Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
TUTTI ZITTI PER COPRIRE IL FLOP DELLE PRESENZE
“I numeri nel dettaglio non li diamo”. Niente da fare, le bocche rimangono ultra cucite. 
Questa volta il segreto impossibile da violare è sui visitatori che arrivano a Expo in treno.
La settimana scorsa il commissario unico Giuseppe Sala ha sostenuto in un comunicato che la rete ferroviaria è utilizzata da circa il 30% dei 6,1 milioni di persone che secondo lui sono entrate nel sito di Milano-Rho a maggio e giugno.
Un dato gonfiato, perchè gli ingressi totali sono stati intorno ai 4 milioni, come ha rivelato il Fatto Quotidiano.
Ma Michele Mario Elia, amministratore delegato del gruppo Ferrovie dello Stato, è corso subito in aiuto di Sala: “Si parlava di 20 milioni di visitatori e per noi
si indicava un 30%. Tra Trenord e il parco Trenitalia siamo in linea con le previsioni”. La sua dichiarazione però chiarisce ben poco sul numero effettivo di persone arrivate in treno.
Innanzitutto la previsione sugli ingressi, e quindi sulle persone che arrivano al sito, era di 24 milioni, maggiore dunque dei 20 milioni di visitatori citati da Elia, perchè Expo ha supposto che alcuni visitatori potessero andare all’esposizione più di una volta. Così per i primi due mesi erano previsti 7.610.000 ingressi.
Ora, il 30% di 7.610.000 è 2.283.000, un numero addirittura più ottimistico di quello di Sala.
Al commissario unico, infatti, risulterebbero calcolatrice alla mano 1.830.000 arrivi via ferrovia, mettendo insieme Trenord, i cui treni grazie al passante ferroviario sono quelli più numerosi, Trenitalia, Italo, che per ammissione della stessa azienda dà un apporto trascurabile, e pure le compagnie francesi e svizzere.
Che Elia abbia esagerato nel dare ragione a Sala?
“Intendeva dire che in treno sono arrivati 1,7-1,8 milioni di visitatori, confermando il numero di Expo”, rispondono da Ferrovie dello Stato, la holding pubblica che controlla Trenitalia.
Bene, ora danno una forbice che rivede leggermente al ribasso la stima di Sala.
Ma è così difficile avere il numero preciso?
Anzi, è possibile avere il dato spacchettato e sapere quanti passeggeri sono arrivati con Trenitalia e quanti sono arrivati con Trenord?
“L’azienda non darà ulteriori numeri”, rispondono da Ferrovie dello Stato.
E perchè? “Non forniamo numeri nel dettaglio”.
Analoga la posizione di Trenord, a sua volta partecipata da Trenitalia e da Ferrovie Nord Milano (controllata da Regione Lombardia): “I dati li abbiamo dati a Expo. E non li diamo a nessun altro”.
Punto e basta, discorso chiuso. Alla faccia della trasparenza.
Così al momento l’unica certezza è sul numero di arrivi in metropolitana, diffusi dall’assessore milanese Pierfrancesco Maran a conferma di un precedente comunicato dell’azienda di trasporto Atm: 1.563.000 persone scese dai vagoni della linea 1 nei primi due mesi di esposizione.
“Quello dei passaggi ai tornelli dell’Atm è l’unico dato concreto”, commenta il presidente del consiglio comunale di Milano Basilio Rizzo. “Visto che altri tornelli sono al sito, perchè non ci danno il dato sugli ingressi giorno per giorno? Se non ce li hanno, è ancora peggio: vuol dire che in uno dei luoghi più controllati d’Italia in realtà non c’è alcun controllo”.
Rizzo, che da settimane si batte per avere maggiore trasparenza, ha scritto al prefetto per chiedere i numeri reali e ne fa anche una questione di buona amministrazione, visto che numeri inferiori alle attese imporrebbero di correre ai ripari.
Cosa vera anche per Atm: “Se i dati sono questi, che senso ha continuare a mantenere un servizio sovradimensionato con costi assai elevati? — si domanda — tanto più che quello investito è denaro pubblico”.
Luigi Franco
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
NON VUOLE APPARIRE IN BALIA DEI “RESPONSABILI”
Come se avesse avuto un presentimento, o semplicemente per reazione al degrado perfino estetico che inquina la politica, Renzi ha preso le distanze da Verdini e dai verdiniani già prima che un esponente di quel mondo (il deputato campano Sarro) finisse nel tritacarne delle accuse per camorra.
