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LA DEPUTATA M5S SARTI DA’ RAGIONE A REPORT: “PIU’ TRASPARENZA SUI NOSTRI FONDI”

Maggio 20th, 2013 Riccardo Fucile

E I GRILLINI SCIVOLANO SUI “COMUNICATORI PARLAMENTARI”, LA LOMBARDI RIMEDIA L’ENNESIMA BRUTTA FIGURA: “LI SCEGLIAMO NOI”, MA LI HA SCELTI GRILLO COME DA ART 9 DELLO STATUTO

E’ bufera il giorno dopo la messa in onda della puntata di Report sul tema delle forme di finanziamento al Movimento 5 stelle, donazioni minime che però non hanno avuto mai un nome e cognome di provenienza, e sugli addetti alla comunicazione dei gruppi parlamentari.
Un tema, questo, che ha portato fuori strada i deputati che, in una nota, scrivono che sono tutti scelti dai parlamentari.
E’ un’inesattezza clamorosa: come scritto nel regolamento del Movimento 5 stelle, i “comunicatori” sono stati scelti da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
Su questo non ci sono dubbi.
Lo confermano loro stessi: “Abbiamo un contratto a tempo determinato con la Camera o il Senato, ma i nostri nomi sono stati scelti legittimamente da coloro che guidano il Movimento”.
Sul tema del finanziamento, invece, è Giulia Sarti, deputata emiliana, che chiede ai suoi, senza nessuna forzatura, una maggiore trasparenza: “Ci sono delle inesattezze nel servizio trasmesso da Milena Gabanelli, ma dobbiamo aprire una riflessione. Io ad esempio sarei d’accordo per la pubblicazione dei nomi dei finanziatori della campagna elettorale nei limiti della privacy. Alla prima occasione dovremmo parlarne con Grillo”.
Il caso diplomatico lo apre la giornalista di Raitre, la stessa che un mese fa era stata scelta dagli attivisti a 5 Stelle come il nome da candidare al Quirinale e che in prima serata apre con una serie di domande precise: “I proventi del blog di Grillo vanno al Movimento o no? Quanto guadagna la Casaleggio associati dalla pubblicità  del sito di Beppe Grillo?”.
Non solo: la richiesta è quella della pubblicazione delle fatture delle spese della campagna elettorale e dei nomi dei finanziatori.
Deputati e senatori commentano a fatica.
Qualcuno si lascia scappare che la puntata fosse già  pronta, altri lasciano intendere che forse si “è sentita costretta a smarcarsi dal Movimento dopo la candidatura al Quirinale”.
Una delle prime a commentare è stata sempre la Sarti che in contemporanea alla puntata ha pubblicato il link diretto sulla sua pagina Facebook. “Io ho apprezzato il servizio, è importante parlare del finanziamento della politica. Credo che sia necessaria e vitale l’abolizione dei fondi pubblici, ma anche un tetto massimo ai privati, cercando di mantenere piccole donazioni”.
La deputata chiede una riflessione concreta su di un ambito che rischia di lasciare campo libero a finanziatori privati che potrebbero controllare la politica.
E sulla trasparenza interna al Movimento commenta: “Secondo me, dovremmo fare un po’ meglio le cose. Possiamo aprire una discussione tranquilla con Beppe Grillo, appena ce ne sarà  l’occasione. Invece di chiamare Beppe a parlare della diaria, sarebbe importante affrontare questi temi. La diaria è stata una discussione sterile, i nomi di coloro che hanno finanziato il Movimento credo sia argomento più importante da affrontare”.
C’è poi lo scivolone sui comunicatori.
Ecco il testo del comunicato: ”Con riferimento alla puntata del programma ‘Report’, a cura di Milena Gabanelli, il gruppo parlamentare del M5S alla Camera informa che solo l’assemblea dei parlamentari, sovrana nel gruppo del Movimento 5 stelle, può decidere sia l’assunzione dei giornalisti proposti da Beppe Grillo, sia l’entità  dello stanziamento. Non risulta quindi essere veritiera la ricostruzione sul punto fatta da Report”.
Ma sarebbe bastato guardare quanto riporta il codice di comportamento dei parlamentari.
All’articolo 9 si legge, testualmente: “La costituzione di due ‘gruppi di comunicazione’, uno per la Camera e uno per il Senato, sarà  definita da Beppe Grillo in termini di organizzazione, strumenti e di scelta dei membri, al duplice fine di garantire una gestione professionale e coordinata di detta attività  di comunicazione, nonchè di evitare una dispersione delle risorse per ciò disponibili”.

Martina Castigliani
(da “il Fatto Quotidiano“)

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IL PIANO WELFARE DEL GOVERNO: CONTRATTI A TERMINE FLESSIBILI PER I GIOVANI E LAVORO PART-TIME PRIMA DELLA PENSIONE

