Maggio 12th, 2013 Riccardo Fucile
UN APPELLO ALL’UNITA’ DEL PARTITO E AD EVITARE SCISSIONI
Unità , apertura verso la base, leadership forte: sono queste le richieste che il popolo democratico sembra inviare al partito.
Nelle stime dell’Atlante politico di Demos, il Pd si conferma sui (deludenti) livelli delle recenti Politiche (25%), e subisce il sorpasso del PdL.
Resta molto forte l’idea di mantenere unito il partito e scongiurare scissioni, ma sono molto visibili, anche nell’elettorato, i segni delle divisioni che hanno lacerato il gruppo dirigente.
Gli elettori del Pd si dividono esattamente a metà sulle scelte per la presidenza della Repubblica, fra chi ritiene Napolitano la scelta preferibile, e chi invece avrebbe preferito un’altra soluzione.
Il governo Letta gode naturalmente di un largo consenso tra gli elettori democratici (69%).
Ma si manifestano idee divergenti sulla sua azione ed i suoi effetti.
Quasi metà degli elettori si aspetta una buona collaborazione fra le sue componenti (47%), mentre gli altri prevedono contrasti su tutto (51%).
Il complicato dibattito sui possibili candidati alla segreteria riflette le difficoltà nel formulare proposte condivise, in grado di superare le spaccature e rilanciare il partito.
Due leader sono ai primi posti tra i politici più apprezzati dalla base elettorale: il neo-premier e il sindaco di Firenze Matteo Renzi, indicato da oltre la metà degli interpellati come segretario preferito (54%).
Più controverso è invece il giudizio sul segretario uscente Bersani.
Ridotto appare, d’altra parte, il consenso per altri possibili “nomi” circolati nelle ultime settimane – da Chiamparino a Barca, da Civati a Epifani.
Dagli elettori emerge con forza la domanda che la parola torni il prima possibile alla base, con la pratica delle primarie aperte (69%), mentre solo il 27% pensa a una selezione attraverso le tradizionali procedure congressuali.
Questa domanda di partecipazione è sentita come molto importante perchè scritta nel dna dell’elettore democratico.
Esiste inoltre la percezione che la posta in gioco abbia a che fare non solo con la scelta del futuro leader, ma anche con la stessa identità di questo soggetto politico.
Con la convinzione che il Pd debba rimanere “un” partito (89%), mentre le spinte alla disgregazione coinvolgono una frazione minoritaria (5%).
Roberto Biorcio e Fabio Bordignon
(da “La Repubblica”)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Maggio 12th, 2013 Riccardo Fucile
IL SENATORE MONTIANO E IL PATTO “SEGRETO” CON I DEMOCRATICI CHE HANNO OPTATO PER LA SCHEDA BIANCA
Un conto è farlo, un altro è dirlo. 
Ma la cosa, alla fine, deve essere sembrata davvero indigeribile al senatore Andrea Olivero, coordinatore dei montiani di Scelta civica, per continuare a tenerla per sè.
Una questione di coscienza. Meglio vuotare il sacco.
“Siamo arrivati al punto — ha raccontato in un’intervista al Secolo XIX — in cui il Pd mercoledì chiama noi di Scelta civica e ci chiede di votare per il pdl Nitto Palma. Precisando che loro però si sarebbero astenuti ufficialmente. Hanno detto: ‘voi votatelo e poi noi nel segreto dell’urna spostiamo qualche voto per farlo eleggere’.
Insomma, l’hanno fatto eleggere senza votarlo.
Così non si fa, non è serio: sono giochini da Prima Repubblica”.
Cioè: il Pd non poteva rompere il patto con il Pdl di nominare Nitto Palma in commissione Giustizia, ma un voto come quello avrebbe spaccato il gruppo del Senato, dove alcuni esponenti di spicco come Felice Casson avevano già detto che non lo avrebbero votato.
Così ha scelto di fare “il giochetto da Prima Repubblica”, dichiarando l’astensione, ma obbligando Scelta civica a sostenere Nitto Palma con quei voti che sarebbero mancati anche alla quarta votazione (quando basta la maggioranza assoluta dei voti).
E infatti è finita esattamente così.
Eppure, di via per uscire dal guado, il Pd ne aveva anche un’altra, che però avrebbe fatto saltare l’accordo con il Pdl.
L’M5s, infatti, aveva proposto ai democratici di votare insieme Felice Casson.
Ovviamente Luigi Zanda ha risposto di no, che “i patti dovevano essere onorati”.
Sì, però poi bisogna vedere in che modo.
“Se si va avanti così — ha proseguito Olivero — potrebbe arrivare il momento in cui non saremo più in maggioranza. Ma finchè c’è, rispetteremo i patti; poi, non si capisce perchè questa alzata di scudi su Nitto Palma, che non è mai stato indagato e ha gestito nella sua carriera processi delicati e importanti, Ghedini, non lui, sarebbe stato ‘una provocazione’”.
Quindi non si capisce perchè il Pd non l’abbia votato mentre “non ha sollevato alcun problema di coscienza per Formigoni, che è inquisito”.
