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IL VIMINALE AMMETTE: IL 73% DEI SALVATI SUI BARCONI HA DIRITTO DI ASILO

Ottobre 16th, 2013 Riccardo Fucile

IL CIR: IN 33 MILA DALLE ZONE DI GUERRA

A proposito di navi militari spedite al largo di Lampedusa per rendere più sicuro e blindato il «mare nostrum», è sempre più evidente che le persone salvate sui barconi non dovranno essere rispedite nei paesi di provenienza.
Non è un accorato appello di qualche associazione umanitaria, è l’evidenza di un dato fornito dal ministero dell’Interno: il 73% dei migranti sbarcati quest’anno sulle coste italiane proviene da paesi flagellati dalla guerra e da regimi totalitari.
Quasi tutti necessitano di protezione internazionale.
Una fuga che è storia di queste ore.
«Vogliamo solamente sperare – spiega il direttore del Cir Christopher Hein durante la presentazione del rapporto Access to protection: a human right – che l’operazione Mare Nostrum, così come l’auspicato rafforzamento di Frontex, abbia regole di ingaggio chiare, che rispettino l’obiettivo annunciato da Letta, configurandosi esclusivamente come operazioni di soccorso e salvataggio».
Hein ha una brutta sensazione: «Tutti i migranti intercettati dovranno essere portati in un luogo sicuro e deve essere chiaro che la Libia non può essere considerata tale. Le condizioni di vita per migranti e rifugiati sono inaccettabili, vengono sottoposti a sistematiche violazioni dei loro diritti fondamentali e detenuti per periodi di tempo indefiniti in condizioni inumane»
Dal primo gennaio a ieri mattina sono sbarcati in Italia 35.085 migranti: 9.805 siriani (erano 582 nel 2012), 8.443 eritrei, 3.140 somali, 1.058 maliani, 879 afghani.
Per quanto riguarda i porti di provenienza, 21.027 sono partiti dalla Libia, 8.159 dall’Egitto, 1.825 dalla Turchia, 1.650 dalla Grecia e 1.480 dalla Siria (25 mila sono stati salvati dalle autorità  italiane, precisa il prefetto Riccardo Compagnucci, vice capo dipartimento libertà  civili e immigrazione del Viminale).
Anche Hein è convinto che sia necessario una sorta di corridoio umanitario per scongiurare altri naufragi: «Dobbiamo prevedere modalità  di ingresso protetto, come la possibilità  di richiedere asilo presso ambasciate e consolati, il rilascio di visti umanitari temporanei e il reinserimento per rifugiati. Dobbiamo assolutamente cercare vie alternative per permettere di arrivare in maniera sicura in un posto sicuro».
Degli arrivi si sa, ma il numero dei respinti rimane segreto, nonostante il Codice frontiere Schengen imponga ai paesi membri l’obbligo di raccogliere statistiche e indicare la cittadinanza delle persone rimpatriate e i motivi del respingimento.
Del resto in Italia viene violato sistematicamente il diritto di accesso alla procedura di asilo.
Le procedure di respingimento vengono svolte sommariamente, per esempio nei confronti dei migranti che arrivano dall’Egitto e dalla Tunisia.
Di fatto vengono isolati, per evitare che entrino in contatto con le associazioni umanitarie, e poi respinti entro 48 ore.
Naturalmente in Italia non si arriva solo sui barconi ma anche a bordo dei camion e nelle stive delle navi.
Nel corso del 2012, negli scali di Ancora, Bari, Brindisi e Venezia, sono stati identificati 1.809 stranieri.
Quelli che ce l’hanno fatta sono molti di più.

Luca Fazio

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IL VIMINALE AMMETTE: IL 73% DEI SALVATI SUI BARCONI HA DIRITTO DI ASILO

