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IL TFR NON ARRIVA IN BUSTA PAGA: SI ERANO SCORDATI IL DECRETO

Marzo 20th, 2015 Riccardo Fucile

IMPOSSIBILE RICEVERLO A MARZO COME PREVISTO: IL TESTO È STATO PUBBLICATO SOLO IERI

Se n’era discusso tanto quando era stato annunciato con la legge di Stabilità .
“E tu — capitava di sentir chiedere tra i lavoratori — cosa ne pensi del Tfr in busta paga?”.
Oggi ci sarebbe anche un’altra domanda: ma il governo che fine ha fatto fare al Tfr in busta paga?
Per la legge, entrata in vigore il 1 gennaio 2015, i lavoratori avrebbero potuto scegliere di ricevere il Trattamento di fine rapporto già  a partire da marzo 2015, per un periodo che si estende fino a giugno 2018.
Ieri, però, l’osservatorio della Fondazione studi del Consulenti del Lavoro ha fatto notare che, in realtà , chi si aspettava o desiderava riceverlo da questo mese, dovrà  attendere ancora. Almeno fino ad aprile.
Perchè il governo sembrava aver dimenticato di pubblicare sia il decreto attuativo, sia il modulo per richiedere la liquidazione.
Dal Ministero del Tesoro hanno poi comunicato, nella serata di ieri, che la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale è arrivata, così come quella del modulo.
Meglio tardi che mai.
“Tuttavia — avevano già  spiegato i consulenti del lavoro — le aziende non sarebbero comunque in grado di liquidare il Tfr ai lavoratori interessati all’opzione, anche se il decreto entrasse in Gazzetta subito”.
Non ci sarebbero, infatti, i tempi tecnici per acquisire tutte le disposizioni attuative e gestire il modello perchè le aziende, che per lo più pagano entro il 27 del mese, avrebbero già  completato le operazioni per la busta paga di marzo.
E si parla del 60 per cento dei rapporti di lavoro del settore privato.
“Insomma — hanno detto i consulenti — il processo mensile che porta alla gestione della busta paga si è messo in moto e non ci sono più spazi di recupero, perlomeno per il mese di marzo”.
Ed è davvero così. Anche secondo il Tesoro, le aziende avranno due possibilità : potranno erogare il Tfr il mese successivo alla richiesta del lavoratore (in caso abbiano in cassa i fondi necessari), e quindi quello di marzo comunque slitterà  ad aprile.
Oppure potranno erogarlo dopo tre mesi dalla richiesta, con tanto di arretrati e attraverso i termini dell’accordo quadro con ministero del lavoro e Abi, che consente alle aziende che non hanno risorse di accedere a finanziamenti agevolati.
Falso allarme o meno, comunque l’idea del Tfr in busta paga sembra un fallimento.
Avrebbe dovuto aumentare i consumi e fornire almeno 2,5 miliardi di copertura per la spending review. E invece, secondo gli ultimi dati diffusi da Confesercenti, solo il 17 per cento dei lavoratori dipendenti lo richiederanno.
E la maggior parte di loro lo userà  per saldare debiti. Gli altri, cioè 8 lavoratori su 10, lo lasceranno maturare nell’azienda in cui hanno lavorato.
Tra le ragioni della mancata richiesta ci sarebbero sia la volontà  di non erodere la liquidazione da riscuotere a fine rapporto di lavoro (e non impoverire ancora d più la pensione), sia l’eccessivo prelievo fiscale, visto che il Tfr in busta paga è tassato con aliquota ordinaria e non con quella ridotta, prevista se preso al termine del rapporto di lavoro.
Alla fine, i lavoratori hanno scelto. Ma si è trattato comunque di una libertà  fittizia: la tassazione sulla rivalutazione del Tfr rimasto in azienda è comunque passata dall’11 al 17 per cento e le aliquote dei fondi pensione, a cui molti lavoratori hanno devoluto il Tfr, sono salite dal-l’11 al 20 per cento.
Non c’è scampo.

