Destra di Popolo.net

ALFANO TENTA DI ISOLARE FITTO PROMETTENDO POLTRONE AI SUOI, MA RICEVE SOLO NO

Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile

GELMINI, CARFAGNA E BERGAMINI NON ACCETTANO E ALFANO RISCHIA DI RIMANERE IN TRAPPOLA

L’operazione si è arenata: isolare Fitto, ricoprendo di incarichi i suoi. Distribuire poltrone per evitare la conta.
È dopo una serie di no che Alfano ha passato la pratica a Berlusconi. Chiedendogli di mediare, perchè “si sta mettendo male”.
Per la prima volta pare una questione politica, non di poltrone la ricomposizione del Pdl. O almeno così ha pensato Alfano.
Che ha provato a usare il metodo Verdini per mettere tutti d’accordo. Ha offerto a Fitto su un piatto d’argento la testa di Brunetta: “Raffaele, il posto di capogruppo è tuo”. Proposta rispedita al mittente.
È a quel punto che Alfano ha provato a “ricomprare” i grandi sostenitori di Fitto, quelli che gli sono attorno: Gelmini, Carfagna, Bergamini. Nella convinzione che non sono degli “estremisti” alla Santanchè ma dei berlusconiani ragionevoli.
E che quando capiranno dalla voce del Capo che non c’è nè congresso nè primarie, rientreranno all’ovile, lasciando “Raffaele” da solo.
È andato male anche questo tentativo. La testa di Brunetta non l’ha accettata neanche Mariastella Gelmini: “Angelino, ti dico di no sia per motivi di lealtà  nei rapporti col mio capogruppo sia per una questione politica generale. Non sono le poltrone quello che cerchiamo”.
È l’ok Corral alla luce del sole.
Teso, preoccupato, “Angelino” ha toccato con mano che non controlla più il “corpaccione” del Pdl.
Con Fitto sono scesi in campo tutti i ministri del governo Berlusconi. Una raffica impressionante. Al grido di “congresso subito”.
Parola che da quelle parti suona come un’eresia e pure come una dichiarazione di sfiducia al segretario. Matteoli, Gelmini, Carfagna, Prestigiacomo, Rotondi, Bernini, Romano, Nitto Palma: i ministri del governo Berlusconi vogliono la conta, in un congresso straordinario. Con Alfano ci sono i ministri pidiellini del governo Letta.
Ecco perchè il segretario è apparso esausto da una due giorni in cui è sfuggito tutto di mano.
Sa bene che la discesa in campo di tutti i ministri di Berlusconi pesa, nel suo mondo. È l’accusa di “tradimento” quella che vive come un incubo. Sa cosa significa. Conosce come vanno le cose in quel mondo sin dai tempi di Fini.
Berlusconi lo ha rassicurato sul ruolo di segretario, ma sa — letteralmente — che il Capo “se ne frega del partito”. Ha la testa altrove.
Odia queste discussioni.
È certo che il Cavaliere non riuscirà  anche a convincere Fitto a fermarsi, nell’incontro di martedì: “Berlusconi — dice un alfaniano di ferro — nei faccia a faccia non impone nulla, fa una mozione degli affetti e dà  ragione a tutti, ma non si impone perchè si tiene aperta la possibilità  di usare sia gli uni che gli altri, sia i falchi sia le colombe”.
È per questo che chi ha parlato con “Angelino” racconta che il segretario si sente in una tenaglia.
Da un lato non è riuscita la campagna acquisti degli avversari con le poltrone. Dall’altro ci sono i suoi. Per ora la scissione è “congelata” .
Ma il grosso dei suoi parlamentari lo spinge a rompere, per fondare il Ppe italiano con Casini.
I mondi che si sono mossi durante la grande conta, come Comunione e Liberazione, sono insofferenti per quello che considerano un cedimento. Giorno dopo giorno Angelino è rientrato nell’orbita berlusconiana.
È bastato che il Cavaliere lo blandisse, assicurandogli di fare il segretario, che ha messo il freno alla scissione dei gruppi. Era pronta.
Ora i suoi, che solo due giorni fa invocavano il Ppe italiano, si trovano a giocare in difesa.
E a dire no al “congresso” del Pdl.

