Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
A SAN BASILIO VA IN SCENA IL TEATRINO DEGLI INFAMI CON LA REGIA DEI CLAN: “NON VOGLIAMO NEGRI, SOLO ITALIANI”… BAMBINI IN LACRIME COSTRETTI A LASCIARE LA CASA… LE ASSEGNAZIONI LEGALI NON RENDONO AI MAFIOSI
Lavorano in Italia, pagano le tasse, hanno messo al mondo bambini qui nel nostro paese e
legittimamente hanno fatto richiesta per ottenere una casa popolare.
Da tempo era stata loro assegnata, ma l’immobile a loro destinato era occupato.
Nei giorni scorsi lo sgombero ed oggi si doveva procedere all’assegnazione.
A San Basilio però oggi è andata in scena una squallida pagina di razzismo.
Gli abitanti di via Filottramo hanno infatti impedito l’ingresso nel palazzo Ater ad una famiglia marocchino.
L’hanno fatto con vere e proprie bariccate, riempiendo di insulti padre, madre e tre bambini, di uno, quattro e sette anni costretti a rinunciare in lacrime a quella che, a tutti gli effetti, è la loro casa.
Una vera e propria rivolta quella andata in scena nel cuore di San Basilio, tra i palazzoni Ater. Qui, in via Filottrano, oggi si doveva procedere alla consegna di un appartamento alla famiglia assegnataria.
Gli abitanti dei palazzoni sono però scesi in strada a decine, presidiando l’accesso del civico 15, al fine di evitare che la famiglia assegnataria prendesse possesso dell appartamento. “Non vogliamo negri nè stranieri qui, ma soltanto italiani”. “Tornate a casa con il gommone”.
Le motivazioni razziste, addotte dai partecipanti al cordone, non sono sfuggite ai caschi bianchi del Gruppo Sicurezza Pubblica Emergenziale e Gruppo Tiburtino, del Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale, coordinati dal Comandante Antonio Di Maggio.
Ma dietro la motivazione razzista in realtà si cela il business delle occupazioni abusive: organizzazioni che mal digeriscono il ripristinarsi della legalità nei palazzi alveare che considerano veri e propri feudi.
Anche per questo gli agenti erano pronti a “forzare” il blocco imposto dai manifestanti.
A far desistere dall’intento la decisione da parte della famiglia nordafricana di rinunciare a quella casa.
In lacrime i bambini, hanno spinto papà e mammà ad andare via.
I manifestanti sono stati identificati dagli agenti e sono indagati per violazione della legge Mancino.
(da “Roma Today”)
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Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
CESA E CASINI CONTRARI A NUOVE ELEZIONI, MEGLIO CONSERVARE LA POLTRONA FINO A CHE SI PUO’
Nuove e fantasmagoriche notizie arrivano dall’universo dell’infinitamente piccolo. Dopo la scissione dell’atomo, infatti, l’UDC parrebbe intenzionata a lasciare NCD e Area Popolare: “Il risultato del referendum non e’ ascrivibile a categorie politiche precise. Nessuno può attribuirsi un risultato: nè i vincitori, nè gli sconfitti. L’esito del 4 dicembre è la reazione di una società stanca, smarrita e priva di riferimenti certi. Per questo l’idea di far precipitare il Paese verso il voto appare più il segno di una reazione emotiva alla sconfitta che un disegno politico utile all’Italia”, affermano infatti in una nota congiunta i parlamentari dell’Udc insieme al segretario nazionale del partito, Lorenzo Cesa.
“Su questo punto si segna l’ultima differenza nei confronti di Alfano che, da tempo, ha trasformato in sudditanza nei confronti di Renzi quella che per noi è stata ed è un’alleanza leale con il Pd. L’esperienza di Area Popolare, forse mai decollata, si conclude qui — prosegue la nota, bontà sua -: con lo scioglimento dei gruppi e la ripresa di autonome presenze parlamentari. In questo momento riteniamo che, in primo luogo, spetti al presidente Mattarella definire percorsi e prospettive. Ci limitiamo a considerare che dopo il referendum il Paese ha bisogno con urgenza di una messa in sicurezza sociale, intervenendo sulla povertà che come sostiene l’Istat oggi colpisce un italiano su tre; di interventi sul sistema creditizio a tutela dei risparmiatori e di una nuova legge elettorale a base proporzionale votata dal Parlamento.”
E non ultimo c’è bisogno, al di la’ delle distinzioni sul referendum — concludono Cesa e i parlamentari UDC -, di un lavoro di ricomposizione specie all’interno dell’area del cattolicesimo popolare e di ceti medi e popolari che miri alla costruzione di un soggetto politico credibile . Per questo facciamo appello a noi stessi e a quanti, tra parlamentari e movimenti nella società civile, colgano come noi la rilevanza di questo passaggio storico”.
