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SVIZZERA, A CHI CONVIENE L’ACCORDO

Gennaio 9th, 2015 Riccardo Fucile

ALIQUOTE FAVOREVOLI PER I CAPITALI NASCOSTI ALL’ESTERO DA OLTRE OTTO ANNI: ATTESI 30 MILIARDI SU CIRCA 2-300

Le trattative vanno avanti da qualche anno. Ci aveva provato, invano, il governo di Mario Monti. Gli sherpa di Enrico Letta erano arrivati a un passo dalla meta annunciando a più riprese il “quasi goal” senza però sfondare mai la porta.
Dopo due anni e mezzo di negoziati, l’accordo ora sembra arrivato e nelle prossime settimane è attesa la firma fra Italia e Svizzera sulla revisione dell’accordo di doppia imposizione e sulle modalità  per lo scambio automatico di informazioni
L’accelerazione decisiva è scattata a inizio dicembre, dopo che il Parlamento italiano ha approvato la legge sulla cosiddetta voluntary disclosure per l’emersione dei capitali detenuti illecitamente all’estero.
La nuova legge fissa infatti nel 2 marzo l’ultimo giorno utile per firmare intese fiscali che consentano ai Paesi inseriti oggi nella “black list” dei paradisi fiscali di passare nella “white list”. Una volta firmato l’accordo, gli italiani potranno mettersi in regola pagando sanzioni più basse rispetto a quelle previste nel caso di Paesi inseriti nella “lista nera”.
Secondo gli esperti, il rientro dei capitali è conveniente se i capitali si trovano in Svizzera da più di otto anni, quindi già  prescritti.
In questo caso il costo del rimpatrio si aggira tra il 12 e il 15 per cento.
Se invece si trovano all’estero da meno di otto anni, il costo può arrivare al 50 per cento.
Per i patrimoni leciti come le vecchie eredità , i patrimoni dei professionisti e gli utili societari sottratti al fisco italiano la sanzione prevede il pagamento delle imposte sui rendimenti per ogni anno di permanenza all’estero, oltre alle multe e agli interessi per il ritardato pagamento e alle sanzioni per la mancata comunicazione sul quadro Rw della dichiarazione dei redditi.
Ci sarà  tempo fino al prossimo 15 settembre per autodenunciarsi al Fisco e godere degli sconti. Rispetto agli scudi fiscali precedenti, però, non è previsto l’anonimato sui capitali rimpatriati.
La promozione alla lista bianca conviene alla Svizzera, perchè consentirà  alle sue imprese di operare con più facilità  in Italia.
Quanto a Renzi, conta di recuperare un po’ di ossigeno per i conti pubblici.
La norma introdotta nell’ultimo decreto Milleproroghe, inoltre, punta ad attingere 671 milioni già  da quest’anno dalle entrate derivanti dal rientro dei capitali per evitare l’aumento degli acconti d’imposta del prossimo autunno e il rincaro delle accise sulla benzina a partire dal 2016. Secondo alcune stime riportate nei giorni scorsi da Italia Oggi, gli italiani hanno depositato in Svizzera nel corso degli anni tra i 200 e i 300 miliardi di euro.
Di questi, il 40% circa non ha goduto in passato di alcuna forma di regolarizzazione.
Le previsioni degli analisti parlano dunque di circa 80-120 miliardi di euro che potrebbero venire interessati dall’ultima voluntary disclosure varata dal parlamento.
Ma soltanto una metà  dovrebbe approfittare della manovra e non più di 25-30 miliardi di euro sembrano destinati a rimpatriare.

Camilla Conti
(da “il Fatto Quotidiano“)

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INTERVISTA A CACCIARI: “POLITICA DI ACCOGLIENZA O AVREMO IL CONFLITTO IN EUROPA”

Gennaio 9th, 2015 Riccardo Fucile

“QUI NON C’E’ UN’EUROPA IN GUERRA, CI SONO CONFLITTI DA DISINNESCARE CON LE ARMI DELL’INTELLIGENZA”