(da “HuffingtonPost”)

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COME SONO STATI SPESI I FONDI EUROPEI PER I RIFUGIATI

Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile

L’ITALIA HA RICEVUTO 6.700 DOMANDE DI ASILO, CONTRO LE 29.000 DELLA FRANCIA E LE 51.000 DELLA GERMANIA

Lo sgomento, il dolore, la solidarietà  di fronte alla tragedia nel Mediterraneo, tomba di più di 20.000 persone negli ultimi 20 anni, non possono farci dimenticare che quanto accaduto non è nè un caso nè una fatalità .
La strada percorsa fino ad ora è stata prioritariamente quella perdente e crudele della repressione, del rafforzamento della Fortezza Europa.
E’ quanto emerge dal modo in cui sono state spese le risorse in materia di asilo e migrazione.   Questo non significa auspicare frontiere aperte sempre e per tutti.
Significa semplicemente prendere atto del fatto che pensare di bloccare completamente le migrazioni e di chiudersi totalmente al richiamo dei popoli in fuga dalla guerra è un’illusione tragica e costosa.
Tre esempi molto chiari: come ben spiega il rapporto del Consiglio d’Europa di due giorni fa, l’Italia non ha una politica d’immigrazione e di asilo efficace.
La concentrazione esclusiva su misure di repressione e di controllo e, in particolare, l’introduzione del reato di immigrazione clandestina, insieme all’incapacità  di assicurare ai rifugiati assistenza ha peggiorato la situazione.
Le norme italiane producono illegalità  e insicurezza invece di ridurle.
Per questo è davvero urgente cambiarle.
Invece il ministro Alfano ha riunito a Lampedusa il comitato per “l’ordine e la sicurezza” come primo atto. Non un buon auspicio.
In secondo luogo, l’appello alla solidarietà  europea sembra ignorare che l’Italia ha ricevuto tra il 2007 e il 2011, 112 milioni di euro dal fondo per il controllo delle frontiere, 25 milioni di euro dal fondo per i rimpatri, 22 milioni dal fondo per i rifugiati, 77 milioni per il fondo per l’integrazione.
A parte la sproporzione tra i fondi per il controllo delle frontiere e quello per l’integrazione, sarebbe interessante sapere come questi fondi siano stati spesi, non solo in Italia, ma in tutta la Ue: tanto per fare un esempio, nel 2010 qualcosa come 8,525,782 euro sono stati spesi per rimpatriare 2,038 persone.
Siamo sicuri che questo sia il modo migliore di spendere preziose risorse?
L’Ue ha evidentemente importanti responsabilità . Ma è bene notare che se dal 2009, l’Ue può legiferare in materia d’immigrazione e asilo, la maggior parte delle proposte positive sono bloccate non dalla Commissione o dal Parlamento, ma dagli Stati membri, che non trovano le maggioranze per approvarle.
Anche su questo tema, non è l’Europa che non si muove; ma i governi nazionali, che corrono dietro alla facile retorica anti-migranti che non risolve assolutamente nulla, come ben si vede dagli eventi di Lampedusa.
In terzo luogo, la propaganda imperante fa pensare che l’Italia sia l’unico paese a dover fronteggiare questa situazione e confonde costantemente migranti con persone che hanno diritto di protezione.
Gli esponenti della Lega, che hanno sulla coscienza i morti della disastrosa politica dei respingimenti – per la quale l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani – parlano, proprio loro, di Europa «schifosa» è inaccettabile.
Tra gennaio e luglio di quest’anno l’Italia ha ricevuto circa 6.700 domande di asilo contro le circa 29.000 della Francia e le 51.000 della Germania.
La Grecia, messa dalla Troika nella sua situazione drammatica in cui oggi si dibatte, nei primi mesi del 2012 ha affrontato il peso di 70.000 persone alle sue frontiere ed è indubbio che il crollo dell’economia e le estreme tensioni nella società  greca rendono la situazione esplosiva.
La Turchia deve sostenere 150.000 rifugiati siriani.
Oggi sono arrivati in Bulgaria 11.000 siriani… .
E’ possibile gestire questa situazione in cui rifugiati e migranti si mescolano e in cui non è possibile pensare che possano essere tutti respinti al mittente, in modo più razionale che semplicemente voltando la testa dall’altra parte?
O atteggiandosi a povere vittime, appellandosi all’Europa, quando peraltro si è accettato senza fiatare di ridurne sostanzialmente le risorse nel negoziato sulle prospettive finanziarie appena concluso?
Se davvero si vuole che il Mediterraneo smetta di essere una tomba, molte cose si possono fare. in Italia e in Europa.
Riorientare le politiche di asilo e migrazione verso misure che escano dall’emergenza, favoriscano la migrazione limitata, ma legale per bloccare il dominio dei trafficanti, nutrito dall’illusione degli stati della Fortezza Europa.
E, in situazione di conflitto, si devono applicare misure temporanee già  esistenti di accoglienza o canali umanitari, combinate con misure di sostegno ai paesi che si sobbarcano il peso maggiore dell’accoglienza dei profughi e dei richiedenti asilo.
E’ urgente inoltre modificare alcune regole europee profondamente sbagliate la cui applicazione ha avuto un impatto devastante in questi anni.
Per esempio la Convenzione di Dublino che impedisce di scegliere il paese di accoglienza al richiedente asilo e lo obbliga a rimanere bloccato nel primo paese dove è entrato illegalmente.
Si deve finalmente intervenire su alcuni accordi bilaterali ed europei di respingimento, primo fra tutti quello con la Libia.
Come anche modificare le regole sul soccorso in mare: oggi rendono possibile equiparare chi soccorre in mare un naufrago (che è anche un migrante o rifugiato) al favoreggiamento dell’ingresso illegale (Direttiva 90/2002).
Nessuna di queste misure è risolutiva. Ma ognuna contribuirebbe almeno a tentare di fermare la corsa alla morte per emigrazione o per guerra di tante persone che hanno invece il diritto ad essere protette e accolte.
Ma non ci facciamo illusioni: per avviare questa grande opera di revisione delle inefficaci politiche securitarie e repressive c’è bisogno di un dibattito pubblico di verità , che dimostri il totale fallimento delle attuali misure e risponda allo stesso tempo alle preoccupazioni di chi teme “le invasioni barbariche”.
Le elezioni europee di maggio sono da questo punto di vista un’occasione da non perdere.

