Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile
IL NODO DEL RAPPORTO CON IL GOVERNO: CON RENZI O CON TSIPRAS?
Capan nelli dei depu tati di Sel si rag gru mano, si scom pon gono, si ricom pon gono in un Tran sa tlan tico ancora sotto l’effetto del Renzi-boom, il 40,8 per cento del Pd che sta già «ren ziz zando» l’emiciclo, una forza cen tri peta che attira ogni cosa verso il premier.
Non siamo alla scis sione, anzi la scis sione guai a nomi narla, è una «pro fe zia interessata», «un’entrata a gamba tesa nel nostro dibat tito interno» da parte dei cro ni sti.
E allora è almeno un divor zio, quello che già si vede all’orizzonte nel movi mento di Ven dola.
E per una volta viene dopo una vit to ria, quella della Lista Tsi pras, che con tro tutti i pro no stici dome nica ha acciuf fato il 4, 03 per cento.
La rot tura non è con su mata, ma ormai non sem bra evi ta bile.
Per chè se su Repub blica il capo gruppo di Sel alla Camera Gen naro Migliore pro po neva di «costruire in Ita lia un sog getto uni ta rio di sini stra, rego lato dalla demo cra zia interna, che possa far vivere le aspet ta tive di cam bia mento. Senza restare cia scuno, Pd e Sel, nel pro prio con te ni tore», sul Mani fe sto la depu tata Ileana Piaz zone andava oltre: «Vogliono fare un nuovo sog getto a sini stra: io non ci sto, ma non voglio fare nean che la parte di quella che si mette di tra verso».
In entrambi i casi sono pro po ste in rotta di col li sione con il co-working delle sini stre unite nella lista Tsipras.
Il dis senso era ampia mente annun ciato, si era già con tato al con gresso nello scon tro fra pro-Schulz e pro-Tsipras, e poi in una suc ces siva dire zione del feb braio scorso.
Poi i dis si denti, sareb bero una quin di cina di depu tati, ave vano tenuto disci pli na ta mente le boc che cucite durante la cam pa gna elet to rale, per evi tare l’accusa di sabotaggio.
Ma ora la casa ven do liana va in fibril la zione. «Dichia ra zioni intem pe stive, a bal lot taggi in corso in mezza Ita lia», è una delle obie zioni dei con trari.
I favo re voli invece: «Non si può non ren dersi conto che dopo il 40,8 per cento è cam biato tutto», rigo ro sa mente a tac cuino chiuso.
«Quello che dice Gen naro non è pere grino, stanno cam biando la linea del con gresso con pic cole suc ces sive furbizie».
Ileana Piaz zoni, ‘miglio ri sta’ dichia rata: «Non capi sco la linea di Sel: se dopo la lista Tsi pras non si fa una costi tuente di sini stra, che l’abbiamo fatta a fare la lista uni ta ria? Per eleg gere tre euro de pu tati? Ma se si fa, sarebbe il cam bio di linea rispetto al con gresso».
Quindi chie dete un con gresso? «Nean che per sogno. Sta a loro fare una pro po sta sul futuro». State trat tando con il Pd? «Par liamo con tutti i dem, ma il pro blema non è il Pd ma la col lo ca zione rispetto al governo. Non si può non rico no scere un ten ta tivo rifor ma tore in Renzi».
Nicola Fra to ianni, coor di na tore di Sel e ultrà dell’operazione Tsi pras sil laba un «no com ment, ci con fron te remo alla riu nione di pre si denza di venerdì». Dalla sua parte vige la con se gna del silen zio. Ma tira aria gelida. E c’è chi vede in que sto silen zio persino un invito ai dis si denti di levare il disturbo.
Anche Nichi Ven dola non com menta. Lui che a con gresso si era bat tuto come un leone per evi tare la rot tura fra i suoi, cerca anche sta volta quella che nei par titi si chiama «la sin tesi».
«Se Renzi riu scirà a ribal tare l’agenda di governo dell’Europa tra sfor me remo le nostre cri ti che e i nostri dis sensi in con senso». Non sono pre ci sa mente i toni che i garanti della lista usano nei con fronti del pre mier («Il Pd è una nuova Dc», ha detto lunedì Bar bara Spi nelli), ma lo si potrà misu rare meglio sabato pros simo, all’assemblea dei can di dati della lista, dove sarà lan ciata la pro po sta di «andare avanti»: ma i modi di que sto «andare avanti» sono tutto per Sel.
Cele ste Costan tino, che pure non era fra gli entu sia sti di Tsi pras chiede «calma, discustiamo, è chiaro che la stra-vittoria di Renzi cam bia tutto, ma io non voglio restare schiac ciata fra due posi zioni pre sunte. Nes suno sta chie dendo lo scio gli mento di Sel. Abbiamo fatto l’esperienza della lista, abbiamo vinto, pos siamo vedere que sto pro cesso dove porta prima di dichia rarlo chiuso?».
Ma il ciclone Renzi non può non porre dei pro blemi, nei capan nelli si ragiona «nei col legi i nostri com pa gni sono con fusi, non si può soste nere che in quel 40,8 per cento non ci sia anche un po’ della nostra sini stra».
La replica è «ma ora che Grillo è in crisi dob biamo essere un rife ri mento per quelli che lo abban do nano. Alleanze con il Pd? Ripar lia mone nel 2018».
