Ottobre 18th, 2013 Riccardo Fucile
LA CIFRA CONTESTATA E’ DI 120.000 EURO DEI FONDI DEL GRUPPO… STESSA SORTE PER IL CAPOGRUPPO UDC LIMONCINI
Rosario Monteleone, presidente Udc del Consiglio regionale ligure, è stato indagato nell’ambito dell’inchiesta condotta dal pm Francesco Pinto sulle cosiddette “spese pazze” in Regione.
Il reato che si ipotizza a suo carico è quello di peculato in ordine alla presunta distrazione di fondi dalla presidenza del consiglio e dal gruppo Udc nell’esercizio
2010, 2011 e 2012.
L’indagine è uno stralcio della nota inchiesta “spese pazze” sull’illecito utilizzo dei fondi pubblici dei gruppi consigliari regionali.
L’ipotesi da cui partono gli inquirenti è precisa: si indaga su movimenti sospetti di denaro, transitati anche su conti personali di alcuni collaboratori, come la segretaria del presidente.
Secondo indiscrezioni, le cifre in ballo sarebbero pari a circa 120mila euro per l’esercizio negli anni 2010/12: nel dettaglio, ammonterebbero a circa 30mila euro gli ammanchi dalla presidenza del consiglio Regionale e altri 90mila circa sarebbero stati “distratti” con varie modalità .
L’inchiesta sulle spese in Regione è quindi a una svolta.
L’inchiesta è condotta dal pubblico ministero Francesco Pinto. Al setaccio degli inquirenti documenti su bilanci, spese di amministrazione e personale della presidenza e della vicepresidenza dell’ente.
Gli atti riguardano uscite e pezze giustificative di tre anni: 2010, 2011 e 2012.
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Ottobre 18th, 2013 Riccardo Fucile
PERQUISITO UN CENTRO FISIOTERAPICO DI UN EX DEPUTATO IRPINO DEL PDL… STRUTTURA FANTASMA PER PRESTAZIONI MAI EFFETTUATE: PARLAMENTARI AVREBBERO OTTENUTO RIMBORSI FITTIZI
La Procura di Napoli indaga sui rimborsi sanitari ai parlamentari. 
Per ordine del pm Henry John Woodcock, i carabinieri del Noe di Roma hanno disposto la perquisizione nei confronti dell’amministratore, del gestore e di alcuni collaboratori di un centro fisioterapico della provincia di Napoli e dell’ex deputato irpino Marco Pugliese.
Gli indagati sono in tutto cinque.
I magistrati ipotizzano i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e al falso.
I militari hanno chiesto alla Presidenza della Camera l’acquisizione della documentazione contabile relativa ai rimborsi al centro dell’inchiesta.
Il sospetto è che il centro Fisiodomus, ritenuto dagli inquirenti una “struttura fantasma”, chiuso da tempo e dismesso, sia stato utilizzato come “cartiera sanitaria”, rilasciando fatture per prestazioni fisioterapiche in realtà mai effettuate a favore di parlamentari.
In questo modo sarebbero stati ottenuti rimborsi non dovuti erogati dal Servizio sanitario integrativo per i parlamentari
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 18th, 2013 Riccardo Fucile
COSE CHE SOLO IN ITALIA POSSONO ACCADERE: “NEANCHE I CONTAINER DEL PESCE SI SPOSTANO COSI'”
Ieri ne hanno sepolti 385. Sono le vittime del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre. Senza un fiore. Senza una lapide. Senza una cerimonia come si deve.
In attesa di un mezzo funerale di Stato, facile da promettere il primo giorno, quello dello sgomento, facilissimo da dimenticare – come hanno fatto Letta, Alfano, la Bonino – due settimane dopo.
Senza più tv.
Senza più un Barroso in passerella e nemmeno una Boldrini.
In un buio gelido come quello del mare che li ha ingoiati – eritrei e siriani – per restituirli gonfi, a brandelli, senza identità .
La fine perfetta di una non storia, fatta di non uomini, di non donne, soprattutto di non bambini. Numeri macinati a caso nello stomaco dell’universo.
Scarti. Senza neanche la differenziata.
Cinque di loro, i più fortunati, li hanno tumulati nel cimitero di Sambuca di Sicilia, dove il Comune ha messo a disposizione un pezzo del camposanto.
È venuto il sindaco, Leo Ciaccio, e anche una ventina di profughi, la metà dei quali sopravissuti al disastro.
Chi erano i cinque? E chi lo sa.
Si sa solo bisognava metterli sotto terra in fretta. Prima che portassero malattie. Appestati. Sono stati i medici a spingere perchè si accelerasse.
C’è stata anche una cerimonia funebre vera, con tanto di sacerdote. Gli uomini e le donne, vestite a lutto, erano farfalle nere che andavano e venivano in piroette miopi, piangendo connazionali presunti.
Qualcuno è anche svenuto, ascoltando la voce stridula di stormi di gabbiani evasi dalle nuvole. Ma almeno c’è stato un canto, un «Dio vi benedica».