Maggio 20th, 2013 Riccardo Fucile

L’INTERVALLO TRA UN’ASSUNZIONE E UN’ALTRA POTREBBE ESSERE RIDOTTO DA 60-90 GIORNI A 20-30 GIORNI

Subito il decreto legge per rivedere la riforma Fornero dell’estate scorsa, restituendo flessibilità  ai contratti a termine.
E poi la vera fase due per provare a risollevare l’occupazione giovanile puntando prima di tutto sulla staffetta generazionale, il meccanismo che agevola l’uscita dal lavoro degli anziani in cambio dell’ingresso dei giovani e che potrebbe riguardare anche i dipendenti pubblici.
Aggiungendo gli incentivi per le imprese che assumono giovani, il credito d’imposta per sostenere le buste paga dei dipendenti a basso reddito, un minimo di flessibilità  nell’altra riforma Fornero, quella delle pensioni, e la rivoluzione dei centri dell’impiego che dovrebbero agganciare il meccanismo (e i soldi) dell’Europa per la cosiddetta Youth Guarantee, progetto europeo mirato alla formazione e all’impiego degli under 25.
Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, sta approfondendo il suo corposo dossier in vista dell’incontro di dopodomani con i sindacati e i rappresentanti delle imprese. Alcuni passaggi sono ancora da valutare, restano molti nodi da sciogliere.
Anche perchè se alcune misure, poche, sono a costo zero, la maggior parte ha bisogno di una copertura.
Per questo il grado di avanzamento di ogni singolo capitolo dipende dalla decisione che l’Unione europea prenderà  a breve sulla golden rule, la possibilità  di non tener conto degli investimenti pubblici produttivi, come i fondi per l’occupazione, dal calcolo del deficit.
CONTRATTI A TERMINE
È il primo pezzetto dell’intervento, da fare con un decreto legge che potrebbe arrivare già  questa settimana.
Con modifiche «limitate e puntuali», come ha annunciato Giovannini in Parlamento, che riguarderanno i contratti a termine, resi meno vantaggiosi dalla riforma Fornero che voleva combattere la cosiddetta «flessibilità  cattiva».
Cosa cambierà ? Saranno ridotti gli intervalli obbligatori tra un contratto a termine e l’altro che la Fornero aveva portato a 60 giorni per quelli fino a sei mesi, e 90 giorni per quelli più lunghi.
Difficile che si torni pari pari alla situazione di prima: rispettivamente 10 e 20 giorni. Il punto di caduta finale potrebbe essere leggermente più alto (20 e 30) ma molto dipenderà  proprio dal confronto con le parti sociali.
Potrebbe essere allungata la durata del contratto a termine per il quale l’azienda non è tenuta a indicare una causale e che oggi non può superare l’anno.
Mentre si studia la sospensione, forse per un anno, del contributo aggiuntivo che l’azienda deve pagare su tutti i contratti flessibili, lasciando però intatti gli sgravi previsti in caso di assunzione a tempo indeterminato.
Dovrebbe essere poi semplificato l’apprendistato professionalizzante, ancora poco utilizzato per i tanti vincoli fissati dalla legge.
STAFFETTA GENERAZIONALE
Nonostante le osservazioni e le critiche di questi giorni, il ministro del Lavoro va avanti e conferma come questo sia un punto centrale nel suo progetto.
Anche perchè ci sono diversi modi per realizzare il graduale passaggio di consegne tra i lavoratori anziani e quelli giovani.
Il primo modello è quello che utilizza il part time.
Un dipendente vicino alla pensione accetta di lavorare meno ore, con uno stipendio più basso, fino alla fine della carriera. In cambio la sua azienda assume un giovane con un contratto a tempo indeterminato oppure due giovani con un contratto a termine.
Un intervento del genere costa a spanne un miliardo di euro per 100 mila assunzioni. Perchè lo Stato dovrebbe pagare una parte dei contributi del dipendente anziano che altrimenti, accettando il part time, avrebbe in futuro una pensione più bassa.
L’altro modello, invece, prevede che il lavoratore anziano non vada in part time ma in pensione prima della scadenza naturale.
E in questo caso bisogna intervenire sull’altra riforma Fornero, proprio quella che ha alzato l’età  pensionabile.
PENSIONI FLESSIBILI
Giovannini ha detto in Parlamento che l’idea è consentire un’uscita anticipata a patto di penalizzazioni, cioè con un assegno più basso.
Il punto di partenza è la proposta presentata all’inizio della legislatura da Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta, poi diventati rispettivamente per il Pd presidente della commissione Lavoro della Camera e sottosegretario all’Economia.
Considerando come età  del ritiro i 66 anni e tre mesi fissati per il 2013, quel testo lascia la scelta al lavoratore: con 35 anni di contributi potrebbe andare in pensione tra i 62 e i 65 anni accettando un taglio dell’assegno fino all’8%.
I numeri sono ancora da vedere, la riduzione potrebbe essere più marcata. In realtà  quel disegno di legge prevede anche l’altra faccia della medaglia.
Per chi decide di restare oltre i 66 anni ci sarebbe non un taglio ma un aumento della pensione, sempre fino all’8%.
Ma per questo non sembra esserci spazio.
STAFFETTA PUBBLICA
Il meccanismo della staffetta il governo lo vorrebbe applicare anche alla pubblica amministrazione. Anche perchè sarebbe a costo zero.
Quando a ritirarsi è un dipendente pubblico lo Stato risparmia visto che sia lo stipendio che la pensione sono a suo carico ma l’assegno previdenziale è più basso della busta paga in media di 8 mila euro l’anno.
Così il pensionamento di tre dipendenti pubblici fa risparmiare allo Stato 24 mila euro l’anno.
Proprio quanto costerebbe assumere un giovane.
I conti li ha fatti Oriano Giovanelli, presidente del Forum del Pd per la pubblica amministrazione: «Nel giro di cinque anni – spiega – sarebbe possibile ridurre i dipendenti dai 3 milioni e 250 mila di adesso a 3 milioni».
E, quindi, avere i soldi per assumere circa 80 mila giovani.
Il tema è all’attenzione di Filippo Patroni Griffi, che l’aveva studiato da ministro del governo Monti e adesso è direttamente a Palazzo Chigi, nel ruolo chiave di sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
Ci sono due problemi, però.
Sui posti eventualmente liberati dai pensionati ci sono gli occhi dei 110 mila precari della pubblica amministrazione, che il governo ha appena prorogato fino a dicembre, e anche di quelle 70 mila persone che hanno vinto un concorso pubblico ma non sono state ancora assunte tra blocco del turnover e spending review.
SGRAVI FISCALI
È il capitolo più difficile ma anche quello che potrebbe dare i risultati più consistenti. La ricetta del Pdl, zero tasse e contributi sui giovani nuovi assunti, non è semplice da realizzare.
Costerebbe, almeno in prospettiva.
Ma sgravi e incentivi ci saranno anche se si dovrà  trovare l’equilibrio con un’altra misura, cara a Giovannini, e non a caso prevista dal comitato dei saggi nominati da Napolitano.
È il credito d’imposta per i lavoratori a basso reddito, pensato per sostenerne il potere d’acquisto.
Applicando il modello francese, dove il taglio delle tasse scatta sotto i 17 mila euro lordi l’anno, costerebbe più di un miliardo.
CENTRI IMPIEGO
C’è poi l’attuazione della Youth Guarantee, progetto europeo che mette sul piatto 6 miliardi di euro per 27 Paesi con (l’ambizioso) obiettivo di garantire a ogni giovane, entro quattro mesi dal termine degli studi, un lavoro o almeno un programma di formazione.
Tema carissimo a Giovannini che da presidente dell’Istat ha parlato più volte dei neet , i giovani che non studiano e non lavorano.
Per fare questo il governo vuole rivoluzionare i centri per l’impiego che oggi fanno soprattutto orientamento e poco inserimento. Il modello viene dal Nord Europa, soprattutto dalla Svezia, dove ha dato buoni risultati.
Resta da vedere se funzionerà  anche da noi.
E, soprattutto, se nel frattempo sarà  girato il vento della recessione. Visto che lo stesso Giovannini, in Parlamento, ha messo le mani avanti: «È irrealistico pensare che interventi di natura normativa, fiscale e contributiva possano da soli riassorbire la disoccupazione».