Oggi, alla riu nione della pre si denza, ci sarà il primo round del con fronto. Il 14 giu gno l’assemblea nazio nale, che però è com po sta a stra grande mag gio ranza da pro-Tsipras, qual siasi cosa oggi voglia dire: tutti i pro-Tsipras esclu dono «un ritorno alla vec chia Rifon da zione e alla sini stra identitaria».
L’ora della verità però potrebbe arri vare anche prima sul decreto degli 80 euro, che scade il 23 giu gno.
Pre sto andrà al voto del Senato, dove però dei sette sena tori nes suno al momento sarebbe sulla linea di Migliore.
Poi alla Camera, dove invece sareb bero una quin di cina quelli che dichia rano di non essere dispo ni bili a votare no.
La media zione potrebbe essere la scelta dell’astensione. Ma non è nean che detto che i ‘miglio ri sti’ siano dispo ni bili ad accettarla.
Daniela Preziosi
argomento: Vendola | Commenta »
Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile
I VERTICI PRENDONO LE DISTANZE DALL’ANALISI DEL VOTO ELABORATA DALLO STAFF DI COMUNICAZIONE
Senato contro Camera, Milano contro Roma, deputati contro senatori, ortodossi contro
dissidenti. Insomma, tutti contro tutti.
A quattro giorni dal voto delle Europee, il M5S appare incapace di riprendersi dalla delusione e ancora in preda al caos.
Fratture e faide interne, evidenziate dal rimpallo delle colpe per la debacle elettorale, vengono ingrandite dalla pubblicazione di un documento top secret di analisi del voto realizzato dallo staff comunicazione Cinquestelle alla Camera.
Lo scontro, stavolta, coinvolge proprio i comunicatori voluti da Gianroberto Casaleggio alla guida dei gruppi delle due Camere.
Per una volta le divisioni tra gli allineati e i ribelli, che dopo il voto hanno rialzato la testa e puntano a un nuovo gruppo, vanno in secondo piano.
Il documento ufficiale dello staff contiene critiche esplicite sulla gestione della recente campagna elettorale e suggerisce una exit strategy: puntare sulla tv con una maggiore presenza nei tg; creare una sorta di «governo ombra» all’inglese per conquistare credibilità tra gli elettori; e modificare il sistema di selezione dei candidati.
Inviato nei giorni scorsi al quartier generale di Milano, il documento dà una lettura in chiaroscuro delle Europee.
Da una parte si sottolinea che «il MoVimento non è crollato» ma dà la colpa del flop agli italiani «che hanno dimostrato di aver bisogno di affidarsi a un uomo forte» come avvenuto con «Mussolini e Berlusconi».
Poi, si dà il via ad una disamina degli errori compiuti.
Si parla di cattivo uso del mezzo televisivo. Si invita a «usare meglio la tv»: «I tg li guardano in 15/20 milioni di persone ogni giorno», molti più di talk show o trasmissioni. «Per far percepire l’affidabilità del M5S – si legge – non si possono più fare solo denunce senza affiancarle a proposte e soluzioni».
E a tal proposito viene suggerita la presentazione di «una squadra di governo».
Dopo la pubblicazione dell’analisi, però, si scatena il caos.
Fonti parlamentari del Senato lasciano trapelare che il documento elaborato alla Camera ha mandato su tutte le furie Casaleggio e Beppe Grillo.
I due cofondatori non condividono l’invito a puntare sulle tv e sarebbero rimasti allibiti da «critiche che mettono in cattiva luce il Movimento».
«È l’opposto di quello che abbiamo detto», avrebbe detto Casaleggio secondo quanto riferito da fonti di Palazzo Madama.
Tuttavia la notizia di un Casaleggio furioso viene smentita da fonti Cinquestelle alla Camera che, al contrario, asseriscono di non avere alcun problema con Milano e rilanciano, a loro volta, la palla a Palazzo Madama. L’unica certezza, tra mezze verità e confidenze, è che tra gruppi comunicazione a Palazzo Madama e a Montecitorio è in corso una guerra fratricida.
Il responsabile comunicazione di palazzo Madama e coordinatore degli uffici delle due Camere Rocco Casalino viene visto nel pomeriggio dirigersi alla Camera per avere un chiarimento. Rimbalzano le voci di licenziamenti da una parte e dall’altra.
Anche a Milano il clima è pesante.
Alla Casaleggio, sempre secondo fonti parlamentari, non sarebbe piaciuta neanche una analisi presentata da Silvia Virgulti, tv coach e collaboratrice dei gruppi, che attribuisce a Grillo e Casaleggio la colpa del risultato elettorale.
Alla Virgulti, in particolare, viene attribuita una valutazione negativa sull’effetto «inquietante» del look di Casaleggio con il cappellino che copre le cicatrici della recente operazione.
Così come non sarebbe piaciuta una critica a Grillo per le uscite sulla vivisezione di Dudù e sui «processi di popolo online» contro politici, imprenditori e giornalisti.
In questo quadro si inserisce una nuova variabile: la presenza, sempre più costante, di Davide Casaleggio nelle riunioni M5S. Il figlio del guru milanese, ieri, ha accompagnato Grillo a Bruxelles per l’incontro con Nigel Farage.
