Ottobre 25th, 2013 Riccardo Fucile
BENEFICIARI 54 DIRIGENTI, PARTITI UN PAIO DI ESPOSTI IN PROCURA: PER GLI STIPENDI DEI MANAGER QUEST’ANNO LA REGIONE SPENDERA’ 20, 4 MILIONI RISPETTO AI 19,7
Poveri dipendenti pubblici, con gli stipendi bloccati dal 2009 e che anche nel 2014 dovranno rassegnarsi perchè non vedranno un aumento. Mica tutti però.
Per direttori e dirigenti del Pirellone, invece, le cose non vanno troppo male neanche quest’anno, ennesimo anno di crisi e vacche magre (per gli altri).
La delibera varata il 25 luglio scorso ha infatti decretato un aumento per ben 54 di loro, su un totale di 218 in servizio.
Un beneficiato su quattro, insomma. Oltretutto su stipendi che già di per sè non si facevano mancare nulla.
Aumenti contestati all’interno della stessa macchina della Regione Lombardia, tanto che sono partiti un paio di esposti in Procura.
Va anche detto che per qualcuno dei superdirigenti, invece, la retribuzione è diminuita e con qualche malizia c’è in chi ti spiega che la “colpa” sarebbe quella di non rientrare troppo nelle grazie del potente di turno. Sarà .
Venendo invece a quelli con il segno più in busta paga, le motivazioni a norma di legge ci sono tutte: nuovi incarichi, nuova posizione organizzativa e così via.
Fatto sta che per gli stipendi dei dirigenti, alla fine, quest’anno l’ente regionale spenderà di più: da 19,7 milioni di euro a 20,4.
Nonostante l’organico dirigenziale complessivo dalla scorsa legislatura a quella attuale, per via dei pensionamenti, sia passato da 240 a 225 unità ; mentre quelli effettivamente in servizio in realtà sono aumentati da 213 a 218.
Grazie a delle new entry che in qualche modo sono fisiologiche, visto il cambio di guardia alla guida della Regione.
Un esempio? Patrizia Carrarini, ideatrice della fortunata e vincente campagna di Roberto Maroni ‘La Lombardia in testa’, oggi direttrice della comunicazione ben remunerata con 139mila euro l’anno (e altri 41mila come retribuzione di risultato).
Il più pagato è l’ex assessore Andrea Gibelli, oggi segretario generale del Pirellone: 223mila euro per leghista braccio destro del governatore.
Fra i direttori con ritocco allo stipendio c’è invece Michele Camisasca, vicesegretario generale vicario e fedele alfiere del formigonismo con sangue di origine controllata, essendo nipote del vescovo ciellino (e storiografo ufficiale del movimento) Massimo Camisasca: 12mila euro in più l’anno.
‘Solo’ 5mila euro di aumento per Giancarla Neva Sbrissa, una dei tre vicedirettori generali con identico ruolo sotto Roberto Formigoni.
Stessa cifra in più per Luca Merlino, direttore dell’assessorato alla Sanità , teste-chiave della Procura di Milano nelle indagini sull’ipotesi di corruzione del Celeste: era il dirigente che firmava i provvedimenti con lo stanziamento dei soldi pubblici destinati al San Raffaele e alla Maugeri. Filippo Bongiovanni (Sistema dei controlli e coordinamento organismi indipendenti) e Manuela Giaretta (Programmazione e gestione finanziaria) possono festeggiare con oltre 20mila euro l’anno in più.
Chissà cosa ne pensa Giuseppina Panizzoli (direttore Sport e politiche giovanili), passata dai 147mila euro l’anno agli attuali 132mila. Oppure un ex direttore dell’Arpa, Franco Picco (ora direttore generale agricoltura), 186mila euro prima e 155mila oggi.
Capitolo a parte è quello delle spese sostenute dal Pirellone per gli stipendi dei 31 dirigenti assunti attraverso il famoso concorso irregolare del febbraio 2006 (non fu pubblicato in Gazzetta ufficiale: “Violazione grave e inescusabile della legge”, si espresse il Tar).
I primi 20 in graduatoria vennero assunti a tempo indeterminato il 1° settembre 2007, gli altri il 13 gennaio 2008.
Fu anche quella una bella infornata di ciellini. Che quest’anno, messi tutti e 31 insieme, peseranno sulle casse pubbliche circa 4 milioni di euro.