Lorenzo Salvia
(da “il Corriere della Sera“)

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LA CRISI AUMENTA LE DISEGUAGLIANZE: IL REDDITO DEI PIU’ POVERI GIU’ DEL 20%

Maggio 20th, 2013 Riccardo Fucile

OCSE: LE FAMIGLIE BENESTANTI HANNO PERSO SOLO IL 3%

Nella crisi più grave dal dopoguerra, anche i ricchi piangono.
Ma, francamente, lacrimucce.
Il disastro sociale – un disastro di cui solo ora cominciamo a intravedere le devastanti proporzioni – è altrove.
Gli italiani stanno, infatti, pagando la crisi a seconda del portafoglio: di più, quanto più è piccolo. Uno tende a dimenticarselo, davanti alle statistiche: ma i consumi che si riducono (in media) del 4,5 per cento, il reddito che scende (in media) dell’1 per cento significano cose completamente diverse nei quartieri alti e in borgata.
Non solo perchè nei quartieri alti ci sono più riserve e c’è più superfluo da tagliare. Ma perchè l’impatto è, effettivamente, minore.
Ce lo ricorda l’Ocse, l’organizzazione che raccoglie i Paesi industriali. Fra il 2007 e il 2010, il reddito disponibile dei 5 milioni di italiani che costituiscono il 10 per cento più ricco del Paese, si è ridotto dell’1 per cento l’anno.
Ma per i 5 milioni di italiani del 10 per cento più povero del Paese, dove la carne viva del bilancio familiare è già  esposta, il reddito si è ridotto del 6 per cento.
Sono riduzioni anno per anno, non cumulate.
Questo significa che, nelle famiglie ricche, in quei tre anni, il reddito si è ridotto del 3 per cento, sicuramente una sgradita e inedita sorpresa: invece di 5000 euro al mese, per dire, 4.850.
Ma per i più poveri, il taglio complessivo, nello stesso periodo, sfiora il 20 per cento: 800 euro al mese, per esempio, dove, prima, ne entravano mille.
Sono cifre che tengono conto sia delle tasse pagate, che di eventuali sussidi ricevuti. In altre parole, non c’è nessun intervento salvifico successivo di protezione sociale, tranne forse quello della Caritas. Non basta.
Della tragedia, per ora, vi stiamo raccontando solo l’avvio.
I dati dell’Ocse si fermano, infatti, al 2010, prima cioè che la crisi italiana si incattivisse davvero in recessione.
Ma, già  allora, era possibile vedere che il diverso peso della crisi sta allargando ulteriormente il golfo che divarica la società  italiana.
Nel 2007, il 10 per cento più ricco guadagnava 8,7 volte di più del 10 per cento più povero. Solo tre anni dopo, questo rapporto è passato a 10,2 volte, sopra la media dei Paesi Ocse.
Fra i Paesi industrializzati, solo in Spagna la crisi è stata socialmente più matrigna: i ricchi hanno perso, come da noi, fino al 2010, l’1 per cento del reddito annuo.
Ma i poveri il 14 per cento: fra il 2007 e il 2010 lo hanno visto quasi dimezzarsi.
C’è meno distanza, davanti alla crisi, in Grecia e in Irlanda.
Ma sono i Paesi forti, quelli del Nord Europa a fornire un messaggio completamente diverso.
Conta la miglior salute economica, ma, probabilmente, anche un sistema sociale più efficiente. Il risultato, comunque, è che, in Germania, in Finlandia, in Olanda, negli stessi tre anni che hanno visto sprofondare i poveri italiani e spagnoli, i ricchi, in proporzione, se la sono passata peggio dei meno ricchi. In Olanda, il decimo più povero della popolazione ha visto scendere il reddito dell’1 per cento, ma il decimo più ricco del 2 per cento.
In Germania e in Finlandia sono andati tutti avanti, ma i poveri di più.
Per una delle ironie amare della statistica, il brutale collasso dei bilanci delle famiglie più povere non si riflette nelle normali tabelle della povertà .
Quando tutti i redditi scendono, anche se a velocità  diversa, i parametri su cui si misura la povertà  si ingarbugliano.
Per questo, l’Ocse ha provato a ricalcolarli, prendendo come riferimento la situazione nel 2005.
Se si tiene conto della situazione precrisi, dunque, il tasso di povertà  è aumentato in Italia di oltre due punti percentuali, che sembra poco, ma non lo è. Vuol dire che, dove prima c’erano cinque poveri adesso ce ne sono sei. Soprattutto, l’aumento è stato rapidissimo, nell’arco di soli tre anni.
Chi sono questi poveri?
Qui, i dati dell’Ocse non presentano sorprese. Sappiamo da tempo che lo stereotipo della vecchina in miseria è superato. I poveri, oggi, bisogna cercarli negli asili e fuori dalle superiori.
Fra il 2008 e il 2010, un italiano ancora minorenne ha visto il reddito medio che, teoricamente, gli compete, ridursi di oltre 600 euro l’anno.
Per un giovane diciottenne, la riduzione del reddito disponibile è, in media di 300 euro.
Quali sono le categorie forti? Gli adulti sotto i 50 anni che, più o meno hanno tenuto. E i pensionati che, in media, hanno accresciuto i guadagni.