A Piano di Gatta, ancora Agrigento, dove le bare sotterrate erano 85, è andato tutto molto più veloce, come se le autorità di ogni ordine e grado avessero paura di venire inseguiti da defunti che non riescono più nemmeno a trovare i vicoli da cui sono venuti. Ma forse erano già fantasmi alla nascita.
Le casse le hanno infilate in cinque cappelle di cemento grezzo. Il guardiano del cimitero ha detto: «Non ne avevo mai viste tante insieme».
Non c’erano targhette a distinguerle. Solo numeri. Con un pennarello li hanno segnati sul muro. Qui, a sinistra, ci sono il 6, il 23 e il 98. Chi non li volesse piangere può sempre giocarli al lotto.
Enzo Billaci, che vive da sempre a Lampedusa e fa l’assessore alla pesca, chiede: «Ma che cos’è diventata l’Italia?».
Un posto talmente opaco e micragnoso che neppure gli immigrati ci vogliono stare. Rifiutano i riconoscimenti. Sognano di scappare in Svezia. O in Inghilterra.
Solo i morti sono costretti a subire. «Quando ho visto le braccia meccaniche della navi portare via a due a due le bare bianche dei bambini, mi si è crepato il cuore. Neanche i container del pesce si spostano così. Mi sono vergognato».
Anche il suo sindaco, Giusi Nicolini, si è vergognata. «Non volevano fargli il funerale di Stato? Potevamo fargli almeno noi quello di Paese».
In verità un saluto pubblico, senza bare, senza corpi, senza senso, ma con le bandiere tricolore – «alla presenza dei rappresentanti del Governo e delle istituzioni», recita un bislacco comunicato del Viminale – si farà lunedì 21.
Ad Agrigento. Al molo turistico. A posteriori.
Per fare finta di avere pietà .
«Lampedusa ha rispetto di chi arriva. Vedendo le bare ho pensato a quelli che abbiamo salvato in vent’anni. Migliaia. Chissà se lo stesso rispetto ce l’ha il ministero dell’Interno», sussurra Giusi Nicolini. È stremata. E rimane sul molo con gli occhi bassi per cinque minuti che sembrano cinque ore.
Un po’ di casse le hanno portate a Canicattì. Altre a Caltanissetta. Pochi ignoti fortunati sono finiti nelle tombe private delle famiglie Scolaro e Gelardi.
Cittadini qualunque, che hanno pensato: se non lo fa lo Stato lo facciamo noi.
Alcuni li hanno lasciati al cimitero di contrada Farello. A Gela. Ad attenderli c’era un prete. E persino un imam. Li hanno seppelliti verso la Mecca.
Poco importa sapere se in mezzo ci fossero dei cristiani. «Queste persone sono venute dal mare con la speranza di vivere, ma scappando dalla guerra hanno incontrato la morte, per volontà di Dio e per colpa dell’uomo che ha chiuso le frontiere», ha detto Mufid Abu Taq.
E una donna grassa, che respirava con la bocca, esalando un lamento lieve e continuo, all’improvviso si è messa a gridare. Ed è stato come se tutte le urla dei suoi precedenti sessant’anni di vita fossero state solo un allenamento per questa straziante sfuriata.
(da “La Stampa“)
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Ottobre 18th, 2013 Riccardo Fucile
L’ARTICOLO DI AMADORI SU “LIBERO” RIVELA UN CASO SIMILE A QUELLO PER CUI LA IDEM FU COSTRETTA ALLE DIMISSIONI
La signora non sembra neppure sfiorata dall’integralismo dei 5stelle, rigorosissimi custodi dell’ortodossia
legalitaria. Anzi, come una cittadina italiana media (nonostante nome e padre iraniani, è nata a Ravenna da madre romagnola) pare non disdegnare quelle piccole scorciatoie che consentono alla gente comune di barcamenarsi e risparmiare, vuoi sull’Imu, sulle bollette, sull’imposta di registro e via dicendo.
Di che cosa stiam per trattare?
Di una bella casetta e dei trucchi per risparmiare qualche soldino.
Quasi la fotocopia della vicenda dell’ex ministro delle Pari opportunità Josefa Idem, pizzicata da questo giornale a intestarsi come abitazione principale una palestra e non la casa che condivide con il marito, risparmiando dieci anni di Ici e Imu (parzialmente risarcita ad agosto). In quei giorni gli esperti spiegarono che «l’Imu ammette per le persone coniugate una sola abitazione principale».
Qualcuno potrebbe obiettare che trattasi di peccati veniali; vero, ma di quelli che il tribunale del popolo grillino, perennemente connesso, non perdona.
E neppure il presidente del Consiglio Enrico Letta, il quale nel giugno scorso ha chiesto alla sua ministra di dimettersi, costringendola a ritirarsi nella sua campagna ravennate. A pochi chilometri da dove è nata, per un caso del destino, la nostra Parvin.
RESIDENZA SOSPETTA
Ma torniamo alla casetta della signora, cinque vani con giardino sulla collina genovese di Sant’Ilario.