Ottobre 16th, 2013 Riccardo Fucile

IL CIR: IN 33 MILA DALLE ZONE DI GUERRA

A proposito di navi militari spedite al largo di Lampedusa per rendere più sicuro e blindato il «mare nostrum», è sempre più evidente che le persone salvate sui barconi non dovranno essere rispedite nei paesi di provenienza.
Non è un accorato appello di qualche associazione umanitaria, è l’evidenza di un dato fornito dal ministero dell’Interno: il 73% dei migranti sbarcati quest’anno sulle coste italiane proviene da paesi flagellati dalla guerra e da regimi totalitari.
Quasi tutti necessitano di protezione internazionale.
Una fuga che è storia di queste ore.
«Vogliamo solamente sperare – spiega il direttore del Cir Christopher Hein durante la presentazione del rapporto Access to protection: a human right – che l’operazione Mare Nostrum, così come l’auspicato rafforzamento di Frontex, abbia regole di ingaggio chiare, che rispettino l’obiettivo annunciato da Letta, configurandosi esclusivamente come operazioni di soccorso e salvataggio».
Hein ha una brutta sensazione: «Tutti i migranti intercettati dovranno essere portati in un luogo sicuro e deve essere chiaro che la Libia non può essere considerata tale. Le condizioni di vita per migranti e rifugiati sono inaccettabili, vengono sottoposti a sistematiche violazioni dei loro diritti fondamentali e detenuti per periodi di tempo indefiniti in condizioni inumane»
Dal primo gennaio a ieri mattina sono sbarcati in Italia 35.085 migranti: 9.805 siriani (erano 582 nel 2012), 8.443 eritrei, 3.140 somali, 1.058 maliani, 879 afghani.
Per quanto riguarda i porti di provenienza, 21.027 sono partiti dalla Libia, 8.159 dall’Egitto, 1.825 dalla Turchia, 1.650 dalla Grecia e 1.480 dalla Siria (25 mila sono stati salvati dalle autorità  italiane, precisa il prefetto Riccardo Compagnucci, vice capo dipartimento libertà  civili e immigrazione del Viminale).
Anche Hein è convinto che sia necessario una sorta di corridoio umanitario per scongiurare altri naufragi: «Dobbiamo prevedere modalità  di ingresso protetto, come la possibilità  di richiedere asilo presso ambasciate e consolati, il rilascio di visti umanitari temporanei e il reinserimento per rifugiati. Dobbiamo assolutamente cercare vie alternative per permettere di arrivare in maniera sicura in un posto sicuro».
Degli arrivi si sa, ma il numero dei respinti rimane segreto, nonostante il Codice frontiere Schengen imponga ai paesi membri l’obbligo di raccogliere statistiche e indicare la cittadinanza delle persone rimpatriate e i motivi del respingimento.
Del resto in Italia viene violato sistematicamente il diritto di accesso alla procedura di asilo.
Le procedure di respingimento vengono svolte sommariamente, per esempio nei confronti dei migranti che arrivano dall’Egitto e dalla Tunisia.
Di fatto vengono isolati, per evitare che entrino in contatto con le associazioni umanitarie, e poi respinti entro 48 ore.
Naturalmente in Italia non si arriva solo sui barconi ma anche a bordo dei camion e nelle stive delle navi.
Nel corso del 2012, negli scali di Ancora, Bari, Brindisi e Venezia, sono stati identificati 1.809 stranieri.
Quelli che ce l’hanno fatta sono molti di più.

Luca Fazio

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IL GOVERNO SI DIMENTICA I FUNERALI DI STATO A LAMPEDUSA: “A ROMA SONO IN CONFUSIONE”

Ottobre 16th, 2013 Riccardo Fucile

LA SINDACA DENUNCIA: “PRIMA LI PROMETTONO, POI NON FANNO NEANCHE QUELLI DI PAESE, ALTRO CHE DI STATO”