Maurizio Ricci
(da “La Repubblica“)

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CHI RUBA IL FUTURO AI BAMBINI ITALIANI?

Maggio 20th, 2013 Riccardo Fucile

L’ALLARME DI “SAVE THE CHILDREN”: ULTIMI IN EUROPA NELL’ OFFERTA DI POSSIBILITA’ PER L’INFANZIA

Chi ruba il futuro ai bambini? E che cosa ruba?
Parte oggi la campagna di Save the Children “Allarme infanzia” con iniziative in 16 città  italiane e un dossier dal titolo “L’isola che non sarà ” che verrà  diffuso insieme all’indagine “Le paure per il futuro dei ragazzi e genitori italiani”, in occasione del lancio della campagna.
Nel centro storico di Roma e Milano sono comparse sui muri sagome di bambino di cartone con frasi come “mi hanno rubato l’aria pulita”, “mi hanno rubato la mensa scolastica”, “mi hanno rubato una casa tutta mia”.
E’ un’iniziativa che andrà  avanti fino al 5 giugno e che ha avuto migliaia di adesioni.
Tra i testimonial ci sono anche gli attori Marchioni, Sartoretti e Nigro, l’obiettivo è accendere i riflettori sulla condizione dell’infanzia in Italia che secondo un rapporto dell’organizzazione è agli ultimi posti in Europa.
I furti di futuro più gravi sono quattro.
Innanzitutto l taglio dei fondi per minori e famiglia, con l’Italia al 18esimo posto nell’Europa dei 27 per spesa per l’infanzia e famiglia, pari all’1,1% del Pil.
Poi la mancanza di risorse indispensabili per una vita dignitosa dunque sottrazione di cibo, vestiti, vacanze, sport, libri, mensa e rette scolastiche e universitarie (quasi il 29% dei bambini sotto i 6 anni, pari a 950.000 circa, vive ai limiti della povertà  tanto che il nostro paese è al ventunesimo posto in Europa per rischio povertà  ed esclusione sociale fra i minori 0-6 anni, e il 23,7% vive in stato di deprivazione materiale).
Al terzo posto (ma non per importanza) il furto d’istruzione è la terza ruberia con l’Italia ventiduesima per giovani con basso livello d’istruzione (il 28,7% tra i 25 e i 34 anni per dispersione scolastica, pari al 18,2% di under 25 e l’Italia all’ultimo posto per tasso di laureati: il 20% dei giovani fra 30 e 34 anni, pari a 760.000.
Infine il furto di lavoro: ad essere disoccupati sono il 38,4% degli under 25, il quarto peggior risultato a livello europeo mentre i Neet (giovani che non lavorano e non sono in formazione) sono 3 milioni e 200.000 e posizionano il nostro paese al venticinquesimo posto su 27. Il 31% di madri e padri italiani infatti ammette di non poter pagare l’università  dei figli, i quali dovranno trovarsi un lavoro per contribuire alle spese (secondo il 22% dei genitori intervistati), salvo chiedere un prestito (9%).
“Per quantificare il furto di futuro che si sta commettendo ai danni delle giovani generazioni, Save the Children ha utilizzato 12 indicatori Eurostat che permettono di comparare le chance dei bambini italiani con quelle dei loro coetanei europei”, ha spiegato Valerio Neri, direttore generale Save the Children Italia, “il risultato, riassunto in 5 mappe e classifiche dei 27 paesi dell’Ue, compresa l’Italia, è deprimente.
Considerando i diversi indicatori, il nostro paese si posiziona per 7 volte oltre il ventesimo posto in classifica.
Un posizionamento molto negativo che Save the Children ha tradotto in una mappa sintetica in cui l’Italia appare di dimensioni molto ridotte rispetto alle attuali, a indicare la perdita di futuro per i bambini e adolescenti, rispetto ai quali stanno peggio solo i minori di Bulgaria e Grecia”.

