Aprile 10th, 2016 Riccardo Fucile
INFATTI OGGI A MILANO LA LEGA APPOGGIA, CON PASSERA E ALFANO, IL CANDIDATO PARISI
Tweet del 14 marzo 2015.
“Oggi sono in Veneto a sostenere il nostro Luca Zaia. Vedo che adesso sono tutti contro Zaia, un bel segno, vuol dire che Zaia ha fatto bene, che Zaia vince”, ha detto Matteo Salvini, dopo l’ufficializzazione della candidatura del sindaco di Verona Flavio Tosi a governatore del Veneto.
Il segretario del Carroccio lancia poi un messaggio a Tosi: “Chi sceglie di andare avanti con Alfano e Passera evidentemente non può scegliere la Lega”.
E’ passato un anno e che accade a Milano, in vista delle prossime elezioni amministrative?
Che il centrodestra candida Parisi con l’appoggio del partito di Alfano, con cui peraltro Maroni già governa in Regione Lombardia.
Non solo, ieri anche Corrado Passera si unisce alla compagnia di Forza Italia, Lega, Fdi e Ncd.
Evidentemente quello che valeva per Tosi non vale per Salvini: dopo aver “criminalizzato” Passera un anno fa, ora lo accetta ben volentieri come alleato dopo essersi detto di tutto fino a pochi giorni fa.
Coerenza padagna.
(da agenzie)
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Aprile 10th, 2016 Riccardo Fucile
DAL CASILINO 900 ALLA LAUREA IN GIURISPRUDENZA… ANINA CINCIU: “SI PUO’ FARE TUTTO, BISOGNA FARSI VALERE”
Dalla baraccopoli romana di Casilino 900, uno dei più affollati campi rom d’Europa, alle aule universitarie della Sorbona di Parigi il passo non è breve.
E nella storia di Anina Ciuciu, quel passo ha guadagnato deciso metro dopo metro al ritmo della determinazione, dell’ostinazione e della volontà di riscatto.
Anina ha 26 anni, è nata in Romania ed è rom.
Sulla sua immaginaria carta d’identità vanta tre cittadinanze: la rumena, la rom e la francese. Sono queste le tre anime che la compongono e che, con in mano una laurea magistrale in giurisprudenza presso il prestigioso ateneo parigino, alimentano il suo sogno: sconfiggere le ingiustizie, i pregiudizi, la discriminazione istituzionale che condanna la comunità rom e tutti gli ultimi.
Per questo Anina dirige il polo giuridico dell’Associazione 16 Maggio, in prima linea nella lotta contro la separazione cui sono condannati gli abitanti delle bidonville francesi. E per questo ha continuato gli studi fino alla laurea, convinta che l’istruzione sia lo strumento migliore per lasciarsi alle spalle il fango, le lamiere, gli stracci dei campi rom e raggiungere quella vita dignitosa che – da bambina rom rumena costretta a vivere con la famiglia nella baraccopoli romana — le si spalancava davanti come un miraggio.
Nei sei mesi del Casilino 900 — che lei non vuole chiamare “campo rom” ma “bidonville”, perchè “campo rom” — ci spiega – è un termine razzista legato a una concezione discriminatoria della comunità gitana — quel sogno di una paziente normalità le era stato tolto, assieme al lavoro dei suoi genitori, licenziati in Romania perchè rom e costretti a trasferirsi nel nostro Paese.
Quel sogno, però, le è rimasto accanto, ostinatamente, anche durante l’anno e mezzo di continui spostamenti da una ex caserma a una casa occupata, da un hotel a un rifugio trovato per fortuna, appena varcata la frontiera tra Italia e Francia.
E ora che la normalità Alina sembra stringerla tra le mani – da ragazza matura, da studentessa ormai laureata, da quasi avvocato e da piena attivista per i diritti dei discriminati — lei in quel campo ci è tornata.
Lì dove un tempo erano parcheggiate, le une sulle altre, le loro baracche, ora c’è un prato — e dei ragazzini che giocano poco distante.
A Pierluigi De Donno, regista del docufilm “Gitanistan — Lo stato immaginario delle famiglie Rom-Salentine” che ha conosciuto la sua storia l’ha riportata nel luogo della sua infanzia, Anina confessa che è stato emozionante varcare di nuovo quel cancello.
L’ha pervasa una speranza ostinata, che le fa augurare a sè stessa che tutti i bambini che hanno condiviso con lei la triste permanenza a Casilino 900 si siano lasciati alla spalle la vita da bidonville.
Molto è cambiato dai sei mesi che, poco più che bambina, Alina aveva trascorso lì.