Secondo l’anagrafe la moglie di Grillo risiede qui, a pochi metri dalla villa del marito. Ci sarà un errore, penseranno i lettori. Ma per capire che non c’è nessuno sbaglio basta dirigersi negli uffici comunali di Quarto dei Mille e chiedere un certificato di residenza della coppia.
Lei ufficialmente abita nella casetta insieme con la figlia di primo letto Valentina Scarnecchia (il padre era l’ex giocatore del Milan Roberto), trentatreenne e fresca sposa.
Ma se le donne di casa Grillo risultano residenti in salita dei Marsano, gli uomini della famiglia, ovvero Beppe, Ciro (classe 2001), Rocco (1994) e Matteo Scarnecchia (1987, altro figlio di Parvin) vivono tutti sotto lo stesso tetto nell’adiacente via dei Marsano, nella villa di famiglia color salmone.
Si tratta di 24 stanze disposte su tre piani, con due piscine, di cui una coperta, e vista senza pari sul mar Ligure.
In passato la casa è stata al centro di qualche polemica per una copertura abusiva poi condonata. In realtà , a quanto risulta a Libero, i coniugi Grillo non si sono mai separati e condividono lo stesso talamo nella dimora principale, mentre in salita dei Marsano, hanno traslocato Valentina e il neomarito Alessandro Forti, trentunenne titolare di un locale sulla passeggiata Anita Garibaldi di Nervi (quella del film «Palombella rossa» per intenderci).
La casa è una porzione della celebre villa Maciste, l’alias di Bartolomeno Pagano, ex scaricatore di porto e interprete cinematografico del personaggio ideato da Gabriele D’Annunzio.
Il rogito è stato firmato davanti al notaio genovese Paolo Mariotti il 21 ottobre 2011. Quel giorno nello studio c’erano Parvin («coniugata in separazione dei beni» annotò il professionista) e le due venditrici, madre e figlia.
La moglie di Grillo saldò i 550mila euro pattuiti con 10 assegni circolari da cinquantamila euro l’uno e due da 25mila dell’agenzia della Banca Passadore di Nervi.
Pochi mesi prima di acquistarla la donna aveva ceduto un’altra casa di pari valore, in via Niccolini, nel Levante genovese.
Come prevede la legge, le imposte di compravendita vennero calcolate sul valore catastale dell’immobile, 82mila euro circa, «indipendentemente dal corrispettivo pattuito».
Sin qui tutto normale. Ma nel rogito si legge anche: «La parte acquirente (Parvin Tadjik ndr) dichiara che intende adibire l’immobile acquistato con il presente atto a propria abitazione principale».
E per questo la signora vi ha spostato la residenza. Pur continuando a vivere nel villone del suo Beppe.
Le cui proprietà fanno capo a due immobiliari, la Bellavista e la Gestimar.
Nei loro bilanci un lungo elenco di case, ville e terreni in giro per l’Italia, dai 21 vani sul mare di Bibbona Marina (villa affittata l’estate scorsa a 14 mila euro la settimana), agli appartamenti in Costa Smeralda.
Grillo ha diverse proprietà pure all’estero, dallo chalet nell’esclusiva località sciistica francese di Megève, alla casa di Lugano, in Canton Ticino. Un patrimonio in cui Parvin non figura.
SPESE AZZERATE
E così nel rogito per i suoi cinque vani lady Grillo chiede di poter recuperare l’«imposta proporzionale di registro versata in occasione della registrazione del contratto preliminare» e ottiene pure di poter trasferire «le agevolazioni fiscali “prima casa”» dall’appartamento di via Niccolini a quello di salita dei Marsano.
Un credito, «pari a euro 5.475 euro che l’acquirente (Parvin Tadjik, ndr) intende portare in diminuzione dell’imposta di registro dovuta sul presente atto di compravendita».
Ovvero spese azzerate. Infatti per l’acquisto Parvin avrebbe dovuto pagare un’imposta di registro pari al 3 per cento di 82 mila euro (2.500 circa), 168 euro di imposta ipotecaria e altrettanti per quella catastale, in tutto meno di 3 mila euro.
Se avesse acquistato l’immobile come seconda casa le tasse sarebbero schizzate oltre gli 8mila euro, vale a dire il dieci per cento del valore catastale dell’immobile, senza la possibilità di scontare i 5mila versati in precedenza.
A questo conto bisogna aggiungere il risparmio per l’Imu (quest’anno le prime case non la pagano), circa 2.200 euro in due anni, e per le utenze.
A oggi, in tutto, il risparmio ammonta a oltre 10mila euro.
Certo si tratta di spiccioli per la moglie di Beppe Grillo, il quale, prima di tuffarsi in politica, dichiarava 4 milioni di euro di reddito.
Ma si sa, la parsimonia dell’ex comico è proverbiale e a Genova c’è ancora chi ricorda quella tuta che indossava tutti i giorni.
Rigorosamente senza tasche.
