Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
THE GUARDIAN SCEGLIE IL CALCIATORE CHE A 14 ANNI FU COLPITO DA UNA GRAVE MALATTIA… UN FIGLIO DEI QUARTIERI SPAGNOLI DI NAPOLI CHE DENUNCIO’ UN TENTATIVO DI VENDERE UNA PARTITA, RINUNCIANDO A 50.000 EURO
Per il Guardian il “calciatore dell’anno” è un italiano. 
Il quotidiano inglese ha deciso di assegnare al difensore del Cagliari Fabio Pisacane il premio, alla sua prima edizione, “per la sua straordinaria determinazione a raggiungere la serie A dopo avere sofferto della sindrome di Guillain-Barrè all’età di 14 anni”, come si legge nelle motivazioni. La storia di Pisacane è definita dal Guardian di “grande ispirazione”.
Al giocatore, come è noto, fu diagnosticata da giovanissimo la grave malattia che si manifesta con una paralisi progressiva.
Pisacane trascorse tre mesi e mezzo in ospedale e per 20 giorni rimase addirittura in coma. Poi la riabilitazione, la lenta risalita, il sogno di giocare in serie A inseguito con coraggio e determinazione e infine realizzato il 18 settembre scorso.
Il tecnico del Cagliari, Massimo Rastelli, lo ha fatto debuttare nella massima serie nel match contro l’Atalanta vinto dai sardi per 3-0. E a fine partita, Pisacane non ha trattenuto l’emozione: “Scusate, non ce la faccio”, ha detto davanti ai microfoni, prima di scoppiare in lacrime.
La sua favola calcistica ha conquistato il Guardian, che nel suo lungo articolo dedicato a Pisacane ricorda anche come nel 2011, quando giocava col Lumezzane, il giocatore cresciuto nei quartieri spagnoli a Napoli rifiutò 50mila euro per alterare il risultato di una partita: un gesto premiato anche dalla Fifa con la nomina ad ambasciatore per il calcio pulito nel mondo, la stessa conferita in precedenza a Simone Farina.
Ora che è arrivato anche il riconoscimento del Guardian, Pisacane non nasconde il suo stupore: “Onestamente, niente di quello che faccio è per essere un esempio per le altre persone. Non fa parte del mio modo di essere, io sono un ragazzo semplice e umile”, sottolinea il giocatore, che riguardo la grave malattia che lo ha colpito da giovane afferma: “Ho sempre detto che la malattia non era venuta per uccidermi, altrimenti ora non sarei qui. La malattia è venuta per darmi qualcosa di buono”.
(da “Hufffingtonpost”)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
PER LA COMPAGNA DI FINI L’ACCUSA E’ DI RICICLAGGIO…. SUL SUO CONTO 739.000 EURO RICAVATI DALLA VENDITA DELL’APPARTAMENTO E GIRATI A LEI DAL FRATELLO GIANCARLO
Elisabetta Tulliani, moglie di Gianfranco Fini, è indagata per riciclaggio perchè sul suo conto Montepaschi sarebbero finiti i 793mila euro incassati per la vendita dell’ormai famigerata casa di Montecarlo in Boulevard Principesse Charlotte 14, lascito nel 1999 della contessa Colleoni in eredità alla Fondazione di Alleanza Nazionale e poi finita a Giancarlo Tulliani.
Qualche giorno fa lo stesso Fini in un’intervista al Fatto Quotidiano aveva detto di preferire di essere definito “coglione” piuttosto che corrotto.
Scrivono oggi Marco Lillo e Antonio Massari:
Il Fatto è in grado di rivelare che, secondo il pm Barbara Sargenti, i proventi della vendita di quella casa nel 2015, stavolta a un prezzo di mercato, sono in buona parte finiti sul conto corrente di Elisabetta Tulliani, transitando dal conto del fratello Giancarlo.
La Procura di Roma ha chiesto e ottenuto due settimane fa l’arresto dell’ex senatore Fi Amedeo Laboccetta, del re delle slot Francesco Corallo e indagava sul suocero e il cognato di Fini, cioè Sergio e Giancarlo Tulliani per riciclaggio.