Tra quella parentesi e la passeggiata da ragazza 26enne ci sono i giorni difficili a scuola — quando i suoi compagni di classe francesi la escludevano; ci sono i ricordi, le ferite aperte, i traguardi, l’ostinazione, le cicatrici ormai asciutte, i volti delle persone — come quello dell’istitutrice che, trovando lavoro ai suoi genitori, ha permesso ad Alina e alle sue sorelle di vivere dignitosamente e andare a scuola.
Ci sono tanti tasselli di un mosaico a tinte forti.
Ma il colore più importante rimane sempre quello della dignità e del rispetto.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 10th, 2016 Riccardo Fucile
“I SONDAGGI REALI MI DANNO ALLA PARI CON LA MELONI, VADO AVANTI COME UN TRENO”… UNICA ALLEANZA POSSIBILE CON MARCHINI… “GIACHETTI E MELONI SI DIMETTANO DAL PARLAMENTO E CORRANO SENZA PARACADUTE SE HANNO CORAGGIO, COMODO MANTENERE LO STIPENDIO”
Guido Bertolaso tende la mano ad Alfio Marchini per conquistare Roma. 
Un’operazione politica che guarda più al centro che alla destra per il candidato sindaco di Forza Italia, che prova nel corso di In Mezz’Ora, su Raitre, a raffreddare le voci sull’imminente ritiro della sua candidatura, frutto della divisione interna al partito che lo sostiene, e rilancia la corsa al Campidoglio proponendo un ticket a Marchini.
E Alfio replica su Twitter, limitandosi ad affermare che le parole di Bertolaso confermano la bontà del progetto per Roma della Lista Marchini .
Appare da escludere invece un raccordo fra Guido Bertolaso con Giorgia Meloni, dal momento che l’ex numero uno della Protezione civile riserva parole molto critiche alla leader di Fratelli d’Italia, accusandola di utilizzare la sua gravidanza per fare campagna elettorale e raccogliere maggiori consensi.
Bertolaso ripercorre le tappe che hanno portato alla sua candidatura.
“Per poche ore sono stato il candidato unitario del centrodestra. Berlusconi mi chiamò l’8 gennaio insieme a Meloni e Salvini, sono venuti tutti e tre per dirmi di candidarmi, perchè sono un uomo del fare e vogliamo tutti che Roma torni ad essere la città che merita di essere. Poco dopo la mia dichiarazione sui rom, Salvini ha avuto il mal di pancia e ha cambiato idea” spiega Bertolaso, con riferimento alle sue parole contrarie alle ruspe per i rom, da lui definiti “vessati”.
“Sono una categoria vessata dalla storia, questo è un dato di fatto – ribadisce Bertolaso – Oggi sono i romani che sono vessati, anche dal problema dei rom, a loro volta vittime di una disorganizzazione totale della città di Roma. Le ruspe le hanno già usate contro i rom, li hanno sfollati e loro hanno preso armi e bagagli e si sono spostati da un’altra parte della città . Ma serve più intelligenza. Il mio programma è tolleranza Zero contro l’impressionante degrado. E nel degrado ci sono anche i rom”.
A seguito della rottura con Salvini, prosegue poi Bertolaso, si sono tenute le “gazebarie” a cui hanno partecipato 47 mila romani.
“Con il clima di antipolitica che c’è oggi – sottolinea – è stato non dico un plebiscito, ma un risultato incredibile”.
Eppure “il giorno dopo la Meloni ha deciso di candidarsi. Io volevo essere un candidato unitario, ma non sono io divisivo, ma sono loro che si sono divisi”.
D’altra parte, prosegue Bertolaso, “io non guardo in faccia nessuno, non accetterei un vice presidente per l’equilibrio fra i partiti, nè un presidente dell’Acea nominato solo sulla base di una tessera politica”.
Bertolaso sente ancora il sostegno di Forza Italia e definisce “bizzarra” l’ipotesi di un benservito da Silvio Berlusconi.
“Ieri abbiamo fatto una riunione e mi hanno ribadito il loro appoggio” spiega l’ex numero uno della Protezione Civile, che esclude quindi un ritiro della sua candidatura. “Sarei un’ipocrita se dicessi che non c’è problema. Ci sono quelle situazioni di attenzione e piccoli mal di pancia tipici della definizione delle liste elettorali”.
Bertolaso rilancia quindi e propone una soluzione politica come quella trovata a Milano fra Stefano Parisi e Corrado Passera.
“È una bella operazione che mi risulta abbia fatto il presidente Berlusconi. Può essere che lui sia capace di trovare un punto di incontro anche su Roma. Può essere – afferma Bertolaso – che Alfio Marchini, che è un candidato simile a me, possa benissimo venire con noi. Un binomio Bertolaso-Marchini in cui io faccio il sindaco e lui fa il presidente del Consiglio Comunale, visto che ha esperienza di questo, sarebbe formidabile. Non c’è una trattativa, magari ci sarà nei prossimi giorni anche alla luce del caso Passera. Marchini è un valore aggiunto di questa città . Se Bertolaso si mette al cruscotto della macchina per farla funzionare bene e Marchini, che è anche lui indipendente ma ha esperienza di Consiglio Comunale e lo gestisce, che è determinante per il sindaco…”.