Una presenza vista da parlamentari e comunicatori come «ingombrante».
E a provocare mal di pancia nel Movimento è anche l’alleanza stretta ieri a Bruxelles tra Grillo e il leader dell’Ukip Farage.
La deputata del M5S Giulia Sarti, intervistata da La Stampa , spiega che il Movimento non ha «nulla in comune» con il partito di Farage e auspica che Grillo si consulti con gli eletti prima di fare accordi.
«Appena ho saputo dell’incontro di Grillo con Farage ho pensato: perchè l’ Ukip? La sua campagna elettorale l’ho schifata più ancora di quella della Le Pen; Poi se il Movimento facesse un gruppo con l’ Ukip, saremmo anche costretti, noi qui in Italia, a votare contro le loro posizioni in Europa, ad esempio sull’ immigrazione».
«Forse si sta pensando a un gruppo con loro per pesare di più in Europa, ma non c’ è ancora niente di ufficiale», dice Sarti.
«Quando Grillo ha detto no alla Le Pen io pensavo che fosse no a lei e a tutto il contorno di partiti simili, ora mi sembra di capire che non è così. Quello che io di sicuro non accetterei mai – aggiunge – è di stare sotto di loro, cioè che i nostri debbano prendere indicazioni dall’ Ukip».
(da “La Stampa”)
argomento: Grillo | Commenta »
Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile
I TRANSALPINI INVESTONO IL 5% DEL PIL NEL SOSTEGNO ALLA MATERNITA’
Altro che Italia. Il secondo figlio è nato da un mese appena e a casa già arriva un assegno mensile da 124 euro.
Succede in Francia, unico Paese al mondo – certifica uno studio dell’Institut national etudes dèmographiques (Ined) – ad avere un tasso di fecondità costante da 40 anni: qui il numero di figli per donna è di 2 dal 1973 (contro l’1,42 dell’Italia, dati Istat).
Miracoli del welfare. Per il demografo Gilles Pison il baby boom in Francia non è mai finito per merito della politica familiare messa in campo dallo Stato, che investe nel sostegno alla maternità il 5% del Pil.
Al compimento del 14esimo anno di ogni figlio (e fino al 20esimo) l’assegno aumenta di 62 euro. Indipendentemente dal reddito.
Per il 90% delle famiglie (tutte tranne le più abbienti) è previsto un bonus bebè da 923 euro che scatta al settimo mese di gravidanza.
E fino al terzo anno di vita del bimbo, sempre per il 90% delle famiglie, c’è un assegno mensile di altri 186 euro.
In sintesi: una famiglia del ceto medio con un neonato e un bimbo all’asilo nido in un anno può mettersi in tasca quasi settemila euro.
Tutti i dati – e per tutta Europa – li mette in fila un dossier dell’assessorato al Welfare della Regione Lombardia.
Lo scopo? Capire quali sono le migliori politiche di sostegno alla maternità (per ricavarne proposte di intervento).
Così emerge che nel resto d’Europa ci sono principalmente tre misure con cui si aiutano le donne a fare figli: soldi in tasca alle famiglie (assegni legati alla maternità ), cura dei bambini (dagli asili nido alle babysitter di famiglia), benefit vari (spesso a sostegno dei redditi più bassi).
Sono tutti provvedimenti che mettono in evidenza come l’Italia sia ancora all’Anno Zero. Difficile meravigliarsi se una donna italiana su quattro giunge al termine dell’età fertile senza avere bambini (contro l’una su dieci della Francia).
Un trend confermato dagli ultimi dati Istat. Da noi non c’è praticamente nessun aiuto a livello statale, tranne le detrazioni fiscali (tra i 950 e i 1.220 euro l’anno).
E le iniziative regionali si contano sulle dita di una mano (Toscana, Piemonte, Emilia Romagna e Umbria, oltre alla Lombardia dov’è allo studio un potenziamento degli aiuti alla maternità )
Meglio guardare all’estero.
In Gran Bretagna, per la solita famiglia del ceto medio con due bimbi, arrivano nel portafoglio 3.168 euro l’anno (il tasso di fecondità è di 1,92 figli per donna): i genitori ricevono un contributo mensile di 100 euro per il primo figlio e di 164 euro dal secondo in avanti.
In Svezia sono 3.012 euro all’anno (il tasso di fecondità è di 1,91): per chi ha due bambini il sussidio familiare è di 251 euro mensili.
In Germania le cifre in gioco sono ancora più alte: 4.416 euro all’anno, per il primo e il secondo figlio l’importo è pari a 184 euro.
In questo caso, però – come sottolineato dal demografo Gilles Pison – il tasso di fecondità rimane tra i più bassi d’Europa (1,38): una mancanza d’entusiasmo che si spiega, forse, con la radicata convinzione che una donna con un figlio piccolo non debba lavorare.
Oltre agli assegni familiari, che di solito valgono fino al 16°/18° anno di età , gli aiuti per la cura dei figli sono l’altro pilastro fondamentale adottato nell’Europa che sostiene la maternità .
In Francia, fino al 66% delle rette per i nidi e gli asili è coperta da fondi pubblici.
In Gran Bretagna, per le famiglie con un reddito inferiore a 32 mila euro, c’è la childcare tax credit , un credito d’imposta a copertura parziale delle spese di assunzione della tata.
