CASALEGGIO FULMINA LA LINEA SOFT SUI DISSIDENTI: FUORI I DUE SENATORI SALVATI
IL GRUPPO AVEVA CONGELATO L’ESPULSIONE DI SIMEONI E VACCIANO, POI IL CONTRORDINE
Ancora una volta, in casa 5 Stelle, una decisione dei vertici sconfessa le scelte dell’assemblea dei parlamentari.
Era andato tutto liscio, per Giuseppe Vacciano e Ivana Simeoni.
A dicembre avevano presentato le dimissioni dal Senato, in contrasto con le ultime decisioni prese: la cacciata di Massimo Artini e Paola Pinna avvenuta direttamente sul blog, la nascita di un direttorio di nominati in un Movimento che si voleva orizzontale.
Insieme a loro, si era dimesso dalla Camera Cristian Iannuzzi (figlio della Simeoni): provengono tutti dal meet up di Latina, hanno agito in concerto, senza suscitare troppi attacchi perchè – hanno detto in molti – «si sono impegnati a reiterare le dimissioni fino a quando non saranno accettate dall’aula, insomma non sono i soliti dissidenti».
Così – mercoledì – il gruppo dei 5 Stelle a Palazzo Madama aveva votato per non espellere Simeoni e Vacciano.
Molti speravano che la loro decisione potesse rientrare.
Si è parlato di un problema di fondi al gruppo (per ogni parlamentare che va via, si perdono 5000 euro al mese di finanziamenti). La Simeoni – raccontano i colleghi – diceva che era tormentata dagli attivisti, si era messa a piangere.
In più, prima di cacciare Vacciano – il tesoriere – serviva il tempo per fare un delicato passaggio di consegne. Tutte cose che il capogruppo Airola ha tentato di spiegare a Gianroberto Casaleggio quando quest’ultimo, mercoledì sera, ha chiamato per chiedere spiegazioni.
Furibondo, il guru ha chiesto perchè si sia deciso di agire diversamente rispetto a quanto fatto con altri “dimissionari per protesta” come i senatori Romani, Bencini, Mussini.
«Se ne vanno loro, e noi li tratteniamo? Ma siete impazziti? Tra un minuto li caccio con un post sul blog».
Airola ed altri hanno cercato di rassicurarlo: è una questione di tempo, una o due settimane per organizzare tutto, ma per ore i senatori hanno raccontato il contrario. «Vacciano è diverso, lui crede nel progetto, dice solo che non se la sente più di portarlo avanti e vuole lasciare il posto a qualcun altro» spiegava Paola Taverna.
E Andrea Cioffi: «Che ragione avevamo di mandarlo via? Vedremo cosa succede in aula».
Idee confuse, cui Airola – davanti alle insistenze dello staff di Milano – è costretto a mettere fine firmando l’atto di espulsione.
«Non potevamo fare altrimenti – spiega uno dei portavoce – alla Camera il capogruppo Andrea Cecconi aveva già pronta l’espulsione di Iannuzzi».
E ancora: «Ma cosa speravano? Abbiamo tentato in tutti i modi di fermarli per settimane, Vacciano era stato chiamato da Casaleggio in persona e non c’era stato verso». In Transatlantico raccontano perfino che al tesoriere era stato offerto di diventare il sesto membro del direttorio.
Cacciati con una firma, dunque, andranno a rimpolpare i gruppi misti di Camera e Senato.
A Palazzo Madama, del resto, alcuni ex sono già in fermento, pronti a creare un movimento autonomo che intende dialogare con Sel e pezzi di minoranza pd per incidere sulla legislatura, a partire dall’elezione del prossimo presidente della Repubblica.
«Ne usciranno altri tre» è la previsione di molti. Occhi puntati sulle senatrici Fucksia e Montevecchi e sul senatore Molinari.
«C’è molta attività , non possiamo però essere certi che nascerà qualcosa», si limita a dire il fuoriuscito Francesco Campanella, uno dei tanti tessitori di questo intricato inizio d’anno.
La situazione non è più tranquilla alla Camera, dove Walter Rizzetto – da dentro – commenta l’ultimo atto twittando: «Assemblea ancora una volta calpestata, svilita, messa sotto», con l’hashtag #deriva.
Certo, ci sono sempre i nuovi probiviri, eletti alla vigilia di Natale.
Uno di loro, Vito Crimi, ieri diceva a Repubblica: «Hanno votato mentre ero in giunta, io non sarei stato d’accordo, dovevamo mandarli via».
Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)
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