Ottobre 4th, 2013 Riccardo Fucile
SONDAGGIO TECNE’ PER SKY: CSX SUPERA CDX DI QUATTRO PUNTI, PDL POCO SOPRA IL 22%, PD OLTRE IL 30%, M5S AL 22,4%
Se nel dicembre 2012 Silvio Berlusconi raccolse un partito moribondo e lo portò in due mesi a un
insperato pareggio con il Partito Democratico alle elezioni di febbraio, questa volta lo ha trascinato per il collo nelle sabbie mobili.
Nella settimana in cui il Cavaliere ha sistemato sia il suo partito sia il governo sull’orlo del baratro, il Popolo delle Libertà ha perso il 2,7% nei sondaggi (oggi è a poco più del 22).
In questo caso i dati sono quelli di Tecnè per SkyTg24.
L’impatto forte vale anche per il Pd (che guadagna 3 punti in una settimana e supera quota 30%) e per l’intero centrosinistra che sempre in questi 7 giorni ha superato la coalizione di centrodestra superandola di quasi 4 punti percentuali.
I Cinque Stelle restano più o meno stabili (22,4%).
Ma la verità è che, a osservare i numeri di Tecnè, quello che preoccupa di più è che più della metà delle persone intervistate dall’istituto demoscopico ha dichiarato di non aver intenzione, oggi, di recarsi alle urne.
Per il resto il 65,7% degli intervistati è convinto che se il governo non avesse ottenuto la fiducia la situazione economica dell’Italia sarebbe notevolmente peggiorata.
Per la maggioranza degli intervistati, lo svolgimento e l’esito della crisi politica hanno visto vincitore il presidente del Consiglio, Enrico Letta (per il 58,7%) mentre nessuna forza politica e nessuna coalizione ottiene un riconoscimento analogo.
Soltanto il Pd, dunque, con il 42,7%, ottiene una quota consistente di giudizi che indicano un rafforzamento politico.
Per 9 intervistati su 10 la crisi politica non è, però, risolta. Un risultato da cui traspaiono i timori di nuove tensioni.
Per quanto riguarda le divisioni emerse all’interno del Pdl, la maggioranza degli intervistati (compresi gli elettori che si riconoscono in altri partiti), si schiera con Alfano. Eppure tra gli elettori del Pdl i rapporti s’invertono e all’interno del partito prevale nettamente la “linea Berlusconi”.
Ma, appunto, la crisi dell’ultima settimana travolge soprattutto le intenzioni di voto.
Per quanto riguarda le coalizioni, la flessione del centrodestra (-2%) e la crescita del centrosinistra (+2%) rovesciano i rapporti di forza registrati nelle ultime settimane e il centrosinistra sale in testa con 3,7 punti di vantaggio.
Nuovo record di astenuti e incerti, questa settimana sopra il 51%.
Per il resto è in crescita la fiducia nel governo (+4,3% rispetto alla scorsa settimana).
Per quanto riguarda la forza dei leader, sia Renzi che Letta si rafforzano su Berlusconi. In un ipotetico ballottaggio tra i due possibili candidati del centrosinistra alla premiership, sul totale degli elettori, il sindaco di Firenze prevarrebbe sull’ex presidente del Consiglio (31,6% contro il 27,5%).
Tra gli elettori del Pd è invece Enrico Letta a prevalere su Matteo Renzi (50,5% contro il 45,3%).
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Ottobre 4th, 2013 Riccardo Fucile
I CINQUESTELLE CHIEDONO IL VOTO PALESE SAPENDO CHE NON POTRA’ ESSERCI… IL PDL E’ CONTRARIO E LE MODALITA’ DI VOTAZIONE PREVISTE NON LO CONSENTONO IN TEMPI BREVI … ENTRO IL 18 OTTOBRE POTREBBE ARRIVARE IL VOTO DEFINITIVO
Ora che la giunta ha proposto la decadenza per Silvio Berlusconi, si accende lo scontro sul voto segreto al Senato.
Il Movimento cinque stelle non ha dubbi: “Chiediamo – dice la capogruppo Paola Taverna – il voto palese”.