Monica Frassoni
Green Italia

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IL FEDERALISMO PATACCA

Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile

DOPO LE REGIONI, ORA SONO MOLTI GRANDI COMUNI A CHIEDERE AIUTO PER TAPPARE LE VORAGINI DEI LORO CONTI

Il nostro curioso federalismo alla rovescia non smette di presentare conti salatissimi ai contribuenti.
Dopo le Regioni alle prese con deficit sanitari allucinanti, tocca ora ad alcuni grandi Comuni battere cassa per tappare le voragini dei loro conti.
Succede a Roma dove il sindaco appena arrivato chiede aiuto per sanare il passivo ereditato: 867 milioni.
Ma arriva dopo, Ignazio Marino, rispetto ai suoi colleghi di Napoli e Catania.
Senza poter escludere che altri ne seguiranno l’esempio. La galleria degli orrori che ieri ha pubblicato Il Sole 24 Ore passa da Palermo e Genova, sfociando in una Milano che deve reperire circa 500 milioni entro fine anno.
I Comuni incolpano il taglio dei trasferimenti, sostenendo di aver sborsato il prezzo più caro per risanare le finanze pubbliche. Vero.
Anche se poi questo prezzo finisce ribaltato in buona parte sullo Stato centrale. Il che dovrebbe indurre certi amministratori a un serio esame di coscienza.
Chi rivendica autonomia avrebbe l’obbligo di ricordare che questa implica responsabilità .
Il federalismo da molti invocato dovrebbe basarsi su tale principio basilare. È diventata invece una parola vuota, comodo paravento per gestioni sconsiderate e clientelari senza essere chiamati a risponderne.
Peggio ancora: scaricando pure gli effetti sull’intera collettività .
Valga per tutti il caso di Roma, scossa negli ultimi anni dalla Parentopoli di migliaia di assunzioni nelle municipalizzate.
Il Campidoglio ha 25 mila dipendenti, numero cui si deve aggiungere quello del personale delle partecipate, che il sito Internet indica in 37 mila.
La sola azienda di trasporto locale, l’Atac, paga circa 12 mila stipendi e dal 2008 ha accumulato 600 milioni di perdite. Per offrire un servizio che certo non può essere considerato degno della capitale d’Italia.
Sappiamo che è un problema di ogni città , piccola e grande. Senza contributi pubblici nessuna azienda di trasporto locale avrebbe conti in equilibrio.
Chi sale su un autobus, un tram o una metropolitana paga infatti un prezzo politico che copre una frazione del costo effettivo. Il fatto è che non di rado quella frazione, per come sono gestite moltissime aziende, è infinitesima.
Il resto viene così caricato sulle spalle di tutti gli italiani: chiamati quindi a sopportare non solo il peso legittimo del servizio universale, ma anche quello illegittimo di sprechi, inefficienze e clientele locali.
Al riguardo, i dati della Confartigianato parlano chiaro.
Fra il 2000 e il 2010 le tariffe dei servizi pubblici locali sono cresciute in Italia del 54,2 per cento, il doppio dell’inflazione e ben 24 punti in più rispetto alla media europea: nel periodo dal 2003 al 2013 la sola tassa sui rifiuti è lievitata del 56,6 per cento, contro il 32,2 per cento dell’eurozona. E ciascuno può giudicare se la qualità  sia migliorata in proporzione
Una tassa occulta gigantesca non più accettabile.
Da spazzare via obbligando tutti i Comuni alla trasparenza assoluta dei costi dei servizi, affinchè i cittadini possano regolarsi di conseguenza quando sarà  l’ora del voto, e approvando senza indugio la norma che imporrebbe la liquidazione delle municipalizzate in dissesto. Se si vuole restituire alla parola «federalismo» il suo vero significato, è il minimo che si possa fare.