Ora il pm Sargenti ha bloccato 520 mila euro di Giancarlo Tulliani sula rotta verso Dubai e, per motivare il sequestro, ha ricostruito nel decreto del 23 dicembre la fine della storia di Montecarlo: “L’immobile monegasco è stato rivenduto, in data 15 ottobre 2015, per un importo pari a 1.360.000 euro somma che è transitata prima sul conto corrente francese di Tulliani Giancarlo poi, è stata trasferita, in parte, al conto di Dubai e in parte al conto italiano Mps entrambi intestati a Tulliani Giancarlo”.
Non solo.
Per la pm dal conto di Giancarlo Tulliani più di metà dei soldi vanno a quello della sorella: “Il 24 novembre 2015, è addebitata la somma di 290 mila euro trasferiti al conto corrente nr. 14…, acceso presso Mps ed intestato a Tulliani Elisabetta; il 10 dicembre 2015, è addebitata la somma di 449mila euro trasferiti al conto corrente nr. 14… acceso presso Mps ed intestato a Tulliani Elisabetta”.
Insomma a casa Fini forse c’è un ‘coglione’, come si è definito l’ex segretario di An quando ha scoperto che la casa di An era finita alla Timara, riferibile alla compagna. Di certo però c’è una donna ricca: sul conto Mps intestato alla consorte di Fini sono entrati nel 2015 ben 739 mila euro.
(da agenzie)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
PER I SOLITI TRINARICIUTI LA COLPA NON E’ DELL’ORDINANZA SCRITTA MALE MA DI CHI VUOLE COLPIRE IL MOVIMENTO… ECCO LE NORME CHE DIMOSTRANO CHE LA RAGGI HA SBAGLIATO
Il giorno dopo la sospensione con un decreto cautelare urgente da parte del Tar del Lazio
dell’ordinanza della sindaca di Roma, Virginia Raggi, che vietava i botti di Capodanno è quello dei complotti.
Come mai, si chiedono tanti simpatizzanti e attivisti del Cinque Stelle, delle 850 città che hanno emanato ordinanze per vietare i botti l’unica annullata è quella della Capitale?
Più di qualcuno dietro la sospensione del Tar (che ha rimandato la discussione del merito al 25 gennaio) ci vede un attacco diretto alla Raggi e quindi al MoVimento.
Il Tar però ha solamente “fatto il Tar” senza alcun pregiudizio nei confronti di chi amministra la città .
Vero è, come ripetono ossessivamente da ieri molti attivisti, che di ordinanze simili per vietare l’esplosione di petardi e fuochi d’artificio ne sono state emanate molte in questi giorni.
Tutte sostanzialmente simili mirano a proibire — generalmente su tutto il territorio comunale — l’uso dei botti senza però, perchè non è nel potere dei sindaci, poterne vietare la vendita.
Tenendo poi conto del fatto che l’applicazione e il controllo del rispetto di questi provvedimenti è sostanzialmente impossibile (immaginate quante pattuglie servono per verificare e sanzionare tutti coloro esplodono petardi solo nella notte di Capodanno) significa che siamo di fronte ad ordinanze che pur interpretando un sempre più comune e diffuso sentire non hanno una vera utilità pratica.
Ma è vero, come si legge su Facebook che in realtà qualcuno vuole impedire alla Raggi di fare il suo lavoro e che qualsiasi cosa faccia lei si trovi tutti contro?
La risposta è no, perchè in questo caso non ha tutti contro ma due associazioni di categoria: ANISP, ovvero l’Associazione Nazionale Imprese Spettacoli Pirotecnici e ASSPI, l’Associazione Pirotecnica Italiana.
Sono stati i legali di queste due associazioni a presentare il ricorso al Tar contro l’ordinanza del Comune di Roma.
Gli uffici del Campidoglio poi ci hanno messo del loro nel fare in modo che il Tar avesse modo di annullare l’ordinanza: ad esempio l’ordinanza non era stata inoltrata alla prefettura (come invece è prassi) prima di essere pubblicata nell’albo pretorio del comune.