Andrea Montanari e Matteo Pucciarelli
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Ottobre 25th, 2013 Riccardo Fucile
MA ANGELINO TEMPOREGGIA
È quando Silvio Berlusconi si presenta in conferenza stampa che prende forma la doppia scissione che si è consumata nel giorno più drammatico per il Pdl. ù
Con le colombe di Angelino Alfano. Ma anche col governo Letta.
Dopo la lettura del documento approvato dall’ufficio di presidenza, bulgaro nello stile, il Cavaliere, col ghigno di sente di aver stravinto, agita lo scalpo di Alfano: “Con la deliberazione di oggi siamo tornati pienamente allo statuto di Fi che assegna al presidente il diritto-dovere di delegare le funzioni e tutti coloro che oggi esercitano delle funzioni vi hanno praticamente rinunciato”.
Azzerati tutti, segretari, coordinatori e delfini.
Col lancio di Forza Italia si torna al “partito del presidente”. Punto.
Ed è con un ghigno altrettanto bellicoso che l’ex premier annuncia la dead line, oltre la quale toglierà il sostegno al governo: “Sarà molto difficile continuare a collaborare con una parte politica che sulla decadenza opera fuori dalla legge”.
Parole che rendono puramente di circostanza ogni assicurazione che il governo andrà avanti, grazie alla fiducia riconfermata a parole nel documento ufficiale.
Anzi si capisce che, da subito, il tasso di conflittualità è destinato ad aumentare: “Il Pdl si batterà per il rilancio dell’economia sulla base del suo programma elettorale”.
È l’annuncio che riprenderà , più forte, la conflittualità su ogni provvedimento che riguardi le tasse, il fisco, a partire dalla legge di stabilità .
Per la prima volta, in versione partitista ora che il partito è tornato più padronale, l’ex premier fa capire che lo strappo consumato è irreversibile: “Ho ribadito la mia fiducia ai ministri ma se si mantengono nell’ambito delle decisioni che vengono prese a maggioranza nel partito”.
Eccola, la doppia scissione. Con Alfano e col governo.
Per Berlusconi il voto di fiducia del 2 ottobre è ormai carta straccia. È la decadenza la dead line dell’esecutivo.
E non è un caso che il piano che ha discusso con i suoi legali preveda l’accettazione del voto palese: “Voglio vedere chi si alza in piedi e vota contro”.
Per questo il Cavaliere resiste all’assedio delle colombe. Tiene il punto. Tira dritto di fronte alla richiesta di far saltare l’ufficio di presidenza.
Lo strappo con Angelino si consuma nel corso di un vertice tesissimo di quattro ore. Presenti anche i ministri.
Per la prima volta i due si parlano con sospetto e diffidenza. Berlusconi rifiuta l’ultima offerta: una separazione consensuale tra un partito berlusconiano e uno “diversamente berlusconiano”, ma comunque alleati.
Parole che il Cavaliere considera proprie di un traditore, a cui — non a caso — regala il primo graffio con un riferimento all’ambizione nel corso della conferenza stampa.
Nè i toni paternalistici verso Angelino (“Con Alfano tutto risolto, lavoreremo insieme”) possono essere classificati alla voce: segnale di pace.
Rappresentano piuttosto una mossa preparatoria in attesa di una scissione che sembra annunciata.
Perchè — è convinzione del Cavaliere — Alfano ha stretto un patto con Letta, benedetto da Napolitano.
E, attorno, le colombe lo stanno incitando alla rottura: Quagliariello, Cicchitto, Lorenzin esercitano ormai quasi una pressione psicologica su Angelino: “Ormai è una questione di dignità . Rompi”.
Anche perchè aspettare il consiglio nazionale dell’8 dicembre — che dovrebbe ratificare con un voto il passaggio a Forza Italia — potrebbe essere inutile.
Alfano sa di aver già perso. Per stoppare l’operazione ha provato ha raccogliere le firme tra i membri del consiglio, prima dell’ufficio di presidenza. Ma è andata male. Solo qualche decina si è schierata con lui: il grosso dei membri, anche di quelli legati al segretario gli hanno risposto che è una follia fare un documento di contrarietà al passaggio a Forza Italia con Berlusconi presidente.
E poi, e non è affatto un dettaglio, il consiglio nazionale si svolgerà , se si svolgerà , dopo il voto al Senato sulla decadenza. Quando cioè rischia di essere inutile.
Angelino è frastornato, non vuole rompere. E Berlusconi non ha intenzione di cacciarlo, a patto che però di riallinei.
Ma lo strappo che si è consumato è assai profondo.