“Pdl e Pd si sono accordati sul metodo di spartizione informandoci a cose fatte. Noi abbiamo espresso il nostro disaccordo, anche perchè sono emerse scelte divisive per il Pdl” come “Damiano al Lavoro e Epifani allo Sviluppo economico, due ex Cgil”.
Ma i patti, ha incalzato, “si rispettano o non si fanno”.
Invece il Pd “prima ha piazzato i suoi e poi ci ha chiesto aiuto”, ma “non è che prendi quello che ti conviene e sollevi un problema di coscienza per il resto”.
La rivelazione, com’era ovvio, ha costretto la presidenza del Pd al Senato a smentire ogni virgola delle parole di Olivero.
“Non abbiamo imposto nessun vincolo a nessun senatore — ha replicato, inviperito, Luigi Zanda — abbiamo sempre e solo ricordato che quella presidenza era stata attribuita al Pdl che aveva indicato il senatore Nitto Palma. La ricostruzione del senatore Olivero è totalmente priva di fondamento!”.
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Maggio 12th, 2013 Riccardo Fucile
ANGELA PAGA LA SUA BATTAGLIA PER LO SCIOGLIMENTO PER CONTIGUITA’ MAFIOSE DELLA GIUNTA DI REGGIO CALABRIA… DELEGITTIMATA DA BOCCHINO, ABBANDONATA DALLO STATO
Per tre volte in Commissione parlamentare antimafia (una volta come vicepresidente), una vita blindata da 10 anni per le sue battaglie antindrangheta, minacciata l’ultima volta a gennaio di quest’anno attraverso le parole intercettate nel carcere di Tolmezzo a Pantaleone Mancuso («Stiamo lavorando per toglierla di mezzo», pronunciate dopo un’interrogazione parlamentare presentata sul provvedimento del Tribunale di Vibo Valentia che dispose il trasferimento in ospedale del presunto boss), ad Angela Napoli è stata tolta la scorta che finora l’ha protetta.
Quando la Questura — a ore – le comunicherà ufficialmente la notizia che le è stata anticipata telefonicamente ieri sera dalla Prefettura, via la macchina blindata, via l’autista e l’uomo di tutela e largo al fai-da te.
Il livello di vigilanza che lo Stato potrà assicurargli è infatti il 4: vale a dire che la Napoli ci deve mettere la propria macchina, un suo autista personale e il Viminale ci metterà un uomo a tutela.
A raccontare quanto è accaduto è proprio lei, di ritorno da una nuova tappa della sua politica in giro per la Calabria (ieri era a Gioia Tauro), che continua a svolgere con la sua associazione Risveglio Ideale, nonostante non sia più stata neppure candidata al Parlamento.
«Ieri sera mi ha telefonato il prefetto di Reggio Calabria Vittorio Piscitelli – racconta Napoli con la solita calma – e ha fatto riferimento ad una circolare dell’ex ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri che obbliga a rivedere lo status delle persone protette e mi ha comunicato, di conseguenza, le novità ».
Napoli non si è comunque persa d’animo e ha cominciato a cercare qualcuno che voglia fargli da autista.
Risposte: zero.
«Nessuno mi vuole fare da autista — dice – perchè hanno giustamente paura. A questo punto rinuncerò a quel poco di scorta che mi verrebbe attribuita perchè un autista non lo trovo e il poliziotto che mi verrebbe assegnato a tutela ovviamente non può guidare anche la macchina, oltretutto privata. Mi dispiace ma dirò allo Stato che si deve assumere fino in fondo la propria responsabilità . Non potrò più muovermi in alcun modo».
C’è da chiedersi se la decisione sia frutto di battaglie intestine alla sua ex coalizione politica di centro destra (militava nel Fli di Gianfranco Fini dal quale poi uscì polemicamente).
«Qualcuno mi fa notare —risponde Napoli — che pago quel che ho detto, senza guardare in faccia a nessuno, soprattutto da dopo lo scioglimento per contiguità mafiose del Comune, di centro destra, di Reggio Calabria. Pago tutto, compreso il mio ultimo intervento a Reggio Calabria il 2 maggio in cui sono ritornata su quel tema e ho come sempre denunciato i sistemi criminali che governano questa regione. Per fare nomi e cognomi non c’è bisogno di essere parlamentari ma mi domando: come può lo Stato ritenere che non ci sia più bisogno di tutelarmi o farlo in maniera tale che io sia costretta a rinunciare? L’unica cosa che possono fare per non farmi muovere è togliermi la scorta. L’hanno fatto e se ne assumeranno la responsabilità ma io non mollerò questa battaglia di civiltà politica anche perchè voglio chiarire che la scorta non mi era stata assegnata come parlamentare ma come soggetto ad alto rischio. Vuole che le racconti l’ultima? Il prefetto mi ha detto: “se dovesse succedere qualcosa rivedremo la decisione”. E cosa aspettano? Che mi ammazzino per ridarmi la scorta?».
C’è da chiedersi che ne sarà delle battaglie di una delle pochi voci fuori dal coro in una Calabria autodistruttiva e, dunque, sempre più arretrata.
Roberto Galullo
(da “il Sole24ore)
argomento: mafia | Commenta »