E spiega: “Per evitare il voto segreto in aula basta che il Pd e le altre forze politiche che si erano espresse a favore del voto palese appoggino la proposta di modifica del regolamento depositata da M5s”.
D’accordo in questo senso è il senatore del Pd, Felice Casson: “Noi – dice – abbiamo già chiesto pubblicamente che si voti in maniera palese. Per due motivi: uno è di ordine politico in modo che ciascuno si prenda le proprie responsabilità e abbia il coraggio delle proprie idee. Il secondo motivo è che la questione della decadenza non è istituto di tipo personale ma uno strumento a tutela della istituzione” per evitare che condannati siedano in Parlamento.
Assolutamente contrario, il capogruppo del Pdl Renato Schifani: “Il regolamento è chiaro – spiega – a meno che il presidente Grasso non intenda alterare il regolamento. Io ho fatto per anni il presidente del Senato e ricordo che sul caso di De Gregorio fu proprio Zanda, per il Pd, a chiedermi che il voto fosse segreto”.
Sembra un gioco a scaricabile in vista di qualche “scherzo” nel segreto dell’urna. Perchè con il regolamento attuale (e non certo modificabile in poche settimane, con un Pdl tra l’altro contrario) prevede solo il voto segreto.
Detto questo, Berlusconi potrebbe non essere più senatore già nella settimana che va dal 14 al 20 ottobre.
Ora manca solo il voto finale del Senato. Per arrivare al redde rationem mancano ancora alcune tappe.
Il 9 ottobre il dispositivo con la proposta di decadenza per Berlusconi verrà approvato dalla Giunta stessa e poi comunicato al presidente del Senato Pietro Grasso.
Già dal giorno dopo, il 10 ottobre, può essere convocata la conferenza dei capigruppo per mettere in calendario il voto a Palazzo Madama.
A questo punto, niente preclude che si arrivi in aula in un giorno fissato tra il 14 e il 18 ottobre.
Uno degli elementi che può intralciare il percorso della decadenza del Cavaliere – come si è già detto – è lo scontro tra i partiti sulla possibilità di scegliere il voto palese. Per il regolamento del Senato, articolo 113, lo scrutinio è segreto.
Nella stessa settimana intanto ci sono già due giorni segnati nel calendario di Berlusconi.
Il 15 ottobre il Cavaliere dovrà scegliere tra l’affidamento ai servizi sociali e gli arresti domiciliari.
Mentre il 19 la corte d’Appello di Milano ricalcolerà il periodo di interdizione dai pubblici uffici, come richiesto dalla Cassazione nella sentenza del primo agosto scorso.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 4th, 2013 Riccardo Fucile
OPERE E CURRICULUM DEL NUOVO CHE AVANZA
Hanno “interpretato il sentimento degli italiani”, sono “coraggiosi” che hanno osato mettersi di
traverso a Silvio Berlusconi.
Salvatori del governo (e dunque della patria).
Ma in che mani ci siamo messi? Opere e curriculum dei novelli responsabili, affresco (incompleto) del nuovo che avanza.
Spiagge e tribunali
Palma d’oro a Roberto Formigoni, ribelle del Senato, già indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.
Sono i favori alla fondazione Maugeri e al San Raffaele, plasticamente raffigurati dalle fotografie delle vacanze (con ricevute smarrite) con il faccendiere Daccò.
Ma questa è roba nota.
Nel suo piccolo, Francesco Scoma — palermitano, già vicesindaco di Cammarata — è finito a processo perchè si sarebbe fatto corrompere da un imprenditore che gestiva i fondi dell’Ue per la formazione professionale con una vacanza a Capri in compagnia della moglie.
O Nino Minardo condannato per abuso d’ufficio nell’indagine sulla nomina del presidente del Consorzio autostrade siciliane: nessuna vacanza, ma ha solo 35 anni, c’è tempo.
Lunedì prossimo, giorno 7, Bruno Mancuso dovrà invece presentarsi al tribunale di Patti per rispondere delle accuse di voto di scambio: un posto al supermercato per una croce sulla scheda.