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)

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CINQUESTELLE, COSA NON TORNA

Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile

ESPULSIONI FACILI, TEMPO PERSO E QUALCHE SOSPETTO

Se c’è qualcosa che il Movimento 5 Stelle ha fatto e che contribuisce a far andare in rosso il bilancio di un’intera attività  è aver perso tempo.
Ore a discutere di scontrini, struttura interna e dinamiche di democrazia.
Diretta streaming o non diretta streaming? Voto palese o voto segreto?
Le assemblee trasmesse sul canale Youtube e quelle a porte chiuse e poi raccontate di nascosto ai giornalisti, hanno riportato le storie di 157 parlamentari travolti dalle contraddizioni in un debutto in politica tutt’altro che facile.
E il primo ostacolo su cui sono inciampati, prima di risolvere la questione, è stato anche la restituzione dei soldi. Dopo aver scoperto a maggio scorso che oltre a metà  dell’indennità  avrebbero dovuto rendere anche la diaria non rendicontata, non tutti si sono accodati alla politica francescana.
Seguono così mesi di lotte, e al Restitution Day di luglio arrivano acciaccati da attacchi sui giornali e malumori interni. Tutti restituiscono i soldi, ma i rendiconti personali finiscono online e sotto gli occhi vigili degli attivisti le magagne vengono subito a galla. C’è Ivan Catalano, deputato lombardo che non ha reso pubblici i suoi conti a causa, pare, di spese eccessive.
Segue Marta Grande che nei costi per l’ingresso in parlamento specifica 12mila euro di rimborso alloggio.
Salvo poi giustificarsi: “una fideiussione per la casa che restituirò”
In questione anche Tommaso Currò, Nicola Bianchi, Alessio Tacconi e Lorenzo Battista. Hanno restituito poche migliaia di euro in confronto ai 16mila ricevuti per i primi tre mesi.
Assestamento o adattamento ad una nuova vita? La discussione è stata spenta sul nascere ma il timore è che sia rimandata alla prossima rendicontazione.
Chi però non sta al gioco, deve fare le valigie.
E tra gli errori strategici più grandi per il Movimento si registrano le espulsioni. Tempo perso e immagine rovinata per un gruppo appena arrivato in Parlamento .
Il sondaggio sul blog di Grillo decreta la fine politica a 5 Stelle di Marino Mastrangeli e Adele Gambaro.
A ruota escono per decisione personale Adriano Zaccagnini, Alessandro Funari, Vincenza Labriola, Fabiola Anitori e Paola De Pin: tutti e cinque accusano la poca democrazia, con qualche sospetto su rimborsi e scontrini che alcuni di loro non hanno mai consegnato.
La domanda per tutti è: tornerà  la stagione delle espulsioni?
Chi rischia è Paola Pinna, ma anche Ivan Catalano: due nomi già  messi in discussione dal gruppo.
Ma l’ultima versione vuole che Casaleggio abbia fermato tutto. Sbagliato in passato buttarsi nell’arena mediatica per epurazioni esemplari, e per ora il Movimento sembra aver imparato la lezione.
Il giudice però, tra soldi non restituiti e passi falsi, resta sempre la famigerata coerenza. Se chiedi il rigore, devi offrire rigore.
Inattaccabili i 5 Stelle non lo sono e come prove restano le leggerezze commesse in passato.
L’argomento che nessuno vuole trattare ad esempio, è quello dei collaboratori personali. All’arrivo in Parlamento l’appello era stato chiaro: “Cerchiamo personale, mandate il curriculum”.
Oltre 18 mila le richieste dei giovani, qualificati o meno, che avevano visto in quella chiamata alle armi una possibilità  di aiutare la politica finalmente senza bisogno di raccomandazioni.
Che fine hanno fatto? Di quei curricula non si è più saputo nulla.
I collaboratori sono stati scelti da cerchie di amici e conoscenze, e nessuno è a conoscenza di criteri di merito e competenze.
Di tutto il tempo perso in chiacchiere, ne risente la lista di 20 punti elettorali del Movimento.
Per ognuno è stata studiata una proposta di legge, ma con un enorme buco al centro: il reddito di cittadinanza.
Un progetto c’è, ma in lavorazione: un gruppo alla Camera ha parlato di 600 euro mensili, per chi non ha alcuna forma di sostentamento, mentre una parte ridotta a chi invece ha occupazioni precarie.
La cifra stimata necessaria dai grillini si aggira tra i 20 e i 30 miliardi di euro.
Ci stanno lavorando, ma sono ormai passati più di sei mesi.
Il tempo fa quello che deve fare, passa e per chi non sa approfittare di quella breccia di rivoluzione che il Movimento ha nel bene o nel male creato nella politica italiana, resterà  forse il rimpianto.