«I fatti orrendi di Parigi dovrebbero imporre a tutti noi di ragionare alla grande, ma in questo clima sono in pochi a ragionare, soprattutto in Italia. Il livello del dibattito è deprimente». Lo dice il filosofo Massimo Cacciari
E quale sarebbe, professore, la prima riflessione da fare?
«Negli ultimi venti-trent’anni abbiamo vissuto tutti nell’illusione che la storia potesse in qualche modo cancellare la propria dimensione tragica. Che la nostra Penisola potesse restare fuori dalle trasformazioni epocali che hanno rivoluzionato la geopolitica e prodotto una serie di conflitti (Afghanistan, Iraq, la questione irrisolta dei rapporti tra Israele e palestinesi) che anche per colpa dell’Occidente restano pesantemente irrisolti»
Risultato?
«Vedo un rischio terribile e concreto. Il rischio di una guerra civile in Europa. Mi spiego: dobbiamo tenere presente che nel 2050 la metà  della popolazione del nostro continente sarà  di origine extracomunitaria, quindi è impensabile ritenerci in guerra, noi europei, con l’altra parte, con il mondo islamico. Per questo dico che bisogna ragionare alla grande. Il problema è con chi».
A che cosa allude?
«In Europa, per non dire dell’Italia, in questo momento c’è una deficienza paurosa di personale politico in grado di affrontare il problema. Qui non c’è un’Europa in guerra, ci sono conflitti da disinnescare anche con le armi dell’intelligenza. E con la consapevolezza che si tratta di un processo lungo, difficile, faticoso. Ma non c’è alternativa, altrimenti si va dritti verso quello scontro di civiltà  a cui puntano proprio i terroristi».
Le armi dell’intelligenza, lei dice..
«Certo. Se durante il secondo conflitto mondiale ci fosse stato solo il generale Patton, e non anche la lungimiranza di leader come Churchill e Roosevelt, avrebbe vinto Hitler. Affrontare il problema solo dal lato della semplice repressione non basta, non può bastare. Anche se questi islamisti hanno compiuto un indiscutibile salto di qualità »
In che senso?
«Non siamo in presenza del kamikaze solitario, della bomba anonima. Le azioni come quella di Parigi sono programmate con una logica militare che punta, voglio ripeterlo, allo scontro di civiltà ».
Quindi?
«Fino a quando la nostra democrazia non dimostrerà  di essere accogliente, e continuerà  con le disuguaglianze, questo tipo di terrorismo troverà  sempre terreno favorevole. Sullo scenario europeo, ora si pensa di far fuori la Grecia, mentre si allargano i confini dell’Unione alla Lituania: è pazzesco».
Ma i toni salgono, Salvini dice che siamo in guerra…
«Una battuta che si commenta da sè, sotto il profilo culturale. Sarebbe un errore madornale additare nell’Islam il nemico, il modo per moltiplicare gli jihadisti».
Aggiunge che il Papa non deve dialogare con l’Islam…
«Figuriamoci che cosa importa al Pontefice delle parole di Salvini. Che insieme alla Le Pen sta facendo di tutto per ostacolare il dialogo. Se si votasse domani la Lega e il Front national prenderebbero una valanga di voti. Sarebbe pericolosissimo, allora sì che saremmo in guerra. Certo, poi occorre realismo ».
E cioè?
«Riconoscere che fino a quando non sarà  abbattuto lo Stato islamico dobbiamo aspettarci il peggio. Ma lo si abbatte solo se non si invoca il conflitto di civiltà . Purtroppo quando la storia appare tragica si fa molto fatica a ragionare. È del tutto logico, e porta anche voti: ma è anche pericolosissimo. Bisognerebbe fare un grande sforzo a partire da noi italiani, non credo sia inutile. In fin dei conti, con la storia che abbiamo, dovremmo essere vaccinati. Anche se adesso non pare così».

Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)

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CASALEGGIO FULMINA LA LINEA SOFT SUI DISSIDENTI: FUORI I DUE SENATORI SALVATI