Virginia Della Sala

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MEGLIO IL “TERZO VALICO” CHE AIUTARE GLI ALLUVIONATI

Marzo 20th, 2015 Riccardo Fucile

DOPO LE TRAGEDIE LIGURI, INCALZA AL TELEFONO TEMEVA IL TAGLIO DEI FONDI… IL MANAGER E IL MINISTRO AVEVANO PAURA DI RENZI E SOPRATTUTTO DI CANTONE

Persino l’alluvione che ha devastato la Liguria preoccupa Ercole Incalza.
Non per le vittime o i danni ambientali, ma perchè c’è il rischio che i fondi destinati all’opera del Terzo Valico ferroviario della Milano-Genova possano essere dirottati alla ricostruzione, come propongono alcuni parlamentari.
Ma il ministro Maurizio Lupi lo rassicura condividendo le preoccupazioni del fidato tecnico: anche io sono contrario. Tutto sarà  sistemato.
Per non parlare dei pensieri che crea la nomina di Raffaele Cantone all’Anticorruzione, le sue dichiarazioni sul Mose e gli annunci del premier, Matteo Renzi, sull’uso di un miliardo già  indirizzato verso alcune Grandi Opere ma poi promesso ai Comuni.
A togliere il sonno a Incalza riesce anche il ministro Dario Franceschini che propone di sottrarre il 3% dei fondi per le infrastrutture e trasferirli alla Cultura: “Digli di evitare, assolutamente”. Incalza è attento a tutto ciò che accade. E se qualcosa gli sfugge interviene Lupi.
L’incubo dell’Anticorruzione
Il 12 gennaio 2015, quando ormai il suo incarico al ministero si è concluso, il titolare delle Infrastrutture lo chiama.
“Dobbiamo assolutamente intervenire Ercole”. La vicenda è una lettera che il presidente della provincia di Trento aveva inviato direttamente al Presidente del Consiglio per chiedere fondi. Lupi è preoccupato: “Può fermare la procedura”. Dopo alcuni richiama: “Hai visto questione Trento?”.
L’ingegnere rassicura ma sfoga le sue preoccupazioni per altro, quasi arrabbiato spiega: “Hai sentito le parole di Cantone ieri alla presentazione del libro (Corruzione a norma di legge, ndr)?”, ha parlato “dell’incremento dei costi per la realizzazione del Mose… già  sollevato anche da Delrio… Sono preoccupato della dichiarazione di Cantone, ha detto che il Mose è costato 2,4 miliardi in più, è falso! Il fatto che le grandi opere sono una sede in cui si fanno gli affari, una cosa vergognosa!”, dice Incalza al ministro Lupi.
Ora è in carcere, accusato di corruzione sulle Grandi Opere.
Lo scontro sul Mose Cantone è una fissazione per Incalza. Ne riparla il 28 gennaio con la sua collaboratrice, Ida Tramonti. Se le lamenta. E lei lo segue. “Quando fu commissariato il Mose io mi permisi di dire ‘guardate che hanno commissariato il ministero (delle Infrastrutture, ndr)’ e tutti gli imbecilli che ci circondavano dicevano ‘ma non c’è scritto nella lettera’”.
Ancora: “È spaventoso però perchè questo è il modo di… mettono un aut aut eh!”.
Incalza ha timore di perdere il potere indiscusso che possiede da quasi due decenni. Ha dalla sua parte Lupi, ma intuisce che l’esponente di Ncd non è affatto saldo. E l’attivismo del premier non lo rassicura di certo.
Già  a giugno del 2014 se ne lamenta. “Il ministro delle Infrastrutture è Renzi praticamente, ha comunicato di aver ricevuto le richieste dei Comuni per quantificare le opere incompiute e destina un miliardo di euro ottenuto dal fondo revoche… è lui il ministro, Lupi è un dipendente di Renzi, insomma”.
Gli inquirenti della Procura di Firenze annotano negli allegati dell’inchiesta Sistema la “paura che Renzi incute a Incalza”.