(da “Libero“)
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Ottobre 18th, 2013 Riccardo Fucile
PER ABOLIRE LA SECONDA RATA IMU L’ESECUTIVO È PRONTO A RIVALUTARE LE QUOTE DI BANKITALIA, UN BALSAMO PER I CONTI DEI GRANDI GRUPPI IN DIFFICOLTà€
“È un work in progress”. Fonti di governo riassumono così la manovra approvata, in tutta fretta, poco prima della mezzanotte di lunedì: “Abbiamo dato l’impostazione, il resto dovremo per forza farlo in Parlamento”.
Praticamente il ddl Stabilità è ancora una bozza: le coperture traballano e la maggior parte, scommettono a palazzo Chigi, verranno trovate nelle prossime settimane.
Poi, anche se non sembra aver creato particolari problemi nella maggioranza, c’è una cosa che ancora manca: l’abolizione della seconda rata dell’Imu sulla prima casa, quella di dicembre, che vale 2,4 miliardi.
“Non c’è — conferma un dirigente del Pd — L’idea è fare un decreto a fine novembre”. Insomma, mancano due miliardi e mezzo per l’anno in corso, mentre l’intervento sul cuneo fiscale nel 2014 s’è rivelato una cosetta da 10 euro al mese che in molti casi sarà completamente riassorbito dal taglio da mezzo miliardo su detrazioni e deduzioni.
E allora? Sotto con la creatività : la copertura della seconda rata Imu dovrebbe arrivare dalla rivalutazione delle quote della Banca d’Italia, i soldi per aumentare l’intervento sul cuneo nel 2014 dal concordato fiscale con la Svizzera.
Bankitalia e “l’associazione a delinquere”
L’ha chiamata così Tito Boeri in un pezzo su lavoce.info per indicare la convergenza di interessi tra le banche che devono rafforzare i loro pencolanti requisiti patrimoniali e la politica in cerca di soldi facili.
Nella parte della vittima, come spesso capita, l’interesse generale e la razionalità . Riassunto: la nostra banca centrale è al 94 e dispari per cento di proprietà delle ex banche pubbliche (Bnl, Intesa, Unicredit, etc).
Il capitale è diviso in trecentomila quote dal valore simbolico di 156 mila euro.
L’ideona — assai sponsorizzata da Renato Brunetta e che ora viene studiata da una commissione di Bankitalia — è che aumentando quel valore si otterrebbero due risultati: patrimonio per le banche, entrate per lo Stato dalla tassazione della plusvalenza. Problema: questa operazione o non servirà a niente o sarà dannosa.
Intanto stabilire il valore della Banca d’Italia è difficile: seguendo “parametri oggettivi”, ha spiegato Boeri, si arriva alla cifra di un miliardo circa, il che comporterebbe poche decine di milioni di euro di introiti per l’erario.
Se, con Brunetta, immaginiamo invece un incasso di cinque miliardi, visto che l’aliquota è al 20 per cento, le quote andranno valutate 26 miliardi di euro.
Anche tralasciando il fatto che poi, volendo riportare la banca in mano pubblica, bisognerebbe spendere un pacco di soldi, c’è un altro problema: finora Bankitalia ha distribuito “dividendi” per 45 milioni l’anno circa in virtù del suo basso valore, con la nuova quotazione passerebbero a circa un miliardo.
Gli istituti di credito, insomma, guadagnerebbero patrimonio e in capo a pochi anni comincerebbero persino a guadagnarci: il governo, però, avrebbe i soldi per abolire la rata di dicembre dell’Imu.
Non è, peraltro, l’unica buona notizia per le banche contenuta nella legge di stabilità : c’è già la deduzione dei crediti deteriorati in cinque anni anzichè diciotto e pure il permesso a Cassa depositi e prestiti di intervenire anche sulle grandi imprese e non solo sulle Pmi (si tratta di fornire “garanzie” alle banche, che così potrebbero fare nuovo credito o, più probabilmente, ristrutturare il vecchio).
Accise, coperture ballerine e Bruxelles
Aspettando notizie sul concordato fiscale con la Svizzera — “poche settimane” — che consenta di sgravare davvero i redditi da lavoro e le tasse sulle imprese (almeno per quelle che assumono, cioè quelle che esportano, le aziende in crisi dal governo Letta non avranno niente), c’è il problema che le cifre della manovra “work in progress” per il momento ballano in maniera preoccupante: entrate una tantum come la rivalutazione dei cespiti dovrebbero coprire spese strutturali, tagli non ancora definiti uscite già ben individuate, dismissioni destinate per legge al taglio del debito messe a coprire il deficit. Ovviamente la commissione Ue — che con le nuove regole sulla sessione di bilancio europea ha poteri vastissimi — guarda con sospetto a questo tipo di operazioni e, per tranquillizzarla, il governo ha messo lì la solita “clausola di salvaguardia”: se il bilancio non va come previsto e la spending review non funziona, aumenteranno le accise (benzina o sigarette) e ci sarà un taglio progressivo di agevolazioni, deduzioni e detrazioni fiscali.
Una mazzata da dieci miliardi a regime, cioè nel 2016.