«Ho casualmente appreso che si sta procedendo alla sepoltura delle salme partite da Lampedusa. Senza funerali, nè di Stato nè di paese».
È duro la sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini, in riferimento all’impegno del premier Enrico Letta, pronunciato durante la sua visita nell’isola, sui funerali di Stato.
«Oggi a esempio aggiunge sono state mandate otto salme a Caltanissetta e 25 a Mazzarino. Ieri Kyenge i funerali li aveva confermati. Ma le salme sono di competenza del ministero dell’Interno. Forse un po’ di confusione…»
E in effetti di funerali di Stato non ne sono visti.
Ieri ad esempio 13 migranti morti nello sbarco di Sampieri del 30 settembre hanno ricevuto le esequie a Scicli.
Tredici bare ricoperte di un drappo rosso deposte ai piedi dell’altare improvvisato all’interno dello spiazzo grande del cimitero di Scicli per un momento di dolore «rotto» solo dalle lacrime dei familiari delle vittime arrivati da ogni parte d’Europa per rendere omaggio per l’ultima volta ai parenti morti nella tragica traversata del Mediterraneo, ma anche per chiedere alle autorità  italiane di tumulare ad Asmara le salme perchè i genitori sono da giorni in patria in attesa delle bare.
I funerali, alla presenza del sottosegretario all’Interno Domenico Manzione, in un’atmosfera surreale sono stati officiati dal vicario foraneo di Scicli, don Ignazio La China, e dal prete cattolico eritreo, Keflemariam Asghedem, che durante l’orazione funebre ha implorato le autorità  italiane ad intervenire nei campi libici dove migliaia e migliaia di cittadini africani aspettano di mettersi in mare alla ricerca di un Eden che non c’è
Intanto ieri è cominciata l’operazione Mare Nostrum: navi anfibie, droni, elicotteri con visori notturni.
Si tratta di una operazione «umanitaria» per «salvare vite umane», ha ribadito il ministro della Difesa Mario Mauro, ma anche di un intervento per la «sicurezza».
«Le navi hanno una doppia ragione di presenza ha detto il ministro navi militari col compito di identificare anche le navi madri, utilizzate dagli scafisti. Quando vengono individuate le navi procediamo a scortarle, vengono condotte al porto sicuro più vicino, secondo le regole del diritto internazionale. Se non ci sono migranti che hanno bisogno di assistenza sanitaria e se il battello è in condizioni di navigare aggiunge la nave viene scortata verso il porto più sicuro e più vicino, non necessariamente italiano»
E il sindaco di Catania Enzo Bianco ha proposto al governo italiano e alla Commissione Ue di ospitare nella stessa città  «un avamposto nel Mediterraneo» dello stesso Frontex, che ha sede a Varsavia.
Catania infatti è servita da un aeroporto ben collegato con tutt’Europa segnala il sindaco e da un porto che fa sistema con altri porti (Augusta e Pozzallo) e aeroporti (Sigonella e Comiso) vicini.

Franca Stella

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SILVIO RIABBRACCIA I SUOI FALCHI: “ALFANO VUOLE FARE RENZI MA FINIRÀ COME MASTELLA”

Ottobre 16th, 2013 Riccardo Fucile

GRANDI MANOVRE NEL PDL: “LIBERO” SI AVVICINA AD ALFANO… INCERTA LA SORTE DI SALLUSTI… LA ROTTURA A RISCHIO SULLA DECADENZA AL CAVALIERE