In Svezia i Comuni sono obbligati a offrire ai bimbi fino a 12 anni una rete di servizi tra cui la babysitter di famiglia (il Comune raccoglie le richieste e smista tra le famiglie le educatrici). Mentre in Germania, dall’estate del 2013, ogni famiglia può ottenere per legge un posto all’asilo nido; chi, invece, preferisce accudire a casa il bimbo riceve 150 euro mensili (per 22 mesi).
Una famiglia numerosa? Con il Paris pass family scattano sconti per piscine, mostre e musei.
Per chi risiede in Baviera ci sono contributi pubblici che aiutano le famiglie meno abbienti a portare i figli in villeggiatura (per ciascun minore è garantito un contributo di 13 euro al giorno in posti di soggiorno convenzionati con lo Stato).
Trentamila negozi della Gran Bretagna sono a disposizione delle neomamme squattrinate che possono acquistare con voucher latte, frutta, verdura e vitamine.
E la Svezia aiuta le famiglie con figli perfino a pagare l’affitto.
Simona Ravizza
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: governo | Commenta »
Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile
A PARTIRE SONO SOPRATTUTTO LAUREATI O DIPLOMATI
A lungo siamo stati un popolo d’emigrati, un po’ per spirito d’avventura molto per necessità .
Siamo anche stati – ed è storia recente – terra promessa per chi fuggiva dalla miseria, dalle dittature o dal crollo dei regimi. Ora siamo di nuovo in fuga.
L’Italia non piace più.
Nè agli stranieri, che fino a qualche anno fa si catapultavano dentro i nostri confini in cerca di una vita migliore, nè agli italiani che sempre più spesso fanno le valigie senza sapere se e quando torneranno.
Il 2014 sarà il primo anno a saldo migratorio negativo, sostiene la Caritas Migrantes. Fuori dalle definizioni statistiche, significa che i nostri connazionali in fuga dalla crisi saranno più degli stranieri in cerca di lavoro e dei disperati che sfidano la morte affrontando strazianti viaggi nel Mediterraneo.
La bilancia penderà verso i fuggiaschi per almeno 20-30 mila persone. Non era mai successo. Non da qualche decennio, almeno.
Mentre i barconi rovesciano profughi al largo della Sicilia – secondo Frontex, l’agenzia europea che monitora le frontiere, ne sono già arrivati 25 mila – il flusso di stranieri verso l’Italia per ragioni di lavoro (i cosiddetti «migranti economici») si è quasi arrestato: dai 300 mila e più degli anni scorsi ai 30 mila che si prevedono quest’anno.
«La capacità attrattiva dell’Italia è certamente diminuita, anche perchè la crisi qui ha penalizzato gli immigrati più degli italiani», spiega Ferruccio Pastore, direttore del Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione.
«La domanda di lavoro immigrato esiste ancora, ma oggi è in parte assorbita da stranieri che sono già in Italia e hanno perso il lavoro. Per chi arriva da fuori, quindi, le opportunità si sono ridotte».
Nel Sud Europa, dalla Spagna alla Grecia, è già accaduto: il saldo migratorio si è invertito un paio d’anni fa, anche perchè molti stranieri sono tornati ai Paesi d’origine. L’Italia ha resistito ancora un po’, ma oggi fronteggia lo stesso fenomeno.
Nel 2011, 90 mila italiani hanno cercato rifugio all’estero, l’anno dopo erano solo 60 mila, poi 75 mila.
Quest’anno sfonderanno la soglia dei 100 mila.
«Numeri calcolati per difetto», precisa Sergio Durando della Caritas Migrantes, perchè si basano su statistiche ufficiali, ad esempio dell’Aire, l’anagrafe dei residenti all’estero, «e non considerano chi si trasferisce senza cambiare residenza o senza comunicarlo alle autorità italiane». L’anno scorso l’Aire ha tracciato un identikit degli italiani espatriati: sono oltre 4 milioni, in media quarantenni, senza sostanziali differenze tra uomini e donne.
Quasi la metà ha una laurea o un diploma. L’altra metà no, ed è il segno che l’emigrazione si è estesa – come accadeva decenni fa – alla manodopera.
Lo dimostrano i 3500 italiani che nel 2013 sono emigrati in Cina: imprenditori, laureati ma anche cuochi, attratti dal boom della ristorazione italiana in Oriente che cresce a due cifre.
L’Asia è la nuova frontiera: nell’ultimo anno gli approdi sono cresciuti di quasi il 20 per cento.
Metà di chi scappa si ferma però in Europa, immaginando di poter tornare.
Anche qui però la geografia sta cambiando. Un tempo era la Spagna, invasa negli anni scorsi da 90 mila italiani. Oggi si guarda a Est.
Quasi un contrappasso: siamo noi a emigrare in Romania, Ungheria, Polonia, Russia, a lungo terre di tumultuosi flussi migratori.
Nei primi mesi del 2014 oltre 6 mila italiani sono andati ad abitare a Mosca.
Dal 2011, gli italiani che vivono a Budapest sono decuplicati, da 400 a 4 mila. Una volta sognavano l’Italia.
Oggi siamo noi a bussare a casa loro.