L’ingegnere chiama anche il vice ministro Nencini, riflettendo sul fatto “che del resto è anche lui toscano, si conosceranno” con Renzi, per far presenti i suoi timori.
Così riporta la “sua negativa valutazione” al vice ministro Nencini: “Dopo la dichiarazione di Renzi di oggi mi fa paura, di fatto fa venire meno le risorse per ogni iniziativa… Renzi usa il fondo per le richieste dei Comuni… sconfessa le Regioni, come nel caso della Toscana ti ricordi Rossi aveva chiesto quelle due opere? La pistola Lucca e la Tirrenica. C’è tutto, tutto pronto, il contratto di programma, le ferrovie… Aveva bisogno di 220 milioni ti ricordi? Perciò io adesso voglio vedere che cosa hanno messo i comuni come richieste mandate a Renzi, che cosa strana questa non ti pare?”.
Sente che qualcosa iniziava a sfuggire di mano. Ma a rassicurarlo ci pensa Lupi.
Il ministro appare terrorizzato all’idea di poter perdere la collaborazione di Incalza alla fine del 2014.
Ma il 22 dicembre sembra aprirsi un varco: un emendamento alla Legge di Stabilità  permetterebbe di far proseguire i rapporti di collaborazione in essere fino al dicembre 2015. Lupi ancora una volta però non sa che fare.
Ed è Incalza a spiegargli come funziona il ministero. Lupi: “Senti una cosa, dobbiamo vedere un po’ di robe; ti devo chiedere questo, dovremmo ragionare subito sulla Struttura Tecnica di Missione nel senso che con questa proroga mi devi spiegare che cazzo facciamo cioè operativamente cosa devo fare? Voglio dire: come facciamo a dire che pro tempore il responsabile?”.
Il burocrate detta la linea
Lupi è agitato. Incalza spiega: “Niente! Perchè la norma consente il mantenimento delle persone che ci sono, rimane così, bisogna fare un provvedimento tuo, un decreto ministeriale tuo”.
Le cose non vanno come previsto e Incalza deve lasciare il suo ruolo. Ma riesce a rimanere come consulente.
Lo conferma lui stesso in una telefonata di inizio gennaio 2015. E lascia al ministero il suo fidato collaboratore Sandro Pacella.
Che l’8 gennaio spiega: “Siamo ancora lì che lui sta facendo gli scatoloni e tutto quanto, io comunque rimarrò , sono distaccato al Gabinetto”. E aggiunge: “Se non mi chiedono qualcosa, come presumo che probabilmente avverrà , cioè non mi chiederanno un cazzo, io chiederò una stanza a Villa Patrizi proprio, non là  così posso farmi i cazzi miei senza problemi”.
Del resto tutti sanno che il legame tra Lupi e Incalza è profondo.
È lo stesso ministro a spiegarlo durante una chiaccerata con un suo amico, l’ex parlamentare Angelo Sanza: “Un amico fraterno, senza di lui tante cose non le avrei fatte”, confida il ministro il 18 febbraio.
Sanza lo riporta ad Incalza durante un loro incontro. “Ti voglio dire una cosa bella mi sono trovato gomito a gomito con Lupi, siamo andati a prenderci un caffè, poi gli ho detto ‘e il mio amico Incalza che fa?’ ‘Tuo amico? Per me è mio fraterno amico!’ ha detto ‘adesso lo devo vedere, dobbiamo trovare delle soluzioni adesso, stiamo ragionando molto bene’”.
Ancora Sanza: “L’ho visto che gli si illuminavano gli occhi, parlando di te; ‘se non fosse stato per lui tante cose non le avrei fatte, m’ha evitato brutte figure’, così mi ha detto eh”.
Era il 18 febbraio. Un mese esatto prima che scattasse l’operazione Sistema che ha condotto in carcere “il fraterno amico” e costringesse lo stesso Lupi alle dimissioni da ministro.
Ma fin quando è durata, gli ha evitato brutte figure.