Nel corso dell’ufficio di presidenza a palazzo Grazioli Alfano è stato aggetto di una raffica di critiche: Matteoli, Vito, Scajola (molto apprezzato il suo intervento), Brunetta.
Tutti hanno sottolineato che era inaccettabile l’assenza del segretario (e del capogruppo al Senato) dal più importante organismo del partito in un momento così delicato.
Così come è inaccettabile la linea subalterna alla sinistra che il segretario-vicepremier ha portato avanti.
Adesso Alfano non è più segretario. Sulla decadenza si gioca la sua permanenza da vicepremier.
La scissione è nei fatti. Doppia.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 25th, 2013 Riccardo Fucile
IL SENATORE DI FONDI, DOPO LE POLEMICHE PER LA SUA NOMINA NELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE, DEFINISCE “FANTOMATICHE” LE LETTERE DI PRESSIONE PER FAR ASSUMERE SUOI CONOSCENTI ALLA ASL DI LATINA.. E “IL FATTO” LE PUBBLICA
Si dice “indignato” il senatore Claudio Fazzone. Le accuse che lo hanno travolto dopo la nomina a
componente della commissione antimafia sarebbero solo “inqualificabili illazioni gratuite e soprattutto infondate”.
Ha preso carta e penna ed ha scritto al gruppo al Senato del M5s, che — a sua volta — aveva chiesto il suo allontanamento dalla commissione guidata da Rosy Bindi.
Fazzone sfida apertamente chi lo accusa, chiedendo di mostrare le prove.
A partire dal suo processo — ancora in corso — per le lettere di raccomandazione che nel 2003 aveva firmato su carta intestata del consiglio regionale del Lazio: “Fantomatiche lettere all’allora Direttore Generale dell’Asl, che vi sfido a recuperare”, scrive ai senatori del M5s.
Le lettere esistono, sono allegate al fascicolo del processo in corso a Latina.
Missive che ilfattoquotidiano.it è in grado di pubblicare.
Chiarissime sono le “segnalazioni” che il senatore Claudio Fazzone mandava — con tanto di numero di protocollo — a Benito Battigaglia, all’epoca ai vertici della Asl di Latina. Tutte iniziano con la formula “Caro Benito” e si concludono con “Ti chiedo, per quanto ti sia possibile, di interessarti alla richiesta”.
Vere e proprie raccomandazioni, per far ottenere posti pubblici nei ruoli più disparati: dal primario all’autista, dal medico del 118 all’azienda — di Fondi — fornitrice di timbri e modulistica.
Claudio Fazzone contesta anche la sua posizione di “autista di Nicola Mancino” all’epoca della trattativa Stato-Mafia.
Spiega nella lettera: “Non ho mai svolto il ruolo di autista per l’ allora Ministro dell’interno Nicola Mancino, non sono nemmeno in possesso della patente idonea ad espletare tale mansione”.
Ma non nega di aver lavorato in quel periodo — quando ricopriva il ruolo di funzionario della Polizia di Stato — fianco a fianco all’ex ministro dell’Interno, oggi imputato per falsa testimonianza nel processo in corso a Palermo sulla trattativa: “Vorrei precisare, inoltre, che il mio rapporto con l’allora Ministro dell’interno Nicola Mancino era nato, esclusivamente, per ragioni lavorative”.
Non spiega, Claudio Fazzone, qual era esattamente il suo ruolo “che rientrava nell’ambito delle competenze di ufficiale di Polizia giudiziaria”.
Sulla questione Fondi (Comune in provincia di Latina per il quale l’ultimo governo Berlusconi ha bocciato una richiesta di scioglimento per infiltrazione mafiosa, ndr) il senatore del Pdl membro della commissione antimafia risponde assicurando che “non mi vergogno nè mi nascondo per avere difeso con orgoglio e determinazione la mia città , la mia terra e la mia Provincia”.
Aggiungendo: “C’è l’assenza di una qualsivoglia condanna, nonchè avviso di garanzia nei confronti dei componenti dell’allora amministrazione comunale”.
Un vuoto di memoria, come nel caso delle lettere di segnalazione.
Il processo “Damasco” che ha riguardato la presenza delle mafie a Fondi ha visto la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa dell’ex assessore di Forza Italia Riccardo Izzi.
Il collegamento tra il gruppo di ‘ndrangheta guidato dai fratelli Tripodo viene più volte ricordato dai giudici nella motivazione della sentenza: “Anche Trani Aldo come Tripodo Carmelo e Tripodo Venanzio sfrutta la forza intimidatrice del sodalizio (…) anche per diventare un punto di riferimento assoluto nel settore economico di sua competenza puntellandosi, in ultimo, all’interno del Comune di Fondi grazie al contributo dell’assessore Riccardo Izzi”.