Gli Scopelliti boys
Tra i paladini delle larghe intese c’è una folta delegazione calabrese.
Il governatore Giuseppe Scopelliti due giorni faceva la ronda per il Parlamento con tanto di occhiali con lenti colorate di blu; ieri ha pubblicamente ringraziato questa “classe dirigente” che aprirà la strada ad un “centrodestra moderno ed europeo”. Eccoli qui.
Giovanni Bilardi, già capogruppo in consiglio regionale in Calabria , indagato da maggio per la gestione dei rimborsi per le spese dei gruppi.
Nico D’Ascola, avvocato: a Reggio difende Scopelliti, a Bari Gianpi Tarantini.
Ora, a palazzo Madama, è capogruppo in Giunta per le immunità e le elezioni.
Pietro Aiello, per Scopelliti in Regione è stato assessore all’Urbanistica.
Antonio Caridi, identico curriculum, delega alle Attività produttive.
Secondo una indagine della Dda di Genova ci sarebbe stata una “alacre attività di sostegno” per la sua elezione da parte del boss della ‘ndrangheta Carmelo ‘Nino’ Gullace.
I re dei codicilli
A marzo, Raffaello Vignali, ha firmato l’emendamento salva-Silvio, in materia di immunità parlamentare.
Ma ha tanto da imparare da Luigi Compagna, già autore del Lodo Carnevale, pioniere delle larghe intese: propose il ripristino dell’immunità con la senatrice democratica Franca Chiaromonte.
Vorrebbe istituire una commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dei pentiti.
Ha firmato il “salva-Ruby”, “l’anti-Batman” e solo quattro mesi fa ha proposto il dimezzamento delle pene per il concorso esterno in associazione mafiosa.
Lo ritirò su richiesta di Schifani: “Non voglio creare problemi all’alleanza Pd-Pdl”.
La vecchia guardia
Fabrizio Cicchitto e Maurizio Sacconi, certo.
Ma pure Francesco Colucci, anche lui ex socialista, in Parlamento da quarant’anni, quattro volte questore della Camera.
O Paolo Naccarato, ex collaboratore di Cossiga, esperto di intelligence, militante di Gal. Fu sottosegretario nel secondo governo Prodi. Diceva: “Il Pd può essere la Dc degli anni moderni”.
Le amazzoni di Enrico
C’è la fronda cattolica: da Maurizio Lupi a Gaetano Quagliariello passando per Carlo Giovanardi e l’Opus Dei di Raffaele Calabrò.
Ma anche il governo Letta ha diritto alle sue amazzoni.
Altro che Beatrice Lorenzin e Nunzia De Girolamo: ecco Dorina Bianchi e Eugenia Roccella.
Quelle per cui la pillola del giorno dopo è “aborto a domicilio”, la legge contro l’omofobia è pericolosa, il testamento biologico fumo negli occhi.
La Bianchi in 10 anni è passata dall’Udc al Pd e ritorno.
Il partito di Casini la candidò sindaco a Crotone. Litigarono prima delle elezioni. Dorina finì folgorata da Silvio. Fino all’altro ieri.
Paolo Zanca
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Ottobre 4th, 2013 Riccardo Fucile
ALFANO VUOLE PRENDERSI TUTTO, BERLUSCONI ANNASPA E CHIAMA I RISERVISTI: MARTINO, SCAJOLA E BONDI
“Non possiamo buttare a mare tutto quello che abbiamo costruito in vent’anni. Datemi qualche giorno di tempo”.
È quando i falchi — “lealisti” come si definiscono – lo mettono davanti a un ultimatum che Silvio Berlusconi chiede una tregua.
Stanco per le notti insonni, piegato dal voto di giunta, il costruttore di un impero sente che sta crollando tutto.
Per la prima volta è l’ala dura del partito pronunciare una parola che suona come una bestemmia nella monarchia berlusconiana: “Congresso”.
