Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
“BASTA CHE PAGHINO”: LA SINGOLARE IPOTESI PER SISTEMARE I CONTI DELLA CITTA’
Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro se le sta inventando tutte per fare entrare un po’ di soldi
nelle casse comunali.
L’ultima trovata è un accordo con gli armatori delle grandi navi: entrino pure in Laguna, purchè paghino.
L’idea è riportata, in forma di colloquio, dal Corriere della Sera:
Brugnaro — scrive il Corsera — ha incontrato gli armatori delle navi da crociera e, vista la situazione d’incertezza sull’ingresso in laguna dei giganti del mare, ha colto la palla al balzo per battere cassa con vigore: io vi garantisco che continuerete a entrare fino alla Marittima ma voi pagate.
“C’è una trattativa ed è avanzata ma non ancora definita, non posso dire molto di più. Non la chiamerei comunque tassa, è un termine che non mi piace. Credo che saranno loro stessi a fare un’offerta alla città ”.
Sarebbero milioni di euro, una boccata d’ossigeno per il capoluogo veneto che preoccupa l’associazione delle compagnie della croceristica, la Clia, non tanto per la decadenza del centro ma per i costi dello stallo politico: “Bisogna trovare una soluzione per Venezia”. Se va in porto, l’accordo con gli armatori sarà uno dei pezzi forti della cura da cavallo per la città di San Marco”.
Le ricette per il risanamento del sindaco Brugnaro hanno già sollevato polemiche nelle settimane scorse.
A settembre il sindaco aveva annunciato l’intenzione di vendere alcuni capolavori dei musei civici veneti per fare cassa. “Non solo Klimt e Chagall, se riesco ne metto all’asta altri, tutti quelli che servono e che non fanno parte della storia di Venezia”, rilancia nel colloquio con il Corriere.
Tra le altre idee che fanno discutere ci sono la messa in gara della gestione del gas, la cessione di tubature e impianti, la dismissione delle farmacie comunali.
C’è un problema di sghei, taglia corto lui. “In cassa ho solo 200mila euro e devo pagare 80 milioni di spese ordinarie all’anno e far fronte a un debito di 800 milioni”.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
BERLUSCONI: “NON FARO PIU’ IL CANDIDATO PREMIER, SOLO IL PADRE NOBILE”
Padre nobile, ma non premier. Le anticipazione al libro di Bruno Vespa rivelano il nuovo ruolo che Silvio Berlusconi immagina per sè.
L’ex presidente del Consiglio si sfila dalla corsa alla leadership del centrodestra. «Molti mi percepiscono ormai come un politico di professione ».
Ecco perchè bisogna voltare pagina. La ricetta del leader di Fi prevede che a guidare la coalizione dei moderati sia «una persona che ha dimostrato nella vita di saper fare molto bene e ha saputo conquistarsi la fiducia di un pubblico vasto con la sua attività fuori della politica ». Insomma, un nuovo Berlusconi.
L’identikit dell’ex Cavaliere rimanda al profilo di Mario Draghi o di Sergio Marchionne. O, comunque, a «una personalità di quel livello».
La fondazione Luigi Einaudi, acquisita qualche giorno fa, sarà il punto di partenza per gettare le basi e per far ripartire il “rassemblement” dei moderati.
Un think tank in cui possano convergere «le personalità di diversi campi e i rappresentanti di tutti le associazioni professionali ».
Dalla fondazione al ritorno a Palazzo Chigi il passo è breve. Berlusconi pensa a un esecutivo di 18 membri — 12 dalla società civile e 6 dai partiti — con alle Infrastrutture l’ad di Finmeccanica Mauro Moretti, alla Ricerca l’astronauta Samantha Cristoferetti. E al Viminale l’ex comandante dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli.
Il programma c’è già . Diviso in sei capitoli e concordato con gli alleati Matteo Salvini (Lega Nord) e Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia).
Con la flat tax «per cambiare l’Italia».
Il primo appuntamento, che segnerà il passo alla road map del “padre nobile “, sarà la manifestazione leghista in calendario l’8 novembre. Lì si ritroveranno sullo stesso palco Salvini, Berlusconi e Meloni.
E sarebbe già stato fissato un incontro all’inizio della settimana, ad Arcore, in cui il Cavaliere e il leader del Carroccio fisseranno la scaletta della kermesse in modo da concordare il messaggio da far veicolare.