E ancora: “La pressione esercitata sul Comune è tangibile (…) per mezzo del fidato Izzi che evidentemente gestisce ed intende la cosa pubblica come merce di scambio”. La stessa sentenza richiama apertamente “l’infiltrazione all’interno del Comune”.
Il rapporto tra il senatore Claudio Fazzone e il comune di Fondi — secondo alcune testimonianze — andava oltre la “difesa” della città . E’ lo stesso Riccardo Izzi a raccontarlo, il 9 gennaio del 2008, ai magistrati all’epoca in servizio alla Dda di Roma Diana De Martino e Francesco Curcio: “Io opero nel partito di Forza Italia. Nel basso Lazio esponente politico più influente di tale partito è Claudio Fazzone. Costui è originario di Fondi ed è stato molto amico di mio padre che lo ha sempre appoggiato in ogni campagna elettorale fin da quando si presentava alle elezioni provinciali fino a quelle nazionali”. Una settimana prima alcuni sconosciuti danno fuoco all’automobile di Riccardo Izzi. Lui si spaventa e avvisa il prefetto. Proprio da quella segnalazione partì l’inchiesta amministrativa che si concluse con la proposta di scioglimento del comune di Fondi.
Il giorno prima dell’interrogatorio davanti alla Dda — quando ancora l’inchiesta Damasco era coperta dal segreto d’indagine — Izzi viene contattato da Fazzone, che — intervenendo direttamente — ne chiede le dimissioni: “Ieri come le ho detto è successo un fatto strano: mio padre è stato contattato da Fazzone in prima mattinata — racconta Izzi ai magistrati — (…) il Senatore non solo come previsto mi chiedeva di dimettermi dalla carica di assessore nel mio stesso interesse, ma mostrava anche di essere a conoscenza dell’indagine in corso (…)
Mi disse che sapeva che stavo collaborando con gli inquirenti e addirittura con la magistratura e cosa davvero singolare mi disse : “so cosa vai a fare domani a Roma…”. Un fascicolo decisamente interessante per la commissione antimafia.
Andrea Palladino
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Ottobre 25th, 2013 Riccardo Fucile
CRONACA DI UN’AGGRESSIONE A ROMA, CONSUMATA NEL SILENZIO E NELL’INDIFFERENZA
Ci sono luoghi dove dopo mezzogiorno nessuno con un po’ di giudizio metterebbe il naso fuori di casa, se ha una casa.
Dove le donne girano con le borse legate alle spalle con doppie cintole. E dove se si ha bisogno di aiuto si fa prima a trovare da solo un modo per tirarti fuori dai guai.
Uno di questi luoghi è la l’autobus 128 a Roma, una linea ad alto rischio dove è stato necessario blindare le cabine degli autisti per proteggerli.
E i passeggeri? Quelli farebbero meglio a pregare il loro Dio se ne hanno uno.
Si parte dalla basilica di san Paolo e si va verso la Magliana.
Sono sulla vettura 5047, mercoledì 23 ottobre, poco dopo le cinque di pomeriggio. Palazzine e negozi passano in fretta, l’autobus si inoltra in strade di ex-campagna abbandonata al suo destino, tra viadotti, sfasciacarrozze, discariche e alloggi di fortuna. Quando si supera anche la stazione di Muratella si ha la sensazione di aver varcato un confine.
Ad ogni fermata persone di ogni età e origine salgono e scendono. Per salvarsi bisognerebbe guardare tutti in faccia e sulle mani per essere pronti a reagire quando arriva il momento.
Perchè il momento arriva sempre e non è piacevole: c’è chi viene insultato, chi viene borseggiato, chi viene deriso, chi viene molestata.
Il mio momento è arrivato quando la Magliana stava per terminare.
Si sono aperte ancora una volta le porte dell’autobus. Sono scese alcune persone, non so chi e nemmeno quante esattamente, ero girata verso il finestrino, non pensavo che fosse una posizione a rischio.
All’improvviso sento qualcuno o qualcosa tirarmi una mano.
Avevo un telefonino, sperava di prenderlo e fuggire rapidamente fuori dalla porta ancora aperta. Ho serrato la presa intorno al telefonino.
Il ragazzo ha dato un secondo strattone. Più forte, stavolta, facendomi cadere a terra.
