Settembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
C’E’ UN POPOLO DI SOGNATORI CHE E’ COSTRETTO AD NON ARRENDERSI MAI
Ci sono delle volte che le parole di un uomo sono la sua vita, ma anche la nostra. Samir, egiziano, tra i
20 e i 25 anni, le ha lasciate in una lettera sigillata per il suo amore.
Se l’era messa al collo come una reliquia, nel lungo viaggio alla ricerca della sua speranza.
Samir viaggiava dal Sud della Terra al miraggio dell’Europa, assieme a tutti quelli come lui che sognano di scappare dalla loro vita: «Mio adorato amore, per favore non morire, io ce l’ho quasi fatta… Domani mi imbarco per l’Italia… Se leggerai questa lettera, io sarò salvo e noi avremo un futuro. Ti amo, tuo per sempre. Samir».
Ma Samir è uno dei cadaveri che ci ha portato il mare, uno dei mille e mille corpi senza respiro che affiorano fra i resti di barconi malandati squassati dalle onde, uno di quelli che stiamo a raccontare tutte le volte senza sapere niente delle cose che ci devono dire.
Quella lettera, però, è rimasta viva, adottata dal popolo dei social network, passata di bacheca in bacheca nella piazza di Facebook, come se l’avessimo scritta anche noi, come se Samir avesse vissuto per lei, per vergare queste parole e mandarle nel mare. Un giorno arriverà all’amore di Samir, la leggerà su una pagina qualsiasi, o forse gliela racconteranno: «Mio adorato amore, dopo mesi e giorni di viaggio sono arrivato in Libia. Domani mi imbarco. Che Allah mi protegga. Quello che ho fatto, l’ho fatto per sopravvivere. Se mi salverò, ti prometto che farò tutto quello che mi è possibile per trovare un lavoro e farti venire in Europa da me».
Quando la leggerà , questa lettera portata dal mare di Facebook, porterà altro dolore e un’altra sconfitta, perchè l’amore e la speranza sono cicatrici sulla pelle degli ultimi.
Adesso, a scorrere tutte queste parole che sono rimaste fra i mille e mille cadaveri dei barconi, ci rendiamo conto che c’è un popolo di sognatori che è costretto a non arrendersi mai.
Ci mandano queste parole per farci capire perchè lo fanno.
Un giornalista del «New York Times» le ha trovate addirittura scritte a mano dentro a un pacchetto di sigarette, in dialetto eritreo: «Volevo essere con te. Non osare dimenticarmi. Ti amo tantissimo e il mio desiderio è che tu non mi dimentichi mai».
Queste lettere raccontano tutto quello che abbiamo dimenticato o che non riusciamo più a vedere, lontano da noi, raccontano le cose che ci dicevano tutti i poeti, quando esistevano, che l’amore disperato è il più grande di tutti e che il mistero della vita è semplicemente la vita.
Così anche senza speranza, la lotta è ancora una speranza.
Pierangelo Sapegno
(da “La Stampa”)
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Settembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
IL VERO ARCIDUCA: “NON USI IL NOSTRO NOME”
“Dimitri Kunz, che si fa chiamare principe d’Asburgo-Lorena non appartiene al nostro casato e non è nemmeno principe”.
A sostenerlo è Sigismondo d’Asburgo-Lorena, arciduca d’Austria, erede al trono di casa Asburgo, quadrisnipote diretto di Leopoldo II di Toscana (il sovrano de Granducato di Toscana che abdicò nel 1860 ndr).
Il bel Dimitri Kunz è invece salito agli onori delle cronache mondane per essere il nuovo “compagno” di Daniela Santanchè, mano nella mano sul red carpet dell’ultimo Festival di Venezia, e sotto la didascalia “principe d’Asburgo-Lorena”.
“Il punto è che non lo abbiamo trovato in nessun ramo dell’albero genealogico della nostra famiglia, primariamente in quello toscano”, spiega Sigismondo dalla sua casa svizzera.