Inoltre, come spiegava ieri Rinaldo Frignani sul Corriere della Sera di Roma esiste una circolare emanata dal Prefetto di Rovigo (che aveva chiesto parere al Ministero in merito ad un’ordinanza analoga) dove si sottolinea che il ricorso al provvedimento extra ordinem può essere giustificato solo in caso di urgenza e pericolo e non sembra che il rituale ripetersi dei festeggiamenti di Capodanno presenti le caratteristiche necessarie per giustificare un’ordinanza contingibile e urgente come quella di Roma (e come tante altre).
Vale a dire: Capodanno non è un’emergenza e quindi non è possibile utilizzare uno strumento pensato per le emergenze.
C’è inoltre la questione relativa al fatto che non sembra plausibile poter vietare l’utilizzo di prodotti con certificazione CE, ovvero di prodotti che hanno già superato il test di impatto ambientale e quindi la normale soglia di tollerabilità umana e animale (le associazioni di categoria sottolineano che così facendo i consumatori acquisteranno botti illegali).
Infine oltre all’insussistenza dei presupposti di un’ordinanza a carattere urgente il divieto avrebbe dovuto essere modulato su specifiche aree “sensibili” e non sull’intero territorio comunale in maniera indiscriminata (cosa che peraltro lo rende inapplicabile dal punto di vista pratico).
Insomma l’ordinanza in sè presentava qualche problema, ed è questo che probabilmente il Tar ha rilevato.
Ma perchè prendersela con Roma? È perchè c’è la Raggi sindaca?
Anche qui la risposta è no, ed è molto semplice: per annullare tutte le 850 ordinanze sarebbe stato necessario presentare altrettanti ricorsi al Tar.
Quindi, come spiega Nobile Viviano, presidente dell’Asspi: «In circostanze simili abbiamo mandato diffide ai sindaci di altre città , ma nel caso di Roma abbiamo deciso di presentare ricorso al Tar perchè l’esito avrebbe avuto risonanza nazionale».
Ed è andata proprio così, consultando ad esempio i comunicati di ANISP si può leggere come anche negli scorsi anni le associazioni di categorie si siano opposte a simili ordinanze inutili e soprattutto dannose per tutto il settore dei botti legali.
La sfortuna della Raggi, se così la vogliamo chiamare, è quella di essere sindaca di Roma pertanto non si può certo sostenere che ci sia un complotto ai suoi danni; sarebbe come dire che il fatto stesso che sia stata eletta sindaca sia un complotto.
Va da sè che se io voglio sollevare una questione a livello nazionale non faccio ricorso contro un minuscolo e sconosciuto comune della Pianura Padana, sperso tra le nebbie del Po ma contro l’Amministrazione comunale della Capitale d’Italia.
È una questione di opportunità e di risonanza mediatica.
A tutto questo va aggiunta anche la dichiarazione di Alessandro Marchetti, presidente dell’Anaspol, Associazione nazionale agenti sottufficiali Polizie locali, che da oltre 8 anni organizza gratuitamente corsi di prevenzione sui rischi dai botti di Capodanno nelle scuole e nelle parrocchie e con la distribuzione di volantini nelle piazze. Marchetti ha commentato la notizia definendo le ordinanze anti botti “un palliativo fuorilegge” aggiungendo che se il decreto legislativo 29 luglio 2015, numero 123 in attuazione della direttiva 2013/29/Ue, dispone che alcuni fuochi pirotecnici in quanto non pericolosi o scarsamente pericolosi sono di libera vendita, che addirittura possono essere usati dai ragazzini di 14 anni e altri si possono acquistare solo dimostrando la maggiore età , non considerandoli pericolosi per l’incolumità pubblica, come può un sindaco decidere autonomamente il contrario rispetto a quanto sancito dalla legislazione europea e italiana?
