Luglio 13th, 2015 Riccardo Fucile
IN CASO CHE LA CRISI IN GRECIA PRECIPITI E CI FOSSERO RICADUTE SULL’ITALIA SAREBBE NECESSARIA UN’ASSUNZIONE DI RESPONSABILITA’
«Io una mano d’aiuto a Renzi la do, ma solo se la situazione precipita, non certo per fare le riforme che vuole lui».
Silvio Berlusconi dal ritiro di Arcore osserva quanto accade in queste ore tra Bruxelles ed Atene con un’interessata apprensione.
Non prevede «nulla di buono» per l’Italia a trazione renziana, teme le ricadute di una Grexit ancora probabile sull’economia e le borse del nostro Paese, che tanto per cominciare colpirebbero le sue aziende.
Così come segue con preoccupazione, racconta chi lo ha sentito, l’escalation delle minacce dell’Isis contro Roma, culminate con l’autobomba del Cairo contro il consolato italiano.
«La mano d’aiuto che più volte abbiamo offerto al premier in politica estera non è mai stata presa in considerazione», si lamenta il Cavaliere.
Il divorzio consensuale con Denis Verdini (pronto a sostenere il governo) è la conferma di quanto Forza Italia ormai vada in altra direzione.
Ma solo uno scenario potrebbe invertire la rotta. «Se la situazione economica precipitasse o se ci fosse un attacco diretto contro l’Italia noi, con responsabilità , ancora una volta, potremmo dare il nostro contributo – è il ragionamento estremo di Berlusconi – Anche entrando in un governo di emergenza nazionale, se necessario». Ma con altrettanta schiettezza non nasconde il suo scetticismo sull’«umiltà di Renzi». Di quel famoso “tavolo” per gli affari esteri, offerto per affrontare nodi pesanti come l’esodo dalle coste libiche, in questi mesi il governo non ha avvertito alcuna esigenza. Figurarsi se il clima è di dialogo sui dossier interni, riforme in testa.
I mediatori che in questi tre giorni hanno cercato di convincere Denis Verdini a recedere dalla decisione ormai presa di abbandonare il partito e il leader hanno fallito. Il senatore toscano non ne vuole più sapere, l’amarezza per il rapporto logorato ha avuto la meglio su tutto.
«Non ho altra scelta», è stata la risposta agli ultimi pontieri. Con una chiosa: «Spero un giorno Silvio ricordi chi gli riempì la piazza sotto casa domenica 4 agosto 2013, dopo la condanna Mediaset».
I fedelissimi del toscano non fanno ormai mistero dell’imminente scissione dal gruppo al Senato. «La data spartiacque sarà il 31 luglio, il giorno in cui scade il termine per la presentazione degli emendamenti al testo delle riforme costituzionali», spiega il senatore Lucio Barani, uno dei dodici coivolti nel progetto. E si sbilancia: «Al momento siamo a 15 adesioni».
Berlusconi – che non intende più muoversi da Arcore, salvo che per qualche puntata in Sardegna, ma deciso a tenersi lontano ormai da Roma – osserva i movimenti interni senza intervenire.
Giovedì Raffaele Fitto consumerà lo strappo definitivo anche alla Camera coi suoi 14 in uscita.
L’ex premier passa dalla reazione stizzita («Era ora che Verdini e Fitto facessero chiarezza e ci liberassero») a momenti di preoccupazione per il futuro.
«Indietro non si torna e non ci sarà più alcuna riedizione del patto del Nazareno, questo è evidente a tutti», sottolinea la portavoce Deborah Bergamini.
Il leader tiene la linea dura ma manda in avanscoperta altri per tenere aperto uno spiraglio.
Il capogruppo al Senato Paolo Romani parla a più riprese col collega pd Luigi Zanda e riferisce al capo di «segnali buoni per ottenere modifiche alla riforma e anche all’Italicum».
Non ha sortito altrettanti effetti, a quanto risulta, l’approccio tentato con Palazzo Chigi da Gianni Letta per un paio di questioni che lo interessavano personalmente. In assenza di Verdini i ponti sono saltati del tutto.