La battuta, folgorante, di un ex ministro oggi lealista fotografa lo stato dell’arte nel Pdl: “Alfano è partito per fare Renzi, ma finirà  come Mastella”.
Che tradotto vuol dire: il vicepremier non riuscirà  a fare il leader di nuovo centrodestra (con B. che accetta supino la decadenza) e al massimo metterà  su una Udeur di mastelliana e cossighiana memoria per tenere in vita il governo delle larghe intese.
Ovviamente, il riferimento è all’Apocalisse prossima ventura, dopo la fiducia al governo Letta.
La decadenza del Cavaliere Condannato in Senato.
Le colombe dell’inciucio, sia del Pd sia del Pdl, sono impegnate a fare melina e a rinviare quanto più possibile la fatidica scadenza ma allo stesso tempo sarà  sempre più difficile sfuggire agli sfoghi minacciosi di Berlusconi, dall’umore nerissimo.
Al di là  degli stucchevoli inviti all’unità , la strategia di B. è quella di “smascherare i traditori” dalle “due obbedienze”.
Una, ormai di facciata, a lui. L’altra, di sostanza, a Napolitano e a Letta.
Non a caso,le fazioni in guerra del Pdl hanno cominciato a scontrarsi anche sul ruolo del Quirinale.
Ecco Gaetano Quagliariello, ministro delle Riforme, che benedice la guida politica di Re Giorgio: “Il presidente della Repubblica non venne affatto disegnato dai padri costituenti italiani come figura neutra, quasi notarile, priva di poteri di natura politica. Egli dispone infatti di alcuni poteri spiccatamente politici”.
Questa la risposta di Sandro Bondi, altro lealista di rango a corte: “Le riflessioni e le raccomandazioni del capo dello Stato sono il metronomo della politica italiana. Francamente comincio ad avere seri dubbi sul-l’utilità  di questo ruolo esercitato da Napolitano, nella convinzione di guidare dall’alto l’Italia verso l’uscita dalla crisi”. Non solo.
A Palazzo Grazioli, dove B. è tornato ieri, non ci si aspetta più nulla dal Quirinale. Napolitano avrebbe fatto sapere ancora una volta, stavolta a muso duro, che non potrà  mai concedere a Berlusconi quello che vuole.
Una sorta di perdono generale per il leader più votato della Seconda Repubblica. Altro che amnistia o grazia.
Di qui il mantra introiettato dai lealisti di Raffaele Fitto (che ieri ha incassato il sostegno di Flavio Briatore) e dai falchi redivivi: “Non staremo più con i carnefici del Capo”.
Questione di settimane. B. l’avrebbe ripetuto anche ad Alfano, comunque soddisfatto per il lavoro del Pdl sulla legge di stabilità , e che dovrebbe essere varata prima del voto sulla decadenza del Cavaliere. Anzi.
In caso rottura, B. agiterà  a più non posso il totem della pressione fiscale.
Chi ha incontrato Berlusconi negli ultimi giorni riassume così la svolta del Condannato: “La retromarcia sulla fiducia fu causata da un sentimento di sorpresa per i traditori. Una sorpresa che può apparire ingenua ma è andata così. Adesso, invece, il presidente ha metabolizzato il tradimento e sulla decadenza non accadrà  la stessa cosa. La storia di Berlusconi non finirà  con lui che accetta tutto e Alfano leader del centrodestra”.
La scissione procede inarrestabile, al netto di dichiarazione belliche come quella dell’alfaniano Schifani: “Con la decadenza la maggioranza rischia”.
E non è detto che l’impresa di salvare il governo riesca come a inizio ottobre. Nel Pdl sono parecchi i dubbiosi e c’è la sensazione che le colombe abbiano perso un’occasione sulla fiducia, pur vincendo.
Per questo motivo, a detta di un lealista: “Lo strappo sulla fiducia avrebbe avuto un senso politico forte ma sulla decadenza del loro leader appariranno come traditori e basta”.
Sempre che a B. non riesca il miracolo di svincolare Alfano e le colombe dal patto con Napolitano e Letta per durare fino al 2015.
Argomento forte, in questo caso, sono i soldi.
Gli scissionisti dovrebbero fare a meno delle casse berlusconiane. Un handicap non da poco. Ed è per questo che è iniziato un insistente pressing sui parlamentari più facoltosi del Pdl.
Il più corteggiato, come ha scritto il Messaggero, è Antonio Angelucci, re delle cliniche ed editore di Libero.
Angelucci è legato ai falchi di Verdini (se non altro perchè questi gli deve 15 milioni di euro) ma il suo quotidiano, diretto da Maurizio Belpietro, ha scelto una linea favorevole ad Alfano.
Un segnale non secondario. E a proposito di stampa: se Berlusconi porterà  sino in fondo la linea del “mai con i miei carnefici”, mettendo nel conto la scissione, la testa di Sallusti dalla direzione del Giornale non rotolerà .
A differenza di quanto chiesto da Alfano ieri sera a palazzo Grazioli, presente anche Gianni Letta.

Fabrizio D’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano”)

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SEDRIANO, COMUNE A GUIDA PDL SCIOLTO PER ‘NDRANGHETA: E’ IL PRIMO CASO IN LOMBARDIA