Invece che emanare ordinanze copia incolla Marchetti — che è anche ufficiale della Polizia locale di Roma — invita i sindaci a “fare sul serio” mettendo in atto interventi di prevenzione e informazione rispetto ai pericoli e ai rischi connessi: «come ad esempio abbiamo fatto in collaborazione con il Comune di Aprilia giorni fa con la campagna ‘A Capodanno mani al sicuro’, a diffondere la cultura della prevenzione a partire dalle scuole, nelle piazze dei mercatini natalizi, dove distribuire volantini informativi sui rischi dai botti di Capodanno. Solo gli italiani possono decidere che, gli italiani, non devono più seguire un’usanza tanto pericolosa».
In parole povere, ordinanze come quella emanata dal Comune di Roma sono carta straccia, il Tar lo ha certificato ma lo ha fatto in base alla legge non perchè ad averla firmata è Virginia Raggi.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
L’ESPONENTE DI FORZA ITALIA: “DA DUE ANNI ATTENDO NOTIZIE DALLA PROCURA SUL MIO ESPOSTO RELATIVO A 200 MINACCE E INGIURIE RICEVUTE IN RETE”
Davide Casaleggio ha querelato Maurizio Gasparri.
Lo ha rivelato ieri il vicepresidente del Senato, il quale ha fatto sapere che sotto accusa c’è un tweet in cui lui associa il nome della società del M5S allo sterco.
Nel caso specifico – di cui si occupa la procura di Roma, che ha chiesto lumi al Senato per capire se Gasparri ha twittato da privato cittadino o da parlamentare – l’esponente di Forza Italia, racconta oggi il Corriere, stava replicando a una supporter di Grillo: «Dell’immunità non me ne frega niente, il punto vero è: quanti insulti deve ricevere un personaggio pubblico senza poter reagire? Perchè, se viene offesa la Boldrini è sessismo – e tutti si sciolgono – , ma se accade a un uomo?».
E Gasparri continua:
«Due anni fa ho presentato un esposto alla procura di Roma con una selezione di 200 tra ingiurie e minacce che ho ricevuto in Rete. C’erano nomi e cognomi, ma non ho più saputo nulla. Il giorno prima di Ferragosto ho anche chiamato il procuratore capo Pignatone per avere notizie. La querela di Casaleggio, quindi, sarà l’occasione per fare una bella discussione sugli insulti ai politici: alla procura di Roma, stavolta, metto in piedi uno spettacolo di otto ore».
Il senatore di FI si dice certo che dietro alle offese in Rete ci sia «una regia» riconducibile «anche al mondo cinquestelle»: «Ma stabilirlo non spetta a me, lo faranno i magistrati. Hanno cose più serie di cui occuparsi, ma visto che Casaleggio li ha chiamati in causa… Io da Grillo e soci sono stato insultato decine di volte. E poi, uno che ha inventato il Vaffa day, ora si offende perchè gli dico “sterco”? Ma dai, a me sembra il minimo»
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
DAL SUD AL NORD UNA GIUNGLA DI IMPRENSARI SENZA SCRUPOLI CHE SI SPARTISCONO LA PIAZZA
Morire può essere una gran fregatura. Non solo per il “de cuius”, ma anche per familiari e amici
che intendano dargli degna sepoltura.
Questi, infatti, già pochi minuti dopo il grande salto del congiunto, si ritrovano catapultati nel mondo delle onoranze funebri, meglio, una giungla, dove operatori mortuari seri e coscienziosi sono affiancati da squali senza scrupoli.
Chi ci è passato, sa a cosa ci riferiamo: le camere ardenti per molti impresari funebri non sono altro che stagni dove raccattare affari.
Un malcostume che ha portato praticamente ogni procura d’Italia ad aprire negli anni almeno un’inchiesta che ha visto coinvolti necrofori, infermieri, badanti, fino ai volontari degli ospedali, tutti accomunati dal “vizietto” di far scivolare il bigliettino di questa o quella impresa di pompe funebri nelle mani del parente in lacrime.
Vizietto punito severamente dalla legge, come ben sanno i 140 necrofori cagliaritani indagati a novembre scorso per truffa aggravata, peculato, falso in atto pubblico e induzione indebita, perchè sembra si spartissero i defunti dei cinque ospedali del capoluogo sardo. Un giochino da oltre mezzo milione di euro.