Andrea Rossi
(da “La Stampa”)
argomento: Immigrazione | Commenta »
Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile
LO SCOOP DELLA TESTATA FRANCESE “REPORTERRE”: IL DOCUMENTO UFFICIALE DEL COORDINATORE UE DEL CORRIDOIO TORINO-LYON
Completo, segreto, silenzioso dietrofront.
Oltre ad avere quasi dimezzato i finanziamenti alla Tav Torino-Lione, l’Unione Europea ha messo nero su bianco di non farci passare le merci e di utilizzare invece per queste lo storico traforo del Frejus.
Ma proprio il trasporto delle merci doveva essere la pietra angolare della Tav. E’ stupefacente venire a conoscenza di informazioni ufficiali così importanti e che riguardano così da vicino la spesa pubblica italiana con oltre un anno di ritardo e solo perchè le ha rese disponibili on line qualche giorno fa la testata francese Reporterre. Eppure…
Antefatto.
Il traforo ferroviario del Frejus fra Italia e Francia (per i francesi: traforo del Mont Cenis) risalirà pure ai tempi di Cavour, ma è stato ammodernato due anni fa ed è in grado di trasportare anche gli autocarri caricandoli a bordo dei vagoni ferroviari; è usato ben al di sotto delle sue potenzialità ; il traffico merci fra Italia e Francia attraverso il Frejus è in netto calo dal 1997 circa, mentre sembrava in aumento all’inizio degli Anni 90, quando l’Unione Europea ha cominciato a parlare della necessità di costruire un nuovo corridoio ferroviario.
In questo scenario vanno collocate le rivelazioni di Reporterre, che ha messo on line un documento ufficiale firmato da Laurens Jan Brinkhorst, il coordinatore per conto della Commissione Europea del “progetto prioritario 6″, ovvero del costruendo corridoio ferroviario da Lione alla frontiera ucraina.
Il corridoio doveva andare dall’Atlantico a Kiev, ma in Ucraina (con rispetto parlando) non sanno neanche cos’è un treno ad alta velocità ; il Portogallo ha già detto da tempo di no ed ora silenziosamente anche la Spagna si è defilata.
Il documento firmato da Brinkhorst è il rapporto annuale d’attività 2012-13 ed è datato ottobre 2013.
Per quanto riguarda specificamente la Torino-Lione, il suo rapporto — redatto in francese — dice che nel gennaio 2013 si è svolta l’ultima riunione della “plateforme du corridor Lyon-Turin”.
O per lo meno: si è svolta l’ultima riunione prima della redazione del rapporto annuale. La “plateforme” riunisce i soggetti italiani, francesi e dell’Ue coinvolti nella Tav; il summit
ètait centrèe sur la ligne historique et le rà’le qu’elle pouvait jouer comme axe ferroviaire principal entre la France et l’Italie. Les participants sont convenus de la nècessitè de rèactiver la ligne existante pour qu’elle devienne l’axe ferroviaire principal pour le transport des marchandises entre la France et l’Italie. Le point de vue partagè est l’impossibilitè politique de proposer la construction d’une nouvelle ligne sans avoir entrepris tous les efforts possibles pour rètablir la ligne existante comme artère principale de transport après les travaux d’èlargissement du tunnel ferroviaire Frèjus/Mont Cenis
Ovvero: la riunione si è occupata della linea ferroviaria storica (quella dei tempi di Cavour e da poco ammodernata) e del ruolo che essa potrebbe avere come asse principale fra Italia e Francia.
I partecipanti hanno convenuto sulla necessità di riattivare la linea già esistente affinchè diventi l’asse principale del trasporto merci fra Italia e Francia.
Il punto di vista condiviso è l’impossibilità politica di proporre la costruzione di una nuova linea senza intraprendere tutti gli sforzi possibili per ripristinare la linea esistente come la principale arteria di trasporto dopo i lavori di ampliamento del Frèjus-Mont Cenis.
Di questo importantissimo dietrofront emerso durante la riunione della “plateforme” finora non è saputo assolutamente nulla.
Comunque la Francia ha già ufficialmente rimandato a dopo il 2030 (leggi: alle calende greche) il raccordo fra la rete ferroviaria nazionale e il tratto internazionale della Tav Torino-Lione: un tunnel sotto le Alpi di circa 60 chilometri il cui costo è stimato in 8,78 miliardidi euro, per il 58% a carico dell’Italia — così ha stabilito l’accordo con la Francia — anche se la galleria ricade solo per il 20% in territorio italiano.
L’Italia insiste che il tunnel è prioritario.
Ma visto che ora l’Europa dice di non farci passare le merci, per quanti viaggiatori è prioritario andare da Torino a Lione risparmiando un’ora — solo un’ora — di tempo?
E voi spendereste tutto quel denaro pubblico per accontentarli?
(da “blogeko.iljournal.it”)
argomento: denuncia | Commenta »
Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile
SPUNTA UN DOCUMENTO RISERVATO CHE DELINEA LA NUOVA STRATEGIA: PIU’ TV, CAMBIO METODO SELEZIONE PARLAMENTARI E SQUADRA DI GOVERNO
Non c’è pace per il Movimento 5 Stelle dopo il deludente risultato elettorale delle Europee. 