Raffaele Fitto, chiuso a piazza San Lorenzo in Lucina con Denis Verdini e Renata Polverini la mette giù dura, forte di un documento che raccoglie le firme di oltre cento parlamentari: “La nostra richiesta è azzeramento delle cariche e congresso”.
Un’accelerazione. Perchè a questo punto sono loro a non fidarsi più del Cavaliere che ha “ceduto ad Alfano”: “Vuole tenere Alfano segretario? — è il loro ragionamento — e allora ci contiamo. Angelino ha i numeri tra i parlamentari, ma nel nostro popolo non è nessuno”. Berlusconi, dicono, è debole, ormai non garantisce più nessuno. Occorre contarsi.
È solo la concomitanza col voto della decadenza in Giunta che spinge Verdini, Fitto, Polverini a “congelare” la presentazione delle firme per i gruppi parlamentari “Forza Italia — Pdl per Berlusconi presidente”.
Ma il dado è tratto.
Berlusconi a palazzo Grazioli si sente seduto sulla Striscia di gaza tra lealisti e colombe.
Tanto che, nel momento più difficile, chiama la vecchia guardia azzurra per mediare, i forzisti della prima ora.
Arriva Claudio Scajola, uomo macchina dei tempi d’oro, per ragionare di organizzazione. Mentre Sandro Bondi e Antonio Martino diramano appelli all’unità del partito.
E’ una mediazione difficile quella che tenta il Cavaliere. “Annacquare e ricomporre attorno ad Alfano ma senza umiliare nessuno” è la parola d’ordine che affida alla vecchia guardia.
Non a caso proprio nella stessa giornata in cui Marina, in un’intervista al Corriere, ha parlato della necessità di unire i moderati.
Pur negando (ancora) la sua discesa in campo è apparsa già nel ruolo di candidato premier. Già , per unire i moderati, magari alle Europee, l’ex premier considera una iattura dividerli oggi.
Proprio ad Alfano prospetta una soluzione di compromesso: “Angelino, il ruolo di segretario non te lo toglie nessuno. Ma anche tu devi impegnarti per l’unità del partito”.
La soluzione annacquata di Berlusconi prevede che attorno ad Alfano nasca un comitatone di dieci, dodici persone, rappresentative di tutte le anime del partito: “Ma Verdini ci deve essere”. È sugli uomini che rischia di saltare tutto.
Garanzie Alfano al momento non dà : “Quello che non può più essere in discussione — dice un alfaniano di rango — è il nostro rapporto col governo. Angelino vuole il controllo totale del partito, perchè serve un’interfaccia affidabile nei rapporti con Letta”.
Non è solo un ridimensionamento “mediatico” quello che chiede nel lungo vertice pomeridiano: presenze televisive, supporto dell’informazione Mediaset, cambio di linea del Giornale. Ma “politico”.
Il controllo del partito significa la segreteria e un coordinamento forte attorno di uomini scelti personalmente: senza falchi.
Via tutti, ripete Alfano. Tempo, chiede tempo Berlusconi.
Ma per il prima volta non ha la forza di imporre la “sua” mediazione.
È il giorno della decadenza.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 4th, 2013 Riccardo Fucile
ESPLODE IL LODO VERDINI, ALFANO TORNA A CHIEDERE LA TESTA DEL LEADER DEI FALCHI… IPOTESI FITTO CAPOGRUPPO ALLA CAMERA E ROMANI AL SENATO COME PONTERI PER EVITARE LA SCISSIONE
Nel Pdl frantumato espolde il lodo Verdini.
Nel vertice blindato di oggi pomeriggio a Palazzo Grazioli, il “diversamente berlusconiano” Angelino Alfano avrebbe nuovamente messo Silvio Berlusconi di fronte all’aut aut — “O lui o io” — chiedendo la testa di Denis Verdini, coordinatore del partito insieme a Sandro Bondi.
Alfano avrebbe chiesto l’azzeramento dei vertici del Pdl, ma il nodo è soprattutto il senatore toscano leader dei “falchi“.