Stessa cosa, per i pm, avveniva negli ospedali di Ivrea e Cuorgnè: qui sotto processo sono in 15, tra dipendenti dell’Asl/To4 addetti alle camere mortuarie e impresari, accusati di aver messo in piedi un vero sistema per fare incetta di funerali.
Tra uova, frittate, Caronte
Nelle intercettazioni, gli imputati chiamavano le mazzette, che arrivavano fino a 100 euro, a seconda del “valore” del defunto, “uova fresche”. Riferendosi a una ditta di inumazione, agli atti c’è un Sms che recita: «Domani arrivano le uova fresche da…», al quale l’interlocutore risponde: «Totale quattro (morti, ndr) per ora. Sì, ottima frittata».
A Milano nel 2008 fece scalpore l’inchiesta “Caronte”, che colpì duramente il racket del caro estinto portando a processo i vertici dei giganti dell’inumazione meneghina
La Varesina srl e Sofam srl inseme con 23 infermieri di otto ospedali (tra i quali Niguarda, Policlinico e San Carlo) accusati di corruzione e rivelazione di segreto professionale.
Una pratica dura a morire, e scusate il gioco di parole: «A Milano ci sono società che fanno il 70-80% dei funerali di un solo ospedale», denuncia Daniele Contessi, 46 anni, commercialista e presidente dell’Outlet del Funerale. «Altro che giungla, a Milano si viaggia a botte di 300 euro di “mancia” per ogni infermiere che indichi alla famiglia una determinata azienda. E a Sud è ancora peggio, lì è tutto in mano alla mafia: ma lo sa che un carro funebre che non è di Napoli non può entrare in città !
Se trasportiamo una salma, dobbiamo fermarci al casello autostradale e traslare la bara su un mezzo locale e tornare a Milano… Per non parlare poi del fatto che nessuno può aprire una bara quando è chiusa, quindi è semplicissimo infilarci dentro droga o armi. Inoltre, le agenzie funebri possono fare sì che qualcuno muoia, anche se è ancora vivo, capito l’antifona…?».
Altro escamotage assai diffuso tra gli impresari senza scrupoli è quello di creare cooperative per aggirare il divieto di gestione delle camere mortuarie da parte delle società funerarie.
Spesso infatti soci di queste cooperative non sono altro che parenti dei titolari delle onoranze, i quali vengono così a conoscenza degli avvenuti decessi negli ospedali in tempo reale e possono fiondarsi come condor sui parenti.
Per dirla con le parole di Gianni Gibellini, Presidente dell’associazione EFI — Eccellenza Funeraria Italiana — e proprietario della Funeral Home di Modena, la più grande casa funeraria italiana «viviamo in un Far West, dove la mancanza di regole certe favorisce il malaffare e l’infiltrazione della criminalità ».
E Gibellini ha perfettamente ragione. In Italia non solo non esiste una normativa unica che unifichi tasse, spese e bolli sui funerali (il quadro normativo è frammentato in norme statali, regionali, comunali e talvolta anche internazionali), ma manca anche una legge che stabilisca chiaramente chi possa dirsi operatore funerario o che fissi i requisiti minimi per aprire una società di pompe funebri.
Il risultato è che «oggi uno esce di galera e può fare l’impresario… Inoltre, il 90% del personale lavora in nero», aggiunge Gibilini.
5 miliardi di fatturato
A spartirsi i circa 630 mila decessi annui italiani, secondo EFI, sono oltre 7 mila partite Iva (che hanno cioè nell’oggetto sociale la possibilità di svolgere funerali), 3.500 imprese funerarie, delle quali solo 2.500 sono dotate di strutture e personale assunto.
In tutto, il settore impiega 30 mila persone per un giro d’affari vicino ai 2,5 miliardi annui che, con l’indotto (edilizia cimiteriale e “gadget” vari), supera abbondantemente i 5.
Numeri impressionanti, come quelli dell’evasione fiscale stimata: oltre un miliardo l’anno.