Il leader forzista è arrivato a una conclusione, anche alla luce dei 25 dissidenti sui quali Renzi non potrà più contare al Senato.
«A settembre potremmo accettare di sedere al tavolo della riforma costituzionale solo a una condizione – è la confidenza rassegnata ai più fidati – se Matteo accettasse di rivedere l’Italicum, introducendo il premio alla coalizione anzichè alla lista o quanto meno la possibilità di apparentamento tra il primo e il secondo turno».
I portoni di Palazzo Chigi, per adesso, restano però sprangati.
E non solo per Gianni Letta.
Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica”)
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Luglio 13th, 2015 Riccardo Fucile
IL PREMIER DEVE CHIARIRE I RAPPORTI CON IL GENERALE ADINOLFI
1. Perchè , nel 2014, ancora soltanto segretario del Pd, interviene per stoppare la conferma del
comandante della Guardia di Finanza, generale Capolupo, su richiesta di un suo sottoposto, generale Adinolfi, immischiandosi in una nomina di esclusiva competenza del governo e del ministro dell’Economia
2. Perchè, sempre da segretario Pd, supporta un ufficiale come Adinolfi legatissimo a Berlusconi, Gianni Letta e Galliani, e proprio a lui comunica l’intenzione di far cadere il governo di Enrico Letta con l’aiuto di Berlusconi
3. Adinolfi comandava la Gdf in Toscana e in Emilia Romagna, competente a indagare sul feudo di Bersani, rivale di Renzi (lambito dalle indagini della finanza sulla segretaria dell’allora leader Pd), ma anche sul feudo di Renzi, cioeÌ€ Firenze.
Basti pensare che la Finanza indagoÌ€ per truffa la ministra Josefa Idem per un’assunzione nell’azienda di famiglia che le fece lievitare lo stipendio di consigliere comunale, mentre nulla del genere accadde per l’assunzione di Renzi nell’azienda di famiglia che gli alzoÌ€ indennitaÌ€ e contributi pensionistici di presidente della Provincia. Renzi ha mai parlato di queste faccende con Adinolfi? Non crede che la sua famigliaritaÌ€ con il generale possa appannare le certezze dei cittadini su un’azione equa della Gdf?
4. Adinolfi , secondo le intercettazioni del Noe, criticoÌ€ la proroga del comandante Capolupo e alluse alle inconfessabili ragioni di quella scelta (si parla addirittura di un ricatto all’allora capo dello Stato): non crede che ora debba dimettersi da comandante in seconda della Gdf?
5.Perchè Renzi, segretario del Pd, si faceva dare dello “stronzo” da un generale che tuba al telefono con Gianni Letta?
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 13th, 2015 Riccardo Fucile
MERKEL: “AIUTI PER 82 MILIARDI”…TSIPRAS: “EVITATO TRASFERIMENTO BENI ALL’ESTERO”…MA SYRIZA RIBOLLE: “ACCORDO UMILIANTE”
Dopo 17 ore di negoziati, i leader europei hanno trovato un accordo sulla Grecia. Il terzo intervento finanziario a favore di Atene sarà di 82-86 miliardi, di cui 24 miliardi per il sistema bancario.
L’Eurozona ha chiesto ad Atene di approvare riforme durissime entro mercoledì, tra cui pensioni, Iva, adozione del Codice di Procedura Civile, direttiva sul salvataggio delle banche.
Mercoledì un nuovo Eurogruppo si riunirà per valutare l’impegno del governo ellenico. Nel frattempo, quei Paesi che devono sottoporre l’accordo ai loro Parlamenti convocheranno i deputati, ed entro la fine della settimana si dovrebbe arrivare al via libera definitivo.
Nella notte Tsipras ha accettato tutte le condizioni imposte dai creditori, dall’anticipo delle riforme al rafforzamento di tutte le misure, incluso il reintegro dei licenziamenti collettivi e il ritorno della Troika ad Atene.
Alla fine, ha ceduto anche sul coinvolgimento del Fondo Monetario Internazionale nel nuovo piano. Ma ha resistito sull’idea, tedesca, di creare in Lussemburgo un fondo dove trasferire asset dello Stato a garanzia del debito.
