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BERLUSCONI COSTRETTO ALLA RESA: “IO UMILIATO E TRADITO DAL COLLE”

Ottobre 6th, 2013 Riccardo Fucile

MA PER MOTIVI TECNICI GUADAGNA TRE MESI, LIBERTA’ FINO A NATALE

Tramonto definitivo di un leader.
Dalla pur detestata Merkel, al colloquio obbligatorio con l’assistente sociale per verificare il grado di «reinserimento nella società » dopo la condanna Mediaset, ce ne corre.
Berlusconi lo sa bene e ne è scioccato. Nel fine settimana peggiore della sua vita, chiuso a Palazzo Grazioli, può contare su un’unica notizia positiva che gli arriva dai suoi avvocati.
Ci vorranno mesi, almeno due o tre, prima che il tribunale di sorveglianza di Milano decida il suo destino di “affidato ai servizi sociali”.
La stessa procedura per lui, uno degli uomini più ricchi del mondo, e per un tossicodipendente o un rapinatore pentito con la pena agli sgoccioli.
L’umiliazione di non essere più libero e di dover chiedere il permesso per qualsiasi spostamento. Anche una pizza con la Pascale.
Ancora una volta, in momenti in cui la collera si mescola allo sconforto, un pensiero di astio va diritto verso il Colle. Lo riferisce chi gli è stato accanto in un tetro pomeriggio romano, in cui i tempi dello shopping per cercare spille a farfalla da regalare alle sue ragazze sembrano ormai presistoria.
«Napolitano può pure continuare a negare, ma da lui la parola che le cose non sarebbero andate così come sono andate io l’ho avuta».
Sottinteso che il Colle invece non l’ha mantenuta.
Già , i fatti. Quelli di queste ore sono drammatici per Berlusconi. Pure il suo team di legali combina dei pasticci.
Stavolta la colpa è di Franco Coppi che interpreta il suo rapporto con Berlusconi come quello che ha con tutti i suoi clienti, anche importanti. È Coppi che decide quello che si deve fare e quando si deve fare. Nel miglior rispetto delle regole e della strategia processuale. Ma con il Cavaliere la faccenda non va così. Per lui comandano e sono prioritari i tempi della politica.
Lo sa bene Niccolò Ghedini. E pure Piero Longo. I due avvocati-parlamentari.
Ma Coppi no, fa di testa sua. Come fece a luglio sulla presunta rinuncia alla prescrizione. Come fa stavolta.
Quando rivela che ormai è prossima la scelta tra domiciliari e servizi sociali. Praticamente obbligata l’opzione per i secondi. Pure con qualche giorno di anticipo rispetto alla tagliola del 15 ottobre.
Una gaffe pure questa, perchè all’opposto Berlusconi ha tutto l’interesse a guadagnare anche una sola mezzora utile per controllare da uomo pienamente libero la diaspora in atto nel suo partito.
L’Ansa esce con la notizia di Coppi, ma il boomerang torna indietro subito perchè alla dèbacle della decadenza votata dalla giunta del Senato ecco che si assomma l’obbligatoria condanna da scontare.
E pure quell’umiliante procedura da seguire.
La notizia, di per sè scontata perchè la via degli arresti domiciliari sarebbe ancora più devastante e soprattutto sarebbe più rapida, non poteva saltar fuori in un giorno più inopportuno di questo sabato 5 ottobre. Lui ne è consapevole.
Si arrabbia «perchè così mi fate apparire ancora più indifeso di fronte alla procedura in corso al Senato». Per carità , tutti sanno bene che deve scontare, rispetto ai 4 anni originari inflitti per la frode fiscale Mediaset, un anno di pena.
Ma meno se ne parla e meglio è, inutile evocare la sentenza, dargli corpo, meglio rifiutarla e lasciarla scolorire nel ricordo della gente.
Invece accade il contrario. Berlusconi condanna, Berlusconi decaduto, Berlusconi che deve scontare la pena.
Coppi ammette l’errore, ma ormai la macchina è partita. Arriva una pioggia di telefonate. Tutti vogliono sapere che farà  il Cavaliere, cosa offrirà  ai giudici per scontare la sua condanna e dimostrarsi «pentito e recuperato a una condotta moralmente consona».
Impossibile smentire, mentre dilaga l’immagine di questo ultimo Berlusconi, ormai un ex potente costretto alla resa e ai giochetti tra Parlamento e uffici giudiziari per guadagnare anche solo qualche ora in più di libertà  in più.
Un unico interrogativo assedia palazzo Grazioli e gli avvocati. Niente da fare. Nessun progetto.
Berlusconi potrebbe anche non far nulla. Depositata la domanda, l’ex premier aspetta l’assistente sociale che lo “intervista” sulla sua condizione –immaginate quale sarà  il suo umore – e verifica se ha residenza e di che vivere (sic!), poi il faccia a faccia verterà  su un’eventuale attività  rieducativa.
Previti faceva l’avvocato per don Picchi. Ma il Cavaliere, in realtà , rifiuta la condanna e rifiuta anche l’idea di una riabilitazione e di un reinserimento.
Se fosse una partita, quella del Cavaliere finirebbe 2 a 0. Lui lo sa, ma si rifugia nella solita aggressione ai giudici, «quei comunisti che vogliono togliermi di mezzo a ogni costo».
In realtà , proprio dai giudici gli arriverà  qualche mese di libertà  in più. «Oltre Natale, forse gennaio» ipotizzano a Milano.
Perchè è difficile che il tribunale di sorveglianza trovi il tempo per esaminare l’affaire Berlusconi prima, il ruolo è già  pieno, ci sono processi dei detenuti. Mesi preziosi. Che Berlusconi sfrutterà  per fermare il treno della decadenza con la scusa dell’interdizione.
Condannato il primo agosto, libero nei 6 mesi successivi.
È l’anomalia italiana.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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SILVIO CHIEDERÀ I SERVIZI SOCIALI, OBIETTIVO: I RADICALI DI PANNELLA