Gennaio 9th, 2015 Riccardo Fucile

IL GRUPPO AVEVA CONGELATO L’ESPULSIONE DI SIMEONI E VACCIANO, POI IL CONTRORDINE

Ancora una volta, in casa 5 Stelle, una decisione dei vertici sconfessa le scelte dell’assemblea dei parlamentari.
Era andato tutto liscio, per Giuseppe Vacciano e Ivana Simeoni.
A dicembre avevano presentato le dimissioni dal Senato, in contrasto con le ultime decisioni prese: la cacciata di Massimo Artini e Paola Pinna avvenuta direttamente sul blog, la nascita di un direttorio di nominati in un Movimento che si voleva orizzontale.
Insieme a loro, si era dimesso dalla Camera Cristian Iannuzzi (figlio della Simeoni): provengono tutti dal meet up di Latina, hanno agito in concerto, senza suscitare troppi attacchi perchè – hanno detto in molti – «si sono impegnati a reiterare le dimissioni fino a quando non saranno accettate dall’aula, insomma non sono i soliti dissidenti».
Così – mercoledì – il gruppo dei 5 Stelle a Palazzo Madama aveva votato per non espellere Simeoni e Vacciano.
Molti speravano che la loro decisione potesse rientrare.
Si è parlato di un problema di fondi al gruppo (per ogni parlamentare che va via, si perdono 5000 euro al mese di finanziamenti). La Simeoni – raccontano i colleghi – diceva che era tormentata dagli attivisti, si era messa a piangere.
In più, prima di cacciare Vacciano – il tesoriere – serviva il tempo per fare un delicato passaggio di consegne. Tutte cose che il capogruppo Airola ha tentato di spiegare a Gianroberto Casaleggio quando quest’ultimo, mercoledì sera, ha chiamato per chiedere spiegazioni.
Furibondo, il guru ha chiesto perchè si sia deciso di agire diversamente rispetto a quanto fatto con altri “dimissionari per protesta” come i senatori Romani, Bencini, Mussini.
«Se ne vanno loro, e noi li tratteniamo? Ma siete impazziti? Tra un minuto li caccio con un post sul blog».
Airola ed altri hanno cercato di rassicurarlo: è una questione di tempo, una o due settimane per organizzare tutto, ma per ore i senatori hanno raccontato il contrario. «Vacciano è diverso, lui crede nel progetto, dice solo che non se la sente più di portarlo avanti e vuole lasciare il posto a qualcun altro» spiegava Paola Taverna.
E Andrea Cioffi: «Che ragione avevamo di mandarlo via? Vedremo cosa succede in aula».
Idee confuse, cui Airola – davanti alle insistenze dello staff di Milano – è costretto a mettere fine firmando l’atto di espulsione.
«Non potevamo fare altrimenti – spiega uno dei portavoce – alla Camera il capogruppo Andrea Cecconi aveva già  pronta l’espulsione di Iannuzzi».
E ancora: «Ma cosa speravano? Abbiamo tentato in tutti i modi di fermarli per settimane, Vacciano era stato chiamato da Casaleggio in persona e non c’era stato verso». In Transatlantico raccontano perfino che al tesoriere era stato offerto di diventare il sesto membro del direttorio.
Cacciati con una firma, dunque, andranno a rimpolpare i gruppi misti di Camera e Senato.
A Palazzo Madama, del resto, alcuni ex sono già  in fermento, pronti a creare un movimento autonomo che intende dialogare con Sel e pezzi di minoranza pd per incidere sulla legislatura, a partire dall’elezione del prossimo presidente della Repubblica.
«Ne usciranno altri tre» è la previsione di molti. Occhi puntati sulle senatrici Fucksia e Montevecchi e sul senatore Molinari.
«C’è molta attività , non possiamo però essere certi che nascerà  qualcosa», si limita a dire il fuoriuscito Francesco Campanella, uno dei tanti tessitori di questo intricato inizio d’anno.
La situazione non è più tranquilla alla Camera, dove Walter Rizzetto – da dentro – commenta l’ultimo atto twittando: «Assemblea ancora una volta calpestata, svilita, messa sotto», con l’hashtag #deriva.
Certo, ci sono sempre i nuovi probiviri, eletti alla vigilia di Natale.
Uno di loro, Vito Crimi, ieri diceva a Repubblica: «Hanno votato mentre ero in giunta, io non sarei stato d’accordo, dovevamo mandarli via».

Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)

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SPRECHI PADANI: VARESE, L’ASILO PRONTO DA 5 ANNI E MAI DIVENTATO OPERATIVO

Gennaio 9th, 2015 Riccardo Fucile

E’ COSTATO MEZZO MILIONE DI EURO: PER UNA SOLA RICHIESTA DI ISCRIZIONE

La prima pietra era stata posata nel 2007, ma all’asilo nido dell’ospedale “Galmarini” di Tradate (provincia di Varese) non è mai stato accudito nemmeno un bambino.
La realizzazione della struttura, finanziata da Regione Lombardia e dall’azienda ospedaliera di Busto Arsizio, è costata ai contribuenti più di mezzo milione di euro: 126 mila di contributo regionale e 427 mila di fondi aziendali.
L’edificio, incastonato nel parco dell’ospedale, era stato pensato per ospitare una ventina di bambini, tra lattanti e bimbi già  svezzati, distribuiti sui 300 metri quadri di struttura, dotata di ogni comfort ed energeticamente all’avanguardia.
Alla cerimonia di posa della prima pietra, nel dicembre del 2007, presenziò il consigliere regionale della penultima giunta Formigoni, Luca Daniel Ferrazzi (che era stato eletto nelle fila del Pdl), storico rappresentante dell’area An proprio come l’allora direttore generale all’azienda ospedaliera, Pietro Zoia.
All’epoca il direttore motivò la scelta di realizzare un asilo nido, spiegando che: “A fronte del numero di maternità  verificatesi negli ultimi anni e guardando alla natura aziendale ospedaliera e, quindi, alla consuetudine di avere molto personale femminile, è importante offrire ai nostri lavoratori un servizio di asilo nido in modo da facilitare un corretto bilanciamento tra le esigenze personali e famigliari e la crescita professionale”.
Insomma, infermiere, dottoresse, segretarie e altre lavoratrici avrebbero avuto a disposizione un loro nido, come si conviene alle aziende più evolute.
Meno di due anni più tardi, nell’estate del 2009, l’asilo nido era pronto.
Lindo e pinto. 300 metri quadri di struttura interna e 300 metri quadri di giardino recintato ad uso esclusivo.
A settembre dello stesso anno la cooperativa Punto Service (che si aggiudicò la gestione del servizio) ricevette una sola iscrizione, impossibile far partire il nido.
I termini vennero prorogati, ma nessuno si fece avanti e non si raggiunse il numero minimo di iscrizioni.
Ormai la struttura era stata completata e non si poteva certo tornare indietro.
Fallito il tentativo di aprire il nido alle mamme lavoratrici, l’azienda ospedaliera provò a coinvolgere i comuni del territorio, poi si provò la via degli accordi con le aziende, vennero promossi open-day e serate pubbliche, ma anche a settembre del 2010 le iscrizioni non arrivarono.
Il direttore generale provò a darsi una spiegazione: “Le richieste di iscrizione in effetti sono state pochissime, forse per le rette a prezzi di mercato, con gli effetti della crisi sulle famiglie che appena possono si affidano ai nonni”.
Oggi siamo nel 2015, la regione è passata sotto la guida di Roberto Maroni, l’azienda ospedaliera ha un nuovo direttore generale e, con il mutare delle condizioni socioeconomiche, di asili nido non si sente più l’esigenza, tanto che il servizio non è nemmeno più stato affidato.
In attesa di una ricollocazione che sa di impossibile, con una spesa sanitaria in continua contrazione, la struttura è ancora lì, intonsa.
Anzi, mostra già  i primi segni di deterioramento.
La facciata perde tono e colore, un grosso telo di plastica copre una parte del tetto, sbirciando dalle finestre impolverate si intravede qualche magagna qua e là .