A quanto pare tra principi e duchi gli Asburgo in Toscana si conoscono tutti, e il signor Dimitri, come il fratello Soldano, e l’oramai ex moglie sposata nel 2002 Patrizia, non hanno una discendenza diretta con il prestigioso casato.
“Alcuni anni fa mi hanno chiamato a Forte dei Marmi per donarmi la cittadinanza onoraria. Arrivato lì qualcuno mi ha detto che già altri Asburgo-Lorena frequentavano la Capannina, una certa Patrizia e un certo Dimitri”, continua Sigismondo.
“Sono rimasto di sasso. Anche perchè quell’informazione si è aggiunta ad un’altra precedente in cui mi era stato detto che a Firenze c’era il proprietario del ristorante “La Giostra” che si faceva chiamare anche lui Asburgo-Lorena. Io non conoscevo nessuno di questi signori e di solito gli Asburgo non vanno a mostrarsi molto in pubblico mostrando il proprio blasone. Per questo ho cercato la loro discendenza per capire da dove derivasse, ma non l’ho trovata”.
Così se Patrizia, l’ex moglie di Dimitri Kunz, definita per anni principessa su settimanali e riviste, non vuole sentir parlare di titoli nobiliari (“Io non ne so nulla di alberi genealogici, chiedete ai diretti interessati”), è Dimitri a diradare le nebbie della querelle aristocratica.
“I miei estratti di nascita parlano chiaro. E’ un dato assodato tramandato da mio nonno, a mio padre e infine a me. A livello genealogico però non sono mai andato a fare una ricerca diretta”, commenta al FQMagazine, l’aitante “principe” toscano.
“Con questo non contesto quanto detto da Sigismondo, anzi non ho niente da obiettare o pretendere dall’arciduca. Sono consapevole di non provenire da un ramo diretto della famiglia. In casa mia, se non ricordo male, si è sempre raccontato che il riconoscimento d’Asburgo-Lorena proveniva tramite femmina, quindi non attraverso la linea genealogica maschile. Non voglio entrare nel merito, appunto, perchè non l’ho verificato, e non voglio essere impreciso”.
“Probabile che un Kunz nel passato si sia sposato con qualche duchessa e ne abbia preso il nome, dato comunque che non riusciamo a rintracciare nel Genealogisches Handbuch des Adels come in altri libri dove sono registrati ufficialmente tutti i nostri discendenti. Ma ripeto se anche così fosse non può esserci titolo nè nobiliare del casato assegnato al signor Dimitri, nè tantomeno il titolo di principe. Se una donna Asburgo-Lorena si sposa con un signore qualunque lei rimane sì altezza reale ma non passa il titolo ai figli”, precisa Sigismondo.
Il 50enne erede al trono d’Asburgo, programmatore informatico oggi occupato nel campo immobiliare, conclude con un richiamo “amichevole” al Kunz: “Recentemente ho dovuto registrare il copyright di casa Asburgo, cioè gli ordini dinastici di santo Stefano e san Giuseppe, perchè venivano usati come logotipi irregolarmente. Non è assolutamente il caso dei Kunz. Anche se a il signor Dimitri chiedo semplicemente di non utilizzare il nostro nome. Ad esempio quando i giornali lo scrivono, lui dovrebbe dire che non è Asburgo-Lorena e l’equivoco finirebbe. ”
Davide Turrini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
L’ATTUALE COORDINATORE REGIONALE DI FORZA ITALIA COINVOLTO NEL FALLIMENTO DELLA SEPT ITALIA
L’ex presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci (Fi), è stato condannato a 2 anni e sei mesi
nel processo per il crac della Sept Italia, società specializzata nella produzione di vernici con sede a Cagliari fallita nel 2010.
Assieme a lui è stato condannato anche il sindaco di Carloforte, Marco Simeone: i giudici del tribunale del capoluogo sardo gli hanno inflitto 9 anni di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Alla lettura della sentenza Simeone è stato colto da un leggero malore.