Alle polemiche nate all’indomani della sconfitta, si sono aggiunte quelle legate alle ultime mosse di Beppe Grillo, che ieri ha incontrato a Bruxelles Nigel Farage, leader degli euroscettici inglesi, per una possibile alleanza all’Europarlamento con l’Ukip. Intanto emergono i contenuti di un documento riservato elaborato dai responsabili della comunicazione a Cinque Stelle per recuperare i consensi persi.
L’accordo con Farage e i maldipancia interni.
Dopo le critiche di esponenti di primo piano come Giulia Sarti, oggi arrivano i tweet di altri deputati pentastellati contro l’alleanza con i populisti inglesi.
Il deputato Aris Prodani, da tempo su posizioni critiche nei confronti dei vertici, in un tweet definisce l’alleanza con Farage “#dabrivido”, mentre la deputata piemontese Eleonora Bechis definisce Farage “uno speculatore finanziario” con “modi e idee da estrema destra”, “un misogino, omofobo, xenofobo”, stroncando l’intesa con il partito inglese in un tweet: “#ukip antitesi #m5s #megliosoli” e confidando sulla consultazione in rete.
Critiche che si aggiungono a quelle di altri esponenti pentastellati che contestano non da oggi la linea di Grillo e Casaleggio, come il deputato Tommaso Currò e il sindaco di Parma Federico Pizzarotti e che provocano la reazione di Roberta Lombardi, già capogruppo alla Camera del M5S, che non esclude altre espulsioni se il dissenso non dovesse rientrare.
Le parole della Lombardi hanno scatenato la reazione di un altro dissidente, Walter Rizzetto, che su Twitter si scaglia contro la deputata grillina: “Immagino che qualcuna abbia commesso già troppi danni per avere ancora il fiato di parlare” è il laconico commento di Rizzetto.
La scelta di alleanza con il partito eurofobico e anti immigrati dell’Ukip dovrà passare al vaglio della rete e non è escluso che i militanti possano respingere la scelta di Grillo.
Su Facebook Alessandro Di Battista attacca “la stragande maggioranza della stampa asservita come nell’Argentina di Videla” e ricorda che in piazza San Giovanni ” non c’erano elettori ed eletti, c’erano cittadini informati. 5.807.362 persone hanno oggi, grazie al lavoro di tutti e grazie soprattutto alla rete, un livello di informazione altissimo”. Questa sera prevista una riunione dei senatori pentastellati per analizzare il risultato elettorale.
Staff elabora nuova strategia. La battuta di arresto alle ultime elezioni è stata oggetto di un’attenta analisi da parte dei responsabili della comunicazione del M5S, che hanno elaborato una nuova strategia per rilanciare il Movimento contenuta in un documento che ieri sera è stato illustrato all’assemblea dei deputati
Secondo questo documento sarebbero tre i punti cardine di questo ‘nuovo corso’: investire sulla tv, cambiare il metodo di selezione dei parlamentari, presentare una squadra di governo
Nel documento si riconosce la sconfitta: “Il Movimento non è crollato, ma Renzi ha stravinto, con percentuali senza precedenti nella storia della Repubblica se si escludono i risultato della Dc del dopoguerra”.
Il risultato del voto è stato un “effetto perverso” della “scelta del #vinciamonoi, che ha spinto gli altri partiti a crederci e quindi a reagire con la chiamata alle armi”.
“Gli italiani in questa fase difficile – continua il dossier – hanno dimostrato di aver bisogno di affidarsi ad un uomo forte, fattore che ciclicamente torna nella storia, da Mussolini a Berlusconi, e hanno bisogno di serenità .
Renzi ha saputo trasmettere serenità costruttiva” è il significativo riconoscimento al premier che si legge nell’analisi.
Oltre ad un migliore uso del mezzo televisivo, “necessario per raggiungere il 51%”, nel documento si parla della necessità di affiancare la proposta alla protesta.
“Se non si ha una soluzione a un problema non lo si può denunciare”.
E a tal proposito viene suggerita la presentazione di “una squadra di governo” che possa concretizzare queste idee.
Inoltre è necessario “rafforzare quantitativamente e qualitativamente l’attività legislativa” assumendo consulenti preparati e informando “quelle fette di popolazione destinatarie del lavoro Parlamentare o dell’attività di Governo”
Le difficoltà del M5S non sono passate inosservate agli esponenti del PD che, forti dello straordinario risultato elettorale, metteno in evidenza le contraddizioni dei pentastellati: secondo il sottogretario alla Funzione Pubblica Angelo Rughetti il partito di Grillo “è in confusione.
Fanno dei commenti che mi ricordano, con tutto il rispetto, i segretari dei partitini del pentapartito della prima repubblica”.
Alla fine, conclude il sottosegretario ospite di Agorà su Raitre, “è stata la politica a cambiare loro”.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Grillo | Commenta »
Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile
I DISSIDENTI SI STANNO SALDANDO CON I DELUSI E CHIEDONO L SINDACO DI PARMA DI FARE UN PASSO AVANTI… SCONTRO TRA CERCHIO MAGICO E PARLAMENTARI
I dissidenti del Movimento vogliono un nuovo leader. Non basta più Beppe Grillo, preferiscono Federico Pizzarotti. Lo corteggiano, lo sommergono di sms, pianificano incontri riservati.
Sfiancate da mesi di braccio di ferro, le colombe cercano di convincere il sindaco di Parma a rompere gli indugi.