Flavia Amabile

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CORSA CLANDESTINA GP DEL CAMPIDOGLIO: FAN MARIN E’ ANCORA IN TESTA, CONSERVANDO UN LEGGERO VANTAGGIO SU ALLEZ HOMME

Maggio 20th, 2013 Riccardo Fucile

AL TERZO POSTO DE LA VIE, INCALZATO DA FIJO’ DE MARQUIN

Ritornano, finalmente, le corse clandestine. Si corre sul nuovissimo ippodromo di Spinòl e la gara è un miglio al trotto in preparazione del “Grand Prix del Campidoglio”.
Ai blocchi di partenza ci sono molti cavalli ma la nostra attenzione si concentra sui quattro più veloci.
Da destra a sinistra del vostro teleschermo troviamo: Allez Homme, destrorso cavallo della scuderia Varenne; Fan Marìn, talentuoso purosangue della scuderia Fan Idole e già  sorprendente vincitore del “Grand Prix de le Primaire”; Fijò de Marquin con la sua folta chioma (oltre che un pedigree famigliare davvero importante) e, un po’ fuori dagli schemi, De la Vie, il pentastellato amico di Igor Brick e vera incognita del lotto.
Ricordiamo brevemente le regole di questa corsa.
Per vincere bisogna totalizzare un tempo superiore ai 50 secondi.
Se nessuno supera questa soglia sarà  necessaria una manche supplementare tra i primi due classificati chiamata “ballotage”.
La gara è subito nervosa, con una serie di colpi bassi tra Fan Marìn e Allez Homme.
I due prendono subito il comando della corsa e, pur lontani da quota 50, sembrano essere gli unici accreditati per giocarsi la vittoria finale.
La spunta Fan Marìn che chiude il miglio in 35.1″ e sul rettilineo finale stacca Allez Homme, brillante fino all’ultima curva, ma leggermente affaticato sul finale.
Il purosangue della scuderia Varenne chiude in 32.9″ e peggiora di 0.5″ il suo tempo rispetto all’ultima corsa su questo tracciato.
Il distacco tra i due cavalli principali passa quindi da 0.9″ di una settimana fa all’odierno 2.2″.
Un margine che garantisce a Fan Marìn la vittoria della prima manche ma che non lo mette al riparo da possibili sorprese nel “ballotage”.
Terza piazza per il pentastellato De la Vie, che con 14.5″ corre il miglio in un tempo decisamente inferiore a quanto fece Igor Brick nel Grand Prix nazionale di febbraio.
A risultare decisivo per la seconda manche sarà  invece Fijò de Marquin: i suoi 13,6″ finali lasciano un po’ l’amaro in bocca ai suoi sostenitori, dopo alcune corse di preparazione corse ad alto livello e potrebbero costringere il blasonato destriero ad un accordo per spingere al secondo turno Fan Marìn e garantirsi qualche posto di rilievo nella formazione della prossima scuderia.
Ma potrebbero anche essere in vista clamorosi ribaltamenti di schierameno.
Gli scommettitori sono abbastanza sicuri sull’esito della prima manche e raccontano tutti di un testa a testa tra Fan Marìn e Allez Homme che si risolverà  con distacchi di poche lunghezze.
Il secondo miglio che, ricordiamolo, si corre a 15 giorni di distanza dal primo, rappresenta invece un’incognita difficilmente decifrabile.
Come si comporteranno i sostenitori di Fijò de Marquin? E quelli di De la Vie? L’impressione di molti è che per Allez Homme la strada potrebbe essere terribilmente in salita, considerato che i tifosi delle altre tre scuderie sembrano condividere molte passioni oltre ai cavalli.
Ma nel fantastico mondo dell’ippica clandestina le sorprese sono sempre dietro la curva (dell’ippodromo).

(da “notapolitica.it”)

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GRILLINI, I NUOVI TRINARICIUTI: LE INCHIESTE DELLA GABANELLI VANNO BENE SOLO SE GUARDA IN CASA D’ALTRI

Maggio 20th, 2013 Riccardo Fucile

IERI A REPORT L’INCHIESTA SU CHE FINE FANNO I PROVENTI DEL BLOG DI GRILLO, OGGI I RISERVISTI DELLA “CASERMA CINQUESTELLE” LE GRIDANO “TRADITRICE E INGRATA, SEI AL SERVIZIO DI PD E PDL”