A far lievitare tale cifra sarebbero molte di quelle agenzie funebri che fungono da intermediari tra i clienti e i reali fornitori del funerale. «L’80% di queste società », spiega ancora Gibellini, «acquista i funerali dai Centri di servizio e poi ricaricano i costi sui clienti spesso senza emettere fattura»
Prezzo medio: 2.500 euro
In media un funerale in Italia costa 2.500 euro, somma alla quale bisogna aggiungere le tasse e i costi cimiteriali. E anche qui la giungla si dimostra tale, visto che ogni comune ha avuto la libertà di decidere quanto tassare il proprio “estinto”…
«A rimetterci sono sempre i poveri cristi che non possono neanche andare sottoterra», spiega Rossella dell’Oca dell’Outlet del funerale, «a Milano, per esempio, la sepoltura in Campo comune costa 173 euro, a Legnano si sborsano 1.750 euro, ma le sembra normale?».
Anche i costi di loculi e cellette variano da città a città , così come i diritti e le tasse di trasporto: se il Comune di Roma pretende 155 euro, Gaeta (LT) è a 142,50 più due marche da bollo da 16 euro; Cagliari si “accontenta” di 75 euro, mentre a Bari si risale a 140 euro.
Confrontare tutti i balzelli è impossibile, anche perchè non esiste un elenco nazionale che li raccolga tutti.
A parte poche eccezioni, come Torino o Abbiategrasso (Mi), negli uffici mortuari dei comuni i computer sono ancora degli sconosciuti, tutto si basa sulla carta e sui rapporti “amicali” degli impresari con gli impiegati.
L’esempio dell’Ospedale Niguarda, uno dei più grandi di Milano, è illuminante: ogni giorno alle ore 9 un fattorino raccoglie tutti i certificati dei defunti del giorno precedente e, sfidando il traffico, si reca all’anagrafe centrale di via Larga dove fa la fila; da lì, gli addetti mandano via fax alle parrocchie l’avviso di morte e i vari documenti… E parliamo dell’avanzatissima Milano!
Il disegno di legge
La Commissione Sanità del Senato sta lavorando da tempo su un disegno di legge che unifichi le norme a livello nazionale, il “Testo Maturani”, e stava anche arrivando all’approvazione grazie all’accordo di tutte le forze politiche, ma la caduta del governo Renzi ha sparigliato le carte.
La Maturani prevede sia la definizione di “Impresa funebre” — con tanto di soglie annue di funerali, richiesta minima di un carro funebre funzionante e di proprietà , quattro necrofori assunti a tempo indeterminato e direttori tecnici -, sia la previsione di una tassazione omogenea, sia, infine, l’innalzamento della soglia di esenzione Irpef sul funerale per combattere l’evasione fiscale (oggi si può detrarre il 19% su una cifra massima di 1.500 euro). Ma, caduto il governo, come nel Gioco dell’oca si è tornati al via e i parenti sono costretti a guardarsi dai lupi.
Se dovete organizzare l’estremo saluto a un parente — e non siete del clan dei Casamonica e non pensate quindi a un funerale con carrozza trainata da sei cavalli neri, la banda che intona la colonna sonora del Padrino e un elicottero che sparge migliaia di petali di fiori sulla folla — è bene stare all’occhio, anche perchè le fregature per il portafoglio sono sempre in agguato
200 euro una bara all’ingrosso: anche 2.000 al cliente!
Per tutti vale l’esempio dei cofani, cioè delle bare: una di livello medio costa all’ingrosso non oltre i 200 euro, comprendendo legno (che molto raramente è pregiato come viene descritto dai venditori, bensì tinto, un po’ perchè i legni rari sono vietati dalla legge, un po’ perchè una cassa di mogano peserebbe oltre 200 kg!), imbottitura, piedini e croce.
Al cliente invece viene venduta a sette, otto, dieci volte tanto. Tutto ricarico ingiustificato.
