li impallinino unendosi ai grillini», hanno provato ad argomentare. Nulla da fare.
In contatto con via dell’Umiltà e Arcore, Brunetta e Schifani hanno puntato i piedi: «O Romani o Nitto Palma, almeno uno dei due dovete darcelo».
Tutto il pomeriggio è andato avanti così, con telefonate e incontri per provare a superare questo stallo.
Alla fine, a malincuore, il Pd ha ceduto su Nitto Palma, il braccio destro di Alfredo Biondi a via Arenula all’epoca del decreto “salvaladri” nel 1994.
Convinto da Cesare Previti a lanciarsi in politica. In cambio la presidenza della commissione Giustizia della Camera andrà alla fioroniana Donatella Ferranti.
E a palazzo Madama l’ex ministro Paolo Romani, altra bestia nera del Pd perchè considerato la “longa manus” del Cavaliere, dovrà rinunciare alla presidenza della commissione Lavori Pubblici e Tlc.
Al suo posto andrà Altero Matteoli, ex An con estimatori anche a sinistra.
L’indicazione di Donatella Ferranti alla Giustizia comporta inoltre il “sacrificio” di Beppe Fioroni, visto che il manuale Cencelli del Pd non prevede due presidenze per la sua area.
E Fioroni, in corsa per la Scuola o la Salute, fa un passo indietro: «Con il mio gesto – si sfoga in serata con un amico – ho salvato un minimo di decenza a un partito che non sempre ce l’ha».
Risolta la grana principale, il resto delle presidenze sta andando in buca senza troppi scossoni. L’unico scoglio nella maggioranza sono i montiani, che reclamano due presidenze alla Camera e due al Senato.
Ma Pdl e Pd sono concordi nel dargliene una soltanto.
Quanto alle commissioni più importanti, lo schema dovrebbe essere questo: alla Affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro, alla Camera Francesco Sisto (vicino a Raffaele Fitto, la soffia al Pd Gianclaudio Bressa); la Esteri a palazzo Madama vede in arrivo Pier Ferdinando Casini, a Montecitorio l’ex capogruppo Fabrizio Cicchitto; per la commissione Bilancio, il senatore Pdl Antonio Azzolini farà da contraltare alla Camera al lettiano Francesco Boccia; new entry alle Attività produttive di palazzo Madama dovrebbe essere l’ex vicedirettore del Corriere Massimo Mucchetti, eletto con il Pd. Il suo dirimpettaio dovrebbe essere Daniele Capezzone, ma si parla dell’ex portavoce del Pdl anche come presidente della Finanze.
Chi rischia di restare a bocca asciutta è il Centro democratico, che aspirava a una presidenza di area economica per Bruno Tabacci.
Anche i socialisti di Nencini non sono contemplati per le presidenze.
Al Lavoro andranno il senatore Maurizio Sacconi del Pdl e il deputato Cesare Damiano (Pd, vicino alla Cgil); alla Cultura il senatore renziano Andrea Marcucci e l’ex ministro Maria Stella Gelmini.
Quanto alle Bicamerali, che non saranno decise oggi, avanza la candidatura di Rosy Bindi per l’Antimafia, di Claudio Fava per il Copasir e del grillino Roberto Fico per la vigilanza Rai.
I 5stelle, scrive l’Agi, avrebbero avanzato la richiesta di una vicepresidenza per ogni commissione.
Si è continuato a discutere ieri anche della Convenzione per le riforme, incagliata sullo scoglio della presidenza a Berlusconi.
Un macigno davvero impossibile da superare per il Pd. Per questo la Convenzione starebbe finendo nell’archivio dei sogni impossibili, fallita ancora prima di cominciare.
Un indizio ulteriore che sia questa la strada è arrivato dal nome – quello di Anna Finocchiaro – scelto dal Pd per guidare la commissione affari costituzionali di palazzo Madama.
Una candidatura forte (sarebbe dovuta essere eletta presidente del Senato) per la commissione che dovrà iniziare il dibattito sulla riforma della Costituzione.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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