Alessandro Madron
(da “il Fatto Quotidiano”)

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DOPPIO BLITZ CONTRO I TERRORISTI: MORTI DUE KILLER, UCCISI 4 OSTAGGI

Gennaio 9th, 2015 Riccardo Fucile

ASSALTO DELLE FORZE SPECIALI ALLA TIPOGRAFIA, CINQUE MILITARI FERITI, UCCISI I DUE FRATELLI… POCHI MINUTI DOPO BLITZ ANCHE A PARIGI: LIBERATI QUASI TUTTI OSTAGGI, UCCISO UN TERRORISTA

Spari ed esplosioni alla tipografia di Dammartin, dove i due killer della strage del Charlie Hebdo asserragliati da venerdì mattina con degli ostaggi, sono stati uccisi.
La polizia ha dato il via alle 17 al blitz per chiudere la partita con gli attentatori di Parigi, in fuga da mercoledì, dopo l’attacco terroristico che ha portato all’uccisione di dodici persone. secondo la France Press i due terroristi sarebbero rimasti uccisi nell’attacco.
Pochi minuti dopo, si sono sentite cinque forti esplosioni anche a Parigi.
A Dammartin si sono sentiti spari, forti detonazioni e dall’edificio si è visto uscire del fumo.
Prima degli spari sono stati visti almeno quattro membri delle forze di sicurezza sul tetto dell’edificio.
Dopo pochi minuti è scattata anche l’azione a Parigi, dove la polizia si è aperta la strada con cinque esplosioni.
Elicotteri si sono posati sul tetto dell’edificio per raccogliere i feriti. Ambulanze e barellieri sono intorno al negozio kosher, dove si sono visti alcuni ostaggi fuggire.
L’ostaggio prigioniero dei due killer di Charlie Hebdo a Dammartin-en-Goele è stato liberato nell’assalto ed è indenne. Lo riferisce Bfm Tv

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SONDAGGIO SWG: CALA RENZI, AUMENTANO PD E CINQUESTELLE, SCENDONO LEGA, FORZA ITALIA E FDI

Gennaio 9th, 2015 Riccardo Fucile

RENZI PERDE 5 PUNTI NELLA FIDUCIA DEGLI ITALIANI

Cresce il Partito democratico. Ma anche il Movimento 5 Stelle. Cala invece il centrodestra e in particolare Forza Italia.
E’ questo il fermo immagine della politica italiana scattato da Swg che riporta le intenzioni di voto per il suo report “Scenari di un’Italia che cambia”.
Il sondaggio è stato realizzato da Swg nei giorni 7-8 gennaio 2015 con metodologia Cawi, su un campione rappresentativo nazionale di mille soggetti maggiorenni. Questo il quadro complessivo nel dettaglio (tra parentesi la percentuale rilevata il 18 dicembre scorso)
Totale area di governo: 42,6% (41,9)
— Pd 38,1% (37,0)
— Ncd 3,2% (3,5)
– Sc 0,8% (0,6)
— Altri area governo 0,5% ( 0,6)

— M5S 20,6% (19,4)
— Fi 14,1% (15,1)
— Lega Nord 11,5% (12,0)
— Fdi-An 2,7% ( 3,1)

— Sel 3,0% ( 2,9)
— Prc 2,0% ( 1,9)
— Verdi 0,7% ( 0,6)
— Altro partito 2,8% ( 3,1)
Non si esprime 49,8% (46,8)

Ma se il Pd cresce, secondo altri sondaggisti, cala la fiducia nei confronti del premier Matteo Renzi.
Colpa della norma “salva-Berlusconi“, della crisi economica e del volo di Stato preso per andare in vacanza a Courmayeur.
“Con gli scivoloni dell’ultima settimana il premier e il governo perdono tra i quattro e i cinque punti”, dice Renato Mannheimer all’Huffinghton Post.
“Più che il volo di Stato — secondo Roberto Weber di IXè — è la non chiarezza sulla cosa di Berlusconi a determinare l’erosione. Come fatti in sè, e in relazione alla questione dell’economia. Nel senso che mentre il dibattito è monopolizzato dalla questioni tipo salva Berlusconi, il cittadino vede i dati della disoccupazione, quelli dell’Istat, gli indicatori economici e la sfiducia aumenta”.