Ne ha approfittato per guadagnare qualche metro, è sceso dall’autobus. Siamo rimasti molti secondi così: io sul pavimento dell’autobus, lui fuori, a lottare per un cellulare. Quanti secondi? Tanti. Troppi.
Li sentivo scorrere tutti mentre cercavo di non mollare la presa e mi chiedevo dove fossero finiti tutti, perchè nessuno facesse qualcosa.
Ad un certo punto il ragazzo si è arreso, ha lasciato la presa ed è corso su per una collinetta nel nulla assoluto.
L’autista ha chiuso le porte dell’autobus ed è ripartito.
Mi sono rialzata, e sono tornata al mio posto. Nel silenzio più totale.
Nell’autobus c’erano almeno dieci persone più un autista nella cabina.
Nessuno ha battuto ciglio. Il ragazzo avrebbe potuto tirare fuori un coltello e risolvere così a favore suo il nostro stupido braccio di ferro, nessuno avrebbe mosso un dito per me.
Mi sono seduta, l’autista è ripartito. Come se nulla fosse.
Perchè sul 128 un’aggressione è vita quotidiana.
Chi vive qui ogni giorno vede di tutto, non è un tentativo fallito di rapina a rompere il muro della rassegnazione.
Un istante dopo essermi seduta mi sono alzata. Mi sono avvicinata all’autista per dirgli che non si può lasciare le persone in balia di qualunque orrore senza accorgersi di nulla quando si hanno specchi retrovisori a volontà e pulsanti per chiudere le porte.
Dalla cabina blindata è emerso un giovane dall’aria spaurita.
Accanto al volante di guida aveva un testo universitario, qualcosa sull’economia, il prossimo esame da dare per sperare di non dover più vivere guidando uno degli autobus più a rischio di Roma.
Ha spiegato di non aver visto nulla e ha chiamato l’ispettore capo.
Dopo undici minuti di attesa ha risposto qualcuno che non la smetteva di fare domande.
Avevo ferite? No.
Avevo subito un furto? Nemmeno.
E allora che cosa chiedevo? Perchè insistevo a voler far mettere a verbale l’aggressione? Avanzavo qualcosa?
Sì, il diritto di tutti a vivere senza paura.
Flavia Amabile
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Ottobre 25th, 2013 Riccardo Fucile
“MI HA NOTATA IN UN TALK SU UNA TV ROMANA”, MA HA PARTECIPATO ALLA TRASMISSIONE DELLA DE FILIPPI… “QUELLI DI CANALE 5 HANNO LE LISTE DEGLI ISCRITTI AL PDL”
Laurea con lode in giurisprudenza, un passaggio nelle tv Mediaset e la passione politica che nasce già
negli anni del liceo, a Catania.
Che la 27enne Ylenia Citino abbia attratto le attenzioni di Silvio Berlusconi non è strano.
Tanto che, quando la bionda militante del Pdl ha pubblicato il suo primo libro (Partiti a tutti i costi, edito da Sperling & Kupfer), il Cavaliere le ha fatto “una meravigliosa sorpresa, scrivendone la prefazione”.
Come ha conosciuto Berlusconi
Attraverso i circoli giovanili del Pdl. È stato un momento ad alta intensità di emozione: avere davanti un personaggio così, che avevo visto solo in tv, è stata una sensazione che non scorderò mai.
Neanche lui: nella prefazione la riempie di complimenti
Io ho disturbato varie volte la segreteria del Cavaliere. Dopo un sacco di mesi, quando ormai non ci speravo più, mi è arrivata una risposta positiva. Non mi sembrava vero.
Deve essergli rimasta impressa
Non ci eravamo mai parlati a quattr’occhi. Mi ha davvero notata quando ho partecipato a un talk show in una tv locale romana.
Berlusconi che fa zapping su Telelazio?
No, non lo fa. Ma gli hanno segnalato che io ero in onda. Oppure sono stata solo fortunata.
Non è che si è accorto di lei per via delle ospitate a Uomini e Donne di Maria De Filippi?
Ho partecipato solo a sei puntate. Anche se sono bastate a farmi etichettare come “tronista”. Che poi non era nemmeno il mio ruolo.
E quale era?
Ci sono venti ragazze e ragazzi che parlano di sentimenti e relazioni umane. Poi, se ti piace qualcuno, ti scambi il numero. E ci scappa pure qualche litigata, che non mi è piaciuta.
Gira un video in cui lei dà della shampista a un’ospite e viene subissata dai fischi del pubblico.
Appunto.