Quanto ai sondaggi, Bertolaso riferisce di essere “dentro una forchetta tra il 16 e il 18 per cento. Se non sono davanti alla Meloni, sicuramente siamo pari. Io dico che vado avanti secondo quello che è il mio programma. Se si spacca il centrodestra, non sono io a farlo, sono loro a dividersi. Io mi sento candidato dei romani e sono ottimista, non mi sono candidato per partecipare. Qui abbiamo davanti il dramma di Roma. Io sono abituato a vincere”.
Non manca una replica velenosa a Giorgia Meloni, che oggi ha parlato della sua candidatura da donna incinta come “battaglia simbolica sulle donne e il diritto al lavoro sempre”. “Questa è strepitosa” risponde Bertolaso, già fortemente criticato per aver detto che la Meloni non poteva candidarsi in quanto donna incinta.
“Quando ho detto che Giorgia doveva fare la mamma, mi sono limitato a ripetere quello che disse al Family Day. Disse di non potersi candidare perchè era incinta. Ho solo ribadito quello che aveva detto lei un mese prima. Se invece ora vuole sfruttare questa bellissima vicenda per portare un po’ di voti dalla sua parte e fare campagna elettorale…”
Che Bertolaso guardi più al centro che alla destra lo si capisce anche dalle forte critiche che ha rivolto alla Giunta guidata da Gianni Alemanno.
“Roma è terremotata dalla politica degli ultimi anni e non assolvo nessuno da questa affermazione. Non possiamo buttare la croce solo su Marino per questo, Marino è stato imbarazzante ma anche la Giunta Alemanno ha le sue responsabilità . Qualcuno parlerà di una mia nuova gaffe. Ma ritengo sia cosi'”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 10th, 2016 Riccardo Fucile
“NON VUOLE LE FRONTIERE, E’ UN VENDUTO”… MA IL PRESIDENTE PARLAVA DI EXPORT DEL VINO, NON DI PROFUGHI: FATE IL TEST TASSO ALCOLEMICO AL SISTEMAMOGLI !
Il segretario della Lega Nord attacca il presidente della Repubblica sul tema dei migranti e delle frontiere.
La polemica, però, nasce da un clamoroso autogol di Salvini.
Sergio Mattarella, aprendo Vinitaly a Verona, ha detto: “Da prodotto antico a chiave di modernità , il vino italiano, col suo successo nell’export, conferma come il destino dell’Italia sia legato al superamento delle frontiere e non al loro ripristino”, riferendosi all’export dei prodotti.
Matteo Salvini come al solito ha analizzato o letto solo una parte della frase, riferendola ai migranti e, su Facebook, risponde: “È come dire avanti tutti, in Italia può entrare chiunque… Se lo ha detto da sobrio, un solo commento: complice e venduto”.
Il problema è che evidentemente quello non sobrio non era Mattarella.
Le reazioni.
“Quelle di Salvini su Mattarella sono parole di un eversore che detesta l’Europa e non ama l’Italia”, ha commentato il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda, mentre Matteo Colaninno giudica le offese rivolte da Salvini al presidente della Repubblica inaccettabili: “Vanno condannate con fermezza: non si possono utilizzare espressioni che si configurano come vilipendio – ha scritto in una nota -. Se Salvini è ossessionato dalle sue idee xenofobe in materia di immigrazione se le tenga per sè e non si permetta di scrivere insulti e falsità . Il capo dello Stato, che anche oggi ha fatto un’analisi lucida e responsabile sul tema dei migranti, ha la totale fiducia degli italiani e merita rispetto”.
A distanza di ore, Salvini pare ancora in preda a crisi etilica, anche se cerca in parte di evitare una denuncia: : “La mia non è una frase contro Mattarella. Il presidente non può invitare i clandestini di tutto il mondo a venire in Italia”.
Poi finisce in bellezza: “Ci sono stato anche io a Vinitaly, si beve tanto e bene”.
Tipico caso di ubriachezza molesta.
(da agenzie)
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Aprile 10th, 2016 Riccardo Fucile
IL NEO PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE MAGISTRATI: “LA LEGGE PER REGOLARE LE INTERCETTAZIONI C’E’ GIA’, RENZI SU DI NOI HA DETTO BUGIE”
«Far intendere che i magistrati lavorano poco, e da questo dipende il disastro della giustizia è
una bugia».
La replica di Piercamillo Davigo, neopresidente dell’Associazione magistrati, al premier Matteo Renzi arriva dritta e immediata.
