STABILITÀ, REGALO ALLE BANCHE: RISCHIO STANGATA SULLE ACCISE
PER ABOLIRE LA SECONDA RATA IMU L’ESECUTIVO È PRONTO A RIVALUTARE LE QUOTE DI BANKITALIA, UN BALSAMO PER I CONTI DEI GRANDI GRUPPI IN DIFFICOLTà€
“È un work in progress”. Fonti di governo riassumono così la manovra approvata, in tutta fretta, poco prima della mezzanotte di lunedì: “Abbiamo dato l’impostazione, il resto dovremo per forza farlo in Parlamento”.
Praticamente il ddl Stabilità è ancora una bozza: le coperture traballano e la maggior parte, scommettono a palazzo Chigi, verranno trovate nelle prossime settimane.
Poi, anche se non sembra aver creato particolari problemi nella maggioranza, c’è una cosa che ancora manca: l’abolizione della seconda rata dell’Imu sulla prima casa, quella di dicembre, che vale 2,4 miliardi.
“Non c’è — conferma un dirigente del Pd — L’idea è fare un decreto a fine novembre”. Insomma, mancano due miliardi e mezzo per l’anno in corso, mentre l’intervento sul cuneo fiscale nel 2014 s’è rivelato una cosetta da 10 euro al mese che in molti casi sarà completamente riassorbito dal taglio da mezzo miliardo su detrazioni e deduzioni.
E allora? Sotto con la creatività : la copertura della seconda rata Imu dovrebbe arrivare dalla rivalutazione delle quote della Banca d’Italia, i soldi per aumentare l’intervento sul cuneo nel 2014 dal concordato fiscale con la Svizzera.
Bankitalia e “l’associazione a delinquere”
L’ha chiamata così Tito Boeri in un pezzo su lavoce.info per indicare la convergenza di interessi tra le banche che devono rafforzare i loro pencolanti requisiti patrimoniali e la politica in cerca di soldi facili.
Nella parte della vittima, come spesso capita, l’interesse generale e la razionalità . Riassunto: la nostra banca centrale è al 94 e dispari per cento di proprietà delle ex banche pubbliche (Bnl, Intesa, Unicredit, etc).
Il capitale è diviso in trecentomila quote dal valore simbolico di 156 mila euro.
L’ideona — assai sponsorizzata da Renato Brunetta e che ora viene studiata da una commissione di Bankitalia — è che aumentando quel valore si otterrebbero due risultati: patrimonio per le banche, entrate per lo Stato dalla tassazione della plusvalenza. Problema: questa operazione o non servirà a niente o sarà dannosa.
Intanto stabilire il valore della Banca d’Italia è difficile: seguendo “parametri oggettivi”, ha spiegato Boeri, si arriva alla cifra di un miliardo circa, il che comporterebbe poche decine di milioni di euro di introiti per l’erario.
Se, con Brunetta, immaginiamo invece un incasso di cinque miliardi, visto che l’aliquota è al 20 per cento, le quote andranno valutate 26 miliardi di euro.
Anche tralasciando il fatto che poi, volendo riportare la banca in mano pubblica, bisognerebbe spendere un pacco di soldi, c’è un altro problema: finora Bankitalia ha distribuito “dividendi” per 45 milioni l’anno circa in virtù del suo basso valore, con la nuova quotazione passerebbero a circa un miliardo.
Gli istituti di credito, insomma, guadagnerebbero patrimonio e in capo a pochi anni comincerebbero persino a guadagnarci: il governo, però, avrebbe i soldi per abolire la rata di dicembre dell’Imu.
Non è, peraltro, l’unica buona notizia per le banche contenuta nella legge di stabilità : c’è già la deduzione dei crediti deteriorati in cinque anni anzichè diciotto e pure il permesso a Cassa depositi e prestiti di intervenire anche sulle grandi imprese e non solo sulle Pmi (si tratta di fornire “garanzie” alle banche, che così potrebbero fare nuovo credito o, più probabilmente, ristrutturare il vecchio).
Accise, coperture ballerine e Bruxelles
Aspettando notizie sul concordato fiscale con la Svizzera — “poche settimane” — che consenta di sgravare davvero i redditi da lavoro e le tasse sulle imprese (almeno per quelle che assumono, cioè quelle che esportano, le aziende in crisi dal governo Letta non avranno niente), c’è il problema che le cifre della manovra “work in progress” per il momento ballano in maniera preoccupante: entrate una tantum come la rivalutazione dei cespiti dovrebbero coprire spese strutturali, tagli non ancora definiti uscite già ben individuate, dismissioni destinate per legge al taglio del debito messe a coprire il deficit. Ovviamente la commissione Ue — che con le nuove regole sulla sessione di bilancio europea ha poteri vastissimi — guarda con sospetto a questo tipo di operazioni e, per tranquillizzarla, il governo ha messo lì la solita “clausola di salvaguardia”: se il bilancio non va come previsto e la spending review non funziona, aumenteranno le accise (benzina o sigarette) e ci sarà un taglio progressivo di agevolazioni, deduzioni e detrazioni fiscali.
Una mazzata da dieci miliardi a regime, cioè nel 2016.
Se vi ricorda qualcosa è perchè lo fece già Tremonti e ora l’Iva è al 22 per cento.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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