Ma cosa si aspettava?
Mi sono trovata in un’arena, come un gladiatore al centro del Colosseo. Non così diverso dalla politica, in fondo. Ma io avevo partecipato per gioco. Era già la quarta volta che mi chiamavano: avevo sempre detto di no.
E come facevano ad avere il suo numero?
Quelli di Canale 5 hanno le liste di persone che sono iscritte, e le tampinano.
Iscritte al Pdl?
Hanno un database, io c’ero dentro e infatti mi sono sempre chiesta il motivo.
Nel suo libro si fa continuo riferimento a etica e trasparenza. Quali sono i valori che l’hanno avvicinata al Pdl?
Ne potrei parlare per ore e ore.
Ne citi uno.
Quello della famiglia.
Berlusconi è condannato per prostituzione minorile.
Vogliamo l’elezione diretta del presidente della Repubblica.
Nella prefazione, il Cavaliere scrive: “La politica in Italia rischia di morire nel discredito in conseguenza di comportamenti collettivi e individuali intollerabili al senso comune”.
Perfettamente in linea con il mio libro, dove racconto gli scandali di Lusi e Belsito.
Berlusconi è appena stato rinviato a giudizio per la compravendita di senatori che fece cadere il governo Prodi.
Questo non intacca la sua popolarità . Rimane una persona votata da milioni di italiani.
La popolarità legittima i reati?
La mia cultura giuridica mi spinge a parlare solo dopo aver letto le carte del processo. Tra la verità e l’invenzione giudiziaria c’è una linea molto fine.
Beatrice Borrome
da “Il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 25th, 2013 Riccardo Fucile
SFIDA PER CONQUISTARE I REGNI DI DELLAI E DURNWALDER
Proprio la fine dei «regni» di Dellai – presidente dal ’99 e sbarcato in Parlamento in primavera con Scelta civica – e Luis Durnwalder (in carica dal marzo ’89, prima della caduta del Muro di Berlino) è il marchio che contraddistingue questa tornata elettorale.
A Trento grande favorito è il centrosinistra: il Pd vuole confermare la leadership (23,7%) conquistata a febbraio, il candidato-governatore uscito vincente dalle primarie è Ugo Rossi del Partito autonomista Trentino tirolese.
Lo sfidante principale è Diego Mosna, imprenditore, patron del Trentino Volley, pluricampione del mondo per club sotto la sua presidenza.
Mosna guida un gruppo di liste civiche, tra cui Progetto Trentino, nata in parte da una costola dell’Unione per il Trentino di Dellai.
Costola che potrebbe dar vita anche ad alchimie politiche nel post-voto in caso di maggioranze risicate.
Il Movimento 5 Stelle presenta Filippo Degasperi e spera di bissare il buon esito di febbraio, quando ottenne il 20,7%.
Il centrodestra, invece, si presenta letteralmente frantumato.
Quattro liste – Fratelli d’Italia, Lega, Forza Trentino e Moderati italiani in rivoluzione – ognuna con un proprio candidato.
Una diaspora che rischia di pesare.
Analoga la situazione anche a Bolzano, dove la frammentazione è ancora maggiore: cinque le liste di centrodestra presentate, quattro accettate (Fratelli d’Italia esclusa per un problema sull’autenticazione delle firme).
L’implosione della coalizione rischia di avere ripercussioni: la composizione della giunta deve rispettare infatti per legge la proporzione della composizione etnica (e di genere, ndr ) del consiglio.
Ciò significa che un minor peso dei partiti legati alla minoranza italiana comporterà un minor numero di assessori: per questo il Pd ha puntato parte della sua campagna sul voto utile.
A Bolzano e provincia domina da sempre la Svp (alle politiche ha sorpassato il 44%), che ora si appresta ad aprire una nuova era.
L’erede designato di Durnwalder è Arno Kompatscher, 42 anni. Spingono i movimenti secessionisti.
Emanuele Buzzi
(da “il Corriere della Sera“)
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Ottobre 25th, 2013 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO DETRONIZZATO, LE COLOMBE DISERTANO: DI FATTO SONO GIA” DUE PARTITI…L’8 DICEMBRE CI SARA’ LA CONTA
L’ufficio di presidenza del Pdl “delibera la sospensione delle attività del Popolo della Libertà , per
convergere verso il rilancio di ‘Forza Italia’ già pubblicamente annunciato dal Presidente Berlusconi con un appello a tutti gli italiani che amano la libertà e vogliono restare liberi”.