Per il passato, quando il capo del governo intervenne sulle ferie troppo lunghe dei giudici, e forse per il presente, visto che ripete a ogni piè sospinto che le sentenze tardano troppo ad arrivare.
«Noi lavoriamo tanto, e lavoriamo bene», insiste Davigo, riscuotendo l’applauso delle toghe che hanno deciso di eleggerlo a loro rappresentante anche per fronteggiare meglio la nuova tensione che s’è creata con il potere esecutivo.
E riferendosi al «Brrrr… che paura» con cui il presidente del Consiglio ribattè alla protesta dell’Anm sul taglio unilaterale delle vacanze, un anno e mezzo fa, dice: «Non mi è piaciuto per niente».
Poi spiega: «Noi rivendichiamo meriti e invochiamo rispetto da parte di tutti. Prima di fare il magistrato ho lavorato in Confindustria e mi occupavo di relazioni sindacali; non ho mai visto un datore di lavoro che decide la riduzione delle ferie senza consultare la controparte».
Ma da allora le questioni sul tavolo sono aumentate, con nuove emergenze. Dopo l’inchiesta di Potenza si ricomincia a parlare di riforma delle intercettazioni: «Siamo alle solite, si pensa di curare la malattia cambiando il termometro. Non mi pare un buon sistema…».
Stavolta, però, il mirino non pare puntato sull’uso delle microspie da parte della magistratura, bensì sulla pubblicazione delle colloqui registrati sui giornali.
Risposta del nuovo leader dell’Anm: «Se nelle intercettazioni pubblicate non c’è attinenza con i reati, o i fatti riportati non sono veri, c’è già la legge sulla diffamazione che si può applicare, quindi non vedo dove sia il problema. Certo però che se i fatti sono attinenti e di interesse pubblico, come i personaggi coinvolti, allora è un altro discorso. Come si può pretendere che non se ne parli?».
L’indagine di Potenza ha portato alla ribalta il reato di «traffico d’influenze», varato nel 2012, e c’è già chi lo contesta.
Ma per Davigo quella riforma è stata fatta tardi e male: «Sarebbe bastato aggiungere al millantato credito, punito con una pena fino a 5 anni di carcere, il “vantato credito”, seguendo le indicazioni della giurisprudenza. Invece che hanno fatto? Hanno introdotto il nuovo reato per chi non millanta ma favorisce realmente qualcuno in cambio di utilità , punendolo con la pena fino a 3 anni, cioè meno di chi millanta. Dov’è la logica?».
Nelle sue reazioni il premier Renzi ha difeso l’autonomia del Parlamento nel fare le leggi, mettendosi a disposizione dei magistrati per rivendicare gli emendamenti governativi finiti negli accertamenti dei pubblici ministeri lucani.
Anche questa, per Davigo, è una forzatura: «Nessuno si è mai sognato di mettere in discussione il potere legislativo. Il problema è se emergono elementi che fanno sospettare qualcosa di illecito nell’ iter di formazione di certe leggi».
In quei casi, per Davigo, è giusto indagare. Ma pure su questo c’è chi ha da ridire: non piacciono i magistrati alla ricerca dei reati.
Il neo-presidente delle toghe risponde con una battuta: «Se i reati spuntassero come le margherite nei prati il nostro lavoro sarebbe molto più semplice…».
Insomma, l’antifona è chiara: l’ex pm di Mani Pulite è pronto a rispondere colpo su colpo. E sulla comunicazione confida molto, esplicitando una filosofia quasi renziana: «È essenziale farsi capire. Dicono che dovremmo parlare solo con le sentenze, che spesso sono illeggibili per necessità tecniche. Invece noi dobbiamo essere chiari, con frasi brevi e semplici, per spiegare ciò che altrimenti resterebbe incomprensibile».
Nè sembra impressionato da una nuova stagione di scontro tra politica e magistratura: «Una volta, in una trasmissione televisiva, mi fu chiesto come si poteva fare per mettere fine al conflitto tra politica e giustizia. Risposi che la soluzione si troverebbe facilmente se i politici smettessero di rubare».
E davanti ai suoi colleghi, quasi a illustrazione del programma che intende perseguire nell’anno in cui guiderà l’Anm, afferma: «Non esistono governi amici nè governi nemici. Noi dobbiamo tutelare la giurisdizione. Che ci siano dialettica e anche momenti di tensione è pressochè inevitabile. Del resto, come disse Lord Byron (poeta e politico inglese di inizio 800, ndr ) esistono i Paesi in cui le decisioni della magistratura incontrano i favori dei governi, ma non sono i Paesi in cui si vorrebbe vivere».
Giovanni Bianconi
(da “Il Corriere della Sera”)
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