Dal primo posto alle Quirinarie a quello di giornalista più criticata.
Ovvero: la parabola del consenso di Milena Gabanelli nel MoVimento Cinque Stelle. La conduttrice di Report è da ore oggetto di critiche spietate e di attacchi da parte degli utenti del blog ufficiale del M5S, che la contestano per le domande rivolte, durante la trasmissione di ieri sera, al duo Grillo-Casaleggio: “Che fine fanno i proventi del blog?” e “Quanto guadagnano i due dalla pubblicità  sul sito?”.
Inoltre la Gabanelli aveva rivolto un “invito politico” ai militanti grillini: “Con tre milioni di disoccupati smettetela di parlare di scontrini”.
Una reazione ufficiale di Beppe Grillo non c’è ancora.
Ma i grillini utilizzano lo spazio per i commenti dell’ultimo post del blog, quello dedicato all’ineleggibilità  di Silvio Berlusconi.
“L’unica risposta da dare alla Gabanelli sul suo pistolotto di ieri sera, su cosa deve fare l’M5S o non deve fare, secondo me è una sola: la linea politica M5S non la decide sicuramente lei”.
Ancora: “E i 3 milioni disoccupati che c’entrano con la discussione sulla diaria?”. Ingrata, traditrice, richiamata all’ordine dai padroni del Pd e del Pdl.
E così via, in un diluvio di commenti che spesso superano i confini del buon gusto.
Le richieste dei militanti a Grillo sono precise. In tanti chiedono al capo politico del MoVimento di rispondere alla Gabanelli, sia nel merito della questione sia per replicare a un attacco da molti letto come “gratuito”.
“Rispondiamo subito a Report”.
C’è chi insiste: “La Gabanelli omette denunce che dovrebbe per correttezza professionale fare. Le sue trasmissioni sembrano manovrate da una regia politica. Se ha qualcosa da ridire posso fargli qualche esempio”.
E in tanti invocano un contraddittorio tra Grillo e la conduttrice che dal MoVimento Cinque Stelle si estenda anche all’utilizzo dei fondi pubblici degli altri partiti.
E se in tanti minacciano di non voler più guardare quel “programma di m.”,   alcuni militanti invitano alla calma.
“Sulla Gabanelli, secondo me, la risposta è la serena e cristallina trasparenza di sempre.
Lei ieri sera ha fatto il suo lavoro, ma M5S non ha nulla da temere: qui non c’è niente da nascondere”.
Ancora: “Gentile Signor Grillo, rispondiamo subito pubblicando questi bilanci sul blog, così mettiamo a tacere per sempre queste polemiche su cui gli avversari marciano. Anche perchè, con il ddl contro i movimenti di Zanda-Finocchiaro, tira una brutta aria”.
Intervengono anche cittadini che votano per altri partiti.
L’accusa comune è quella di “schizofrenia politica”: “Ma come, un giorno si incensa la Gabanelli e l’altro la si ricopre di insulti? Non vi si capisce davvero”.

(da “La Repubblica“)

Ps: Su che fine fanno i proventi del blog di Grillo, invitiamo trinariciuti e non a leggere l’ultimo articolo postato sul nostro sito.

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UN’INDAGINE PRIVATA SULLO YACHT DI BOSSI PER FARE PRESSIONI SUI VERTICI DELLA LEGA

Maggio 20th, 2013 Riccardo Fucile

IL 16 MARZO, QUANDO LA BARCA ATTRACCO’ IN TUNISIA, A BORDO C’ERA RICCARDO BOSSI

Nell’estate 2012 c’era chi nell’entourage dell’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito misteriosamente raccoglieva informazioni sullo yacht Stella ritenuto di Riccardo Bossi «verosimilmente per fare pressioni su Belsito e, indirettamente, sui vertici della Lega Nord» che non avevano «interesse» che la vicenda finisse sui giornali.
Per evitare tale «inconveniente pare che si sia attivato – scrive la Guardia di finanza – anche l’attuale segretario Roberto Maroni cercando di incontrare personalmente» Romolo Girardelli, il protagonista dell’indagine privata.
«Maroni non ha mai conosciuto Girardelli nè ha mai avuto notizie sullo yacht», replica l’avvocato della Lega Domenico Aiello.
E mentre le indagini della Procura tendono a escludere che per comprare la barca siano stati usati fondi del partito, emerge che Riccardo Bossi usava il natante spesso e gratis.
La vicenda dello yacht esplode il 24 aprile scorso con l’arresto di Belsito e Girardelli in un filone dell’indagine dei pm Robledo-Filippini-Pellicano sui bilanci della Lega.
Il gip Criscione, riferendosi a intercettazioni arrivate da un’inchiesta del pm Civardi, scrive che ad agosto 2012 Belsito (da 4 mesi licenziato dal partito per i 5,7 milioni investiti in Tanzania) e Girardelli si interessano curiosamente di uno «yacht del valore di 2,5 milioni che Riccardo Bossi avrebbe a suo tempo acquistato avvalendosi di un prestanome e grazie a un’ulteriore appropriazione indebita di Belsito» ai danni della Lega.
Una nota della Gdf di Milano (ma di una squadra diversa da quella di Robledo) rileva con sospetto che Belsito e Girardelli «farebbero di tutto» per far «sembrare, almeno agli occhi dell’opinione pubblica e della magistratura che li sta attenzionando, di aver interrotto i loro rapporti».
Il 15 settembre 2012 Girardelli viene a sapere da Maurizio B. (non indagato) che «la barca si chiama Stella», «Stella, come stella in cielo», che di lì a poco andrà  «in Croazia, e cambierà  nome», che è un «Sunseeker di 20 metri» battente bandiera inglese e che il «posto barca è di proprietà  di Riccardo Bossi» nel «porto di Mentone», Francia.
Giradelli è stupito: «Neanche una società ?». «No, no, no è proprio una persona fisica, è suo» risponde Maurizio. La Stella «adesso dovrebbe essere ad Antibes».
Non è vero, dal 16 marzo è ad El Kantaoui (Tunisia), dove tre settimane fa la rintraccia il Corriere della Sera.
Quando attracca in Africa, a bordo ci sono Riccardo Bossi e altre 5 persone, tra cui Stefano Alessandri, 53enne imprenditore brianzolo socio unico della «Stella Luxury charter ltd», società  inglese proprietaria della barca.
Sarà  lui a diradare i sospetti presentandosi in Procura il 7 maggio scorso.
Qualche ora dopo Bossi jr, che non aveva detto nulla nè all’arresto di Belsito nè quando è stata localizzata, dichiarerà  al settimanale Chi che la Stella è di un suo amico.
«L’ho acquistata nel 2007 per 1,8 milioni» per «sviluppare un business di chartering» con 2,5 milioni finanziati dalla «banca Hsbc di Montecarlo», mette a verbale Alessandri sostenendo di aver conosciuto Bossi nel 2009, quindi dopo l’acquisto del natante, e di averlo frequentato «sempre e solo a titolo di amicizia».
Il primogenito del Senatùr Umberto a volte è salito a bordo con lui e «più volte» senza, ma «non ha mai sostenuto alcuna spesa», neanche «per quelle uscite che di tanto in tanto ha fatto con me».
L’imprenditore, «conoscendo abbastanza Riccardo Bossi», ipotizza che, «soprattutto per far colpo su qualche ragazza con la quale si accompagnava, egli possa aver detto di essere il proprietario» attirando sospetti anche nel Carroccio. Il trasferimento sarebbe avvenuto perchè in Tunisia il posto in porto costa molto meno. La Stella avrebbe lasciato Mentone in modo regolare, non sgattaiolando di notte come detto da una teste, e «quando ancora non vi era stata alcuna indiscrezione sulle vicende giudiziarie di Riccardo Bossi e della sua famiglia».
L’indagine divamperà  una ventina di giorni dopo, ma il caso Tanzania era già  scoppiato da tempo.