(da “il Fatto Quotidiano“)

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INTERVISTA AL PROF FOUAD ALLAM: “UCCIDONO PER DARE UN SENSO ALLA VITA”

Gennaio 9th, 2015 Riccardo Fucile

IL DOCENTE UNIVERSITARIO ANALIZZA LE MOTIVAZIONI DEI   FOREIGN FIGHTERS NEL LIBRO “LO JIHADISTA DELLA PORTA ACCANTO”

È un terrorismo di “prossimità ”, una guerra non per il territorio ma per un’idea del mondo.
Nel suo ultimo libro Il jihadista della porta accanto, di cui sta per uscire un aggiornamento incentrato sul massacro di Parigi, il sociologo e docente universitario di origine algerina naturalizzato italiano, Khaled Fouad Allam, ha scavato il fenomeno dei cosiddetti foreign fighters, i giovani musulmani nati in Europa che, dopo essere andati a combattere in Siria, tornano in quelle che considerano le loro “matrigne patrie” con l’intento di combattere per imporre un altro sistema di valori e di vita.
Quale professor Allam?
Quello dell’islam politico basato sui valori della sharia (la legge coranica) e non su quelli creati dall’Illuminismo: uguaglianza e libertà . Lo slogan dell’islam politico è “islamizzare la democrazia”, ma per noi occidentali la democrazia è o non è . Non esiste una via di mezzo. Secondo questi militanti della jihad, soprattutto la Francia rappresenta la terra dei miscredenti perchè lì c’è stata la rivoluzione francese, perchè lì c’è stata la separazione tra politica e religione, ossia la cosiddetta secolarizzazione.
Perchè dice che non è una guerra per il territorio, quando vediamo i militanti dell’Isis che combattono per creare uno Stato con confini e terre ?
Mi stavo riferendo ai jihadisti che tornano in Inghilterra, Francia, Italia, Germania e negli altri paesi dove vige il sistema di valori ereditati dall’Illuminismo che si basa sulla libertà  e l’uguaglianza, dunque sulla democrazia.
I jihadisti della porta accanto perchè arrivano a tanto?
Per loro non è arrivare a tanto, fanno quello che pensano sia giusto, dopo essere stati indottrinati e combattere una guerra in cui il miscredente deve soccombere. E deve soccombere perchè non condivide il loro modo di interpretare la società .
Cosa li ha attratti fino al punto di non temere la morte o il carcere a vita?
Credo che ad agire sia innanzitutto il vuoto di significato, l’emarginazione viene dopo. Tanti lo fanno per un senso distorto del riscatto sociale, per essersi sentiti esclusi, ma la maggior parte lo fa per dare un senso alla propria vita. Purtroppo l’indottrinamento subito in Siria, i cattivi maestri, ossia gli imam radicali delle moschee parigine o londinesi, li hanno portati a credere che per trovare un significato alla propria esistenza devono combattere una guerra di religione.
Perchè i milioni di musulmani pacifici che vivono in Europa non urlano la loro contrarietà  a questa barbarie, perchè non scendono in piazza contro il terrorismo?
Uno dei motivi è la fine della speranza collettiva, ma questo vale anche per noi. Per quanto riguarda i musulmani va sottolineato che le autorità  religiose islamiche francesi hanno subito condannato questo attacco ma certo è che non ci sono leader forti in grado di coagulare attorno a sè tutta la popolazione islamica. Un’altra ragione può essere la paura. Dobbiamo renderci conto che ci troviamo davanti a una guerra che riguarda prima di tutto la comunità  islamica e quindi noi occidentali, considerati tutti quanti miscredenti perchè non musulmani.
Quali problemi vive il mondo?
Oltre allo scontro fratricida tra sciiti e sunniti, c’è la questione della libertà . Già  20 anni fa scrissi in un mio libro che l’islam politico rifiuta la libertà  in tutte le sue accezioni. Uccidere i vignettisti è come uccidere un filosofo, significa cercare di cancellare la libertà  di pensiero.
Però questi giovani militanti non rifiutano internet, i social network, che sono nati per aumentare lo scambio, la conoscenza e traslatamente, la libertà  di pensiero .
Sì, è così. Ma non si sentono in contraddizione: sfruttano uno strumento creato dai “nemici” per combattere meglio la loro guerra. Se di contraddizione si può parlare, si tratta di una contraddizione inconscia in senso lacaniano.
Ma alla fine perchè uccidere per delle vignette?
L’islam non ha conosciuto la secolarizzazione. Nella maggior parte della nazioni governate da musulmani non c’è stata una separazione netta tra religione e Stato, non c’è la separazione tra potere religioso e temporale. Ecco perchè si può arrivare a uccidere per una vignetta.