Che con Berluconi negli ultimi dieci anni ha condiviso tutto, dunque la sua eventuale messa alla porta sarebbe tutt’altro che indolore. E comunque il capo supremo sarebbe ancora molto incerto sul da farsi.
Nel corso del vertice, a cui hanno partecipato i capigruppo Schifani e Brunetta insieme a Gianni Letta e Raffaele Fitto, sarebbe emerso il possibile organigramma teso a scongiurare la frattura del partito in gruppi distinti, sfiorata nella giornata tormentata della fiducia “a sorpresa” al governo Letta.
Per la carica di capogruppo alla Camera, attualmente ricoperta da Renato Brunetta, si fanno i nomi dello stesso Fitto e del piemontese Enrico Costa.
Al Senato potrebbe essere confermato Schifani, ma si fa anche il nome di Paolo Romani, l’ex ministro dello sviluppo economico che pare sia stato determinante nel convincere Berlusconi a dire sì in extremis alla fiducia al governo Letta.
Queste figure garantirebbero comunque una stretta fedeltà a Berlusconi, ma nel contempo potrebbero fare da pontieri verso l’ala “alfaniana” a un passo dalla scissione.
Obiettivo, mantenere l’unione del Pdl mentre si avvicinano l’esecuzione della condanna del Cavaliere per frode fiscale — agli arresti domiciliari o ai servizi sociali — e, dopo il voto di oggi in giunta per le elezioni, la sua decadenza da senatore.
L’incontro blindatissimo è terminato intorno alle 17,30
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 4th, 2013 Riccardo Fucile
LA SALERNITANA URLA “TRADITRICE”, LA BENEVENTANA NUNZIA LE RICORDA IL FLIRT CON BOCCHINO, LE DIVIDE LA NAPOLETANA FRANCESCA
Una lite furibonda. Una vera e propria rissa. Anzi, essendo tutte e due le protagoniste campane, uno “strascino”.
Dall’entourage di Dudù arrivano particolari di fuoco su quanto accaduto l’altra sera a Palazzo Grazioli quando le urla di Francesca Pascale hanno interrotto una furiosa lite, a quanto pare un vero e proprio scontro fisico, tra Nunzia De Girolamo e Mara Carfagna.
Che è successo? E’ successo, stando alle indiscrezioni, che Mara e Nunzia, la salernitana e la beneventana, il “falco” e la “colomba”, sarebbero venute alle mani davanti allo stato maggiore del partito al culmine di una riunione al calor bianco. “Traditrice!” è stato l’unico insulto riferibile pronunciato da Mara nei confronti di Nunzia, che avrebbe risposto molto duramente ricordando con parole e concetti coloriti l’amicizia tra la Carfagna e Italo Bocchino ai tempi della scissione finiana. Una rissa vera e propria, con Berlusconi che tentava invano di calmare le acque; una zuffa interrotta dalla Pascale furiosa che ha minacciato di sguinzagliare Dudù prima del fatidico: “Ora fuori tutti!”.
Fin qui la nota di colore. Ma c’è anche dell’altro.
La richiesta dei falchi era di fare un rimpasto di governo: dentro Mara Carfagna e Daniele Capezzone, fuori Gaetano Quagliariello e Beatrice Lorenzin.
In questo modo, la componente “forzista” si sarebbe sentita nuovamente rappresentata al governo, dove attualmente ci sono cinque alfaniani su cinque ministri Pdl.
Ma la situazione è degenerata e di rimpasto non si è più parlato.
(da “Dagospia”)
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Ottobre 4th, 2013 Riccardo Fucile
ORA LA PAROLA PASSA AL SENATO PER LA DECISIONE DEFINITA, SI IPOTIZZA INTORNO A META’ OTTOBRE…A QUEL PUNTO IL CAVALIERE SAREBBE SENZA IMMUNITA’ PARLAMENTARE
Sì alla decadenza di Silvio Berlusconi che ora dovrà essere votata dall’Aula del Senato. 
Dopo sei ore mezzo di camera di consiglio e una polemica feroce sul post di Vito Crimi (M5S) la Giunta ha votato sì.
A questo punto la parola e il voto finale passa parlamentari di Palazzo Madama.