Il fondo resta, ma avrà base in Grecia, avrà una dotazione fino a 50 miliardi, andrà ad abbattere il debito e servirà a ricapitalizzare le banche.
Ma sarà gestito dai greci, in collaborazione con le istituzioni.
Per Alexis Tsipras, inizia una fase interna durissima.
“Abbiamo combattuto una dura battaglia. Ci troviamo di fronte decisioni difficili”, è il primo commento del premier ellenico.
“Abbiamo dovuto fare concessioni difficili per evitare l’applicazione dei piani di alcuni circoli ultraconservatori europei”.
Tsipras rivendica di essere riuscito a “ristrutturare il debito” (anche se ci vorrà tempo) e di aver “assicurato finanziamenti a medi medio termine”.
“La Grecia — promette – continuerà a lottare per essere in grado di tornare a crescere”.
Come dice la stessa Merkel, però, la “strada è lunga e difficile”.
Il premier greco lo sa bene.
L’ala radicale di Syriza ha già bollato l’accordo come “umiliante”.
In una nota a nome di ‘Piattaforma di sinistra’ pubblicata sul sito parapolitika.gr, Panagiotis Lafazaris, ministro dell’Energia ed esponente dell’ala intransigente di Syriza, promette battaglia.
L’accordo — “unanime” per Bruxelles — non lo è affatto per la politica greca.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 13th, 2015 Riccardo Fucile
12,5 PER RIDURRE IL DEBITO, 12,5 PER STIMOLARE L’ECONOMIA
Il terzo programma di aiuti per salvare la Grecia avrà un importo di 82-86 miliardi. Dopo le
complicate trattative, durate tutta la notte, la Grecia e i creditori internazionali hanno trovato un accordo.
Un compromesso che il premier greco Alexis Tsipras ha accettato, e che ora porterà il Paese a prendere “dure decisioni”.
La promessa che se il programma economico concordato nei dettagli e con un preciso calendario sarà effettivamente attuato è aperta la porta a un alleggerimento del debito con scadenze più lunghe e un periodo di grazia sui pagamenti è aperta.
Secondo quanto trapela, dovrà nascere un fondo di garanzia o di privatizzazioni di circa 50 miliardi di euro con base in Grecia, non in Lussemburgo come prevedeva il documento discusso nella notte e preparato dall’Eurogruppo.
Gli asset greci saranno trasferiti al nuovo fondo, poi ‘monetizzati’ attraverso privatizzazioni o la loro gestione. Di questi 50 miliardi: 25 miliardi serviranno per riparare i debiti e ricapitalizzare le banche greche, 12,5 miliardi per abbattere il debito, 12,5 miliardi per investimenti volti alla crescita.
“Ci sarà una governance con la presenza di esperti che vedranno quali saranno i beni che meglio si prestano – ha detto il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem -. Sarà basato (il fondo di garanzia ndr.) in Grecia”.
Per quanto riguarda il debito, la Grecia, come previsto, non ha ottenuto un haircut ma ha portato a casa un’estensione delle scadenze e una negoziazione sui tassi di interesse.
Sulle misure approvate dall’accordo, ha detto il presidente francese Francois Hollande. Tutte le misure previste dall’accordo saranno supervisionate dalle istituzioni: Bce, Commissione Europea e Fondo Monetario Internazionale.
L’accordo prevede inoltre un prestito ponte per la Grecia di 7 miliardi entro il 20 Luglio, e un aiuto addizionale di 5 miliardi ad Agosto.
Entro mercoledì 15 luglio, cioè tra due giorni, la Grecia dovrà adottare la riforma dell’Iva, quella delle pensioni, quella dell’Elstat (l’istituto nazionale di statistica) e introdurre tagli semi-automatici alla spesa in caso di deviazioni dall’obiettivo del surplus primario.
E’ quanto si legge nell’accordo siglato stanotte a Bruxelles.
Entro il 22 luglio, prosegue il testo, la Grecia dovrà adottare invece la riforma del codice di procedura civile e recepire la direttiva Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) sul fallimento degli istituti di credito.