Il pm Giangiacomo Pilia , durante la requisitoria, aveva chiesto tre anni e mezzo di reclusione per Cappellacci e otto anni per Simeone.
Il magistrato che ha sostenuto l’accusa ha chiesto la condanna per tutti i 13 imputati accusati di bancarotta.
L’attuale coordinatore regionale di Forza Italia, di professione commercialista era finito nell’inchiesta sulla presunta bancarotta dell’azienda con sede a Cagliari e stabilimento a Quartu Sant’Elena, specializzata nella produzione di vernici per l’industria, perchè alla fine del 2001, in qualità di consigliere delegato, avrebbe avallato l’acquisto di una società dello stesso Simeone.
Facevano tutti parte o del consiglio d’amministrazione o del collegio dei sindaci della società fallita, con un buco di oltre 10 milioni di euro.
Il sindaco Simeone era finito in carcere nell’ottobre del 2012, liberato dopo dieci mesi di custodia cautelare e altri cinque ai domiciliari.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
AMINA SPIEGA COME SI E’ INNAMORATA DI LUI
L’amore, si sa, è cieco. O, almeno, altera la capacità di giudizio, rende la vita più rosa. È successo a tutti di sentirsi “confusi e felici” – come cantava Carmen Consoli – a causa di un innamoramento, ed è capito anche ad Amina Fiorillo, 35 anni fa, quando ha conosciuto il futuro marito, Maurizio Gasparri.
E nelle ultime ore, interpellata dal programma La Zanzara di Radio 24, ha spiegato cosa di lui l’ha conquistata: “Somigliava ad Al Pacino”…
“Ma 35 anni fa” specifica subito dopo la donna.
Il tutto durante una puntata radiofonica in cui il politico forzista veniva intervistato in collegamento telefonico da Cruciani e Parenzo.
Ad un certo punto, però, Gasparri decide di far parlare direttamente la moglie – che si trovava vicino a lui -, per farla testimoniare sulla sua prestanza fisica in gioventù.
La domanda dei conduttori de La Zanzara si collegava ad una precedente dichiarazione di Amina, che nel 2011, ospite del programma Un Giorno da Pecora su Radio2, aveva paragonato la bellezza del marito a quella del famoso divo di Hollywood.
Una affermazione confermata anche stavolta e senza esitazioni.
La donna, poi, ha voluto difendere il consorte pure da chi lo ha paragonato ad Alvaro Vitali – il Pierino del cinema italiano -, forse per quel suo sguardo un po’ perso e per i tratti fisiognomici. “Alvaro Vitali lo auguro a qualcun altro” è la risposta secca della Fiorillo, che poi dice di rispettare comunque il personaggio ormai cult della commedia all’italiana.
Ma non è stata solo la bellezza del giovane Maurizio a colpire Amina, che evidentemente è stata conquistata anche dalla sua cultura: “Mio marito è affascinante. È una persona di spessore, sa tantissime cose, riesce ad affrontare qualsiasi argomento.”
Con queste dichiarazioni la donna ha voluto mettere la parola fine sulle tante polemiche sorte negli anni intorno al marito, spesso preso in giro anche per le sue uscite poco felici su Twitter.
Perchè Gasparri in realtà non è incolto, è che lo disegnano così…
(da “Huffingtonpost“)
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Settembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
“UNA NUOVA GRAVE CRISI ECONOMICA METTERA’ IN PERICOLO LE DEMOCRAZIE”
“Se vincesse il no, Renzi dovrebbe dimettersi il giorno dopo. Anche se non credo che lascerà la
politica. E per fortuna, perchè ha dimostrato di avere energia e qualità “.
Lo dice Carlo De Benedetti in un’intervista al Corriere della sera, confermando il suo No al referendum se non ci saranno modifiche all’Italicum.