(da agenzie)
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Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
PRIMA: “UN OBBROBRIO”, “SOLO MUSSOLINI SI AZZARDO'”, “INCOSTITUZIONALE”, “ANTIDEMOCRATICO”…. ORA: “VOTIAMO CON L’ITALICUM ANCHE AL SENATO”… MA NON SONO LORO CHE RAGIONANO PER IL BENE DEL PAESE E MAI PER CONVENIENZA?
L’Italicum è un obbrobrio. Solo Mussolini osò tanto. E poi è incostituzionale. Antidemocratico. Va
cancellato assolutamente. Anzi no, facciamone due e votiamo con l’Italicum anche al Senato.
La giravolta politica del MoVimento 5 Stelle è completata oggi, dopo che ieri Matteo Renzi aveva detto alle opposizioni che spettava a loro la proposta sulla legge elettorale.
E allora eccoli, Vito Crimi e Danilo Toninelli, che sul blog di Beppe Grillo rinnegano tutto quanto avevano affermato in questi anni a proposito della legge elettorale e spiegano che si può votare con l’Italicum anche al Senato.
«Ora ci troviamo con due leggi elettorali tra Camera e Senato molto diverse. Alla Camera è l’Italicum. La nostra soluzione è applicare la stessa legge al Senato su base regionale. È sufficiente aggiungere alcune righe di testo alla legge attuale per farlo e portarla in Parlamento per l’approvazione. Stiamo lavorando alla bozza che presenteremo in questi giorni. La legge recepirà in automatico le indicazioni della Consulta che si pronuncerà a breve. Dopo di che avremo una legge elettorale costituzionale pronta all’uso evitando mesi di discussioni e mercato delle vacche dei partiti. La nostra soluzione e l’azione di controllo della consulta garantiscono l’approvazione di una legge costituzionale e al di sopra delle parti».
A parte che sembra francamente curioso sostenere che la soluzione 5 Stelle garantisca l’approvazione di una legge al di sopra delle parti quando i 5 Stelle sono una delle parti in causa.
Ma, a parte questo, è interessante che i 5 Stelle non si preoccupino in alcun modo di proporre modifiche a una legge (quella per l’elezione della Camera dei deputati) che fino a ieri vedevano come il diavolo e dopo aver chiesto il 20 settembre scorso il ritorno del proporzionale.
Ma soprattutto: l’Italicum è sub iudice da parte della Corte Costituzionale che potrebbe bocciarlo come ha già fatto per il Porcellum. Il capolavoro del Pd sarebbe in tal caso proporre la stessa legge elettorale proposta dal M5S contro l’Italicum. Dato però che si tratterebbe di un’idea geniale, c’è da dubitare che andrà così.
Senza contare che il M5S nel 2014 presentò in pompa magna la sua legge elettorale “dei cittadini”: «discussa e votata online da decine di migliaia di persone. 8 votazioni, oltre 220 mila voti, e tanti punti importanti decisi da noi: il sistema proporzionale, collegi intermedi, soglia di sbarramento, preferenze e preferenze negative».
Adesso però preferiscono l’Italicum di Renzi.
Che strana la politica.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
LO STIMATO ASSESSORE ALL’URBANISTICA VUOLE DARE L’OK SOLO AL NUOVO STADIO DELLA ROMA, NON AI 650.000 MC DI TRE GRATTACIELI DEL BUSINESS PARK
Virginia Raggi vuole mettere alla porta l’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini, ritirando le deleghe.
Secondo i rumors che arrivano da Palazzo Senatorio, si allontana dalla Giunta Raggi il meno politico di tutti, che per qualcuno tra i fedelissimi del sindaco di Roma è un “corpo estraneo” rispetto a tutto il resto della squadra.
Durante una riunione top secret tra il primo cittadino, il suo vice Daniele Frongia con delega allo sport e i più stretti collaboratori sarebbe stato deciso di mandare un segnale a Berdini, una sorta di ultimatum.
Il problema riguarda le posizioni divergenti tra l’assessore e il ‘raggio magico’ sullo Stadio della As Roma.
Il primo vuole rivedere il progetto invece ai 5 Stelle, Frongia in testa, andrebbe bene così.
Berdini vuol far costruire solo ed esclusivamente lo stadio, come tra l’altro previsto dal Piano regolatore: sì ai 350mila metri cubi e no ai 650mila metri cubi dei tre grattacieli del business park progettati dall’archistar Daniel Libeskind.