Martina Castigliani

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PIEMONTE, APPALTI TRUCCATI PER I RESTAURI: IN MANETTE L’EX SOVRINTENDENTE E L’EX PRESIDENTE DELLA REGIONE

Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile

NEL MIRINO ANCHE I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE DELLA REGGIA DI VENARIA

Lavori di restauro truccati, truffa e collusioni con pubblici funzionari.   Sono finiti in manette cinque tra alti funzionari e imprenditori che si sono occupati del restauro di dimore storiche in Piemonte e in particolare della Reggia di Venaria.
Tra i nomi spiccano quello dell’ex soprintendente Francesco Pernice, oggi Dirigente area conservazione e patrimonio, e di Ezio Enrietti, che negli anni Ottanta è stato presidente socialista della giunta regionale piemontese.
A questi si aggiungono i nomi di Giuliano Ricchiardi, direttore del patrimonio regionale, l’imprenditore casertano Francesco Paolo Della Rosa e il collaboratore di Enrietti, Claudio Santese.
L’ammontare complessivo degli importi delle gare coinvolte è di circa 10 milioni di euro.
In una nota la Procura di Torino precisa che i reati riguardano diverse gare d’appalto bandite dal Consorzio di valorizzazione La Venaria Reale e dalla Regione Piemonte negli anni 2011-2012.
Le indagini si sono sviluppate in due tronconi. Il primo è quello degli appalti di ristrutturazione truccati e tocca l’ex soprintendente Francesco Pernice, oggi direttore del settore Conservazione beni architettonici e impianti del consorzio di valorizzazione La Venaria Reale, con alcuni esponenti delle ditte Cooperativa Edil Atellana, di cui è consigliere l’arrestato Della Rosa, e Les.
Il secondo è invece relativo alle gare bandite dalla Regione Piemonte. Nell’ambito di questo filone la polizia giudiziaria, guidata dal pm Stefano Demontis, avrebbe invece accertato collusioni con un funzionario regionale.
La truffa riguarderebbe anche i subappalti per lo scavo e il movimento terra del cantiere per il nuovo palazzo della Regione Piemonte.
Nel dettaglio, le gare passate al setaccio dalla Procura sono quelle sul restauro della Chiesa di Sant’Uberto (150mila euro), dei Giardini Reali (1,753 milioni di euro), e altri lavori di sistemazione, come i parcheggi della Reggia di Venaria (5,788 milioni), il terrazzo del Garove (499mila euro) e la Certosa di Valcasotto (1,990 milioni).
Un particolare merita attenzione. L’ex presidente della giunta regionale Ezio Enrietti infatti, è già  stato coinvolto nel 1982 in uno scandalo di tangenti. È stato imputato di peculato e corruzione per una vicenda di affitti d’oro della Regione Piemonte e per questo condannato nel 1988 a 4 anni e due milioni di lire di multa.