“Solo conseguentemente alla implementazione legale delle prime quattro misure su menzionate – recita il documento – così come alla assunzione di tutti gli impegni inclusi in questo documento dal Parlamento greco, verificato dalle istituzioni e dall’Eurogruppo, potrà essere presa la decisione di dare mandato alle istituzioni di negoziare un memorandum di intesa”.
Di fatto torna il metodo Troika: nel memorandum di intesa (modello che Tsipras aveva rifiutato appena arrivato al governo) che sarà negoziato si prevede espressamente la consultazione e l’accordo con i creditori “su tutte le leggi sulle aree rilevanti prima della discussione in Parlamento”.
Il controllo dei creditori sarà invasivo e su tutte le principali scelte pubbliche.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 13th, 2015 Riccardo Fucile
“FANNO DELL’AUSTERITA’ UNA RELIGIONE, HANNO DECRETATO LA FINE DELL’EUROPA”
Giulio Sapelli, economista e docente di Storia economica all’università Statale di Milano.
“La Germania vuole ammazzare la Grecia. Se si fosse riunito il Consiglio Ue a 28 — cosa che non si è fatta sotto la pressione diplomatica francese e americana — e si fosse arrivati al voto, la Germania e i suoi vassalli l’avrebbero espulsa. Poi è arrivata la decisione di non riunione il Consiglio europeo, ma di convocare l’Eurosummit composto dai Paesi che hanno l’euro”.
Che ha chiesto ad Atene un fondo da 50 miliardi in cui far confluire gli asset greci in cambio del terzo salvataggio.
“Si è compiuto ciò che era già scritto. Sono dei fanatici che fanno dell’austerità una religione: all’austerità può credere soltanto un professore della Bocconi, uno che non è un economista ma è un ragioniere. Dietro questa battuta c’è una tragedia immensa: la riduzione dell’economia alla ragioneria“.
In alternativa, era rimasta sul tavolo fino all’ultimo la possibilità di una Grexit temporanea di 5 anni.
“E’ matto, non ha un senso economico. Ha solo un senso politico, di affermazione, di dominio: i tedeschi vogliono di nuovo dominare l’Europa. Helmut Schmidt diceva :’Devi abbracciare l’Europa, non sedertici sopra’. Loro ci si siedono sopra. La questione greca — e in questi giorni si celebra l’anniversario della strage di Srebrenica — comincia dalla Bosnia, passa dalla Macedonia, va in Grecia, poi finisce a Mosca o in Turchia. Ci sono buone ragioni per pensare che i tedeschi spalancheranno le porte alla vittoria dell’Isis”.
E’ un’affermazione forte, professore.
“Questa è la vera chiave di questa tragedia. Destabilizzando la Grecia, destabilizzano i Balcani. E in Bosnia, in Kosovo in Macedonia e in Montenegro c’è l’Isis, sono Paesi in cui è evidente e diffuso il fenomeno della radicalizzazione “.
Ma perchè la Germania avrebbero architettato questo piano diabolico?
“I tedeschi fanno questo non per calcolo economico, ma solo per fanatismo ideologico. Sono dei fanatici. Questa situazione riflette la disgregazione dell’ordine internazionale. Tutte le medie potenze regionali aspirano ad operare “stand alone“, da sole: i tedeschi sono convinti di poter andare avanti senza gli Stati Uniti e si alleano con i cinesi, gli inglesi anche, i russi hanno scelto da tempo la via dell’isolazionismo, i francesi sono gli unici che hanno ambizioni imperiali e ciò è dimostrato dal fatto che hanno cercato di aiutare i greci. Noi abbiamo perso una grande occasione e credo che Renzi rischi moltissimo”:
Cosa rischia Renzi?