Ottobre 16th, 2013 Riccardo Fucile

IL SINDACO E’ ACCUSATO DI CORRUZIONE AGGRAVATA E DI LEGAMI CON LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA

Sedriano, 11mila abitanti in provincia di Milano, è il primo comune lombardo sciolto per mafia. A un anno e sei giorni dall’arresto del primo cittadino per corruzione e di personaggi vicini all’Amministrazione comunale con l’accusa di associazione mafiosa, il Consiglio dei ministri ha deliberato: Sedriano va sciolto per mafia.
Il commissariamento immediato, proposto del ministro dell’Interno Angelino Alfano, coinvolge nelle stesse ore anche un’altra cittadina italiana: Cirò in provincia di Crotone.
Due storie diverse da Nord a Sud che necessitano l’intervento delle autorità  competenti per ripulire la pubblica amministrazione dall’infiltrazione della ‘ndrangheta.
Una fine amministrativa preannunciata, quella di Sedriano, a cui la maggioranza consiliare Pdl eletta nel 2009 ha tentato di opporsi rifiutando l’invito alle dimissioni chiesto a gran voce dalla cittadinanza a partire dal 10 ottobre 2012, giorno in cui in Lombardia scattarono gli arresti che a Sedriano coinvolsero il sindaco Alfredo Celeste e il padre e il marito di due consigliere comunali.
Si tratta di Eugenio Costantino, titolare di “compro oro” e padre della giovane consigliera 27enne Teresa, presunto boss della ‘ndrangheta operante nel milanese; e del medico chirurgo del pavese Silvio Marco Scalambra, marito della consigliera comunale e capogruppo Pdl Silvia Stella Fagnani, accusato di essere collettore di voti delle cosche.
Secondo i magistrati, i due sarebbero stati complici di un ‘do ut des’, “asservendo a fini corruttivi il Sindaco di Sedriano” che, come risulta dalle intercettazioni riportate nell’ordinanza di custodia cautelare, sognava un posto in Senato.
Quando il consiglio comunale respinse la richiesta di sfiducia per il sindaco
Il primo caso di scioglimento per mafia in Lombardia arriva dopo l’indagine della commissione d’accesso prefettizia insediatasi in Comune l’8 aprile 2013.
La relazione inviata dal Prefetto al ministro dell’Interno Alfano, accolta oggi a Roma con esito positivo, risale alla prima metà  di luglio. In questi stessi giorni si stanno svolgendo le udienze preliminari del processo a carico del sindaco Celeste, Costantino e Scalambra che vede coinvolto anche l’ex assessore Regionale Domenico Zambetti, e il pm Alessandra Dolci della Dda di Milano ha chiesto tre anni di misura di sorveglianza speciale per il primo cittadino specificando la “pericolosità  sociale del soggetto”.
Celeste, fino all’attuale provvedimento di scioglimento, non si è dimesso dall’incarico di sindaco.

Ester Castano

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DECADENZA, VOTO RINVIATO AL SENATO: SI RISCHIA LO SLITTAMENTO A NATALE

Ottobre 16th, 2013 Riccardo Fucile

LA ZEPPA DELLA RICHIESTA DEL VOTO PALESE PROPOSTA DAL M5S ALLA FINE FAVORISCE BERLUSCONI CHE COSI’ GUADAGNA TEMPO

La richiesta di un voto palese al Senato sull’affaire Berlusconi rischia di far slittare la seduta decisiva dell’aula addirittura a fine novembre o inizio dicembre.
In conflitto con la legge Severino che richiede una decadenza «immediata » dopo la condanna – risalente ormai al primo agosto per il processo Mediaset (4 anni per frode fiscale) – e le cui disposizioni finora sono state rispettate dalla giunta per le Elezioni e Immunità .
Dal primo pomeriggio di ieri la relazione conclusiva del presidente Dario Stefà no, votata e rivotata dalla giunta, è sul tavolo del presidente del Senato Pietro Grasso.
Da oggi sarà  disponibile per tutti i senatori che vorranno conoscere nei dettagli il caso Berlusconi e decidere come votare sul suo destino di senatore. Poi sarà  necessaria una giornata per il dibattito e il voto.
Ma l’esigenza di chiudere definitivamente una querelle che si trascina ormai da agosto si scontra adesso con la richiesta dei 5stelle di utilizzare lo scrutinio palese.
La giunta per il Regolamento, presieduta dallo stesso Grasso, ieri ha affrontato la questione, ha subito derubricato la possibilità  di cambiare proprio adesso il regolamento, perchè suonerebbe troppo contro il Cavaliere, ma si è riservata di verificare la possibilità  di un’interpretazione autentica del voto segreto in relazione alla legge Severino e in un caso di decadenza.
Due relatori –il Pd Francesco Russo e la Pdl Anna Maria Bernini – approfondiranno la questione e il 29 si deciderà . Non è possibile vedersi prima perchè Grasso parte sabato per un viaggio istituzionale negli States che si conclude il 28.
Ma che succede a questo punto?
Al Senato arriva la legge di stabilità , che resterà  in commissione dalle due alla tre settimane. Potrebbe essere in aula dall’11 novembre, e da quel momento non c’è spazio per discutere di altro.
Le ipotesi, a questo punto, sono due.
La prima. Martedì 29 ottobre la giunta per il Regolamento si riunisce e decide subito l’interpretazione autentica sul voto segreto o palese.
La maggioranza per il voto palese c’è, Pd, P5S, Sel. A quel punto, la conferenza dei capigruppo si riunisce a sua volta e fissa subito la data del dibattito, che potrebbe essere nella prima settimana piena di novembre.
Seconda ipotesi, che ovviamente farebbe gola al Pdl: la giunta per il regolamento traccheggia e prende il sopravvento la legge di stabilità .
La decadenza di Berlusconi slitta all’ultima settimana di novembre o addirittura alla prima di dicembre.
Con la singolarità  di una giunta per le Immunità  che ha rispettato i tempi della legge Severino e di un’aula che li viola.
Berlusconi – sul quale sarà  caduta anche la mannaia dell’interdizione decisa dalla Corte di appello di Milano – resterebbe senatore, pur con una giunta che con un’ampia maggioranza si è espressa per la sua decadenza, e voterebbe anche la legge di stabilità . Stefà no è convinto però che prima di portare Berlusconi in aula «bisogna decidere sul voto segreto o palese».
Vedremo che succederà .
Intanto, in giunta del Regolamento, si è riproposta la “nuova” maggioranza – Pd, M5S, Sel – a fronte di quella del governo. Questa maggioranza vuole il voto palese.
Lo propone il 5stelle Maurizio Buccarella. Lo sostiene il capogruppo Pd Luigi Zanda che esce dalla riunione e parla di un voto palese che «garantisce in modo migliore la trasparenza delle decisioni».
Il Pdl si scatena contro un’interpretazione che ritengono «contra personam », cioè contro Berlusconi. E Schifani torna a minacciare lo strappo: «Così i margini di agibilità  politica della maggioranza si restringeranno sempre di piu».
Il Psi di Nencini e Buemi sta con il Pdl. Scelta civica, almeno Lanzillotta che è in giunta Regolamento, pure.
Ma i numeri giocano a favore di chi insiste per la trasparenza.
Naturalmente in aula, se e quando sarà , sarà  anche assicurato lo scontro.