Elena Ciccarello

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TRUFFA DA 150 MILIONI PER IL PORTO DI MOLFETTA, INDAGATO IL SENATORE PDL AZZOLLINI

Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile

OPERA MAI REALIZZATA NONOSTANTE LA RICHIESTA DI UN FIUME DI DENARO PUBBLICO…. SAREBBE COINVOLTO IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE BILANCIO DI PALAZZO MADAMA

Il senatore Pdl Antonio Azzollini, presidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, è indagato nell’indagine sulla presunta maxifrode da 150 milioni per la costruzione del nuovo porto di Molfetta.
Le indagini, coordinate dalla procura di Trani, hanno accertato che per la realizzazione della diga foranea e del nuovo porto commerciale di Molfetta è stato veicolato in favore del Comune barese, all’epoca dei fatti guidato da Azzollini, un ingente “fiume di danaro pubblico“: oltre 147 milioni di euro, 82 milioni dei quali sino ad ora ottenuti dall’ente comunale, a fronte di un’opera il cui costo iniziale era previsto in 72 milioni di euro.
Nell’ambito dell’inchiesta, dove sono indagate a vario titolo oltre 60 persone, sono stati arrestati un funzionario e un imprenditore.
Gli indagati — ex amministratori pubblici e imprenditori — sono accusati di associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e reati ambientali.
L’opera, appaltata nell’aprile del 2007 con consegna lavori nel marzo 2008, non solo non è stata finora realizzata a causa della presenza sul fondale antistante il porto di migliaia di ordigni bellici, ma non vi è neppure la possibilità  che i lavori possano concludersi nei termini previsti dal contratto di appalto assegnato a tre grandi aziende italiane: Cmc (capofila), Sidra e Impresa Cidonio.
Secondo l’accusa, dal Comune di Molfetta, pur sapendo dal 2005, circa due anni prima dell’affidamento dell’appalto, che i fondali interessati dai lavori erano impraticabili per la presenza degli ordigni, hanno attestato falsamente che l’area sottomarina era accessibile. In questo modo si è consentita illegittimamente la sopravvivenza dell’appalto e l’arrivo di nuovi fondi pubblici, sono state fatte perizie di variante ed è stata stipulata nel febbraio 2010 una transazione da 7,8 milioni di euro con l’Ati appaltatrice.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL SOLITO FAVORE AI RICCHI: NIENTE IMU ANCHE PER LE CASE DI LUSSO

Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile

BOCCIATA LA PROPOSTA DI FAR PAGARE L’IMU A CHI HA REDDITI SOPRA 100.000 EURO… CON il RICAVATO SI SAREBBE POTUTO EVITARE L’AUMENTO DELL’IVA