Se vi ricorda qualcosa è perchè lo fece già Tremonti e ora l’Iva è al 22 per cento.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 18th, 2013 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE NON HA ANCORA DECISO CHE LINEA TENERE E CERCA DI CONSERVARE SIA GOVERNATIVI CHE LEALISTI
Tre ore per chiarirgli che loro non potrebbero mai condividere una rottura, una crisi di governo, nel momento
in cui l’Italia «tocca lo spread minimo da due anni», si cominciano «a diminuire le tasse», la Borsa «sale» e Bankitalia prevede «una prossima ripresa».
Tre ore per spiegargli che certo, non sarebbero accettabili «provocazioni di nessun tipo» sul tema giustizia e decadenza, ma esattamente come tre settimane fa nemmeno sarebbe logico mescolare il piano politico con quello giudiziario.
Tre ore per convincerlo che le elezioni oggi, oltre che difficilissime da ottenere, sarebbero «incomprensibili per il nostro elettorato», e impedirebbero «ogni alleanza o incontro con i centristi, con i quali il dialogo è possibile».
Hanno parlato la stessa lingua i ministri – Alfano, Quagliariello, De Girolamo, Lorenzin (Lupi era all’estero), ai quali si è aggiunto dopo pranzo anche Schifani – e hanno trovato un Silvio Berlusconi meno duro di quanto si aspettassero.
«Le cose che dite sono ragionevoli», ha convenuto l’ex premier, che a differenza dei giorni scorsi è parso non così critico rispetto alla legge di Stabilità – che «pure va modificata, Brunetta ci sta già lavorando» – ma invece sempre più angosciato sia per le proprie questioni giudiziarie («È in atto un nuovo attacco da Milano, lo vedete tutti») che per l’unità del partito che «è indispensabile per me in questo momento così drammatico».
Argomenti connessi, perchè il Cavaliere sa bene che la sua forza, la sua possibile resistenza, passa per un partito che non si frantuma e un quadro politico chiaro, in un senso o nell’altro: o con un governo «amico» il cui sostegno in quel caso può arrivare «anche fino al 2015», o con una rottura che porti al voto subito.
La seconda ipotesi non è affatto esclusa, e il nodo dei nodi resta il trattamento che gli verrà riservato da un Pd che «continua a essermi nemico, dopo tutto quello che ho fatto» sia nel voto sulla decadenza che sugli altri eventuali segnali che potrebbero arrivare (amnistia, indulto, grazia).
Non a caso, Berlusconi starebbe preparando anche un «opuscolo», raccontano, in cui si racconta «la verità sui miei processi», perchè l’idea che la sua storia politica si concluda con un’uscita di scena dal Parlamento agli arresti gli risulta sempre insopportabile.
E però, Berlusconi lo sa, la via della rottura immediata e del voto anticipato è molto ardua da percorrere: perchè i ministri sembrano indisponibili a una crisi ora, e anche perchè pur andando a votare le possibilità di vittoria «con Renzi che dopo il congresso e si giocherà tutte le sue carte» sarebbero molto poche.
Dunque, Berlusconi sta cercando in questo momento di giocarsi le ultime carte mantenendo per ora il sostegno al governo (c’è chi pensa perfino a un rimpasto per rafforzarlo) sperando che serva per attenuare quella «persecuzione giudiziaria» che lo tormenta ogni giorno di più.
Ma per farlo, ha bisogno di un partito unito. Cosa che ha fatto capire ai ministri, mettendo in chiaro che a capo del partito resterà lui, che non ha nessuna intenzione di consegnare la ditta nelle mani dei governativi marginalizzando l’ampia area dei lealisti.
Così ieri Raffaele Fitto, all’uscita dell’ennesimo faccia a faccia con il Cavaliere, ha potuto dire che «è andata bene, benissimo».
A conferma comunque che Berlusconi oggi non può nè vuole fare a meno di nessuno dei suoi, almeno fino a quando non avrà elementi per decidere definitivamente quale linea tenere.
Una tregua armata forse è possibile sulla linea del sostegno al governo da una parte e dell’azzeramento sostanziale, non formale, degli incarichi dall’altro (Alfano ha riproposto le primarie, Berlusconi non le avrebbe bocciate).
Ma fino a quando la posizione reggerà , nessuno ormai se la sente più di scommettere.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 18th, 2013 Riccardo Fucile
L’ASSE TRA EX DC E ALFANIANI: 14 SENATORI PER SALVARE BERLUSCONI AL SENATO
L’ira gelida del gesuita è montata tra le mura ovattate di Palazzo Giustiniani, senza che nulla trapelasse all’esterno.
Alle quattro del pomeriggio Mario Monti – una volta letto il documento «frondista» degli undici senatori – ha maturato l’idea di dimettersi seduta stante dalla presidenza di Scelta Civica.
Da quel momento, nel suo studio di palazzo Giustiniani, il Professore ha iniziato una faticosa stesura del comunicato col quale avrebbe reso pubblica la sua decisione.
Una corsa contro il tempo, anche perchè alle 19,30 Monti aveva già fissato un incontro chiarificatore, a tu per tu, con Mario Mauro, il «suo» ministro della Difesa, che negli ultimi giorni lo aveva ripetutamente «tradito».
Alla fine il Professore ce l’ha fatta, è riuscito a licenziare il comunicato poco prima di andare all’incontro con Mauro.