Giuseppe Guastella
(da “il Corriere della Sera“)

argomento: Bossi, LegaNord | Commenta »

INTERVISTA AL PROCURATORE LARI: “NEL DIARIO LA PROVA DEL PATTO TRA MAFIA E UOMINI DI STATO”

Maggio 20th, 2013 Riccardo Fucile

“BORSELLINO INDAGAVA SU CIANCIMINO”

I misteri dell’agenda rossa di Paolo Borsellino non finiscono mai.
Ora, dopo ventuno anni, si scopre che c’erano immagini del dopo strage mai segnalate ai magistrati che indagano.
È andata davvero così?
«Assolutamente sì, il fotogramma di quell’oggetto che somiglia a un’agenda rossa non ci è stata mai comunicata. O non l’hanno ritenuta importante o non l’hanno vista, chissà ».
Parla il procuratore capo della repubblica di Caltanissetta Sergio Lari, il magistrato che insieme ai suoi colleghi del pool antimafia ha ribaltato le indagini sulla strage di via Mariano D’Amelio scoprendo nuovi assassini, falsi pentiti, errori giudiziari, depistaggi polizieschi.
E adesso che farete, il filmato dei vigili del fuoco ce l’avete già , quale sarà  la prossima mossa investigativa?
«Per domani mattina (oggi, ndr) alle 9 ho già  convocato la direzione distrettuale antimafia, intorno a un tavolo ci saranno tutti i pm e anche i funzionari della Dia che seguono le indagini su Capaci e su via D’Amelio. Subito dopo trasmetteremo una delega alla polizia scientifica di Roma: sono necessari accertamenti, dobbiamo capire esattamente cos’è quella macchia rossa».
I misteri sull’agenda non finiscono mai ma, a quanto pare, anche le vostre indagini. Sono cominciate nel giugno del 2008 con il pentimento di Gaspare Spatuzza e, anno dopo anno, emerge sempre qualche frammento di verità .
«Sull’agenda rossa da una parte seguiamo gli sviluppi dibattimentali del quarto processo Borsellino – fra qualche giorno ascolteremo per esempio testimoni chiave come il consigliere Giuseppe Ayala – e dall’altra ci sono spunti investigativi che non abbiamo mai abbandonato. È materia segreta e non ne posso parlare».
Sull’agenda rossa?
«Anche sull’agenda rossa. Sappiamo con certezza che il povero Paolo Borsellino quel pomeriggio del 19 luglio era sceso dall’auto e aveva citofonato alla madre, la stava aspettando per portarla dal dottore. Se avesse avuto l’agenda in mano quel diario sarebbe andato in cenere… nell’esplosione si sono liquefatte perfino le armi dei poliziotti di scorta… ma se l’agenda l’ha lasciata nell’auto blindata o dentro la borsa, gli scenari che si aprono sono altri e tanti…».
Perchè, secondo lei, c’è un’Italia così interessata all’agenda rossa di Borsellino? Perchè tutta questa attenzione?
«Perchè c’è molta sete di verità . Perchè gli italiani provano un sentimento forte verso quell’uomo che è stato un vero eroe del nostro tempo. E poi perchè tutti vogliamo sapere quali erano i suoi pensieri subito dopo l’uccisione del suo amico Giovanni Falcone».
Un’idea lei ce l’ha?
«Io penso – lo pensiamo tutti qui alla procura di Caltanissetta – che Paolo Borsellino abbia registrato sull’agenda quegli incontri di Cosa Nostra, attraverso Vito Ciancimino, con rappresentati delle istituzioni».
La famosa trattativa.
«Si, la trattativa».
Da almeno cinque anni indagate anche voi magistrati di Caltanissetta sul fronte dei mandanti esterni alle stragi, ci può fare il punto sulle inchieste?
«Più che mandanti esterni io preferisco chiamarli “concorrenti”. Intanto, non sappiamo chi c’era insieme a tre mafiosi nel garage dove hanno riempito di esplosivo l’auto che doveva saltare in aria in via D’Amelio. Il pentito Spatuzza non lo sa… ci ha detto solo che quell’uomo non era di Cosa Nostra. Certo, il boss Giuseppe Graviano dovrebbe conoscerlo… Poi non sappiamo ancora la provenienza di gran parte dell’esplosivo utilizzato, solo una minima parte è stato ripescato nel mare davanti a Porticello. Da dove proveniva l’altro? E non sappiamo da dove proveniva nemmeno il telecomando. Stiamo ancora rivedendo tutti gli atti, dall’inizio».
Procuratore, ci faccia il bilancio delle investigazioni che ci hanno dato un’altra verità  sulla strage
«Sette uomini scarcerati dopo la nostra richiesta di revisione dei processi bis e ter… si erano già  fatti quasi diciotto anni di galera… e poi nove nuovi responsabili individuati, fra i quali Giuseppe Graviano e Salvo Madonia. Abbiamo scoperto tanto ma non tutto. E continuiamo».
Da molto tempo ci sono tre poliziotti ancora indagati per calunnia, sono dentro una complicata vicenda dove si allungano ombre di depistaggi decisivi per le indagini. Quando deciderete la loro posizione?
«Quando avremo chiaro il quadro complessivo. Credo che lo faremo alla fine del quarto processo Borsellino, quello che si sta ancora celebrando».