“Berlusconi – aggiunge – aspetta col cappello in mano. Comunque finisca il referendum, ci guadagna: anche se vince il Sì Renzi avrà bisogno di lui. La scelta di Parisi si spiega così. Insieme, Renzi e Parisi si accorderanno, ridimensionando la sinistra e restituendo Salvini alle valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza. Di sicuro per combattere i populismi appare inevitabile che al partito di Renzi si sommino una parte dei voti e dell’apparato del centrodestra”.
L’Ingegnere poi sostiene che “siamo alla vigilia di una nuova, grave crisi economica. Che aggraverà il pericolo della fine delle democrazie, così come le abbiamo conosciute”.
Secondo De Benedetti “l’Occidente è a una svolta storica: è in gioco la sopravvivenza della democrazia, anche a causa della situazione economica e finanziaria. La globalizzazione, di cui tutti noi, e mi ci metto anch’io, eravamo acriticamente entusiasti e ci siamo affrettati a raccogliere i frutti, ha creato una deflazione che ha ridotto i salari della media di tutti i lavoratori del mondo, e ha accresciuto le ingiustizie sociali sino a renderle insopportabili. Si sta verificando la previsione di Larry Summers, l’ex segretario al Tesoro di Clinton: una stagnazione secolare”.
Per l’imprenditore, non sono serviti gli interventi negli anni della Bce e della Fed: “Le banche centrali hanno tentato di cambiare mestiere: dopo cinquant’anni in cui il grande nemico era l’inflazione, hanno combattuto la deflazione secondo le vecchie teorie, creando moneta. Ma così hanno costruito una trappola. Hanno immesso sul mercato trilioni di dollari, una cifra inimmaginabile e incalcolabile. Non ci sono più titoli da comprare. Ma questo – aggiunge De Benedetti al Corsera – oltre a mettere in ginocchio il settore bancario, non ci ha fatto uscire dalla stagnazione e dalla deflazione”.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
L’AVV. SCIULLO ERA ANCHE IL DIFENSORE DELL’EX DG DELL’AMA, COINVOLTO IN MAFIA CAPITALE
La situazione era troppo imbarazzante: lo stesso legale per l’ex potente direttore generale Ama Giovanni Fiscon, imputato per Mafia Capitale, e l’attuale assessora all’ambiente Paola Muraro, ex consulente Ama ai tempi di Fiscon, indagata dalla procura di Roma per reati ambientali abuso d’ufficio.
E infatti, stamattina, l’avvocato Salvatore Sciullo ha rimesso il mandato nei confronti della tanto discussa assessora per l’evidente incompatibilità con l’altro cliente.
La Muraro era consulente dell’Ama guidata da Franco Panzironi e Giovanni Fiscon, entrambi coinvolti in Mafia Capitale.
Il suo rapporto con Fiscon era talmente stretto che l’assessora rientra addirittura nei testi a suo favore.
In alcune telefonate al boss delle cooperative Salvatore Buzzi era inoltre disponibile a offrirgli informazioni per conto di Fiscon.
Elementi che vanno riesaminati per capire il vero ruolo dell’assessora all’Ama, quello più di una dirigente che di una semplice consulente.
Edoardo Izzo
(da “La Stampa”)
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Settembre 28th, 2016 Riccardo Fucile
LA MOSSA REFERENDARIA PER CONQUISTARE L’ELETTORATO MODERATO: REALIZZARE QUELLO CHE SILVIO AVEVA FATTO SOGNARE
Il Ponte sull’elettorato moderato si materializza sul palco della Triennale di Milano, dove si celebrano
i centodieci anni della Salini Impregilo.
Matteo Renzi, promette il Ponte sullo Stretto (di Messina): “Noi — scandisce – siamo pronti, abbiamo dimostrato che poche cose ci fanno paura. Se voi siete in grado di portare le carte e sistemare ciò che è fermo da dieci anni, noi lo sblocchiamo”.