Antonio Massari e Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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PERDERE IL LUPI E IL SUO PELO SERVE A POCO, SE RENZI MANTIENE IL VIZIO

Marzo 20th, 2015 Riccardo Fucile

RENZI NON PENSI DI CAVARSELA CON L’AGNELLO SACRIFICALE, LE RESPONSABILITA’ POLITICHE SONO SUE

Che Maurizio Lupi se ne dovesse andare — per il lombrosario di cui si è circondato, per le balle che ha raccontato, per i favori che ha chiesto e ottenuto per il figlio e per quelli che ha accettato per sè e per la moglie, per i suoi interventi a favore di Perotti, per la sua conclamata incompetenza che faceva di lui il burattino nelle mani di Incalza & his band senz’alcuna possibilità  di controllo, alla faccia del “primato della politica” — era ovvio.
E infatti oggi se ne andrà , ora che è stato scaricato non solo da Renzi, ma pure da Alfano che non può permettersi di perdere la ragione sociale del suo partito: le poltrone di governo e sottogoverno.
Ma, se il premier pensa di cavarsela con così poco (l’eventuale testa di Lupi), sbaglia di grosso.
Spetta a lui, infatti, e non solo a Lupi, spiegare in Parlamento alcune cosucce.
1) Perchè un ministero-chiave del suo governo come le Infrastrutture, gran mangiatoia di spesa pubblica, era rimasto nelle mani di Ercole Incalza che, oltre alle 14 indagini collezionate in trent’anni, era indagato dall’ottobre 2013 per il Tav Firenze-Bologna, per tacere della casa della figlia pagata in gran parte dalla Cricca della Protezione civile.
2) Perchè un anno fa il suo neonato governo, con il suo consenso, rinnovò a Incalza la consulenza ministeriale con un concorso su misura.
3) Perchè, oltre a confermare Lupi alla guida (si fa per dire) del dicastero, Renzi gli affiancò due sottosegretari che Incalza si vanta di avere personalmente scelto (Nencini e Del Basso de Caro, il primo in rapporti con la Cricca della Protezione civile, il secondo ex avvocato di Craxi e indagato a Napoli per peculato): per la cronaca, i sottosegretari non li nomina il ministro, e neppure il capo dello Stato, bensì il presidente del Consiglio.
4) Perchè, quando a fine anno scadde anche l’ultimo contratto annuale di co.co.co al pensionato Incalza, il governo gli consentì di scegliersi il successore, nella persona di Paolo Emilio Signorini, noto alle cronache giudiziarie del Mose per essersi fatto pagare le vacanze al mare da Giovanni Mazzacurati.
5) Perchè nessuno, nemmeno l’Autorità  Anticorruzione diretta dal galantuomo Cantone, aveva scoperto che la direzione lavori di quasi tutte le opere pubbliche (roba da 25 miliardi) era nelle mani di Stefano Perotti, socio di Incalza e amico di famiglia dei Lupi, con costi gonfiati fino al 40% (e non solo per le mazzette).
Se invece Renzi se la caverà  rimpiazzando Lupi con un simil-Lupi, magari renziano, magari toscano, sarà  solo un’operazione di facciata che lascerà  tutto com’è, all’insegna della rottamazione gattopardesca di cui Renzi s’è dimostrato fin qui maestro.
L’inchiesta di Firenze ha smascherato una serie di grandi opere inutili ma costosissime, dunque dannose: è lesa maestà  chiedere che vengano ridiscusse e possibilmente bloccate con un bel decreto Blocca-Italia?
Il Tav in alcune tratte è utile, in altre è criminale e criminogeno. Per dire: la vogliamo piantare con la Torino-Lione?
E dell’autostrada Orte-Mestre, che fa ridere il mondo e costerebbe 10 miliardi di euro, ne vogliamo parlare?
Il proprietario è Vito Bonsignore, condannato vent’anni fa per tentata corruzione, ora di nuovo indagato, uno dei tanti affaristi che nei ritagli di tempo fanno anche politica, nella fattispecie nell’Ncd.
Lupi, che a stento sa dov’è Orte, difese quel progetto in una memorabile intervista del novembre 2013 definendolo “un’opera strategica perchè si aggancerà  al corridoio europeo Baltico-Adriatico”.
In effetti erano anni che ci domandavamo cosa aspettasse il governo a collegare Orte con Danzica e Tallin.
Le ultime intercettazioni, poi, rivelano che, mentre la Casta lacrimava in favore di telecamera per gli “angeli del fango” di Genova, la Banda Larga li derubava dirottando sul Terzo Valico (altra opera assurda) i fondi destinati agli alluvionati. Oltre a cambiare qualche faccia, peraltro dopo l’arrivo dei carabinieri e mai prima, non sarebbe il caso di cambiare anche la testa?
La scelta e le procedure delle grandi opere, macchine mangiasoldi che prosciugano l’Erario da decenni, sono ancora quelle concepite dai governi del Caf a fine anni 80 (come dire nel Mesozoico) e perfezionate da B. sulla famosa lavagna di Vespa e nella famigerata “legge obiettivo” di Lunardi & C.
Intanto il mondo è cambiato, la crisi finanziaria ha ribaltato la scala delle priorità  e oggi le esigenze di trasporto sono opposte a quelle di trent’anni fa.
Renzi se ne rende conto, o intende sostituire Lupi con un altro cantore dello “sviluppo pesante”, tutto cemento, asfalto e cattedrali nel deserto?
Siccome pare che il Parlamento non sia stato ancora abolito, è forse il caso di avviarvi un serio dibattito, dando la parola anche agli altri tecnici ed esperti, fautori del modello alternativo: quello dello “sviluppo pensante”, leggero, economico, ecologico, fondato sulle piccole opere di manutenzione che costano e inquinano poco, risistemano il territorio, prevengono le emergenze, creano molto lavoro e sono poco appetibili dai tangentari, al contrario di quelle grandi che costano e inquinano troppo, non servono a nulla, devastano il territorio e producono mazzette, sciagure e disoccupati, perciò andrebbero fermate in attesa di accertamenti.
Perdere il Lupi e il suo pelo serve a poco, se resta il vizio.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)