In audizione in Consiglio regionale, poche settimane fa, l’assessore aveva sottolineato che “nel progetto attuale ci sono costi per 220 milioni di euro che non servono alla città ma solo al privato. Se li togliamo torniamo in conformità del piano regolatore”.
C’è invece un fronte interno ai 5 Stelle che fa capo al vicesindaco Daniele Frongia che vorrebbe una negoziazione secondo la proposta della società As Roma che ha offerto una riduzione delle cubature proporzionale per tutte e tre le torri, ma senza stravolgere il progetto che è ora in discussione alla conferenza dei servizi in Regione.
Berdini invece vorrebbe cambiare il progetto costruendo soltanto la studio e in caso questo bisognerebbe ricominciare l’iter d’approvazione con annesse polemiche interne ed esterne al Movimento.
A conferma di ciò arrivano le parole di un consigliere comunale Angelo Diario: “Che ci sia un malcontento” nei confronti di Berdini “è risaputo”.
Ma l’assessore, dal canto suo, fa sapere di essere regolarmente al lavoro.
Ma non erano i grillini i nemici dei palazzinari?
(da agenzie)
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Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
E QUESTO SAREBBE IL CAPOGRUPPO DELLA RAGGI IN COMUNE, NEANCHE CONOSCE LA FERROVIA URBANA… E NON SA NEPPURE CHI E’ L’ASSESSORE ALLA MOBILITA’
Confuso il capogruppo 5 stelle in Campidoglio, Paolo Ferrara. 
A Radio Cusano Campus parla della Roma-Lido e sembra quasi non conoscere la ferrovia urbana che collega Ostia alla stazione Ostiense.
“Stiamo lavorando con l’assessore alla mobilità Enrico Stefano (lapsus perchè è il presidente della commissione mobilità , l’assessore è Linda Meleo) – dice – per intensificare il numero di corse e riorganizzarle. Ci stiamo impegnando anche nel discorso riguardante la Roma-Lido che porta all’ incirca 90 mila persone l’anno su cui c’ è un investimento importante da parte della regione Lazio”.
L’investimento della Regione c’è, ma i passeggeri sono circa 50 mila al giorno, quasi quanti Ferrara pensa siano all’anno. L’infernale tratta della Roma-Lido trasporta circa 18 milioni di pendolari in un anno.
Sempre nel corso dell’intervista spiega che “la zona di Ostia è un territorio che si presta all’ uso delle biciclette e si stanno stanziando fondi per costruire la rete ciclabile e collegarla dal lungomare fino all’ entroterra. Stiamo pensando anche ad una linea passante sul Tevere nell’ area navigabile”.
Forse gira troppo in triciclo per conoscere i problemi dei pendolari…
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
I COMMENTI SARCASTICI: “LA PROSSIMA VOLTA SCENDI DAL SELLINO E PORTA LA BICI A MANO, COSI’ NON TI FANNO LA MULTA”
Lei non sa chi sono io.
Enrico Stefà no, consigliere del MoVimento 5 Stelle a Roma e presidente della Commissione Mobilità , racconta su Facebook di essere stato multato dai vigili di Roma.
La storia l’ha raccontata lui stesso su Facebook:
Il bello di vivere a Roma è che questa città non ti sorprende mai, ogni giorno pensi di aver toccato il fondo e invece ogni giorno ti devi ricredere. Mi sono da poco beccato una bella sanzione amministrativa elevata da un funzionario del Corpo della Polizia Locale. Per quale motivo direte voi? Purtroppo sono entrato dall’ingresso carrabile “riservato” alla Polizia Locale in bicicletta, dentro la sede di Circonvallazione Ostiense per andare in commissione Ambiente.
Nei commenti qualcuno gli fa notare l’ovvio: «Eh ma la bici è un mezzo. Il suo uso è regolamentato nel Codice della strada. Se contravvieni ad esso è giusto che sanzionino. La bici non è un passepartout per la viabilità . Non ci rende intoccabili dalla legge. Le regole esistono e sono per tutti».
Oppure: «Che amarezza… un post del genere da uno che si occupa di mobilità a Roma e che fa polemica perchè s’è preso ‘na multa giusta. La prossima volta scendi dal sellino e porti la bici a mano, così non ti fanno la multa. Oppure fai il giro. Pensiamo a mandare i vigili a fare una marea di multe con lo street control invece di lamentarci di questo. Che sta città è una fogna e sono sei mesi che avete vinto e ancora non si vede uno straccio di miglioramento».