La Giunta per le elezioni del Senato si era riunita in camera di consiglio questa mattina intorno alle 10.40 per votare sulla perdita dello scranno da senatore del Cavaliere.
E’ arrivato quindi primo verdetto sulla “espulsione” dell’ex presidente del Consiglio dal Parlamento dopo la condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale nel processo Mediaset. I commissari avevano a disposizione 48 ore.
Verosimilmente entro il mese di ottobre, già il 14 o il 15 ottobre, in modo definitivo ci sarà il voto in Senato.
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Ottobre 4th, 2013 Riccardo Fucile
CRIMI INFRANGE IL REGOLAMENTO DELLA GIUNTA PUBBLICANDO MESSAGGI SU FB… SCATTA L’ALLARME: “I GRILLINI SENZA BERLUSCONI SONO MORTI, IN SENATO VOTERANNO CONTRO LA DECADENZA”
Vietato postare e mandare messaggi dalla giunta delle immunità che giudica Silvio Berlusconi. E’ previsto dal regolamento.
Ma Vito Crimi lo infrange, pubblicando sulla sua pagina Facebook due status: il primo a commento di alcuni manifesti a firma “cuore azzurro” a difesa del Cav, comparsi questa notte a Roma.
Una scelta che ha prima scatenato le reazioni del Pdl.
Il capogruppo al Senato Renato Schifani ha chiesto la sospensione della Giunta: “Denunciamo – spiega in una nota – al presidente Grasso un fatto gravissimo” e poi la smentita del collaboratore del senatore M5s Adriano Nitto che su Facebook scrive: “”Buongiorno a tutti voi, amici. Chi scrive ora, come già accaduto in altre occasioni, è il collaboratore di Vito Crimi, che aggiorna la sua pagina quando Vito non è in condizione di poterlo fare (come è di norma per tantissimi altri collaboratori parlamentari). Alcune precisazioni: a) il post relativo a Berlusconi è stato inserito alle ore 10.04, prima dell’inizio dei lavori in Camera di Consiglio. b) i post successivi, già programmati (relativi a Lampedusa ed al resoconto “5 giorni a 5 stelle”) sono stati inseriti dal sottoscritto. In fede, Adriano Nitto Collaboratore parlamentare di Vito Crimi”
Il Pd lancia l’allarme.
“I grillini senza Berlusconi sono morti. Quello che stanno facendo in giunta, con un vero e proprio assist a Berlusconi, è propedeutico a quello che faranno in aula. Lì dovremo stare molto attenti, perchè voteranno contro la decadenza. Lo avevo detto, si sta verificando”. Sono queste le parole del vicepresidente della commissione Trasporti del Senato Stefano Esposito, a proposito della richiesta del Pdl di sospensione dei lavori della giunta a seguito del post del senatore del M5s Vito Crimi su Facebook.
Ad attaccare Crimi è anche Enrico Zanetti, responsabile delle politiche fiscali di Scelta civica: “Vito Crimi – dice – che dà a Schifani il pretesto di chiedere la sospensione dei lavori della giunta del Senato, per il gusto di scrivere su Facebook un commento da bambino di otto anni, è la cifra di come il Movimento 5 stelle sia totalmente incapace e inadeguato a portare avanti anche le istanze e le battaglie cui il suo elettorato tiene di più. Una verità che in questi sette mesi abbiamo constatato molte volte durante i lavori parlamentari in aula e nelle commissioni”.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 4th, 2013 Riccardo Fucile
“BERLUSCONI NON HA I CRITERI MORALI PER STARE IN SENATO, LO DICE LA COSTITUZIONE”
Silvio Berlusconi non possiede i criteri morali per ricoprire la carica di parlamentare?
“Non lo dico io, lo
dicono i tre gradi di giudizio ai quali è stato sottoposto. Chi viene condannato a quattro anni di carcere non risponde ai requisiti che la stessa Costituzione prevede”.
Ulisse Di Giacomo, primo dei non eletti in Molise che dovrebbe subentrare a Palazzo Madama al posto del Cavaliere, non fa sconti nè al partito nè al suo leader.