Le commissioni Bilancio e Finanze della Camera hanno considerato inammissibile “per estraneità  di materia” l’emendamento al decreto Imu presentato dal Pd (primo firmatario Mario Marchi) che prevedeva il pagamento della prima rata della tassa sulla casa per le abitazioni con rendita catastale superiore ai 750 euro per finanziare, tra le altre cose, la riduzione dell’Iva dal 22 al 21% dal 1 novembre al 31 dicembre 2013. Marchi, presenterà  ricorso, che sarà  esaminato nel pomeriggio dal presidente della commissione Bilancio Francesco Boccia.
Giudicata inammissibile “per estraneità  di materia” dalle commissioni di Montecitorio anche la proposta di modifica ancora del Partito Democratico (primo firmatario Cristina Bargero) che prevedeva di rideterminare l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto del 22% al 21% dal primo novembre 2013 e fino al 31 dicembre 2013, escludendo dall’abolizione della prima rata dell’imposta municipale gli immobili di proprietà  dei soggetti Irpef il cui reddito complessivo annuo risulti inferiore a 100mila euro.
Riemerge dunque lo scontro sotterraneo nella maggioranza sull’agenda economica del governo.
Le commissioni Bilancio e Finanze della Camera sono giunte alle battute finali dell’esame del provvedimento che attende il via libera dell’aula di Montecitorio e poi del Senato.
Riaffiora in alcuni emendamenti del Pd – sarebbero almeno tre quelli ritenuti più “critici” — l’opzione di un allargamento della platea di contribuenti che dovranno pagare la prima rata dell’imposta ai più abbienti, nettamente osteggiato dal Pdl.
Il decreto legge sull’Imu è in attesa di essere convertito in legge entro il 30 ottobre.
Tempi ristretti e possibili ricadute sulla tenuta dell’esecutivo stanno spingendo i presidenti delle due commissioni, Francesco Boccia (Pd) e Daniele Capezzone (Pdl) a “blindare” il testo con un rigoroso esame di ammissibilità .
La tagliola dell’ammissibilità  ha fatto fuori in tutto 322 emendamenti su 454 al decreto legge sull’Imu.
Da esaminare dunque restano 132 proposte emendative. Ben 176 emendamenti non sono passati al vaglio dell’ammissibilità  a causa dell’estraneità  di materia mentre 146 non hanno superato l’esame delle coperture.
I deputati del Pd sembrano comunque intenzionati a non rinunciare almeno a ottenere un dibattito nella riunione delle commissioni riunite per rilanciare poi la questione politica in sede di elaborazione della legge di stabilità .
Gli emendamenti potrebbero alla fine essere trasformati in ordine del giorno.
Supera il vaglio dell’inammissibilità  l’emendamento di Scelta Civica che riscrive la disciplina Imu, “sostituendo — spiegano Andrea Romano e Enrico Zanetti — l’abrogazione della prima rata per tutti nella rimodulazione con raddoppio delle detrazioni che, senza bisogno di coperture aggiuntive, esclude l’Imu anche per la seconda rata a circa il 70% dei proprietari, rimettendo in pista l’imposta per il restante 30%, con sconti però da 200 a 300 euro rispetto al 2012″.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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L’IMBOSCATA DEI 101 A PRODI: “SI TRATTO’ DI UN BOICOTTAGGIO ORGANIZZATO, ECCO CHI L’HA IMPALLINATO'”

Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile

SANDRA ZAMPA, EX CAPO UFFICIO STAMPA DI PALAZZO CHIGI RIVELA I RETROSCENA DELLA VOTAZIONE PER IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Sarà  ricordata come l’imboscata dei 101. Ma in realtà  furono di più, «115-120».
E non ci fu nulla di schizofrenico, nè di lasciato al caso, in quell’agguato che il 19 aprile scorso affossò la candidatura di Romano Prodi al Quirinale: «Si trattò di un boicottaggio organizzato in piena regola».
Le varie bande che decisero nel segreto dell’urna di affossare l’uomo dell’Ulivo, padre nobile e tra i fondatori del Pd, agirono quel pomeriggio come un sol uomo, unite da una tacita regia alimentata da motivazioni (personali e politiche) differenti, ma assolutamente convergenti nell’individuare nel professore bolognese un ostacolo da rimuovere, un simbolo da abbattere: «C’era chi pensava di dover vendicare Marini per la mancata elezione nelle prime votazioni; quelli che pensavano si dovesse dare una possibilità  a D’Alema; quelli che si erano convinti che l’elezione di Prodi avrebbe portato rapidamente alle urne; quelli che volevano un’alleanza di governo larga, estesa al Pdl, e vedevano in Prodi un ostacolo».
Ma c’erano anche coloro che volevano «far pagare a Bersani le primarie dei parlamentari e il rinnovamento della classe dirigente».
E qualcuno, anche, «colpire Renzi», che si era speso per il Professore dopo aver bocciato Marini e Finocchiaro
Sandra Zampa, giornalista, ex capo ufficio stampa di Palazzo Chigi ai tempi del governo Prodi, attuale deputato pd alla seconda legislatura e portavoce del Professore, non ha l’ambizione di fare il Sherlock Holmes, andando a caccia, nome dopo nome, dei 101 (115-120) dell’imboscata quirinalizia.
Ma il suo libro – «I tre giorni che sconvolsero il Pd» (Imprimatur editore, 160 pagine, in libreria dal 9 ottobre) – a forza di seminare indizi, di fatto consegna agli elettori un identikit molto plausibile di chi quel giorno tradì.
«I nostri elettori vogliono i nomi – scrive Zampa –. Ne conosco ormai un buon numero, tuttavia se pubblicassi anche un solo nome falso, commetterei un’ingiustizia».
Quei tre giorni, raccontati dalla parlamentare con stile asciutto e dovizia di particolari, rappresentano per il Pd, già  stressato dal deludente risultato elettorale, il big bang dei propri vizi d’origine, a partire dall’incapacità  di fondere in «una nuova identità  riformista le culture politiche del Novecento (ex diesse, ex popolari, ex dielle)», per non parlare poi della «deformazione ipercorrentizia» che ha mutilato qualsiasi leadership, trasformando in regola il concetto secondo il quale «le componenti rispondono prima al capocorrente e poi al segretario»
Se questo è lo scenario, non c’è da stupirsi se Romano Prodi, pur in quelle cruciali ore lontanissimo da Roma (a Bamako, Mali, per una missione Onu), captò al volo, con largo anticipo rispetto ai massimi dirigenti del partito, il disagio e l’insofferenza di larga parte dei Grandi elettori pd sul suo nome.
Non a caso, rivela Sandra Zampa, «aveva chiesto che il suo nome venisse sottoposto a votazione segreta» nell’assemblea al teatro Capranica dove Bersani lanciò la candidatura del Professore.
Ma non se ne fece nulla: «Si votò per alzata di mano, di fatto nessuno contò i voti».
E alla fine passò l’immagine di una standing ovation . Una candidatura morta in poco meno di 24 ore.
Era decollata il 18 aprile, dopo l’affossamento di Marini, da un’iniziativa di Arturo Parisi, raccolta dal bersaniano Vasco Errani, benedetta da Franceschini e ufficializzata da una telefonata in Mali di Bersani.
Ma è solo nella notte tra il 18 e il 19, quando sfuma definitivamente quella che era considerata l’unica vera alternativa a Prodi (Massimo D’Alema), che il nome del Professore prende il volo.
Per essere impallinato.

Francesco Alberti
(da “il Corriere della Sera”)

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LA DENUNCIA DEL SIAP: 1L 19 OTTOBRE A ROMA PREANNUNCIATO UN NUOVO G8

Ottobre 7th, 2013 Riccardo Fucile

C’E’ CHI ANNUNCIA CHE VUOLE “RIPORTARE LA CONFLITTUALITA’ NELLE STRADE”, MENTRE LE FORZE DELL’ORDINE SONO DIMENTICATE DAL GOVERNO

Il comunicato del S.I.A.P (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia)

Sono risuonate le stesse parole di allora.
Sul blog “ottobrata romana” si annunciano intanto tre giornate (16,17 e 18 ottobre) di mobilitazione per “riportare la conflittualità  nelle strade di questa metropoli”.
I Poliziotti del IV Reparto Mobile, e quelli di tutti i Reparti Mobili d’Italia sono, ancora una volta, a rischio di essere denunciati dal Ministro di turno per il lancio, deviato, di un singolo lacrimogeno, come è accaduto a quelli del Reparto Mobile di Napoli.
Le intenzioni sono chiare: il Governo quale misura di tutela vuole adottare per questi poliziotti?
Serve una nuova normativa a tutela dell’Ordine pubblico, con le attuali leggi saranno incriminati solo i poliziotti che sconteranno pene e colpe altrui, mentre i sedicenti “terroristi delle piazze” saranno subito liberati, come sempre.
Cercheranno il contatto, tenteranno di mostrarsi vittime dello Stato sanguinario, facendosi fotografare e riprendere dalle varie televisioni con le ferite ben visibili.
Sfrutteranno la stanchezza psico-fisica dei “celerini”, aggredendoli solo dopo le “solite dieci/dodici ore” di servizio, così da potere avere quelle reazioni di difesa, appesantite da un eccessivo stress, che possano dar loro tanta visibilità .
Quando il Governo avrà  tempo per varare nuove leggi a tutela dei cittadini e degli operatori di polizia impegnati nei delicati compiti di sicurezza?

S.I.A.P (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia)
Segreteria IV Reparto Mobile

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