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
RENZI SFIDA LE OPPOSIZIONI, FORZA ITALIA ORA PROVA A FRENARE, LA MINORANZA PD SPIAZZATA, LEGA E FDI VERSO IL SUICIDIO
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha chiesto a Matteo Renzi di “soprassedere alle
dimissioni per presentarle” dopo l’approvazione della legge di Bilancio.
Matteo Renzi ha dunque confermato l’addio in consiglio dei ministri, ma le sue dimissioni arriveranno solo dopo l’approvazione della manovra di Stabilità . “Lo faccio per senso di responsabilità – ha fatto sapere il premier – e per evitare l’esercizio provvisorio”.
Ma contestualmente si delinea la strategia di Renzi: nessun ritorno a casa, contrattacco immediato perchè avra’ pur perso il referendum, ma il 41% degli italiani ha dato fiducia a lui, non al Pd spaccato.
Mentre il bottino dei vincitori, il 59% del No, in caso di elezioni va ripartito tra più di 6 partiti.
E ad avallare la strategia del “voto subito” che Renzi ipotizza a febbraio, ecco il controcanto del ministro degli Interni Alfano: secondo il quale “il fine legislatura è più vicino di quanto si pensi” e a Porta a Porta ha annunciato che la data delle elezioni potrebbe cadere “non in primavera, ma in inverno, a febbraio 2017”.
“Fare un governo dopo questo esecutivo – ha argomentato – è molto difficile”.
Quanto alla legge elettorale con cui votare nel febbraio 2017, secondo Alfano “c’è il consultellum al Senato e l’Italicum alla Camera, e se il presidente della Repubblica lo riterrà , si andrà a votare così. E se la Corte Costituzionale interverrà in tempo, ci sarà un consultellum al Senato e un consultellum alla Camera”.
Questo indubbio colpo da leader di Renzi spiazza tutti: in primis la minoranza interna Pd che già “lavorava” a un proprio uomo a palazzo Chigi per poi votare nel 2018 e ora è costretta a decidere da che parte stare, ma anche Berlusconi che già aveva frenato sulle elezioni anticipate, proponendo un passaggio tecnico intermedio.
Ma la mossa toglie argomenti anche al M5S, ancora impreparato a giocarsi la carta premier, per non parlare di un centrodestra che non ha neppure un leader riconosciuto da tutte le componenti.
Chi rischia di più sono Salvini e Meloni che andrebbero incontro alla dimostrazione della loro ininfluenza, perchè un conto è chiedere sempre le elezioni, altra cosa è vincerle.
Quanti sarebbero gli elettori di centrodestra che potrebbero “slittare” verso Renzi o verso il M5S quando è evidente che non vale pena votare per chi è destinato solo al terzo posto?
Solo la minoranza Pd potrebbe cercare di bloccare il piano di Renzi, ma poi con che faccia si presenterebbe la proprio elettorato?
Insomma, una bella trappola per tutti.
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Dicembre 6th, 2016 Riccardo Fucile
COME AVEVAMO PREVISTO: RENZI ALL’ATTACCO, FORTE DEL CONSENSO RICEVUTO, NON FA SCONTI A NESSUNO, VUOLE LE ELEZIONI A FEBBRAIO
Folle idea, rilancio immediato, contropiede costruito sul 40 per cento del Sì per giocarsi l’ennesima partita della vita.
Il disegno prende corpo in un vertice del Pd a Palazzo Chigi.
Intorno al tavolo Matteo Renzi, Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Maurizio Martina e Matteo Orfini. L’asse sinistra-renziani doc.
Sono i sostenitori delle elezioni anticipate, della ripartenza volante sulla base dei 13 milioni di italiani fedeli alla riforma.
Il premier pensa che si possa andare al voto politico “a gennaio-febbraio”. Praticamente dopodomani. Ma come? Con l’Italicum alla Camera, dopo le correzioni della Corte costituzionale, e il proporzionale con sbarramento al Senato.
“Non lascio la bandiera delle elezioni anticipate a Grillo e agli altri. Se lo facciamo il Pd è morto, fa la fine che ha fatto dopo aver appoggiato il governo Monti”, è il grido di battaglia di Renzi.
Piano azzardato, ma che il braccio destro Lotti certifica con un tweet all’arrembaggio: “Abbiamo preso il 40 per cento nel 2012 e nel 2014. Ripartiamo dal 40 per cento preso domenica “.
Il piano è definito. Sarebbe Renzi a portare il Paese al voto da presidente del Consiglio dimissionario.
Ma il Quirinale non accetterà mai un vuoto di potere lungo due mesi. Allora, Renzi potrebbe addirittura non dimettersi più, rimanere in carica poche settimane per arrivare al traguardo dell’urna.