Non che il premier abbia sbattuto la porta in faccia agli ex berlusconiani, lanciando proclami tipo «mai e poi mai con gente così».
Oltretutto sa che tra loro non mancano le persone specchiate.
Però ha detto, in un’intervista registrata in anticipo per il nuovo programma di Riotta su RaiTre, che sulle riforme farà di tutto (testuale: «di tutto») pur di ottenere il sostegno dell’intero Pd.
Dunque, se le parole hanno un senso, il premier presterà per la prima volta orecchio a certe correzioni che ieri il bersaniano Gotor suggeriva per la riforma costituzionale del Senato, specie in materia di elezione diretta. Il motivo è semplice: Renzi vuole contare sulle proprie forze per non apparire minimamente in balia dei nuovi «Responsabili», o come altro si chiameranno i seguaci di Verdini una volta lasciata Forza Italia, probabilmente entro fine mese
Nessun grazie
Quanti siano i verdiniani a Palazzo Madama, dove la maggioranza è più esile, lo scopriremo solo quando verranno allo scoperto: c’è chi ne ha contati 13, chi addirittura 15.
Quel giorno sapremo pure se tra loro ci sono il senatore Falanga e la senatrice Longo, già fedelissimi dell’ex sottosegretario Cosentino da tempo finito in carcere.
Adesso i due stanno con Fitto, cioè contro il governo, ma pare che l’infaticabile Denis sia quasi riuscito a convertirli alla causa renziana.
Se vorranno dargli una mano, il premier certo non potrà impedirlo, anzi di sicuro gli farà comodo.
L’importante dal suo punto di vista, specie dopo la vicenda Sarro, è non dover mai mostrare gratitudine.
E tantomeno ricambiare con promesse di poltrone. Dunque nel giro Pd viene del tutto escluso che i verdiniani possano essere compensati con presidenze di commissione o con posti di governo (ce ne sono almeno 3 vacanti, uno da ministro e due da vice-ministro) in occasione del prossimo rimpasto.
I dubbi del Cav
Stasera Berlusconi riunirà i vertici «azzurri». Da giorni l’ex Cavaliere si pone quesiti circa le vere intenzioni di Renzi e cerca di capire se, in cambio di un sì alle riforme, il premier sarebbe disposto a cambiare la legge elettorale sul premio di maggioranza. Interpellato da amici prima di partire per l’Etiopia, Renzi ha risposto: «Non ci penso proprio, nemmeno morto».
Chi gli sta intorno invece risponde: «Per ora non se ne parla».
Per ora.
Ugo Magri
(da “la Stampa“)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
UN ISTITUTO SU CINQUE NON AVRA’ UN DIRIGENTE DI RUOLO… ALLARME ROSSO IN LOMBARDIA E IN CAMPANIA
Finora la discussione si è incentrata sui poteri dei dirigenti scolastici. 
Ma a settembre di “presidi-leader educativi”, o presunti tali, rischiano di essercene davvero pochi: in assenza infatti dell’annunciato concorso per oltre 2mila posti (che doveva bandirsi entro marzo) gli istituti scolastici che il prossimo anno avranno bisogno di un dirigente “reggente” sono oltre 1.700, e precisamente 1.738 secondo i primi calcoli dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi.
Nel complesso sono 8.123 le scuole autonome (8.123) e 385 le scuole sottodimensionate (che per legge dovranno essere rette necessariamente da un reggente), per un totale di 8.508 istituti da portare avanti nella gestione.
Il che significa, nei fatti, che una scuola su cinque non avrà un preside di ruolo.
La situazione è lentamente sfuggita di mano al ministero dell’Istruzione.
Il 1° settembre cesseranno dal servizio 767 presidi, riducendo così l’organico dirigenziale a 6.896 persone.
Sempre a settembre, partiranno i nuovi Centri per l’istruzione degli adulti (i Cpia), che hanno bisogno di 126 dirigenti.
Senza considerare, poi, gli strascichi della vecchia selezione Profumo del 2011, che non si è ancora chiusa in alcune regioni.
«In Lombardia siamo all’allarme rosso – sottolinea il numero uno dell’Anp, Giorgio Rembado – la magistratura amministrativa, di recente, ha nuovamente cassato la prova, e sono in ballo circa 500 posti. Qualora non si trovasse in tempi rapidissimi una soluzione avremmo un’anomalia assoluta con almeno una reggenza per ciascun dirigente in servizio».