Un incontro – e in questo dettaglio c’è tutto Monti – che era stato fissato a palazzo Baracchini, sede del ministero della Difesa: «Vengo io da te», aveva preannunciato il Professore a Mauro e il ministro aveva interpretato il gesto come un segno di elegante deferenza.
Ma ad incontro in corso, le agenzie battevano il testo del comunicato col quale Monti si dimetteva dalla presidenza del partito da lui voluto e fondato.
Era da almeno un mese che il professor Monti scrutava con sospetto le mosse del «ciellino» Mario Mauro, che nei mesi precedenti si era conquistato la fiducia dell’ex premier sia per le evidenti doti politiche e di competenza dimostrate al Parlamento europeo, ma anche in virtù di un rapporto personale improntato alla reciproca fiducia.
Certo, già in estate, il Professore aveva capito che dentro il suo partito l’area cattolico-moderata raccolta attorno a Pier Ferdinando Casini puntava a mettersi in proprio.
A fine luglio, al Tempo di Adriano a Roma, si era svolto un convegno a porte chiuse di questa area e proprio il ministro Mauro si era segnalato con un gesto significativo: impegnato in Corea, aveva mandato un video.
Nell’ultimo mese l’area Mauro-Casini è uscita allo scoperto. Soprattutto dopo lo strappo di Angelino Alfano e dell’ala «ministeriale» dal resto del Pdl.
Non avendo messo in pratica una scissione, da due settimane si è aperto un cantiere, si sono intensificati i rapporti tra gli «alfaniani» e Casini-Mauro.
Per fare una Dc bonsai, concorrenziale con Forza Italia?
O per diventare la plancia di comando di una futura sezione italiana del Ppe, con Berlusconi padre nobile?
Nell’incertezza Mauro è uscito allo scoperto. Il 16 ottobre il ministro si è visto a pranzo con Silvio Berlusconi (sempre al ministero della Difesa, dove Monti forse con intenzione è andato ieri sera) e tra i tanti boatos smentiti, uno non lo è stato: si sarebbe parlato anche della ipotesi che, nel prossimo, decisivo voto a palazzo Madama sulla decadenza del senatore Berlusconi, il gruppo Mauro-Casini (che conta su 14 unità ) possa votare nel segreto per salvare il Cavaliere. Un progetto che potrebbe diventare la prima mission del nuovo gruppo parlamentare destinato a nascere la prossima settimana dalla confluenza di Mauro-Casini con gli ex Pdl che non entreranno in Forza Italia, a cominciare da Carlo Giovanardi e Roberto Formigoni.
Quanto a Scelta Civica, se le dimissioni di Monti fossero senza ritorno, per la successione, i favoriti sono tre: Benedetto Della Vedova, Linda Lanzillotta, Alberto Bombassei.
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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Ottobre 18th, 2013 Riccardo Fucile
DA SALVATORE DELLA PATRIA A VITTIMA DELLE BEGHE CONDOMINIALI DI “SCELTA CIVICA”
Mario Monti o della dissipazione. Crudele è il destino dei salvatori della patria, chiamati a domare con successo lo spread e finiti vittime delle beghe para-condominiali di Scelta Civica
Passati dal garantire l’Italia con la cancelliera Merkel e ridotti a dolorosi zimbelli di un Cesa o di un Olivero.
«Super Mario» avevano preso a chiamarlo anche a Strasburgo, e allora lui con ferma modestia: «No, no, solo Mario». Ventisette applausi alla presentazione del suo governo; e adesso un gelo imbarazzante ogni volta che il professore interviene al Senato, nemmeno il consenso pieno dei suoi, «un dilettante della politica» lo definiscono dopo avergli sfilato il partito, «la forza che ho ispirato e fondato», da sotto i piedi, come un tappeto, e addirittura ricevono felicitazioni per questo, ammirati bigliettini a sfondo cannibalico: «Complimenti, Pier, per come ti sei cucinato Monti».
Sventuratissimo tecnocrate, e si cercherebbe qualcosa, una parola, un gesto, un qualche segno che possa illustrare questa caduta come un autentico dramma, ma invano.
La vera tragedia del potere, in questi tempi di chiacchiere e visioni a distanza, è che tutto si abbassa e s’immiserisce, e nella triste vicenda di Scelta Civica, tra velleità e fallimenti, caos e voltafaccia, si resta come ipnotizzati dal modo in cui le cronache hanno descritto gli stati d’animo di Monti dalle elezioni a oggi: deluso, eppure smanioso, poi risentito, quindi provato, poi ancora allibito e infine disgustato.
Patetici frammenti autobiografici accompagnano gli ultimi mesi: «Mi basta varcare i confini per essere riconosciuto», donde la tentazione di restarsene all’estero, senza più dover combinare pensieri e parole per tenere a bada gli appetiti dell’Udc, le bramosie dei superstiti di Fli o le frustrazioni del segmento montezemoliano.
Come pure angosciosi soprassalti trasmettono di tanto in tanto lampi di verità : «Ho lavorato una vita intera a costruirmi una reputazione e adesso ho avviato la mia sistematica demolizione».
