I MINISTRI PDL PROVANO A FRENARE BERLUSCONI
IL CAVALIERE NON HA ANCORA DECISO CHE LINEA TENERE E CERCA DI CONSERVARE SIA GOVERNATIVI CHE LEALISTI
Tre ore per chiarirgli che loro non potrebbero mai condividere una rottura, una crisi di governo, nel momento in cui l’Italia «tocca lo spread minimo da due anni», si cominciano «a diminuire le tasse», la Borsa «sale» e Bankitalia prevede «una prossima ripresa».
Tre ore per spiegargli che certo, non sarebbero accettabili «provocazioni di nessun tipo» sul tema giustizia e decadenza, ma esattamente come tre settimane fa nemmeno sarebbe logico mescolare il piano politico con quello giudiziario.
Tre ore per convincerlo che le elezioni oggi, oltre che difficilissime da ottenere, sarebbero «incomprensibili per il nostro elettorato», e impedirebbero «ogni alleanza o incontro con i centristi, con i quali il dialogo è possibile».
Hanno parlato la stessa lingua i ministri – Alfano, Quagliariello, De Girolamo, Lorenzin (Lupi era all’estero), ai quali si è aggiunto dopo pranzo anche Schifani – e hanno trovato un Silvio Berlusconi meno duro di quanto si aspettassero.
«Le cose che dite sono ragionevoli», ha convenuto l’ex premier, che a differenza dei giorni scorsi è parso non così critico rispetto alla legge di Stabilità – che «pure va modificata, Brunetta ci sta già lavorando» – ma invece sempre più angosciato sia per le proprie questioni giudiziarie («È in atto un nuovo attacco da Milano, lo vedete tutti») che per l’unità del partito che «è indispensabile per me in questo momento così drammatico».
Argomenti connessi, perchè il Cavaliere sa bene che la sua forza, la sua possibile resistenza, passa per un partito che non si frantuma e un quadro politico chiaro, in un senso o nell’altro: o con un governo «amico» il cui sostegno in quel caso può arrivare «anche fino al 2015», o con una rottura che porti al voto subito.
La seconda ipotesi non è affatto esclusa, e il nodo dei nodi resta il trattamento che gli verrà riservato da un Pd che «continua a essermi nemico, dopo tutto quello che ho fatto» sia nel voto sulla decadenza che sugli altri eventuali segnali che potrebbero arrivare (amnistia, indulto, grazia).
Non a caso, Berlusconi starebbe preparando anche un «opuscolo», raccontano, in cui si racconta «la verità sui miei processi», perchè l’idea che la sua storia politica si concluda con un’uscita di scena dal Parlamento agli arresti gli risulta sempre insopportabile.
E però, Berlusconi lo sa, la via della rottura immediata e del voto anticipato è molto ardua da percorrere: perchè i ministri sembrano indisponibili a una crisi ora, e anche perchè pur andando a votare le possibilità di vittoria «con Renzi che dopo il congresso e si giocherà tutte le sue carte» sarebbero molto poche.
Dunque, Berlusconi sta cercando in questo momento di giocarsi le ultime carte mantenendo per ora il sostegno al governo (c’è chi pensa perfino a un rimpasto per rafforzarlo) sperando che serva per attenuare quella «persecuzione giudiziaria» che lo tormenta ogni giorno di più.
Ma per farlo, ha bisogno di un partito unito. Cosa che ha fatto capire ai ministri, mettendo in chiaro che a capo del partito resterà lui, che non ha nessuna intenzione di consegnare la ditta nelle mani dei governativi marginalizzando l’ampia area dei lealisti.
Così ieri Raffaele Fitto, all’uscita dell’ennesimo faccia a faccia con il Cavaliere, ha potuto dire che «è andata bene, benissimo».
A conferma comunque che Berlusconi oggi non può nè vuole fare a meno di nessuno dei suoi, almeno fino a quando non avrà elementi per decidere definitivamente quale linea tenere.
Una tregua armata forse è possibile sulla linea del sostegno al governo da una parte e dell’azzeramento sostanziale, non formale, degli incarichi dall’altro (Alfano ha riproposto le primarie, Berlusconi non le avrebbe bocciate).
Ma fino a quando la posizione reggerà , nessuno ormai se la sente più di scommettere.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera”)
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