La questione è delicata anche in Campania: «Qui l’Ufficio scolastico regionale ha bloccato l’assunzione di 206 presidi sempre per controversie giudiziarie – aggiunge Rembado – e pure qui servono risposte veloci»
Per la Lombardia, spiegano dal ministero dell’Istruzione, potrebbe aprirsi uno spiraglio visto che è stata accolta la sospensiva richiesta dal Miur (ora le commissioni d’esame dovrebbero completare celermente i colloqui)
Il punto è che la nuova procedura concorsuale è sparita dai radar e, considerato il tempo necessario per l’espletamento della selezione (variabile ricorsi a parte), si rischia di non fare in tempo a immettere in ruolo i vincitori per settembre 2016 (con la conseguenza di allargare ancor di più il numero di reggenze).
A settembre le regioni più in sofferenza saranno quelle del Nord (Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna), tenendo presente che un dirigente reggente si può trovare a gestire contemporaneamente 4/5 istituti, anche di gradi diversi
A complicare la situazione c’è poi la questione dell’esonero dei vicari.
Oggi la riforma Renzi-Giannini sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale (ieri non sono mancate le polemiche di studenti e opposizioni per la firma del Capo dello Stato), ma il provvedimento non si coordina con la legge di Stabilità 2015 che ha previsto l’abolizione dell’esonero dall’insegnamento per i collaboratori del preside, in considerazione dell’attuazione dell’organico dell’autonomia.
La «Buona Scuola» tuttavia sposta al 2016-2017 la costituzione di questo organico funzionale. Si rischia pertanto di avviare l’anno scolastico senza copertura degli esoneri: «Ho scritto al ministro Giannini – evidenzia Rembado -. Le scuole stanno predisponendo in questi giorni il piano per l’avvio del prossimo anno e devono avere la certezza circa l’esonero dei vicari».
Claudio Tucci
(da “il Sole24ore“)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
E SONO SEMPRE MENO GLI STRANIERI CHE VENGONO A STUDIARE IN ITALIA
La vita dello studente universitario sembra davvero difficile nel nostro Paese.
Almeno, sfogliando l’ultimo Rapporto del Cnsu: il Comitato nazionale degli studenti universitari, che scatta una fotografia abbastanza impietosa dell’istruzione terziaria nazionale, vista secondo l’ottica degli studenti.
Disoccupazione e crisi economica, carenza endemica di interventi per il diritto allo studio, welfare studentesco debole e interventi politici in controtendenza rispetto ai bisogni di ragazzi e famiglie stanno svuotando le università italiane di nuove leve.
Mentre le riforme degli ultimi quindici anni non hanno sortito quasi nessun risultato sull’efficienza del sistema universitario nostrano. Insomma, un mezzo disastro che anno dopo anno allontana l’Italia dai sistemi universitari europei.
Il Rapporto sulla condizione studentesca 2015, previsto dal Dpr 491 del 1997, analizza diversi aspetti della vita universitaria: dal diritto allo studio alla didattica, passando per l’inserimento nel mondo del lavoro e la rappresentanza studentesca.
Un terzo del dossier è dedicato agli interventi sul diritto allo studio con alcuni confronti internazionali che presentano subito un’Italia in ritardo.
Bastano due semplici numeri per capire di casa si sta discutendo: la percentuale di studenti borsisti rispetto al totale della popolazione studentesca e il trend degli stessi negli ultimi sei anni. Dal 2006/2007 al 2012/2013 la percentuale di studenti che percepisce una borsa di studio, in Italia, è scesa dell’8 per cento.
In Francia e Germania è cresciuta del 34 e del 33 per cento, mentre in Spagna si è incrementata del 59 per cento.
Un dato che si ripercuote sulla percentuale di beneficiari rispetto al totale della popolazione studentesca: il 2,4 per cento in Italia, il 21 per cento in Germania e 18 in Francia,
Per non parlare di paesi come la Finlandia e l’Olanda dove si raggiungono percentuali di studenti cui viene assegnata una borsa di studio impensabili nel nostro paese: il 58 per cento nel paese scandinavo e addirittura il 95 per cento nel paese dei mulini a vento.
Questione di impegno nello studio?
Non proprio, perchè anche le borse di studio in favore degli studenti regolari è bassissimo: appena l’8,2 per cento dell’intera platea.
Ma non solo. “Nonostante vi siano tre fonti di finanziamento: risorse regionali, fondo statale, tassa regionale, il 42,2 per cento delle borse è coperto da quest’ultima tassa. Sono quindi principalmente gli studenti a pagarsi le proprie borse di studio”, spiegano gli studenti.