Per costruire un Movimento diverso sfruttando la scossa elettorale.
Quest’attivismo, però, è stato captato dai radar della Casaleggio associati. E ha provocato la gelida reazione del guru: «È Pizzarotti che manovra questi dissidenti. Vogliono sgambettarci, ma noi andiamo avanti».
Non si tratta solo di Pizzarotti, in realtà . Il passaggio è così stretto che tutti temono l’incidente.
Ieri, per dire, era stata convocata una riunione dei deputati con all’ordine del giorno l’analisi del voto.
Si è discusso di tutto — dai ballottaggi che forse non vedranno l’impegno del leader ai decreti da votare in Parlamento — ma quasi per nulla della sconfitta.
Tutto è rimandato a un incontro convocato per oggi pomeriggio alle 16. Eppure, non mancano le scintille a cinquestelle.
Mattino presto, cortile di Montecitorio.
Il potente vicepresidente della Camera grillino, Luigi Di Maio, si ritrova faccia a faccia con Tommaso Currò.
È il deputato che ha chiesto senza mezzi termini il pensionamento di Beppe Grillo. Ne esce fuori un duello drammatico. Si scambiano accuse reciproche, il dissidente siciliano non arretra di un millimetro: «Non temo di essere buttato fuori, io dico quello che penso».
Ed è sempre Di Maio ormai unico punto di riferimento dell’ala ortodossa — a fare il bis poco dopo. Incrocia Walter Rizzetto, che su Repubblica ha contestato il leader.
E il copione si ripete.
Il Movimento è un frullatore di accuse e veleni. Aris Prodani sorseggia un caffè in buvette. Il clima? Accenna un sorriso, fa una smorfia: «Mamma mia…».
Chi è rimasto finora nelle retrovie sembra pronto a esporsi.
Mimmo Pisano, per esempio, chiama Currò. Gli rinfaccia di aver esagerato, ma poi picchia che è una bellezza: «Bisogna cambiare pelle al Movimento — sostiene pacato — non arroccarsi in posizioni presuntuose. Smettiamola di dire che i nostri elettori sono meglio degli altri, di chiamare tutti “facce di bronzo” o insultare i “giornalisti criminali”».
Per capire la distanza siderale tra due galassie ormai in conflitto, è utile ragionare del futuro anche con i falchi.
Uno è Daniele Del Grosso. «È facile darsi delle arie in un momento di difficoltà . Lo fanno per giustificare gli attacchi portati avanti per un anno».
Poi la stoccata diretta al dissenso: «Chi non si sente più a suo agio, può cogliere questa occasione per andare via. Volontariamente ».
Ci risiamo, le espulsioni. Non ora, ma presto torneranno ad essere invocate.
Per adesso, comunque, i falchi scelgono il catenaccio.
Devono difendersi, perchè sul banco degli imputati è finito soprattutto il cerchio magico dei grillini.
Quelli che vanno sempre in tv, gli amici dello staff. Gli strali rimbalzano dalla Camera a Palazzo Madama.
Sentite la senatrice Serenella Fucksia: «Dobbiamo cambiare strategia. Siamo arrivati a far conoscere solo i “divi”, lasciando in ombra i contenuti». Quando fa riferimento al “divo”, Fucksia punta il dito verso Alessandro Di Battista.
Siccome nei gruppi l’aria è irrespirabile, la Casaleggio associati ha chiesto di far slittare alla prossima settimana il summit congiunto di Camera e Senato.
«È giusto così, serve tempo per elaborare. Noi intanto metabolizziamo», spiega Giulia Sarti.
Che, comunque, chiede un cambio di passo: «Dobbiamo pensare di più ai contenuti, modificare i toni, farci più furbi. Perchè è chiaro che abbiamo spaventato la gente».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica”)
argomento: Grillo | Commenta »
Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile
COME LA MADONNA DI GUIDO RENI, LA BOSCHI BIANCA TRA PUTTI NERI
Renzi è come Bergoglio”. Copyright di Brunello Cucinelli, re del cachemire, avvolto dall’aura
neutra del soffice filo nello studio di Otto e mezzo, all’epoca dell’auto-incoronazione di Matteo. Ciò che parve megalomania si rivela oggi profezia accorta, forse suggerita da quegli sciamani della Mongolia che da secoli allevano le capre “hircus” dal pregiato vello d’oro.
Essì, perchè dopo il miracolo di portare il Pd sulle vette emotive del tantissimo% pari a 11 milioni di italiani (più o meno gli spettatori dell’ultimo Sanremo durante la performance di Cat Stevens), Renzi infila due-tre prodigi uno dietro l’altro, frutto del mix specialissimo di carisma e polso che ormai fa la sua persona agli occhi del mondo
Di prima mattina riesce nell’impresa, preannunciata su Twitter poche ore dopo il trionfo alle Europee, di portare in Italia 31 bambini congolesi adottati da famiglie italiane e bloccati nel loro Paese da un’odiosa burocrazia.
A prenderli ha mandato la ministra Boschi, e in effetti chi più di un ministro per le Riforme e i rapporti con il Parlamento è adatto per una missione simile.
Non quello degli Esteri o degli Interni, nè della Semplificazione. Certo: il terzo settore. Certo: la riforma delle adozioni.