Di certo, parleranno dell’appuntamento clou della primavera 2016, le amministrative. Milano e Roma sono le due partite nelle quali il centrodestra cercherà di rovinare i giochi al centrosinistra.
Su Milano, dopo il no di Paolo Del Debbio, Berlusconi avrebbe pensato a Paolo Scaroni per il dopo Pisapia.
Ma, persone vicine all’ex di Eni, assicurano che non ha ricevuto alcuna offerta.
Anzi. Scaroni appoggerà Giuseppe Sala, una figura che conosce Milano e ha fatto un lavoro eccellente per l’Expo.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 2nd, 2015 Riccardo Fucile
BOSSI ACCUSA: 40 MILIONI OGGETTO DELLA TRUFFA INCASSATI E SPESI DAI SEGRETARI SUCCESSIVI PUR SAPENDO CHE ERANO CORPO DI REATO… E CHIEDE: “COME SONO STATI SPESI?”
Truffa contro Bossi e Belsito sui rimborsi elettorali della Lega: Camera e Senato presentano al
partito di Salvini il conto da restituire allo Stato.
Non più “solo” 40 milioni, come conteggiato dai magistrati, bensì 59 milioni.
Dal processo che riprende oggi a Genova contro l’ex amministratore del Carroccio e contro il Senatur, spuntano carte inedite depositate dal Parlamento che dimostrano che una parte di quei rimborsi elettorali truffaldini sono stati incassati dalla Lega anche dopo il “movimento delle scope” del 5 aprile 2012 che aveva defenestrato Bossi.
Complessivamente, nel periodo in cui la segreteria leghista è stata retta da Roberto Maroni, nelle casse dei lumbard sono stati versati dal Parlamento quasi 13 milioni oggetto della truffa, e 820mila euro durante la segreteria Salvini.
Ma al di là di quanto sia l’importo, che fine hanno fatto quei milioni di euro che, secondo l’accusa, Bossi e Belsito hanno ottenuto da Camera e Senato falsificando i rendiconti delle spese elettorali?
Perchè, se il governatore della Lombardia e l’attuale segretario sapevano della truffa (Salvini s’è addirittura costituito parte civile), hanno continuato a incassarli, e, soprattutto, a spenderli, visto che la Lega è stata costretta a licenziare il personale per essere rimasta senza un euro in bilancio?
A proposito di dove siano finiti i quaranta o i cinquantanove milioni oggetto della truffa, i documenti depositati nel processo genovese rivelano uno scontro all’ultimo sangue tra leghisti.
Bossi, per voce del suo avvocato Matteo Brigandì, chiede a Salvini la restituzione dei 40 milioni che la procura ritiene il corpo del reato della truffa elettorale.
Il 29 ottobre del 2014, il legale di Bossi invia al segretario leghista una lettera dai toni affabili (“Caro Matteo….”. “Un abbraccio padano”), ma dal contenuto al vetriolo. Lettera presente tra i documenti processuali.
Bossi ha lasciato in bilancio un attivo da 41 milioni: “Sono certo – scrive, sarcastico, il legale di Bossi – che mai verrà dalla Lega adoperato anche per il futuro un solo euro da questa detenuto e da questa stessa dichiarato (con la costituzione di parte civile, ndr) corpo di reato”.
“Tenterò ogni conciliazione – aggiunge il legale Brigandì alludendo alle costituzioni di parte civile di Camera e Senato – sul presupposto della vostra disponibilità a rendere quanto da voi dichiarato come prezzo della truffa aggravata, prezzo presente nelle vostre casse”.
“Quindi – conclude l’avvocato di Bossi, ben sapendo che tutti i soldi sono stati spesi – ti diffido dallo spendere quanto da te stesso considerato come corpo di reato”.
La coppia Bossi-Brigandì è consapevole della portata devastante che questa lettera, inviata a Salvini, possa avere sul processo: il Senatur e il suo legale vogliono che i giudici valutino se aver incassato i soldi oggetto della truffa costituisce concorso nel reato e, averli spesi, ricettazione.
La difesa di Bossi, a questo punto, sembra essere quella (fatti di dovuti distinguo) di Sansone: che muoia Bossi, ma con tutti i (segretari) leghisti.
Almeno quelli che gli hanno fatto la guerra.
Alberto Custodero
(da “La Repubblica”)
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