Roberta Zunini

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UN ELETTRICISTA AL QUIRINALE

Gennaio 9th, 2015 Riccardo Fucile

IL VANTAGGIO DI UN PRESIDENTE TECNICO

Un tecnico al Quirinale: è la soluzione più accreditata.
Presenta il grande vantaggio di eleggere alla guida della Repubblica un uomo sicuramente al di sopra delle parti.
Lo svantaggio, evidente, è che nel discorso di Capodanno un presidente tecnico rischia di dilungarsi su dettagli di scarso interesse popolare, tipo l’andamento della Borsa di Giakarta, la partita doppia, le onde hertziane, la temperatura di fusione delle leghe metalliche, con svolgimento molto autorevole ma di poca presa emotiva sui cittadini.
Ma vediamo i nomi più accreditati.
PIER CARLO PADOAN
Ha dedicato la sua vita al corretto posizionamento dell’accento nel suo cognome, con risultati incoraggianti ma ancora non definitivi.
Attuale ministro dell’Economia, è molto rispettato per la determinazione e la chiarezza con le quali spiega che non c’è più niente da fare.
È docente in una decina di Università  sparse in tutto il mondo, da Sydney a Buenos Aires a Tokyo, ricopre incarichi di prestigio in decine di istituzioni economiche internazionali, presiede diversi Consigli di amministrazione.
La sua giornata comincia estraendo a sorte la sede lavorativa da raggiungere e finisce in aeroporto con una telefonata di scuse perchè ha perso la coincidenza.
Accetterebbe il Quirinale a patto di dotarlo di una sala d’attesa Vip e di un tabellone luminoso con i voli in partenza.
LORENZO BINI SMAGHI
La sua carriera, tranne pochi dettagli, è quasi identica a quella di Padoan.
I due si incontrano spesso in aeroporto e cercano di capire, unendo gli sforzi, quale volo prendere per atterrare in tempo in almeno una delle decine di capitali mondiali nelle quali sono attesi.
Spesso si dividono fraternamente i compiti: per esempio Bini Smaghi va a Chicago a tenere il corso di Padoan che appassiona migliaia di studenti (“Opportunità  e rischi della cartolarizzazione”), mentre Padoan va a Praga a presiedere la sessione di esami di diritto monetario di Bini Smaghi.
GIULIO GIULI GIANNI
Giuli Gianni non è un economista e deve la sua fama accademica ai suoi studi sui gas nobili, grazie ai quali ha vinto diversi premi internazionali.
Secondo una teoria che ottiene sempre maggior credito, anche gli economisti non sarebbero abbastanza neutrali rispetto alla contesa politica; e dunque, perchè non puntare su uno scienziato puro, che ha trascorso la vita intera nei laboratori del Gas Institute di Philadelphia verificando gli effetti del transito dei gas attraverso le microfibre?
Giuli Gianni ha lo svantaggio di essere del tutto sconosciuto, tranne che nell’ambiente dello studio dei gas nobili. Ma chi l’ha incontrato assicura che è di bella presenza, molto cortese, e sarebbe disposto a rinunciare ai suoi studi pur di poter finalmente spiegare agli italiani, nel discorso di Capodanno, l’importanza dei gas nobili nelle nostre vite.
AMELIA FASOLAZZI
È meno nota di Fabiola Gianotti, ma lavora anche lei al Cern di Ginevra in un esperimento minore. In un modesto scantinato è addetta allo studio del neutrino di Smith, che a differenza del bosone di Higgs ha un ruolo del tutto trascurabile e soprattutto è già  stato scoperto ottant’anni fa dagli studenti di un istituto tecnico di Brindisi.
Perchè dunque preferire lei alla Gianotti? Perchè lei, a differenza della Gianotti, accetterebbe con entusiasmo di lasciare il suo scantinato e il suo piccolo acceleratore di particelle, ricavato da un vecchio trenino elettrico, sul quale ha speso inutilmente una vita intera.
CARMINE CASTRIOTO
È un elettricista e ha più di cinquant’anni, dunque dispone dei requisiti richiesti dalla campagna “un tecnico al Quirinale”.
Non ha alcuna competenza politica, non ha mai messo la cravatta in tutta la vita, parla un italiano molto approssimativo, ma si è autocandidato sostenendo che l’impianto del Quirinale è obsoleto.
Se ne è accorto seguendo casualmente il discorso di Capodanno di Napolitano e notando frequenti cali di tensione nelle luci.