Dicevamo dei Centri servizi, cioè i “pusher” di funerali all’ingrosso: secondo un listino del 2013, un servizio che preveda cassa, fiori, quattro addetti e carro funebre, viene venduto all’agenzia funebre a circa 800 euro. Questa, a sua volta, lo rivende al cliente a 2.500 euro!
Con un ricarico del genere, non sorprende se l’Outlet del Funerale, con i suoi servizi da 1.099 euro tutto compreso, ha fatto il botto. «Noi siamo l’Ikea dei funerali», ha spiegato ancora Contessi, «abbiamo standardizzato e tagliato sui ricavi. Su un funerale da 1.099 euro, il mio guadagno secco è di circa 200 euro. Naturalmente gioco sul numero dei funerali che faccio nell’arco dell’anno».
La maggior parte delle imprese funerarie italiane, invece, è a carattere familiare, effettua cinque o sei funerali al mese e risiede nello stesso Comune da generazioni.
Una condizione che spesso porta gli impresari a immischiarsi con la politica locale, pagando le campagne elettorali di questo o quel candidato, in cambio di “favori” futuri. Da qui la commistione negli ospedali e la mancanza di controlli della polizia locale nelle camere mortuarie.
Per concludere, se vi trovate nella necessità di organizzare un funerale se vi avvicinano nella camera mortuaria suggerendo tizio o caio, denunciate alle autorità , perchè il vostro interlocutore sta approfittando del vostro dolore.
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
IL LEADER DI FORZA ITALIA: “IL M5S NON E’ CREDIBILE”
Silvio Berlusconi dichiara la posizione di Forza Italia nei confronti del nuovo governo, alla vigilia dell’annuncio delle nomine dei sottosegretari parte dalla posizione sulla legge elettorale .
“Noi non vediamo un’altra soluzione che quella di un sistema elettorale proporzionale che garantisca la corrispondenza tra la maggioranza parlamentare e la maggioranza popolare. E solo una legge proporzionale in uno scenario politico tripolare può garantire che la maggioranza in parlamento si identifichi con la maggioranza dei cittadini” ha scritto l’ex Cavaliere in un messaggio a Paolo Russo, coordinatore di Forza Italia della città metropolitana di Napoli, in occasione del tradizionale brindisi di fine anno.
“Mi auguro – prosegue Berlusconi – che il governo Gentiloni traduca in concreto il proposito di facilitare un accordo su questa materia, che ovviamente spetta al Parlamento, e che in sede parlamentare il Pd dimostri di aver capito la lezione della sconfitta referendaria e si renda partecipe di un percorso condiviso sulle regole”.
Il leader di Forza Italia prosegue affermando che sosterrà questo governo solo nei provvedimenti utili e positivi, anche se si tratta di un esecutivo simile al precedente. “Al governo spetta gestire alcune vere e proprie emergenze sul piano interno e internazionale. Lo vedremo all’opera e valuteremo ogni provvedimento proposto dal governo stesso sostenendolo col nostro voto ove lo ritenessimo positivo e utile nei confronti dell’Italia e degli italiani. Questo da sempre è il nostro modo di essere all’opposizione, una opposizione responsabile che ci distingue dalla politica del tanto peggio, tanto meglio, proprio dell’opposizione della sinistra. Naturalmente si tratta di un governo molto simile al precedente, al quale noi non possiamo e non vogliamo assicurare il nostro sostegno, pur apprezzando lo stile sobrio ed equilibrato fin qui manifestato dal Presidente del Consiglio”.
L’ex Cav dà il via a una vera e propria campagna elettorale: “Di fronte alla sconfitta del renzismo e all’evidente incapacità dei Cinque stelle di proporsi come credibile alternativa di governo – prosegue – solo una proposta politica seria, credibile, basata su un programma liberale e riformatore, sui principi cristiani e sui valori del partito del popolo europeo, può permettere all’Italia di uscire dalla crisi e al tempo stesso sconfiggere la disaffezione alla politica che ha portato metà degli italiani a disertare le urne. Ed è soprattutto nei confronti di questi italiani che noi dobbiamo svolgere una campagna di persuasione e di coinvolgimento”.
