ORA SONO I FALCHI A NON FIDARSI PIU’ DI SILVIO E CHIEDONO LA CONTA: “CONGRESSO SUBITO”
ALFANO VUOLE PRENDERSI TUTTO, BERLUSCONI ANNASPA E CHIAMA I RISERVISTI: MARTINO, SCAJOLA E BONDI
“Non possiamo buttare a mare tutto quello che abbiamo costruito in vent’anni. Datemi qualche giorno di tempo”.
È quando i falchi — “lealisti” come si definiscono – lo mettono davanti a un ultimatum che Silvio Berlusconi chiede una tregua.
Stanco per le notti insonni, piegato dal voto di giunta, il costruttore di un impero sente che sta crollando tutto.
Per la prima volta è l’ala dura del partito pronunciare una parola che suona come una bestemmia nella monarchia berlusconiana: “Congresso”.
Raffaele Fitto, chiuso a piazza San Lorenzo in Lucina con Denis Verdini e Renata Polverini la mette giù dura, forte di un documento che raccoglie le firme di oltre cento parlamentari: “La nostra richiesta è azzeramento delle cariche e congresso”.
Un’accelerazione. Perchè a questo punto sono loro a non fidarsi più del Cavaliere che ha “ceduto ad Alfano”: “Vuole tenere Alfano segretario? — è il loro ragionamento — e allora ci contiamo. Angelino ha i numeri tra i parlamentari, ma nel nostro popolo non è nessuno”. Berlusconi, dicono, è debole, ormai non garantisce più nessuno. Occorre contarsi.
È solo la concomitanza col voto della decadenza in Giunta che spinge Verdini, Fitto, Polverini a “congelare” la presentazione delle firme per i gruppi parlamentari “Forza Italia — Pdl per Berlusconi presidente”.
Ma il dado è tratto.
Berlusconi a palazzo Grazioli si sente seduto sulla Striscia di gaza tra lealisti e colombe.
Tanto che, nel momento più difficile, chiama la vecchia guardia azzurra per mediare, i forzisti della prima ora.
Arriva Claudio Scajola, uomo macchina dei tempi d’oro, per ragionare di organizzazione. Mentre Sandro Bondi e Antonio Martino diramano appelli all’unità del partito.
E’ una mediazione difficile quella che tenta il Cavaliere. “Annacquare e ricomporre attorno ad Alfano ma senza umiliare nessuno” è la parola d’ordine che affida alla vecchia guardia.
Non a caso proprio nella stessa giornata in cui Marina, in un’intervista al Corriere, ha parlato della necessità di unire i moderati.
Pur negando (ancora) la sua discesa in campo è apparsa già nel ruolo di candidato premier. Già , per unire i moderati, magari alle Europee, l’ex premier considera una iattura dividerli oggi.
Proprio ad Alfano prospetta una soluzione di compromesso: “Angelino, il ruolo di segretario non te lo toglie nessuno. Ma anche tu devi impegnarti per l’unità del partito”.
La soluzione annacquata di Berlusconi prevede che attorno ad Alfano nasca un comitatone di dieci, dodici persone, rappresentative di tutte le anime del partito: “Ma Verdini ci deve essere”. È sugli uomini che rischia di saltare tutto.
Garanzie Alfano al momento non dà : “Quello che non può più essere in discussione — dice un alfaniano di rango — è il nostro rapporto col governo. Angelino vuole il controllo totale del partito, perchè serve un’interfaccia affidabile nei rapporti con Letta”.
Non è solo un ridimensionamento “mediatico” quello che chiede nel lungo vertice pomeridiano: presenze televisive, supporto dell’informazione Mediaset, cambio di linea del Giornale. Ma “politico”.
Il controllo del partito significa la segreteria e un coordinamento forte attorno di uomini scelti personalmente: senza falchi.
Via tutti, ripete Alfano. Tempo, chiede tempo Berlusconi.
Ma per il prima volta non ha la forza di imporre la “sua” mediazione.
È il giorno della decadenza.
(da “Huffingtonpost”)
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