Il comunicato diffuso al termine dell’ufficio di presidenza del Pdl conferma la volontà di Silvio Berlusconi di andare avanti con il suo disegno, ma per ora non ci sarà nessuna sfiducia al governo Letta.
“I nostri rappresentanti di governo, governo a cui continueremo a dare il nostro sostegno, nel rispetto degli impegni programmatici assunti al momento dell’insediamento”, si legge ancora nella nota, e “i nostri deputati e i nostri senatori sono impegnati a contrastare ogni iniziativa che vada nella direzione opposta e a proporre efficaci misure per la ripresa della nostra economia in sintonia con le altre economie dei paesi membri dell’Unione europea”.
Il nodo decadenza
Salvo sorprese dal futuro voto del Senato, si tratta però di un sostegno evidentemente ad orologeria. “Come possiamo collaborare con una parte politica che opera fuori dalla legge?”, dice Berlusconi, al termine dell’ufficio di presidenza, rispondendo a chi gli chiede se l’esecutivo cadrà in caso di proclamaazione della decadenza da senatore.
Scissione ancora possibile.
Anche se il sostegno all’esecutivo di larghe intese viene per il momento assicurato, la scissione sembra comunque di nuovo a un passo.
Alfano, che ha visto l’ex premier poche ore prima del vertice per convincerlo a prendere tempo, ha deciso di non partecipare, lasciando Palazzo Grazioli con gli altri ministri del Pdl: “Il mio contributo all’unità del nostro movimento politico, che mai ostacolerò per ragioni attinenti i miei ruoli personali, è di non partecipare, come hanno fatto altri, all’Ufficio di presidenza che deve proporre decisioni che il Consiglio nazionale dovrà assumere. Il tempo che ci separa dal Consiglio nazionale consentirà a Berlusconi di lavorare per ottenere l’unità “.
Cariche azzerate.
Uno strappo che Berlusconi, parlando a conclusione dell’ufficio di presidenza, ha cercato di ridimensionare. E’ stato “forse meglio” che Alfano e i dissidenti “avendo delle cose da chiarire, non partecipassero e l’hanno fatto col mio consenso”, ha precisato il Cavaliere.
“Ho incontrato per tre ore Alfano e i ministri, non ho preoccupazioni di continuare tutti insieme. Ci sono incomprensioni che sono tutte di tipo soltanto personale. Si tratta di una patologia di ogni partito politico dove dopo tanti anni in tanti hanno ambizioni e tutto questo porta a possibili contrasti che sono sicuro sarannno sanati”. Poi ha aggiunto: “Ho stima e amicizia e anche per chi in buona fede ha ritenuto di dissentire rispetto a maggioranza. Alfano gode del mio affetto, amicizia e stima. Credo che potrà essere ancora lui il mio successore”. Per il momento però il vicepremier è un iscritto come tutti, avendo la riunione di oggi deciso l’azzeramento delle cariche del partito confermando invece Berlusconi alla presidenza della risorta Forza Italia.
Consiglio nazionale l’8 dicembre.
L’impressione è che è al Consiglio nazionale del Pdl (convocato per l’8 dicembre, lo stesso giorno delle primarie del Pd) che è stata rinviata la resa dei conti finale tra lealisti e governativi: in quell’occasione, infatti, ci sarà una platea molto più ampia, di circa 800 persone, ed è lì che si vedrà realmente chi ha la maggioranza nel partito.
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Ottobre 25th, 2013 Riccardo Fucile
FALLISCE LA MEDIAZIONE FINALE, LA DERIVA ESTREMISTA PREVALE… RESA DEI CONTI AL CONSIGLIO NAZIONALE
Nessuno stop: Silvio Berlusconi non ha intenzione di frenare e avrebbe ribadito ad Alfano la volontà di andare avanti con Forza Italia e con l’Ufficio di presidenza del partito. E ora la scissione sembra di nuovo a un passo.
Alfano, che ha visto l’ex premier poche ore prima del vertice per convincerlo a prendere tempo, ha deciso di non partecipare, lasciando Palazzo Grazioli con gli altri ministri del Pdl: “Il mio contributo all’unità del nostro movimento politico, che mai ostacolerò per ragioni attinenti i miei ruoli personali, è di non partecipare, come faranno altri, all’Ufficio di presidenza che deve proporre decisioni che il Consiglio nazionale dovrà assumere. Il tempo che ci separa dal Consiglio nazionale consentirà a Berlusconi di lavorare per ottenere l’unità “.
Al di là delle formule e del richiamo all’unità è evidente il clima di gradissima tensione tra le due anime del Pdl.