Liana Milella
(da “La Repubblica”)

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TANTO FANGO PER NULLA: IL CSM VERSO L’ARCHIVIAZIONE DEL CASO ESPOSITO

Ottobre 16th, 2013 Riccardo Fucile

PER IL GIUDICE DI CASSAZIONE, PROTAGONISTA DELL’INTERVISTA “RUBATA” DA “IL MATTINO”, NESSUN TRASFERIMENTO D’UFFICIO

La Prima Commissione del Csm va verso l’archiviazione del caso del giudice Antonio Esposito, il presidente del collegio che in Cassazione ha condannato Silvio Berlusconi per frode fiscale e che è stato accusato dal Pdl di aver anticipato in un’intervista le motivazioni della sentenza prima del loro deposito.
Un voto formale ancora non c’è stato; ma sarebbe unanime l’orientamento favorevole della Commissione, presieduta dal laico del Pdl Annibale Marini, per la proposta di chiudere il caso con l’archiviazione avanzata dal relatore, il togato di Unicost Mariano Sciacca.
Nella sostanza non ci sarebbero i margini per un intervento di Palazzo dei marescialli con l’unico strumento a disposizione dei consiglieri – l’avvio di una procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità  ambientale- perchè la vicenda potrebbe avere semmai rilievo disciplinare e in queste ipotesi non è possibile il contemporaneo intervento del Csm.
Non a caso il Pg della Cassazione Gianfranco Ciani, ha avviato, già  prima che si muovesse la Prima Commissione, una pre-istruttoria sulla vicenda; un’indagine che è ormai alle battute finali e al termine della quale Ciani deciderà  se avviare nei confronti di Esposito l’azione disciplinare.

(da “Huffington Post”)

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“BERLUSCONI MI DISSE CHE ALLA PASCALE PIACCIONO LE DONNE”: DOMANI L’INTERVISTA DI MICHELLE BONEV A SERVIZO PUBBLICO

Ottobre 16th, 2013 Riccardo Fucile

IL CAVALIERE FECE COMPRARE IL SUO FILM DALLA RAI PER 1 MILIONE DI EURO GRAZIE A MASI E LA FECE PREMIARE AL FESTIVAL DI VENEZIA GRAZIE AL MINISTRO BONDI