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IL RITORNO DI LETTA: “RENZI POLITICO INAFFIDABILE”

Marzo 20th, 2015 Riccardo Fucile

DOPO TREDICI MESI DI SILENZIO, ESCE UN LIBRO NEL QUALE STRONCA MATTEO E CRITICA GLI 80 EURO

In molti tra addetti ai lavori, osservatori o semplici appassionati in questi mesi si sono chiesti: “Ma che fine ha fatto Enrico Letta?”.
Dopo la caduta del suo governo, secondo molti per mano di Matteo Renzi (come non ricordare il famoso #enricostaisereno), l’ex premier è sparito dalla circolazione. Nessuna intervista ufficiale, mai in tv, pochissime presenze in pubblico, il delfino di Beniamino Andreatta è rimasto dietro le quinte in questi mesi dedicandosi principalmente all’insegnamento e ai convegni.
Ebbene è proprio da questo anno passato a riflettere che nascerà  un libro, edito da Mondadori, che rappresenterà  (dovrebbe uscire ad aprile) il primo vero ritorno di Letta nell’agone politico.
Lo spiega Tommaso Ciriaco su Repubblica:
Costretto a cedere la campanella a Matteo Renzi, Enrico Letta riservò al futuro premier un muto sguardo di sfida. Tredici mesi dopo, quell’occhiata è pronta a diventare un libro. Scritto in gran segreto, uscirà  ad aprile con Mondadori: “È una riflessione che guarda al futuro” giura ai pochissimi amici che conoscono il progetto.
Futuro ma anche passato perchè, come spiega Ciriaco, non mancheranno frecciate al “nemico” Matteo Renzi che gli tolse la poltrona.
Uno che non mantiene la parola data, è l’identikit tratteggiato nelle ultime bozze dall’ex capo del governo.
Buffetti e autentiche sberle, fino alla sentenza definitiva: il presidente del consiglio non si è mostrato politicamente affidabile.
II pupillo di Andreatta boccia sonoramente l’azione del presidente del consiglio.
E lo sfida sul terreno più delicato, oltre che politicamente significativo: gli ottanta euro in busta paga per i redditi medio bassi.
Una misura che incide sul deficit – secondo Letta – ricalca cattivi esempi del passato, messi in atto dai governi di centrodestra che il Pd ha sempre contestato.

(da “Huffingtonpost“)

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IL CROCIATO

Marzo 20th, 2015 Riccardo Fucile

L’AUTISTA DI BUS IN PENSIONE ALLA RICONQUISTA DEL SANTO SEPOLCRO

«Questo crociato è stato schiacciato dai leoni del monoteismo», scrivono su Twitter i trombettieri dell’Isis dopo la mattanza tunisina, postando una foto del signor Caldara con la faccia annullata da una croce.
Non fosse una tragedia, ci sarebbe da sorridere.
Perchè solo una banda di deficienti può riconoscere un cavaliere templare nell’immagine di un signore in maniche corte, dallo sguardo mite e pacificato col mondo.
Il crociato Francesco Caldara della contea di Novara era un temibilissimo autista di bus in pensione, un vedovo precoce che in fondo a troppo dolore si era ricostruito una vita e aveva affrontato la sua prima crociera per festeggiare il compleanno della nuova compagna.
Non so se fosse cristiano, musulmano, buddhista, agnostico o semplicemente confuso come tanti.
Di sicuro non lo sanno neanche loro, «i leoni del monoteismo» che si vantano della sua eliminazione.
A pelle, mi sentirei comunque di escludere che tra i suoi obiettivi immediati ci fosse la riconquista del Santo Sepolcro.
Il crociato, l’ebreo, l’omosessuale, il clandestino.
Sono sempre le astrazioni che riducono in pappa i cervelli.
Dio del buonsenso, se esisti, ma anche se non esisti, dammi la forza di vedere nel prossimo le storie e mai le etichette, i nomi e i cognomi invece che i simboli.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)