Michele Serra

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VIVA LA SATIRA (IN FRANCIA)

Gennaio 9th, 2015 Riccardo Fucile

SCHERZA COI SANTI MA LASCIA STARE I POLITICI ITALIANI

Commovente questa appassionata difesa della libertà  assoluta di satira da parte dei peggiori censori italioti.
Gente che per vent’anni ha leccato politici e potenti di ogni colore, praticato e giustificato censure, chiesto e ottenuto la cancellazione di programmi in tv fino alla totale abolizione della satira dalla Rai, si lancia ora come scudo umano a protezione dei corpi ormai esanimi dei giornalisti e vignettisti di Charlie Hebdo, quindi a costo e rischio zero, difendendo il diritto-dovere della satira di attaccare chiunque, senza limiti di tono nè di buon gusto, foss’anche una divinità  o un’intera religione, in qualunque parte del mondo.
Purchè, of course, non in Italia.
Il loro motto è: scherza coi fanti e pure coi santi, ma lascia stare i politici italiani.
La storia di Daniele Luttazzi, ostracizzato da tutte le tv da 13 anni, parla da sè.
Nel 2001 finisce nel mirino del Cda Rai perchè, nel suo Satyricon su Rai2 diretta da Carlo Freccero, ha osato annusare gli slip rossi di Anna Falchi e mangiare una finta cacca di cioccolata in polemica con il consigliere Alberto Contri, che l’ha accusato di coprofagia; poi s’è azzardato a intervistare Pannella e Flores d’Arcais, che hanno criticato il Vaticano.
Ma il suo peccato mortale è invitare il sottoscritto, il 14 marzo, 40 giorni prima delle elezioni, a presentare L’odore dei soldi, un libro scritto con Elio Veltri sui rapporti di B. (e Dell’Utri) con la mafia e le misteriose origini delle sue fortune.
Tema largamente disertato dalla cosiddetta informazione.
Da quella notte succede di tutto.
Mario Landolfi (An), presidente della Vigilanza, spara: “Il programma di Luttazzi va chiuso, Freccero dev’essere allontanato, Zaccaria e tutto il vertice Rai devono dimettersi”.
Paolo Romani (FI): “Attacco proditorio, vergognoso, senza precedenti contro il presidente Berlusconi sul servizio pubblico. Chiediamo una riunione immediata della Vigilanza per chiedere le dimissioni del vertice Rai e dei suoi direttori”.
B. scende da Arcore a Roma, parla con Bossi (“è più indignato di me”), poi riunisce a pranzo il consiglio di guerra: Casini, Letta, Bonaiuti, Buttiglione, Pisanu, La Loggia, Scajola e Tremonti. Passa la proposta Casini: la Casa delle Libertà  (si chiama così) diserterà  tutti i programmi Rai. Due giorni, non di più.
Cossiga parla di “crimine politico alla Rai”. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Mario Petrina, duetta con Emilio Fede al Tg4 e si scaglia contro Luttazzi e il sottoscritto: denuncia il primo per “esercizio abusivo della professione giornalistica” e invoca per il secondo un procedimento disciplinare per lesa “deontologia”.
Anche da sinistra si spara a zero.
Ecco il verde Marco Boato: “Quel che è accaduto a Satyricon è inaccettabile, tanto più grave in quanto avvenuto a Camere sciolte. In una democrazia non si fanno processi sommari per via mediatica. Non è satira, ma una scorretta operazione televisiva”.
E Francesco Rutelli, candidato premier: la reazione della Cdl contro Satyricon “è stata legittima rispetto all’uso di una trasmissione per fare propaganda politica, ma c’è il diritto di replica”. D’Alema afferma: “Satyricon è un boomerang per la sinistra”.
Fede invece osserva: “Satyricon è un boomerang per la sinistra”.
E Dell’Utri, più sobrio: “Luttazzi è un cretino”.
Il Foglio di Giuliano Ferrara e il Giornale si associano alla richiesta di cacciare Luttazzi e il vertice Rai che non l’ha zittito in tempo.
Sul Corriere, Paolo Franchi sostiene che la sua “non è satira”. Oltre a quelle pubbliche — e alla raffica di cause civili miliardarie firmate da B., Dell’Utri, Tremonti, Fininvest, Mediaset e Forza Italia contro di lui, contro Freccero e contro gli autori ed editori de L’odore dei soldi — Luttazzi riceve anche minacce private: lettere anonime, dossier sulla sua vita privata, telefonate mute, strane intrusioni in casa sua.
Anche perchè Il Giornale di Belpietro ha pensato bene di pubblicare la sua dichiarazione dei redditi, col suo indirizzo ben visibile.
E, nell’indifferenza generale, è costretto a girare sotto scorta per mesi, con le auto della polizia che circondano i teatri durante i suoi spettacoli.
Almeno quei pochi teatri che non gli negano il palco per motivi di opportunità  politica. Satyricon intanto viene chiuso, prim’ancora dell’editto bulgaro di B. (18 aprile 2002) contro Biagi, Santoro e Luttazzi. Non riaprirà  mai più.
Il 16 novembre 2003 va in onda — tra mille difficoltà  — la prima puntata di RaiOt di Sabina Guzzanti, dedicata alle tv di B. e alla legge Gasparri allora in discussione.