Attilio Bolzoni
(da “La Repubblica”)

argomento: mafia | Commenta »

“BERLUSCONI INELEGGIBILE SUBITO”: IL PD SI DIVIDE

Maggio 20th, 2013 Riccardo Fucile

LA PROPOSTA ANDRA’ IN GIUNTA….CASSON: “STAVOLTA E’ UNA PARTITA NUOVA”

Non faranno passi indietro, i 5 stelle, sull’ineleggibilità  di Silvio Berlusconi.
«Domani la giunta per le elezioni e le immunità  parlamentari si riunirà  per la prima volta al Senato ed eleggerà  il suo presidente — dice Vito Crimi — poi, alla prima seduta utile, noi solleveremo la questione ».
Il capogruppo dei grillini a Palazzo Madama è fiducioso: «Secondo me stavolta passerà  la giusta interpretazione della legge, quella per cui il Cavaliere non avrebbe mai dovuto sedere in Parlamento. Perchè è chiaro che Berlusconi decadrà  non appena sarà  condannato dalla Cassazione, l’esclusione dai pubblici uffici scatterà  immediatamente, e i suoi avversari politici hanno tutto l’interesse a dire: “Lo abbiamo fatto cadere prima. Lo abbiamo fatto cadere noi”. E ci faremo due risate visto che se ne sono accorti dopo 20 anni».
Si chiede quale strada prenderà  il Pd, Crimi.
Crede che il presidente dei senatori democratici Luigi Zanda — che giovedì scorso aveva ammonito: «Berlusconi è ineleggibile, non può fare il senatore a vita» — sia in buona fede, ma che di tutti gli altri non si possa ancora dire.
Le scuole di pensiero all’interno del partito sono diverse: c’è chi pensa che non si debba guardare al passato, che bisognerebbe piuttosto riscrivere quella legge — la 361 del 1957 — rendendola più stringente per tutti, oltre che per il Cavaliere.
Oggi l’articolo 10 prescrive l’ineleggibilità  di «coloro che in proprio o in qualità  di rappresentanti legali di società  o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità  economica ».
La concessionaria delle frequenze radio su cui trasmette Mediaset è una società  quotata in borsa di cui la Fininvest della famiglia Berlusconi possiede il 38%.
Il Cavaliere è proprietario de facto, quindi, ma questo — alle giunte che si sono succedute alla Camera dal 1994 a oggi — non è apparso sufficiente.
«Per paradosso — ricorda Marco Follini, che la scorsa legislatura presiedeva la giunta del Senato — finora è stato considerato ineleggibile Confalonieri e non colui che gli ha dato l’incarico».
«Qui non vige la Common Law, i precedenti interessano fino a un certo punto», dice chiaro il senatore pd Felice Casson che, da buon magistrato, ha già  avuto modo di studiare le carte. «Credo sia meglio non anticipare le nostre posizioni visto che la giunta ha poteri paragiurisdizionali e non si è mai riunita», spiega cauto.
«Certo, il centrosinistra ha qualche imbarazzo perchè in passato, alla Camera, ha votato almeno una volta per l’eleggibilità , ma io su questo tema ragiono con la mia testa e sono contento che il segretario Epifani si sia espresso in questo senso, dicendo che saranno i componenti della giunta a decidere».
Se ne parlerà  quindi, tra i democratici, ma non ci saranno ordini di scuderia.
«L’importante dice un dirigente — è che non sembri che facciamo un uso politico della giunta come ha fatto il Pdl per anni, da Cosentino in giù».
Benedetto Della Vedova, in commissione per Scelta Civica, non vuole anticipare nulla: «Aspettiamo e si vedrà », dice sibillino.
I tempi non sono maturi. Lo saranno presto però.
E se mai la “mozione” dei 5 stelle dovesse passare in giunta, stavolta sarà  l’aula del Senato a decidere.

Annalisa Cruzzocrea
(da “La Repubblica“)

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