In un’intervista esclusiva a Servizio Pubblico, la trasmissione di Michele Santoro in onda su La7 domani sera, giovedì 17 ottobre, Michelle Bonev racconta dei suoi rapporti con Berlusconi, e di quelli con Francesca Pascale, del suo contratto con la Rai e dell’intervento dei ministri del governo Berlusconi a favore del suo film.
“Quando Berlusconi mi disse che la Rai sarebbe stata molto felice di acquistare i diritti del mio film per 1 milione di euro, rimasi molto colpita”, racconta l’attrice e regista bulgara alla giornalista Francesca Fagnani. “’Sai’, mi disse lui, ‘è stato grazie al mio intervento, ho parlato con chi di dovere… ho chiamato Masi. Non ti piacerebbe poi andare a Venezia?’, proseguì lui.
‘Parlo col ministro Bondi e vediamo come arrivare ad avere un premio’. Il premio alla fine ci fu. Dopo, fu il massacro…”.
Sulla fidanzata dell’ex premier, Francesca Pascale, la Bonev dice: “’Fu Berlusconi a parlarmi di lei. ‘A Francesca piacciono le donne’, mi fece lui. ‘Tanto è vero che non ha mai avuto rapporti con uomini. È iniziato tutto molti anni fa, con la sua insegnante, molto più grande di lei… Francesca è molto gelosa delle ragazze che sono intorno a me, perchè secondo lei sono tutte delle poco di buono. E il suo intento è proteggermi, lei vorrebbe stare vicino a me per proteggermi’. Questo mi disse”.

(da “Huffingtonpost”)

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COME I “SAGGI” DEL COLLE TI PILOTAVANO IL CONCORSO A FAVORE DELLA SENATRICE BERNINI E DI PIZZETTI