Tanto è vero che anche Schifani decide di disertare l’appuntamento di oggi.
E proprio al Consiglio nazionale del Pdl (che potrebbe essere convocato l’8 dicembre, lo stesso giorno delle primarie del Pd) che è rinviata la resa dei conti finale tra lealisti e governativi: in quell’occasione, infatti, ci sarà una platea molto più ampia, di circa 800 persone, ed è lì che si vedrà realmente chi ha la maggioranza nel partito.
Il ‘no’ di Angelino.
Il segretario Pdl non ci sta e, alle condizioni dettate dall’ex premier, non intende entrare nella nuova Forza Italia.
Per questo ha chiesto, e ottenuto, di parlare con Berlusconi prima del vertice e ha riunito a Palazzo Chigi i ministri pidiellini.
Dopo una notte di telefonate e messaggi, il segretario ha visto il Cavaliera a Palazzo Grazioli e ha ripetuto a Berlusconi il ritornello delle ultime settimane: no a una Forza Italia “estremista” apertamente ostile al governo Letta.
Alfano ha chiesto a Berlusconi di rallentare il processo messo in moto, spinto dai falchi del Pdl.
Ma senza risultato
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Ottobre 25th, 2013 Riccardo Fucile
ULTIMO TENTATIVO: ALFANO CHIEDE DI ANNULLARE L’UFFICIO DI PRESIDENZA DELLE 17…RACCOLTA DI FIRME A FAVORE DEL SEGRETARIO
Appuntamento alle ore 17. È questa la nuova deadline del Pdl, della rinascita di Forza Italia,
dell’eventuale nascita di gruppi separati tra falchi e colombe, e della maggioranza sempre più in bilico.
L’ufficio di Presidenza del Pdl è fissato per il pomeriggio e dovrebbe essere il momento per decidere i tempi del varo della nuova Forza Italia.
Un’accelerazione che fa capire che all’interno del partito le cose precipitano, con il Cavaliere che ha convocato “i componenti effettivi dell’organismo”, 24, più il segretario Angelino Alfano.
Quindi esclusi gli altri quattro ministri del Pdl.
Ma Alfano non ci sta e, alle condizioni dettate dall’ex premier, non intende entrare nella nuova Forza Italia.
Per questo ha chiesto, e ottenuto, di parlare con Berlusconi prima del vertice.
Dopo una notte di telefonate e messaggi, il segretario ha visto il Cavaliera a Palazzo Grazioli e ha ripetuto a Berlusconi il ritornello delle ultime settimane: no a una Forza Italia “estremista” apertamente ostile al governo Letta.
Alfano ha chiesto a Berlusconi di rallentare il processo messo in moto e spinto dai falchi del Pdl.
Prima richiesta l’annullamento dell’ufficio di presidenza di oggi.
Colombe al contrattacco.
Una richiesta, quella di Alfano, sostenuta dal gruppo delle colombe che, secondo quanto riferiscono fonti interne al partito, avrebbero elaborato un nuovo documento che potrebbe essere diramato prima dell’ufficio di presidenza.
Il testo dovrebbe essere sottoscritto non solo dai parlamentati vicini alle posizioni dei governativi, ma anche dagli esponenti del territorio.
I convocati all’ufficio di presidenza. Questi i partecipanti al vertice: Alfano, Bondi, Brunetta, Cappellacci, Carfagna, Chiodi, Fitto, Formigoni, Galan, Gelmini, Giovanardi, Iorio, Martinelli, Matteoli, Prestigiacomo, Rotondi, Sacconi, Scajola, Schifani, Tajani, Tondo, Verdini e Vito. Solo 5 sarebbero vicini alle posizioni di Alfano (Schifani, Sacconi, Giovanardi e Formigoni)
L’ordine del giorno.
L’ufficio di presidenza del Pdl ha all’ordine del giorno “la relazione del presidente in merito alla definizione delle linee politiche e programmatiche del partito, decisioni sull’attività politica e altri adempimenti”.
C’è quindi attesa per quello che proporrà Berlusconi, che alcune fonti del Pdl vorrebbero nuovamente intenzionato a provocare la crisi di governo per andare al voto anticipato preoccupato per la decisione del Senato sulla sua decadenza e per le nuove iniziative della magistratura contro di lui, a iniziare da quella proveniente da Napoli sulla presunta compravendita di alcuni parlamentari per causare la caduta del secondo governo Prodi nel 2008.
(da “La Repubblica“)
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