“Ho fatto sapere che ero stato invitato alla seduta pubblica. Se avessero voluto avrebbero potuto contattarmi per confrontarci e consigliarci sul da fare. Nessuno ha risposto, così, insieme al mio legale, abbiamo deciso di presentarci”.
Di Giacomo, dopo che il suo avvocato è intervenuto per contestare le tesi difensive del Cav, non si pone il problema di eventuali reazioni: “Neanche a me a suo tempo ha fatto piacere sapere della mia estromissione dal Senato tramite la stampa. Nessuno ebbe la correttezza e la dignità di avvertirmi. Io oggi mi riservo di fare tutti i passi necessari per tutelarmi”.
Così ha deciso di farsi rappresentare alla seduta pubblica di oggi.
Certo. C’era il mio legale perchè io ero la controparte, e dovevo comportarmi di conseguenza.
Le argomentazioni del suo avvocato contro le tesi di Berlusconi sono state particolarmente aspre.
Sono tutte osservazioni che derivano da sentenze della magistratura. Proprio in Molise abbiamo avuto i primi due casi di applicazione della legge Severino, riguardanti due consiglieri regionali. Il Consiglio di stato non ha consentito loro di candidarsi, confermando la piena costituzionalità della norma. Non sono considerazioni mie.
Quindi non sono valide le obiezioni sulla irretroattività e sullo status particolare di un parlamentare?
Assolutamente no. Il caso è chiaro, questi elementi non ci sono. E’ ovvio che un senatore gode di un’ulteriore tutela, ma questo non significa nulla i fini della moralità di chi ricopre una carica pubblica.
Sta dicendo che Berlusconi non è moralmente degno di far parte del Parlamento?
Di criteri di moralità parla chiaramente il Consiglio di stato, anche per questo il problema della retroattività della legge non si pone.
Ma lei che dice?
Non lo dico io, lo dicono i tre gradi di giudizio ai quali è stato sottoposto il Cavaliere. Chi viene condannato a quattro anni di carcere non risponde ai requisiti che la stessa Costituzione prevede.
Ha sentito il presidente in questi giorni?
No, ma ho fatto sapere al mio partito dell’invito che mi è stato recapitato. Se avessero voluto avrebbero potuto contattarmi per confrontarci e consigliarci sul da fare. Nessuno ha risposto, così, insieme al mio legale, abbiamo deciso di presentarci.
Una volta senatore si iscriverà al gruppo del Pdl?
Non lo so ancora. Mi aspetto magari che qualcuno si accorga del mio subentro, si accorga che finalmente anche il Molise verrà rappresentato in Senato. E che me lo domandi.
Sarà difficile che la accolgano a braccia aperte.
Può anche essere che sia complicato. Può anche darsi che non sarò io a chiedere di entrarci. Comunque, dopo tutto quello che mi hanno fatto, non vedo cos’altro possano farmi.
Cosa le hanno fatto?
Non mi ha fatto certo piacere sapere della mia estromissione dal Senato tramite la stampa. Nessuno ebbe la correttezza e la dignità di avvertirmi. Così io oggi mi riservo di fare tutti i passi necessari per tutelarmi, perchè quella fu una coltellata alle spalle.
Decisa da Berlusconi?
Non so chi la decise, sicuramente Berlusconi la fece.
Il suo rapporto con il Cavaliere è finito?
Credo che sia ancora il padre nobile del centrodestra. Che poi possa concretamente essere ancora il riferimento è da vedere, stanno succedendo tante cose, è difficile dirlo.
Nella partita interna al Pdl lei sta dunque con Angelino Alfano?
In tempi non sospetti, subito dopo la sentenza della Cassazione sui diritti televisivi, ho detto che se fossi potuto entrare in Senato avrei sostenuto il governo. Ho anticipato gli eventi che poi sono stato oggetto di dibattito nel partito. E ancora adesso dico che occorre estrema moderazione, che è la cifra storica del nostro partito.
(da “Huffington Post“)
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