E comunque: quale incredibile e dissennato spreco di credibilità ! Troppo facile adesso ricordare gli errori, il primo dei quali la «salita in campo», cioè mettersi in proprio, ma mischiandosi e perciò diventando in un paio di mesi come tutti gli altri, senza vocazione, e tuttavia accettandone i biechi codici, i nipotini, i cagnolini, la foto con Paulo Coelho, gli sportivi in lista, la recita «sugnu sicilianu» e la pizza napoletana con su scritto “Monti”.
E questo già bastava a dimostrare come il gusto del potere, prima ancora dell’ambizione, trasfigura non solo le persone, ma anche le migliori e costose intenzioni.
Napolitano gli aveva detto: meglio di no. Lo stratega americano, a nome Axelrod, gli era costato 350 mila bombi; la società dei sondaggi, che dio la benedica, appena 48 mila.
E però, anche dopo la sconfitta, del tutto indifferente al motto diabolicum perseverare, il professore si era messo in testa di fare il presidente del Senato.
Gliela dovevano, «o me o nessun altro» fremeva con malcelato disappunto mostrando gli sms con cui il Quirinale, di nuovo, gli esternava il «divieto impostomi».
Non si pretenderà qui di seguire passo passo la genealogia e gli sviluppi dello scontro tra Monti e i suoi stessi parlamentari, oltretutto con la partecipazione straordinaria di uno specialista come Pierfurby Casini, ma certo la serietà e la sobrietà di un tempo erano già andate a farsi benedire. Ad aprile l’ex tecnocrate offeso toglieva il nome dal simbolo e dallo statuto; a maggio si impegnava di nuovo; a luglio minacciava nuovamente le dimissioni («Posso andarmene anche domattina»); ad agosto un ragazzetto incontrato per caso gli chiedeva: «Ma lei è triste e non avere più un lavoro?».
Arrivati a una certa età , sono domande cui è ancora più triste rispondere, altro che Bildenberg. Nel frattempo il ministro Mauro, come un sommergibilista, navigava in profondità estendeva la propria vogliosa agitazione al Ppe prefigurando grandiosi scenari centristi; e ironia della sorte, i berlusconiani erano tornati al governo e addirittura lo irridevano, come Brunetta, che dopo l’ennesima messa a punto l’aveva chiamato, anche evocando certe debolezze filogermaniche: «Il Grosse Rosikonen».
C’è forse una lezione, in questa parabola.
La solita; che il potere è una bestiaccia che consuma anche le migliori personalità .
Mario Monti, non super-Mario, apparteneva senz’altro a questa categoria. Ma l’uso scriteriato di risorse è un guaio vero, e non riconoscerlo in tempo porta ad altri peggiori guai.
Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 18th, 2013 Riccardo Fucile
“LO SANNO TUTTI CHE NON SONO UNA COPPIA REALE, MA STANNO ZITTI PER INTERESSE”
“Servizio Pubblico” nella puntata di ieri sera ha ospitato l’intervista di Michelle Bonev. L’attrice non soltanto ha dichiarato di essere «andata » con Silvio Berlusconi, ma è anche tornata ad attaccare la fidanzata dell’ex premier sostenendo che non avrebbe mai avuto un uomo e che penserebbe solo al potere.
Era parte di quel mondo, ha partecipato alle cene che, sebbene eleganti, prevedono “toccatine e dopocena”, nel 2012 è stata a letto con il premier — sostiene — per ottenere un contratto con Mediaset, e alla fine dice di aver avuto una relazione anche con la fidanzata di Silvio, Francesca Pascale.
Questo racconta a Servizio Pubblico Michelle, che dice di sentirsi come una “pentita della società ”. Non fa nè la santa, nè l’ingenua, nè la Giovanna d’Arco: ha scelto di scendere a compromessi per convenienza, e lo dice, perchè aver toccato il fondo non le è servito, perchè “pensava di usare e invece è stata usata”.
Michelle perchè solo adesso ha deciso di parlare?
Ho vissuto nella menzogna negli ultimi quattro anni e non sono nemmeno riuscita a ottenere quello che desideravo.
In molti potrebbero darle dell’opportunista, visto che parla in un momento di difficoltà sia di Berlusconi che suo, visto che lei non sta lavorando.
Io non credo nelle difficoltà di Berlusconi: finchè lui avrà i soldi, lui è un uomo potente.
Quando conosce Francesca Pascale?
Ho sentito per la prima volta il nome Francesca Pascale nel 2012, a gennaio. Io ero ad Arcore, a cena con alcune ragazze, quando Maria Rosaria Rossi ha chiamato allarmata Berlusconi, dicendo: “Sta arrivando Francesca da Roma, è incazzata nera”. A quel punto vedendo un “fuggi fuggi”, chiedo a Berlusconi: “Ma chi è questa ragazza?” .“È carina e simpatica”, mi ha detto, “però ha un brutto carattere, ogni tanto arriva e fa casino”.
Perchè avrebbe fatto “casino”?
Voleva essere lei la first lady.