Già , perchè la tassa regionale sul diritto allo studio, incrementata a 140 euro annui ormai in quasi tutti gli atenei italiani, è a carico degli studenti e si scopre come la maggiore fonte di finanziamento per le borse di studio: il 42 per cento del budget totale.
Se ci si limitasse ai soli fondi statali e regionali, le borse di studio sarebbero circa la metà di quelle attuali: a favore dell’1,5 per cento della popolazione studentesca.
Con tantissimi studenti “idonei non beneficiari” che hanno un reddito bassissimo ma che non riescono ad accedere alle borse di studio.
Numeri che non hanno bisogno di ulteriori commenti. C’è poi la questione dei posti-letto per gli studenti fuori-sede e delle agevolazioni sui mezzi di trasporto.
Anche in questo settore l’Italia è in enorme ritardo rispetto ai paesi europei.
Sono soltanto 40mila i posti-alloggio garantiti dagli enti regionali per il diritto allo studio o da strutture convenzionate.
Un ammontare che copre solo il 4 per cento della popolazione studentesca, a fronte di un pendolarismo in forte crescita.
“Diversi studi – si legge ne rapporto – hanno evidenziato che gli studenti fuori sede sostengono un costo di mantenimento molto superiore rispetto a chi abita in famiglia, soprattutto perchè devono affrontare una spesa, quella per l’alloggio, che occupa una parte preponderante del totale delle uscite, ovvero circa un terzo”.
Secondo il Comitato nazionale degli studenti universitari “Lo stato, in collaborazione con le regioni, dovrebbe porsi l’obiettivo di aumentare il numero di alloggi convenzionati di almeno 100mila unità “.
I 100mila posti-letto servirebbero a coprire le esigenze abitative di tutti gli idonei alla borsa di studio e degli studenti non idonei ma con reddito basso.
Anche le agevolazioni per i trasporti e la ristorazione, negli ultimi anni, si sono ridotte quasi dappertutto rendendo sempre più difficile studiare senza contemporaneamente lavorare.
Tagli sul diritto allo studio che hanno come contraltare l’aumento delle tasse universitarie del 63 per cento e il calo delle iscrizioni universitarie del 17 per cento negli ultimi dieci anni.
Una situazione ulteriormente aggravata dalla mobilità interna degli studenti meridionali in cerca di un buon ateneo dove studiare, spesso al nord, che richiederebbe più strutture e interventi per gli studenti pendolari e fuori-sede.
E con sempre più studenti che cercano condizioni di studio e di qualità migliori in atenei all’estero.
A nulla, o a poco, sembra avere portato la riforma che a ridosso del 2000 ha portato dalle lauree a ciclo unico al 3+2.
Secondo gli studenti, i dati negativi pre-riforma – dispersione universitaria, durata media degli studi e alto numeri di fuori corso – sono rimasti tali: “Il tasso di abbandono degli iscritti alla triennale rimane al 40 per cento, circa il 42 per cento degli studenti iscritti alla triennale risultano fuoricorso e ci vogliono 5,1 anni per conseguire una laurea triennale”.
Con l’aggravante del taglio al Fondo di finanziamento ordinario degli atenei e all’aumento dei corsi a numero chiuso degli ultimi anni. Politiche restrittive che gli studenti condannano e considerano lesive del diritto allo studio universitario in Italia, che si trova in coda alla classifica europea per numeri di giovani laureati.
Per gli studenti, “il tasso degli immatricolati e dei laureati in Italia è in profondo ritardo rispetto al resto dei paesi europei, e ciò dipende soprattutto dalla miopia politica degli ultimi governi che non si sono adoperati per innalzare il livello di istruzione e a consentire ad ampi segmenti della popolazione di accedere all’istruzione terziaria”.
Anche sul fronte dell’internazionalizzazione, le università italiane scontano un ritardo, con pochi studenti stranieri che considerano l’Italia come paese dove andare a studiare in confronto agli studenti italiani che preferiscono studiare all’estero: il rapporto è di 100 studenti italiani che si recano all’estero contro 85 studenti stranieri che approdano in Italia, soprattutto spagnoli, francesi e tedeschi.
Salvo Intravaia
(da “La Repubblica“)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA DELL’INTERGRUPPO GUIDATO DA DELLA VEDOVA
Via libera alla legalizzazione della cannabis, con norme che ne disciplinano l’uso, mantenendo però
anche una serie di divieti.