Ma a farne la scelta vincente è l’immagine di lei, bianca tra putti neri come una Madonna di Guido Reni, che scende dall’aereo mica così, ma “tenendo per mano due tra i più piccoli adottati”, poi prendendone in braccio uno che camminava da solo lo porge alla mamma (fa niente che fosse lì a due passi).
E possiamo solo immaginare in che cieli di gioia si sia svolta la festa a bordo, se il ministro narra di una treccina fattale in volo da una bimba (è vero, c’è la foto), e quando si volta la stessa treccina compare davvero sulla capigliatura di grano, come vorremmo comparissero monete d’oro dopo i più radiosi sogni
D’intorno, colori pastello e sahariane stile Meryl Streep in La mia Africa, abbracci e lacrime di neomamme radiose ora fiere del Paese che le aveva deluse.
Altro che l’atroce ricordo di Alfredino rievocato da Veltroni: il Paese redento dal nuovo Pd guarda i pupi tratti in salvo, tira un sospiro di sollievo e nota che la Boschi indossa delle ballerine.
Ed ecco loro, i nuovi cittadini italiani: impareranno presto la lingua per cantare canzoni; siederanno a scuola vicino a compagni figli di immigrati, declassati ad apolidi dall’ancora vigente ius sanguinis.
Su web e tv prorompe dai cuori l’encomio per il fatto che il governo non ha usato il ricongiungimento come arma elettorale; vero: lo fa scaturire dalla fiducia ricevuta, e la buona diplomazia ad alto tasso emotivo fila liscia con l’esattezza di un quod erat demonstrandum, elargita come un premio, ritirato su Twitter da Fabio Fazio a nome di tutti noi.
Il Presidente evocato e ringraziato partecipa in absentia alla foto che presto campeggerà su tutti gli sfondi di smartphone e pc, al posto del salvaschermo di Angelina Jolie e Brad Pitt che portano a casa la piccola Zahara.
Intanto, sempre su Twitter, viene riportato a casa Federico Motka, rapito in Siria un anno fa. Per la precisione, viene ridato alla mamma, Giovanna.
Il tempo di togliere di mezzo l’aereo dal Congo sulla pista di Ciampino, e sarà di nuovo tra noi. Donne e mamme (le Laure, le Francesche delle primarie) partecipano a un gioco di ruolo più vero del vero, in una specie di città del Sole dove vigono Liberalità , Magnanimità , Fortezza, Giustizia, Operosità , Verità .
Un film italiano a Cannes. Altro che Dc.
E altro pure che Bergoglio, che a quanto ne sappiamo può contare sull’aiuto di Dio.
Pare che il voto sia sceso come lo Spirito Santo su una politica seccata da anni di cinico avventurismo, tecnicismi balzani, harakiri sinistrati.
Piovono come un balsamo progressismo e bontà , orgoglio e pragmatismo da scout. Il governo del fare si placca d’oro, si bagna nell’olio santo, se persino Bersani, visto l’ultima volta blandamente applaudito da Matteo durante l’abbraccio-schiaffo morale con Letta, rivela a Cazzullo: “Questo Matteo mi ha ridato la salute”.
È bello, è liberatorio.
In tanto tripudio, un’allegoria della prudenza: Renzi twitta la foto di un bambino congolese che legge in volo la brochure dell’aviazione militare tedesca.
Per la gioia bipartisan, aspettiamo adesso “i nostri marò”.
Daniela Ranieri
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: governo | Commenta »
Maggio 29th, 2014 Riccardo Fucile
ESCLUSO DALLE LISTE DI FORZA ITALIA AVEVA TROVATO RIFUGIO IN QUELLE DI “FRATELLI D’ITALIA” DIVENUTE “TROMBATI D’ITALIA”
“Quando mai le elezioni hanno cambiato qualcosa? si chiedono gli attivisti di 100% Animalisti spiegando poi che «per noi una grossa vittoria c’è stata: la non elezione di Sergio Berlato, patrono padrino e rappresentante dei cacciatori/pescatori italiani. Dopo l’esclusione dalla lista di Forza Italia, dovuta in gran parte alla nostra azione di boicottaggio e denuncia, ha dovuto accontentarsi di una lista di quarta categoria, senza speranze di superare lo sbarramento».
Le azioni di boicottaggio non hanno mai avuto soste – dicono gli animalisti – e resta così fuori dal Parlamento europeo uno dei più strenui difensori dei cacciatori, cacciatore lui stesso.
Ma la battaglia pare non fermarsi. «Berlato già pensa alle Regionali dell’anno prossimo: una poltroncina in Regione Veneto è sempre meglio di niente. Ma noi continueremo la lotta contro lui e i suoi compari, comunque si travestano”
“Intanto, per ricordare il fallimento suo e della lista di perdenti che lo aveva accolto, nella notte tra il 27 e il 28 maggio i nostri militanti hanno affisso numerose locandine di scherno dedicate ai “trombati d’Italia”, sulle vetrate d’ingresso della sede Confavi di Thiene (Vicenza) e hanno “infierito” sempre con le locandine a lui dedicate, su alcuni cartelloni elettorali che lo vedevano protagonista».
(da “il Gazzettino“)
argomento: Fratelli d'Italia | Commenta »