Quella sera insomma è andata via, poi cosa è successo?
Il mese dopo, sono andata a palazzo Grazioli, sempre per capire cosa stesse succedendo con il mio contratto. E in quell’occasione Berlusconi mi ha detto: “ti devo raccontare di questa ragazza, Francesca Pascale: a lei piacciono le donne. Inizia tutto molti anni fa, con la sua insegnante, una donna molto più grande di lei. Francesca è molto gelosa delle ragazze che sono intorno a me perchè pensa che siano tutte zoccole, mignotte e poco di buono. Lei vorrebbe starmi vicino per proteggermi e vorremmo fare una cerchia di amiche “più vicine”, perbene… e lei ha detto che vorrebbe conoscerti. Francesca apparentemente diventerà la mia ragazza…” . Il giorno dopo mi presenta, a un pranzo a palazzo Grazioli, Francesca, che appena arriva mi dice: “Ah, ma come somigli alla mia insegnante!” Siamo veramente diventate molto amiche, come due sorelle. Silvio mi era molto grato che “la tenessi buona”, perchè comunque a lui questa cosa intrigava… Un weekend, a giugno, la porto all’isola d’Elba e succede che il maggiordomo di Arcore la chiama e le dice: “Guarda che domani sera verranno 20 ragazze. Stasera ce ne sono 10. Quindi vieni perchè qui si ricomincia tutto… io sai sono andato lì a fare testimonianze… ho paura, i miei figli, le mie cose, ti prego vieni, tu sei l’unica che facendo casino… magari riusciamo a mandarle via a metà …” Francesca ha detto: vado, faccio un blitz. Appena siamo arrivate ad Arcore, Berlusconi mi ha detto: “Michelle, io non la amo. Lei vuole restare qui, io non la amo. Io non la voglio qui”. Al che, gli ho detto: “Silvio, ragiona, questa è una ragazza che non va con gli uomini e che comunque fa una certa “pulizia” intorno a te, ti può essere utile. Un mese dopo, il 16 luglio, sono arrivati alle mani.
Perchè?
Lei è andata nella camera da letto, mentre lui parlava al telefono con Katarina Knezevich.
La ragazza montenegrina?
Sì, e le diceva “ti amo”… Francesca, incazzata nera, ha preso il telefono e l’ha chiuso. Berlusconi non ha più resistito e, insomma, ha preso il telefono e ha cominciato a darglielo in testa, l’ha graffiata, era piena di lividi. Lei è scesa giù piangendo… c’erano 5 ragazze di là che aspettavano le loro buste, insomma un po’ di soldi per arrivare a fine mese, un casino, con i politici dall’altra parte… Lui è arrivato subito dopo e mi ha detto: “Michelle, tu la devi portare via. Perchè lei è una persona cattiva, mi ricatta, mi dice: ‘Se tu mi mandi via, io ti sputtano’”. Lei era una bomba a orologeria, poteva in ogni momento scoppiare.
E poi che succede, come evolve il vostro rapporto?
Il nostro rapporto si è sviluppato, io e Francesca siamo state insieme. È cominciato tutto dopo una festa con le altre ragazze che facevano chi lo spogliarello, chi ballava, chi si avvicinava a lui, Francesca era presente e piangeva perchè Silvio non l’ascoltava.
Come si sono interrotti i rapporti sia con Francesca che con Berlusconi?
Il nostro rapporto si è interrotto ad aprile, dopo la messa in onda su Mediaset della mia fiction Donne in gioco, trasmessa contro la partita della Nazionale. Visto che parlava di ludopatia, non andava bene agli inserzionisti pubblicitari del gioco d’azzardo e quindi questo prodotto doveva essere bruciato. A quel punto, io sono andata ad Arcore e ho cominciato a essere scomoda, perchè piangevo e alzavo la voce. Berlusconi mi disse di lasciar stare e che tra due-tre mesi avrei firmato un altro contratto. Più tardi, mi vedo con Francesca che mi dice che lui è molto imbarazzato perchè la fiction non è andata bene e che hanno subito critiche, e mi chiede “Michelle non ti è venuto in mente che non sei brava come attrice?”. E poi aggiunge: “Non fare più fiction, resta con noi, hai la tua stanza”. A quel punto le scrivo: dimenticatevi di me, abbiate pietà di una che è appena stata lapidata, lasciatemi stare. Ci sono momenti che arrivano schiaffi talmente forti che tu ti rendi conto che non ne è valsa la pena: tu ti sei compromessa, hai fatto tutto per arrivare ad avere qualcosa, anche auto-convincendoti che ti vogliono bene e che vuoi bene, ma tu sei niente per loro, sei una marionetta nelle mani del potere. E non vale la pena nemmeno quello che fa Francesca, perchè è tutto falso, vivono nella menzogna. Vanno sui giornali, dicono che sono una coppia, ma non è vero: Francesca Pascale è lesbica, io sono stata con lei, non una volta, avevamo un rapporto. E sai cosa? Lo sanno in tanti, ma nessuno parla.
Francesca Fagnani
argomento: Berlusconi | Commenta »