Lo prevede una proposta di legge presentata dall’intergruppo parlamentare guidato da Benedetto Della Vedova, senatore eletto con Scelta Civica e oggi al Misto.
“Nella sua ultima relazione, la direzione nazionale Antimafia – spiega in una conferenza stampa illustrando il testo – ha parlato del ‘totale fallimento dell’azione repressiva’ e della ‘letterale impossibilità di aumentare gli sforzi per reprimere meglio e di più la diffusione dei cannabinoidi’.
La direzione ha dunque chiamato in causa il legislatore per chiedere un intervento di depenalizzazione”.
Dal Pd al M5S, da Sel al gruppo Misto, sono 218 i parlamentari che hanno firmato il testo che contiene disposizioni in merito al possesso, all’autocoltivazione, alla vendita e all’uso terapeutico della cannabis.
Cosa prevede la pdl.
I maggiorenni, si legge nel ddl, “potranno detenere una modica quantità per uso ricreativo: 15 grammi a casa, 5 fuori casa. Divieto assoluto per i minorenni; sarà possibile coltivare a casa fino a 5 piante e detenere il prodotto da esse ottenuto” previa comunicazione all’agenzia dei Monopoli, ma è vietata la vendita del raccolto.
E ancora: ok alla vendita al dettaglio, che dovrà avvenire “in negozi dedicati, forniti di licenza dei Monopoli”, ma no all’importazione e all’esportazione; via libera all’autocoltivazione per fini terapeutici, con “modalità di consegna, prescrizione e dispensazione dei farmaci” semplificate.
Restano il divieto di fumo nei luoghi pubblici (parchi compresi) e quello di guida “in stato di alterazione con le relative sanzioni previste dal codice stradale”.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
PECCATO CHE IN CAMPAGNA ELETTORALE AVESSE PROMESSO UN TAGLIO DEGLI EMOLUMENTI CHE IN REGIONE LIGURIA VIAGGIANO SUGLI 8.000-10.000 EURO AL MESE
Lella Paita parla a nome del gruppo Pd in Regione e annuncia una opposizione a Giovanni Toti «senza sconti» ma basata sullo «sfidare la maggioranza sui contenuti: agiremo come un “Governo ombra”, perchè abbiamo idee, progetti e abbiamo una cultura di governo».
E per cominciare l’ex assessore alle infrastrutture ha attaccato punto per punto il programma del presidente.
«Si parlava di tecnici in funzioni importantissime, si parlava di apertura alla società civile. Nel giro di pochi mesi le velleità iniziali di apertura a risorse e competenze esterne si sono capovolte e sono state ovviamente e inesorabilmente rimesse nel cassetto».
Diversa la linea del Movimento 5 Stelle, dove hanno parlato tutti i consiglieri.
Più aperture di credito verso il nuovo governo ligure, ma la prima proposta alla giunta è stata rispedita al mittente
Nel suo intervento, Alice Salvatore ha chiesto conto a Toti delle dichiarazioni in campagna elettorale sui costi della politica: «Aveva detto di ridurre gli emolumenti dei consiglieri regionali, di aumentare quelli dei sindaci dei piccoli Comuni e di abolire le indennità di carica aggiuntive come le buone uscite di 80mila euro dei consiglieri uscenti».
E il consigliere M5S Marco De Ferrari ha annunciato che l’autoriduzione dello stipendio dei consiglieri del gruppo permetterà di mettere a disposizione alla fine dei cinque anni di legislatura 2 milioni di euro da destinare ad un fondo per il microcredito e ha invitato tutti i consiglieri ad aderire all’iniziativa che potrebbe portare ad un fondino di 10 milioni di euro.
Toti, da parte sua, ha confermato che sette assessori sono pochi per governare la Regione.
Ma ha chiuso a misure di riduzione degli emolumenti. «Io non ho alcuna intenzione di aumentare i costi della politica: in ogni caso non sono tre sottosegretari a dilatarli.”
«Non voglio accettare la demagogia – ha detto – abbassare gli emolumenti dei consiglieri non credo sia particolarmente etico. Credo che occorra ragionare su quanto guadagnano tutti gli esponenti politici, dai parlamentari fino ai sindaci dei piccoli Comuni».
(da “il Secolo XIX”)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
VALAVANI LASCIA, LAFAZANIS VOTA NO, MA NON SI DIMETTE…. PIU’ DELLA META’ DELLA DIREZIONE DEL PARTITO CONTRO L’ACCORDO…E STANOTTE IL VOTO
Il Parlamento greco si appresta a votare a tempo di record un pacchetto di misure imposto dai
creditori internazionali in cambio del piano di salvataggio della Grecia.