Nessuna successione. No a governicchi, governi tecnici, men che meno un nuovo premier dem.
Sono incompatibili con l’obiettivo inquadrato nel mirino: le urne.
E i giochi nel Pd? Al suo partito, il segretario proporrà di trasformare il congresso in primarie per la premiership di centrosinistra, come quelle che incoronarono Romano Prodi nel 2005. Lui sarebbe in pista, ovviamente.
Una corsa a perdifiato piena di ostacoli e che ha già trovato un muro nel presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Ieri Renzi e il capo dello Stato si sono visti due volte. La prima di mattina per un colloquio informale dopo la pesante sconfitta referendaria della notte. La seconda nel pomeriggio.
Doveva essere l’appuntamento delle dimissioni. Dimissioni rinviate. Mattarella infatti ha chiesto al premier di concludere l’iter della legge di bilancio. “Intendo rispettare le indicazioni del capo dello Stato – spiegherà poi Renzi ai suoi collaboratori -.
Se non lo facessi sarei un bambino viziato. Appena approvata la manovra, però, me ne vado. Non so se accadrà venerdì o martedì prossimo. Dipende anche dall’atteggiamento dell’opposizione”.
Primo round al Quirinale, prima frenata. Dal Colle filtra anche la speranza che la pausa di riflessione serva al segretario a ponderare le mosse.
Renzi infatti espone al presidente della Repubblica il suo progetto. Gli fa capire che “se tutti dicono andiamo a votare il Pd non può essere l’unico partito a opporsi. Significa suicidarsi politicamente”. Mattarella è perplesso.
Non ha apprezzato il messaggio televisivo nella notte di domenica: “Chi la chiude la legge di stabilità ?”. Non è contento dell’accelerazione, chiede il contributo sostanziale del “partito che ha 400 parlamentari” a trovare la via d’uscita nell’interesse del Paese. Non è una lite, ma una strapazzata sì.
Il Quirinale, beninteso, giudica “legittima” l’ipotesi di andare subito al voto.
“Se il Pd chiede le elezioni, non saremo certo noi a organizzare ribaltoni, non metteremo all’angolo Renzi “. Mattarella tuttavia non condivide l’ipotesi di febbraio. Non vede i tempi tecnici. Va aspettata la Consulta sull’Italicum, è possibile che dopo sia necessario correggere la legge ovvero che la sentenza dei giudici non sarà autoapplicativa.
E l’idea di sciogliere le Camere è l’ultimo dei suoi pensieri. Insomma, prima della partita con cui Renzi vuole rimettersi in gioco si svolgerà un confronto vero tra il leader del Pd e il Colle.
Tocca al Pd la parola finale. Ai suoi equilibri, alla resa dei conti. Se arrivera una “sfiducia” al segretario difficile da immaginare oggi, la pallina di un incarico per Palazzo Chigi cadrà probabilmente nel campo di Dario Franceschini.
Ormai i ponti tra il premier e il ministro della Cultura sono rotti, anche se ieri ci sono state prove di dialogo.
I franceschiniani hanno portato un’offerta ai renziani. “Lasciamo che nasca un governo Franceschini. Dario tiene uniti i gruppi parlamentari e il partito. Non ha intenzione di candidarsi a premier nel 2018. Renzi fa il congresso, lo vince e si ripresenta alle elezioni “.
Questo il messaggio. In cambio, per Franceschini si dovrebbero aprire le porte della presidenza del Senato o della Camera, sempre che i dem abbiano i numeri sufficienti a rivendicarle.
La maggioranza sarebbe sempre la stessa e il titolare della Cultura ha i contatti giusti per parlare con Forza Italia della nuova legge elettorale. Può mettere in sicurezza il sistema.
Non è la strada di Renzi, che si gioca ancora una volta l’osso del collo.
“Le elezioni subito? Dipendono dal Pd. Chiederà le elezioni o chiederà altro?”, dice il premier sibillino. Una sfida in piena regola, organizzata sull’onda di una sconfitta.
La direzione è stata rinviata da oggi a domani proprio in vista di uno scontro a viso aperto. L’esito del referendum appare incontestabile: è stata soprattutto una sconfitta di Renzi.
In queste condizioni può essere lui a dare le carte con la mossa più complicata della politica italiana, cioè chiedere lo scioglimento del Parlamento?
Ecco perchè il percorso ha bisogno di altre 24 ore di tempo. È cominciato ieri con l’adesione di Orfini e Martina. Ma il Pd è sotto shock.
Parlamentari e ministri s’interrogano sul futuro, non è detto che siano disposti a seguire Renzi fino alla fine.
(da “La Repubblica“)
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