Un trionfo: 18,37% di share, con punte del 26. Record della serata tv, record storico di Rai3. Infatti il programma viene subito sospeso e poi chiuso dal vertice Rai (presidente Lucia Annunziata, dg Flavio Cattaneo, direttore di rete Paolo Ruffini, Cda con noti intellettuali liberali come Alberoni, Petroni, Rumi, Veneziani).
I grandi giornali giustificano l’epurazione. Sebastiano Messina, su Repubblica, insinua una manovra studiata a tavolino dalla Guzzanti per passare da martire: “Un concitato gioco delle parti nel quale il fantasma della censura berlusconiana — dunque dell’intolleranza del potere — è riuscito a far litigare furiosamente il direttore di Rai3 e la più brava imitatrice di Berlusconi e D’Alema…
Questa surreale commedia dell’assurdo è cominciata quando Ruffini… ha chiesto agli autori di RaiOt di rinviare di una settimana l’esordio per ‘un problema di opportunità ‘, alla vigilia dei funerali per i caduti di Nassiriya…
Ma sollevava anche — senza ipocrisia — la questione della compatibilità  di ‘alcuni momenti del programma’ con la ‘sobrietà ‘ di Rai3…
Gli autori e la protagonista hanno ceduto precipitosamente alla tentazione di dimostrare al mondo (con un intempestivo pathos rivoluzionario) che la realtà  si adeguava alla satira, e il Berlusconi in carne e ossa faceva esattamente quello che loro gli facevano dire nella parodia televisiva, censurando proprio la sfida alla censura”.
Il pretesto usato dalla Rai per la serrata, oltre alla mancanza di “sobrietà ”, è che Mediaset (teoricamente la concorrenza) ha denunciato il programma per 20 milioni. I giornali se la bevono e rincarano la dose, portando altra acqua al mulino della censura.
Giordano Bruno Guerri osserva sul Giornale che RaiOt “non fa ridere”, “dice un sacco di sciocchezze preconcette” e soprattutto si permette di “prendersela con Lucia Annunziata solo perchè è presidente della Rai e brava e donna…
I sabiniguzzanti piangono sempre che non c’è libertà  di dire e sono sempre lì a dire quello che vogliono ovunque, anche sui muri: naturalmente tra i collaboratori dietro le quinte ci sono Curzio Maltese e Marco Travaglio, ormai Bibì e Bibò”.
Il Foglio deride la Guzzanti che “grida al regime, ciancia di censura e va in onda” (sic). Esprime “solidarietà  a Ruffini”.
Andrea Marcenaro trova che l’“arricciare il naso” di Sabina è tipico dei cocainomani. Per Giuliano Ferrara la Guzzanti “dovrebbe stare zitta” perchè “ha qualcosa di teppistico e crassamente ignorante”.
E la censura se l’è cercata lei “apposta per gridare al regime”, “rompendo ogni regola, come fecero Santoro e Biagi”.
Poi, bontà  sua, riconosce che la proposta del vertice Rai “di produrre cinque puntate, farle vedere ai signori amministratori editori, e poi e solo poi mandarle in onda, visto sottoscritto e autorizzato, non è bella, tutt’altro”.
E così viene scavalcato in intolleranza dal direttore del Riformista, Antonio Polito: “Se si esclude l’ipotesi che la Rai sia Hyde Park Corner, bisogna concludere che ieri il Cda della Rai si è comportato come il Cda di un’azienda… Leggiamo vibrate proteste per attentati alla libertà  di satira, di attacchi alla democrazia, di dissenso imbavagliato… Non c’è nè censura nè punizione, nè per il direttore di rete, che pure aveva seri dubbi sull’opportunità  di mandare in onda RaiOt, nè per la Guzzanti. In questo ha ragione la Annunziata… E ora? Spetta alla Guzzanti. Ci sono ampi margini per far ridere irridendo i potenti senza indulgere all’invettiva e senza offendere mezzo mondo, ebrei compresi. Li sfruttino da bravi professionisti ben pagati, nei limiti della deontologia, cui forse la satira non è tenuta ad attenersi, ma il servizio pubblico radiotelevisivo sì”.
Il solito Messina, su Repubblica, parla di “brutto programma” che “non funziona”, non è “satira, ma comizio”.
Stavolta gli attacchi alla satira da sinistra superano addirittura quelli da destra: chi chiede alla Guzzanti di registrare le altre puntate e sottoporle all’imprimatur del Cda e della Vigilanza (la satira “col permesso de li superiori”), chi invoca “moderazione”, chi “contraddittorio”, chi “par condicio”. La satira col bilancino.
Nel novembre 2008 Luttazzi torna in tv dopo sette anni su La7 con Decameron. Che però viene chiuso dalla rete l’8 dicembre, dopo la quinta puntata.
Il pretesto è una visione surreal-pornografica di Luttazzi, che descrive Giuliano Ferrara in una vasca da bagno piena di escrementi con B., Previti e la Santanchè in completo sadomaso armata di frustino.
Ma il vero movente è che sta per andare in onda la sesta puntata sul Papa, il Vaticano e i preti pedofili. I soliti giornaloni scrivono che non è censura: è Luttazzi che è volgare e blasfemo.
Ecco: la satira, con buona pace di Aristofane, Ruzante e Rabelais, dev’essere pia, ossequiente e rispettosa del bon ton.
Almeno in Italia.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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