Il voto finale dovrà avvenire entro la mezzanotte di mercoledì, una tempistica che scuote specialmente Syriza, il partito del premier Alexis Tsipras: circa 30 parlamentari della sinistra radicale potrebbero non votare le nuove leggi di austerity, ma il governo dovrebbe rimanere saldo grazie all’aiuto delle opposizioni.
La vice ministro delle Finanze, l’economista Nadia Valavani, ha inviato una lettera di dimissioni al primo ministro greco Alexis Tsipras, spiegando di non poter sostenere le dure misure imposte dai creditori a Bruxelles.
Tsipras ha dichiarato di non voler lasciare il proprio incarico e ha difeso l’accordo firmato lunedì mattina a Bruxelles: “È migliore di quello del 25 giugno, non taglia nè stipendi nè pensioni”, ma ammette che “l’Europa è stata vendicativa”.
Durante il voto scioperano i dipendenti pubblici per 24 ore, le farmacie contro la liberalizzazione dei medicinali da banco.
Mercoledì sera è prevista una manifestazione di protesta contro l’accordo a piazza Syntagma.
Dalle 6 di stamattina ad Atene gli autobus sono molto spesso assenti, provocando un pesante congestionamento del traffico automobilistico.
Dalle 21 è previsto il blocco della metropolitana, mentre per tutto lo sciopero resterà fermo il collegamento ferroviario con l’aeroporto della capitale.
(da “Huffingtonpost“)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
IL WEB CONTESTA LA SOLUZIONE ALLA CRISI GRECA
Dal punto di vista politico la soluzione, almeno temporanea, alla crisi greca dovrebbe essere stata trovata.
Al livello sociale invece lo scontento nei confronti della Germania e del suo intervento nelle negoziazioni aumenta.
La Grecia e i creditori hanno raggiunto un compromesso, ma dal punto di vista greco si tratta di una soluzione piuttosto ingiusta, dettata dalla Germania.
L’odio della rete si dirige dunque in primis verso la cancelliera Angela Merkel e il ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble, mentre sui social impazza l’hashtag #BoycottGermany.
Numerosissimi utenti (non solo greci) incoraggiano a boicottare i prodotti tedeschi.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 15th, 2015 Riccardo Fucile
A ROMA L’ANTIMAFIA SEQUESTRA “IL BARROCCIO” AL PANTHEON
Un altro noto ristorante del centro di Roma è finito nella rete dell’Antimafia. 
La Dia, in esecuzione di un decreto emesso dal gip presso il Tribunale della Capitale, ha posto sotto sequestro preventivo il 60% delle quote della società Barroccio 2015 srl, insieme al suo intero patrimonio aziendale costituito dal ristorante “Il Barroccio”, che si trova nella centralissima via dei Pastini, nella zona del Pantheon, nonchè la somma di 70 mila euro circa, depositata su un conto corrente bancario.
Entrambi i beni sono riconducibili a Salvatore Lania, l’imprenditore calabrese di Seminara residente a Roma, arrestato il 12 marzo scorso e al quale erano già stati sequestrati due altri famosi ristoranti, “Il Faciolaro” e “La Rotonda”, sempre nella stessa via della Capitale, nonchè altri beni mobili ed immobili, per un valore complessivo di 10 milioni di euro.
Il sequestro odierno, eseguito dagli investigatori della Dia di Roma, è il risultato delle attività di approfondimento e degli ulteriori accertamenti effettuati a carico dell’imprenditore a seguito dell’operazione del marzo scorso. Il valore complessivo dei beni sequestrati ammonta a circa un milione di euro.
Secondo Coldiretti, “sono almeno cinquemila i locali della ristorazione del nostro Paese nelle mani della criminalità organizzata che approfitta della crisi economica per penetrare in modo sempre più massiccio e capillare nell’economia legale”.
Acquisendo e gestendo direttamente o indirettamente gli esercizi ristorativi le organizzazioni criminali hanno la possibilità di rispondere facilmente a una delle necessità più pressanti: riciclare il denaro frutto delle attività illecite, come è emerso dal terzo Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes, e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Il volume d’affari complessivo dell’agromafia è salito – rileva la Coldiretti – a 15,4 miliardi di euro, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese.
(da “Huffingtonpost”)
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