“Questa roba delle intercettazioni è stato un avviso degli americani, che gli hanno detto ‘guarda che se non ti comporti bene, non fai come Hollande e non ti metti chiaramente con Atene, noi ti facciamo cadere’. Ma il nostro presidente non intercetta i messaggi che arrivano da oltreoceano, quindi sceglie di essere fedele assolutismo teutonico. Questa è una disgrazia, perchè l’Europa senza l’appoggio degli Stati Uniti non esiste, è un nano. Anche economico, nella stagnazione secolare che avanza. Avevo previsto questa tendenza al predominio dei tedeschi. E’ una cosa che inizia con la vittoria di Sedan, dal 1870 (battaglia decisiva della prima fase della guerra franco-prussiana, che portò alla capitolazione di Napoloeone III e alla fine della secondo Impero francese, ndr). I tedeschi adesso danno l’ultima mazzata alla Francia. Ma è anche una grande sconfitta della Merkel: se avesse aiutato Atene, non sarebbe più stata Cancelliere”.
Quindi Renzi crede ancora di potere esercitare un ruolo in Europa?
“Renzi non crede in nulla. Se lo credesse, avrebbe dovuto chiedere una conferenza internazionale con Stati Uniti e Cina sul debito greco”.
Forse lei conferisce a Renzi un peso internazionale che non ha.
“Il peso internazionale lo si acquisisce sfidando il cielo. Potrebbe cominciare a farlo: insomma, l’Italia ha 60 milioni di abitanti, è in una posizione di assoluta centralità al centro del Mediterraneo. Avrebbe le carte in regola per osare e chiedere di più. E’ solo un fatto di coraggio. Renzi questo coraggio non ce l’ha, quindi segna la fine della Grecia, del ruolo internazionale dell’Italia e forse anche del suo governo”.
Alla fine vincerà la Germania, quindi.
“Ha già vinto. Ma vincerà , perdendo: Merkel porta a casa una vittoria di Pirro perchè sarà costretta a fare un blocco economico del Nord. All’inizio si darà vita a un euro a due velocità . E questo segnerà la fine dell’Europa unita”.
Marco Pasciuti
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 13th, 2015 Riccardo Fucile
TISPRAS SI SFILA LA GIACCA: “VOLETE ANCHE QUESTA?”
Dopo 16 ore di negoziati, i leader europei hanno trovato un accordo sulla Grecia. 
Lo ha comunicato su Twitter il primo ministro belga Charles Michel.
Dopo il tweet del primo ministro belga, sempre su Twitter il portavoce del governo di Cipro ha scritto: “Sembra che abbiamo un accordo”.
L’accordo è stato preceduto da un mini vertice ristretto tra Merkel, Hollande, Tsipras e Tusk.
L’Eurosummit è andato avanti per tutta la notte. I governi dell’Eurozona, profondamente divisi, discutono su una bozza di compromesso predisposta da Merkel, Hollande, Tsipras e Tusk.
Due le questioni più controverse: il ruolo del Fondo Monetario Internazionale nel terzo salvataggio e nella supervisione della politica economica greca, e la creazione di un fondo in cui i greci dovrebbero trasferire attivi per 50 miliardi per garantire le privatizzazioni promesse (il governo greco, però, prevede privatizzazioni per massimo 17 miliardi).
Dal testo di questo compromesso è saltato il riferimento a una Grexit temporanea, a favore della quale si sono battuti per tutta la giornata di ieri Germania, Olanda, Finlandia, Slovacchia e Paesi baltici.
Nel durissimo negoziato questo fronte si è scontrato con Francia, Italia, Portogallo e in parte spagna.
Per il prestito ponte necessario a fronteggiare i pagamenti alla Bce (3,5 miliardi il 20 luglio) e altri pagamenti successivi si dovrebbe ricorrere al meccanismo Efsm, lo strumento europeo di stabilità finanziaria istituito nel 2010 per fronteggiare la crisi e già servito a finanziare i programmi di Irlanda e Portogallo.
Non è solo il controllo del fondo privatizzazioni a restare al centro del negoziato, ma anche la sua entità .
Gli asset che i greci avrebbero ipotizzato di conferire non superano i 17 miliardi, a fronte dei 50 che i tedeschi vorrebbero.
A questo proposito, racconta una fonte, il premier Alexis Tsipras, durante le lunghe ore di negoziato, avrebbe anche fatto il gesto di sfilarsi la giacca e offrirla agli interlocutori, come a dire che la Grecia non sa davvero più cos’altro offrire.
(da “Huffingotonpost”)
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