Ottobre 16th, 2013 Riccardo Fucile

DE VERGOTTINI CHIEDE NOTIZIE DI DUE “PROTETTE”. PRESSIONI PER LA PDL BERNINI, MA IL CONCORSO SALTA

Poco importa che quel concorso, che vedeva favoriti la senatrice Anna Maria Bernini e Federico Pizzetti, figlio dell’ex garante della privacy, si sia concluso con un nulla di fatto. Vedremo perchè.
Quel che importa è conoscere le pressioni, gli scambi, il sistema che ha pervaso un concorso universitario nel 2010, con la riforma Gelmini in vigore.
Ed è ancora più importante scoprire che, a esercitare queste pressioni, queste “pesanti interferenze”, siano stati anche due autorevoli giuristi: Augusto Barbera e Giuseppe de Vergottini, tre anni dopo assurti al rango di saggi, su nomina del premier Enrico Letta e benedizione del presidente Napolitano.
A Barbera e De Vergottini è stato affidato il compito di riformare la nostra Costituzione. Sono gli stessi che tartassavano di telefonate il commissario Silvio Gambino.
Il futuro saggio Augusto Barbera, definito negli atti “sponsor” di Pizzetti, chiede a Gambino: “Per (l’università , ndr) Europea c’è il ragazzo che m’interessa?”. “Sì”, gli risponde Gambino, “è un ragazzo molto preparato”.
De Vergottini invece contatta Gambino per chiedergli se, sempre all’Europea, il professor Giuseppe Ferrari intenda agevolare due candidate milanesi. Poi chiama lo stesso Ferrari e anch’egli s’informa su Pizzetti.
La “rete criminale” dei professoroni
Il sistema della cooptazione non è certo una novità . Ma lo scenario disegnato dall’inchiesta “do ut des”, condotta dal pm barese Renato Nitti in collaborazione con la Guardia di finanza, supera le peggiori fantasie: tradimenti, scambi, pressioni.
La preoccupazione del sistema — secondo gli investigatori — non è garantire un futuro alla ricerca scientifica ma reclutare “burattini” che, nei futuri concorsi, asseconderanno gli interessi dei baroni.
Non manca nulla: neanche il “testamento” orale di Giorgio Lombardi, professore di Diritto pubblico comparato all’Università  di Torino, scomparso tre anni fa e drammaticamente raccolto nelle intercettazioni.
L’inchiesta riguarda gli esami di prima e seconda fascia nei rami di Diritto costituzionale, pubblico comparato, canonico ed ecclesiastico: l’esito finale — è l’accusa — non ha avuto nulla a che vedere con il merito.
Gli inquirenti parlano di una “rete criminale”, che coinvolge alcuni tra i docenti più autorevoli, e mira a far prevalere la logica del “favore” su quella del “merito” e della “giustizia”.
Barbera e De Vergottini, insieme con altri tre saggi — Beniamino Caravita di Toritto, Carmela Salazar e Lorenza Violini — e 35 professori ordinari sono stati denunciati dalla Guardia di finanza: accuse che, a vario titolo, spaziano dall’associazione per delinquere alla corruzione, dal falso alla truffa aggravata.
La riforma Gelmini, con il sorteggio dei commissari, doveva eliminare le “raccomandazioni” ma il “sistema” si attrezza immediatamente per neutralizzarla: orienta la formazione della rosa, affinchè siano sorteggiati commissari “arrendevoli”. Quella rosa, secondo l’accusa, non s’è trasformata nella “libera elezione” di “giudici” che devono valutare il candidato “più meritevole”.
E per chi non s’adeguava c’erano minacce e intimidazioni. Il sorteggio delle commissioni giudicatrici avviene nel gennaio 2010. E subito parte la sfida tra i due rivali del diritto pubblico comparato: Lombardi e Giuseppe Franco Ferrari.
Il testamento del “capo di tutti”
“È il decano, è il capo di tutti” : così viene ricordato in un’intercettazione Giorgio Lombardi, morto da pochi giorni, nel maggio 2010.
Pochi mesi prima, al telefono, sostiene: la riforma Gelmini ha delle norme complicate che però non daranno troppo fastidio.
E con Ferrari — collega alla Bocconi di Milano — ingaggia la corsa per recuperare i voti dei docenti che, di lì a poco, avrebbero formato la rosa dei sorteggiabili.
Ferrari si rivolge al collega Pier Giuseppe Monateri, che può agire sugli eleggibili del gruppo di diritto privato comparato. E nell’estate 2009 Monateri gli invia una lista di 20 nomi affidabili.
Una seconda mail elenca i probabili vincitori di concorso: 8 su 11 ce la faranno. E quindi: più voti ci si accaparra, nella rosa del sorteggio, più è possibile manipolare le future maggioranze nelle commissioni.
Gli altri professori intercettati commentano: Ferrari ha vinto le elezioni ma Lombardi è in maggioranza nei concorsi che gl’interessano e, in fondo, è lui che ha vinto l’estrazione. De Vergottini dopo il sorteggio parla di “tragedia”: hanno vinto i lombardiani.
C’è chi sostiene: a Lombardi basta scrivere su un foglietto i suoi nomi e la partita è già  vinta a tavolino.
Ma l’obiettivo di Lombardi qual è? Eccolo: Anna Maria Bernini e Federico Gustavo Pizzetti devono diventare professori di Diritto pubblico comparato.
La prima, professoressa associata di Diritto pubblico comparato a Bologna, in quel periodo era parlamentare del Pdl e ministro del governo Berlusconi.
Il secondo è figlio di Francesco Pizzetti, ordinario di Diritto costituzionale a Torino, all’epoca dei fatti presidente dell’Autorità  garante per la privacy.
Per l’accusa, la Bernini, in passato aveva aiutato il figlio di Lombardi per la sua carriera diplomatica e gli aveva anche promesso un sostegno per l’eventuale elezione a giudice costituzionale.
A maggio si consuma il dramma personale di Lombardi che, ammalato, è sul punto di morire: dieci giorni prima di spirare, parla al telefono con il collega Luca Mezzetti, al quale dice parole che suonano come una sorta di testamento.
Le promesse dell’ex garante per la carriera del figlio
“Ora sei tu il padrone”, gli dice, consapevole che dovrà  abbandonare l’impegno per il concorso.
E gli affida Bernini e Pizzetti, pregando Mezzetti di non affossare le candidature, spiegandogli che può contare sui commissari Gambino, Ganino e Giovanni Cordini. Lo invita alla prudenza con il rivale Ferrari. Dieci giorni dopo Lombardi muore.
E in poche ore si consuma il tradimento: Mezzetti contatta Ferrari parlandogli di “interessi comuni”.
Nell’estate 2010 gli investigatori si concentrano sul concorso che riguarda Pizzetti e Bernini, nell’Università  cattolica romana dei Legionari di Cristo, e si convincono che il rettore, padre Paolo Scarafoni, al centro delle indagini, è consapevole degli illeciti. Lombardi lascia il ruolo di commissario a Mezzetti, che a sua volta lo cede a Ferrari, anche lui dimissionario.
Il concorso finisce nel nulla: ma gli investigatori, dalle intercettazioni, apprendono delle pressioni di Pizzetti senior che, in cambio della nomina di suo figlio, s’impegna a premere sui colleghi torinesi, commissari nell’Università  Roma Tre, per favorire un’allieva di Ferrari.

Antonio Massari

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