E annuncia provvedimenti nel caso in cui Fi torni al governo: “Nella cosiddetta povertà relativa ci sono pensionati che, dopo una vita di lavoro, avrebbero diritto a trascorrere con serenità e in condizioni dignitose la propria vecchiaia. Per questo l’aumento delle pensioni minime a mille euro è uno dei primi provvedimenti che prenderà il nostro governo. Siamo credibili nel prometterlo, perchè lo abbiamo già fatto, nel 2001, quando abbiamo aumentato le pensioni ad un minimo di un milione di lire, cifra che allora significava un grande passo avanti”.
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 29th, 2016 Riccardo Fucile
ANDRANNO A PRESIDIARE I PASSAGGI A LIVELLO TRA NUORO E MACOMER CHE NON SONO AUTOMATIZZATI E NON RISPETTANO GLI STANDARD DI SICUREZZA EUROPEI
L’ultima frontiera del trasporto ferroviario si chiama Hyperloop: una specie di capsula
supersonica che sarà in grado di collegare Roma e Milano in circa mezz’ora.
Entrerà in servizio nel 2050 e in Sardegna in quegli anni probabilmente cominceranno a viaggiare i primi treni elettrici e forse neanche troppo veloci.
Per quest’anno l’avanguardia del trasporto su rotaie ci regala un bel salto all’indietro nel tempo: il ritorno dei casellanti. Sì, avete capito bene.
Ricordate il mitico casellante del film «Non ci resta che ridere» di Troisi e Benigni? Ecco, in Sardegna nove casellanti entreranno in servizio a gennaio: saranno nove e dovranno presidiare i passaggi a livello della tratta ferroviaria tra Nuoro e Macomer.
Da più di un mese i collegamenti tra le due città (gestiti dalla Regione attraverso l’Arst) sono sospesi perchè gli standard di sicurezza non rispettano le nuove normative.
Il problema riguarda proprio i passaggi a livello che lungo la rete regionale non sono tutti automatizzati: alcuni si trovano addirittura all’interno di terreni privati e così sono i proprietari a gestire il viavai delle auto.
Troppo rischioso, secondo l’Agenzia nazionale della sicurezza ferroviaria. Per questo la Regione è stata costretta a bloccare i collegamenti.
L’unica soluzione possibile in tempi brevi? Il ritorno dei casellanti.
In Sardegna c’è un doppio sistema ferroviario: uno è quello gestito dalle Ferrovie dello Stato, l’altro affidato alla Regione attraverso la sua Arst.
In entrambi i casi l’arretratezza è dimostrata dalla lentezza del viaggio e dalle condizioni della rete.
Quella regionale è considerata troppo pericolosa per la presenza dei passaggi a livello non presidiati e la nuova normativa (emanata dopo il disastro avvenuto la scorsa estate in Puglia) non ha concesso nè deroghe nè proroghe.
«Installare impianti automatizzati in così poco tempo è oggettivamente impossibile — denuncia il segretario della Cgil Trasporti, Arnalo Boeddu — Il Governo, tra l’altro, ha imposto una regola senza prevedere i necessari contributi e per questo in Sardegna ci siamo trovati con una tratta ferroviaria chiusa da un giorno all’altro».
Per rimettere in marcia i treni nel giro di poco tempo la Regione ha pensato ai casellanti. Alcuni sono già in servizio lungo la tratta Sassari-Alghero e sulla Sassari-Sorso, altri saranno schierati tra Nuoro e Macomer. *
Il concorso è stato bandito nei giorni scorsi: per nove assunzioni sono arrivate circa mille domande e nel giro di qualche giorno sarà completata la selezione.
«Seicentocinquanta euro netti per trascorrere una giornata intera in mezzo alla campagna a controllare i passaggi a livello, chiudere prima dell’arrivo del treno e riaprire dopo il passaggio — spiega il segretario della Cgil — La nuova norma sarebbe una buona occasione per ammodernare la nostra rete, ma ci sarebbe stato bisogno delle risorse. Così non ci sono alternative: assumere i casellanti è un passo indietro».
Nicola Pinna
(da “la Stampa”)
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