Ottobre 6th, 2013 Riccardo Fucile

TV E GIORNALI DI CORTE GIà€ MOBILITATI PER CREARE L’EVENTO MEDIATICO INTANTO AL SENATO AVANZA L’IPOTESI DEL VOTO PALESE SULLA RELAZIONE STEFà€NO

Il partito può aspettare. Qui fra i moderati e i lealisti, e le varie adesioni ornitologiche, di mezzo c’è la condanna Mediaset.
Silvio Berlusconi ha consultato avvocati e consiglieri, poi ha ordinato a Franco Coppi, chissà  se Niccolò Ghedini l’avrà  presa bene, di fare l’annuncio: “Entro la prossima settimana presenteremo un’istanza per l’affidamento ai servizi sociali di Berlusconi”. Il Cavaliere deve scontare un anno su quattro, non vuole i domiciliari perchè vuole mostrare il sacrificio: “Così gli italiani vedranno a cosa è costretto un uomo che ha ricevuto milioni di voti. E questo è per me il male minore”.
Le televisioni sono già  mobilitate.
Il Cavaliere vuole creare un evento mediatico e, soprattutto, usufruire di una buona condotta per ridurre i dodici mesi a nove.
Il Cavaliere vuole passare per prigioniero politico, e così venerdì pomeriggio ha deciso di consegnarsi ai giudici di sinistra: “Andrò ad aiutare le persone bisognose”. Anche se spera di prestare servizio per il partito Radicale, ne ha già  parlato con Marco Pannella: a quel punto, oltre le riprese televisive, un abile regista potrebbe girare un colossal.
La resa mediatica di Berlusconi non presuppone una resa per la decadenza.
Il fluido Renato Schifani, sta un po’ con Alfano e sta un po’ con i lealisti, ha battagliato per l’intero sabato contro l’ipotesi di voto palese in Senato e contro il Movimento Cinque Stelle che accusa preventivamente il Partito democratico: “Il presidente Grasso dovrà  confermare la formula segreta, non ci saranno sorprese. E vi garantisco che i senatori Pdl sono compatti. Berlusconi sta lavorando per l’unità ”. Forse a Schifani è sfuggita la dichiarazione-liberazione di Maurizio Lupi: “Il ricatto non poteva essere l’ordine del giorno per il governo”.
Dario Stefano di Sel, che apre al voto palese in aula, giura di riuscire a scrivere (e spedire) la relazione in un tempo inferiore al limite dei venti giorni.
Prima la Giunta archivia la decadenza e prima Grasso potrà  convocare l’aula per il timbro finale (o la salvezza estrema).
Il calendario non è affidabile. Ma il centrosinistra vuole evitare che la sentenza di Palazzo Madama coincida — o peggio sia in ritardo — con l’udienza in Corte d’appello a Milano per ricalcolare le pene accessorie a Mediaset (19 ottobre).
Sembra scontata la mossa di Ghedini: far slittare palazzo Madama, guadagnare almeno tre mesi, mentre il Cavaliere lima i calli o condisce la pasta in una struttura pubblica.
Berlusconi ha trascorso mattina e pomeriggio a palazzo Grazioli, in serata era in programma il ritorno a Milano. Il Cavaliere ha incontrato Angelino Alfano e riascoltato le richieste del ministro: la separazione è sempre possibile.
Ma Berlusconi racconta di aver chiarito con Angelino, di aver compreso le sue ragioni. E continua il tiro a bersaglio contro Daniela Santanchè: “Ha creato un pasticcio”.
Non difende per niente il direttore Alessandro Sallusti, nonostante ieri pomeriggio abbia approvato il comunicato del fratello Paolo per non certificare quanto influente sul Giornale.
Anche il destino di Sallusti resta sospeso, non il giudizio: “Ha esagerato tante volte”. Non è un caso che l’irrequieto Fabrizio Cicchitto sia stato riammesso a corte, mentre la Santanchè risulti ancora in punizione. Berlusconi ha offerto la segreteria unica (Pdl), ma non ha rassicurato su Forza Italia e non cederà  di un millimetro su Denis Verdini.
C’è chi minaccia scissioni. C’è chi vuole un ministero. E chi, e sono tanti, vuole vendette.
Ma Berlusconi ha un’immagine, fissa davanti agli occhi, che non elimina nemmeno se Dudù fa le capriole: finire in prigione il giorno dopo la decadenza in Senato.

Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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MICHAELA BIANCOFIORE E LE DIMISSIONI A SUA INSAPUTA

Ottobre 6th, 2013 Riccardo Fucile

LEI LE PRESENTA, IL PREMIER LETTA COGLIE L’OCCASIONE PER SBARAZZARSENE E LE ACCETTA…. LA SOTTOSEGRETARIA: “NESSUNO M’HA DETTO NIENTE”, MA LEI SI ERA DIMENTICATA DI RITIRARLE

“Le mie dimissioni accettate? Non ho ricevuto alcuna comunicazione in merito”. Sono le tre del pomeriggio e Michaela Biancofiore, amazzone tra le più amazzoni di Berlusconi, non risponde al telefono.
Si comunica per sms. “Possiamo sentirci?” “Aspettiamo di capire se questa cosa è vera”. “Questa cosa” è appunto il fatto che le sue dimissioni da Sottosegretario sarebbero state accettate dal presidente del Consiglio, Enrico Letta, come scriveva ieri La Stampa.
“Io parlo solo innanzi a fatti”, dice lei. Sì, però s’è dimessa. “Che mi sia dimessa è vero, come tutti e 5 i ministri del Pdl quando è arrivata la richiesta di Berlusconi di ritirare la delegazione ministeriale”.
E qui sta il punto: a dimettersi sono stati i 5 ministri e 2 sottosegretari, la Biancofiore stessa e Simona Vicari.
Letta ha respinto le dimissioni dei 5, e la Vicari ha revocato le sue. La Biancofiore invece no.
E così il premier “ha ritenuto di doverle accettare”, come spiegano da Palazzo Chigi. Insomma la bionda bolzanina quarantatreenne che parlando di Berlusconi si è spinta a dire “ha il difetto di amare le donne, ma almeno non è come Marrazzo che va a transessuali” alla fine risulta l’unica dimissionaria tra ministri e parlamentari.
Peraltro, a sua insaputa, come s’affretta a sottolineare anche in una nota ufficiale: “Apprendo da alcuni articoli di stampa la notizia che le mie dimissioni sarebbero state le uniche a non essere respinte e dunque a essere state firmate dal presidente Letta al quale ho regolarmente votato la fiducia. Non avendo ricevuto alcuna notizia ufficiale mi riservo di commentare la questione se e quando sarò in grado di avere cortesi conferme o smentite in merito”.
Visto che tali dimissioni non sono state da lei revocate, nè respinte come quelle degli altri, in realtà  sono operative.
Ma perchè Palazzo Chigi ha accettato solo le sue? Nessuna spiegazione ufficiale dallo staff del premier, solo una battuta “fate voi”.
Poco fa il premier Letta su Sky ha precisato: “Ho accettato le dimissioni del sottosegretario Biancofiore perchè dopo che i ministri le avevano ritirate lei le ha mantenute. Quindi le ho accettate per far capire che sono cambiate le cose”.
Evidentemente il presidente Letta non s’è lasciato sfuggire l’occasione di liberarsi di una sottosegretaria che s’era subito dimostrata un boomerang.
Fresca di nomina con delega alle Pari Opportunità , mentre il mondo omosessuale protestava viste le sue note posizioni in materia, disse che “i gay si ghettizzano da soli”.
Niente di meno rispetto alle affermazioni che aveva fatto in passato.
Per esempio: “Non c’è solo l’eterosessualità  ma anche una sessualità  diversa che oggi, purtroppo, è estremamente comune”. Oppure: “Le unioni gay? Non sono assolutamente una priorità  per gli italiani”.
La comunità  gay alzò le barricate. Tanto che Letta si vide costretto a cambiarle le deleghe: via quelle alle Pari opportunità , dentro quelle allo Sport.
Ecco con quale grazia (e quale grammatica) lo scorso 5 giugno difendeva Berlusconi, paragonandolo a Leonida: “Noi termopiliani, berlusconiani eroici, di fronte al tentativo di annientare il loro capo rispondiamo ai vari Serse che ci intimano di gettare le armi “Molon Labè” venite a prenderle, se ne siete capaci”.
Lei evidentemente non ha imparato la lezione. Ma Letta sì.

Wanda Marra

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