Un anno fa, presentando il libro di Bruno Vespa, grande notaio, ai bei tempi, del contratto con gli italiani di Silvio Berlusconi, il premier aveva detto: “Investiamo — dice Matteo Renzi – 2 miliardi nei prossimi cinque anni in Sicilia per le strade e le ferrovie. E poi faremo anche il Ponte, portando l’alta velocità finalmente anche in Sicilia e investendo su Reggio Calabria, che è una città chiave per il sud”.
Oggi, dopo una performance televisiva da Del Debbio sulle reti Mediaset, con tanto di lavagna e assunzione d’impegno solenne, va oltre e assicura che l’opera porterà “100mila posti di lavoro”.
Luigi Crespi, l’uomo del contratto con gli italiani nel 2001, la vede così: “Renzi si presenta come un Berlusconi ripulito. Lo schema è semplice: lui realizza quello che Berlusconi ha fatto sognare. E aggredisce l’elettorato disorientato che fu di Forza Italia”.
L’elettorato cosiddetto moderato, soprattutto del Sud, è diventato il terreno di conquista, in vista del referendum, dopo che a palazzo Chigi è arrivato un sondaggio che indica proprio nel Mezzogiorno i punti di maggiore sofferenza del sì. E non a caso, nei giorni scorsi, il premier ha annunciato anche il G7 economico proprio a Bari e quello politico a Taormina.
Chissà . Sostiene Alessandra Ghisleri, infallibile sondaggista del Cavaliere: “È evidente che Renzi sta seguendo una sua liturgia che sembra quasi coincidere con quella del passato. L’incontro scontro con Travaglio dalla Gruber evoca quello di Berlusconi, con tutte le differenze di ascolti, pathos, immedesimazione. Poi la lavagna da Del Debbio con la firma su un documento di impegni che evoca il contratto con gli italiani. Ora un ulteriore passaggio”.
Il ponte, appunto. Opera assai divisiva.
Anche nel governo, col ministro Delrio non è mai stato un entusiasta del tema. Senza parole, invece la sinistra, perchè l’opposizione all’opera faraonica sinonimo, in un paese come l’Italia, di puro business è sempre stata un cavallo di battaglia del Pci, Pds, Ds, e anche Pd.
Basita ancor di più dopo che il governo Monti escogitò l’annullamento del contratto con Eurolink per decreto, mossa che ha aperto la strada al contenzioso pilotato dal numero uno di Impregilo Pietro Salini.
Una fonte di governo dice, a microfoni spenti: “Renzi aveva di fronte due strade. O chiedere all’Anticorruzione di Cantone che chissà come mai si occupa di tutto tranne che dello stretto di andare a vedere come si è creato un immane debito per lo Stato o riaprire il dialogo con Salini”.
Il premier ha scelto la seconda, riaprendolo informalmente negli ultimi mesi: “Allora — racconta Crespi – facemmo questo ragionamento. Il primo a ipotizzare il Ponte era stato Carlo magno, ma sono passati mille anni e nessuno ci è riuscito, nemmeno Craxi che ci ha provato, dicemmo: facciamolo così si passa alla storia. Chi lo fa passa alla storia più di Carlo Magno”. E chissà se è un caso che l’annuncio in pompa magna avviene proprio nel day after della data del referendum, nel primo giorno “formale” di campagna elettorale.
Il risultato della “liturgia” è tutt’altro capitolo della storia. “I tempi — prosegue la Ghisleri — e con essi il come si orienta il voto moderato sono diversi. Oggi, più delle grandi cose per le grandi imprese, si cercano i motori per far ripartire il tessuto delle piccole e medie imprese, con cose tempestive e dirette, meno celebrate. La modalità della comunicazione non può essere dissociata dal momento in cui sei immerso”.
Il primo decreto del governo Berlusconi sul Ponte è del 2002.
Sono passati 14 anni.
(da “Huffingtonpost”)
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