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LUPI CACCIATO DA CHI E’ PEGGIO DI LUI: IL BUE DICE CORNUTO ALL’ASINO

Marzo 20th, 2015 Riccardo Fucile

AI QUATTRO SOTTOSEGRETARI INQUISITI NESSUNO DICE DI ALZARE I TACCHI… E CHI CRITICA LUPI PER AVER RACCOMANDATO IL FIGLIO HA SISTEMATO DUE MOGLI SENZA CONCORSO IN COMUNE E IN REGIONE LOMBARDIA

Chiariamo una cosa: il ministro Maurizio Lupi, potente referente di Cl all’interno del governo, non avrebbe mai dovuto essere nominato al dicastero delle Infrastrutture in quanto inquisito da tempo dalla Procura di Tempio Pausania per concorso in abuso d’atti di ufficio per la nomina del commissario dell’Autorità  portuale del Nord Sardegna.
Fatta questa premessa, riteniamo che dopo la pubblicazione delle intercettazioni nell’inchiesta sugli appalti, le sue bugie e l’emergere di richieste di lavoro al figlio e relativi Rolex, non esistevano più le condizioni morali per la sua permanenza al governo.
Ma, piccolo dettaglio, per questa vicenda di “raccomandazione” e “regalie” la procura di Firenze, a tutt’oggi, non ha ritenuto esistessero gli estremi per indagare Maurizio Lupi.
E poichè da solo il Lupi non aveva alcuna intenzione di dimettersi, da chi è stato “indotto” a presentarle ?
Da un personaggio che non ha titolo morale per farlo.
E da chi è criticato Lupi oggi per aver raccomandato il figlio?
Da chi ha avuto comportamenti peggiori di lui.
Partiamo dalla prima categoria: che titolo morale ha Renzi per invitare Lupi a dimettersi?
Nessuno, poichè ha nominato al governo, in qualità  di sottosegretari ben 4 indagati: Francesca Barracciu, sottosegretario alla Cultura, sarda e fedelissima del nuovo premier. Indagata, con molti altri consiglieri regionali, per peculato aggravato.
E ancora Vito De Filippo, sottosegretario alle Salute, coinvolto nel filone lucano di Rimborsopoli, Umberto Del Basso De Caro, sotto inchiesta per i rimborsi facili in Regione e Filippo Bubbico, viceministro nientemeno che all’Interno, sotto processo a Potenza per abuso d’ufficio.
Qualcuno ci spiega perchè costoro, che sono ripetiamo indagati, possono rimanere al loro posto e Lupi (che non è indagato) deve andarsene?
Qualcuno ci spiega che differenza c’è tra “il favore” di sistemare il figlio di Lupi e chi ha scroccato per due anni l’appartamento all’amico Carrai che, caso vuole, nel frattempo era in rapporti di affari con il comune di Firenze?
Qualcuno ci spiega che differenza esiste tra raccomandare il figlio e sistemare due mogli senza concorso e per chiamata diretta a 75.000 euro l’anno in Comune e in Regione Lombardia, come ha fatto “l’anticasta a parole” Matteo Salvini che invoca da giorni le dimissioni di tutti, salvo le più logiche, le sue?
Ecco perchè ci fanno più schifo quelli che oggi quasi invocano i tribunali del popolo contro Lupi, ma sono i primi a non possedere le qualità  morali per presiederli.
In un Paese normale dovrebbero rivestire il ruolo di imputati, non certo quello di giudici.
Questo dovrebbe avere il coraggio di denunciare, se mai esistesse, una destra della legalità  e del senso dello Stato.
Se non fosse in Italia anch’essa sommersa di fango e sclerata nel cervello.

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