Ottobre 7th, 2017 Riccardo Fucile
ALLE REGIONALI SICILIANI NELLE “LISTE PULITE” C’E’ ANCHE CHI HA 24 CAPI DI IMPUTAZIONE E 4 PROCESSI… TUTTI I NOMI DEI CANDIDATI IMPRESENTABILI CHE GOVERNERANNO LA SICILIA
Secondo tutti i sondaggi, Musumeci è in vantaggio nella corsa alla poltrona più alta di Palazzo d’Orleans.
A spingerlo sono soprattutto i voti di Forza Italia, che sembra rivitalizzata dalla cura di Gianfranco Miccichè, tornato vicerè di Silvio Berlusconi dopo un lustro di ostracismo.
Ebbene sono proprio le liste Forza Italia quelle che rischiano di dare più lavoro della commissione Antimafia.
A Siracusa, per esempio, i berlusconiani candidano il sindaco di Priolo, Antonello Rizza, capace di collezionare ben 22 capi d’imputazione in quattro processi: tentata concussione e concussione consumata, corruzione elettorale continuata, tentata violenza privata, associazione a delinquere, falso in atto pubblico, truffa, intralcio alla giustizia, tentata estorsione, turbata libertà di scelta del contraente.
È indagata solo per corruzione, invece, Marianna Caronia, candidata dagli azzurri nel collegio di Palermo: ex consigliera regionale, già candidata sindaco di Palermo, pochi mesi fa è finita coinvolta nell’inchiesta sugli appalti del trasporto marittimo.
La stessa che ha portato all’arresto dell’ex sindaco di Trapani, Mimmo Fazio, non ricandidato dopo i cinque anni trascorsi a Palazzo dei Normanni.
È un veterano di Sala d’Ercole anche Riccardo Savona, eletto con la destra nel 2012, passato a sinistra per sostenere Rosario Crocetta e ora tornato all’ovile azzurro. Il motivo? Nell’ottobre del 2013, durante un evento pubblico, Crocetta lo vide seduto in prima fila e inaspettatamente disse pubblicamente: “Chi ha fatto affari con Nicastri, Matteo Messina Denaro e la mafia deve uscire immediatamente”.
Il riferimento era per i rapporti pregressi tra lo stesso Savona e l’imprenditore dell’eolico, al quale sono stati confiscati beni pari a un miliardo e mezzo di euro.
È tornato in Forza Italia di recente anche Giovanni Lo Sciuto, consigliere regionale di Castelvetrano, uno dei seguaci di Angelino Alfano che hanno lasciato Alternativa Popolare per sostenere Musumeci.
Lo Sciuto non ha indagini in corso ma è finito più volte tra le polemiche per i suoi vecchi rapporti di conoscenza con Matteo Messina Denaro.
I due sono persino ritratti insieme in una fotografia scattata al matrimonio della cugina del superlatitante. “All’epoca dei fatti, la famiglia Messina Denaro non aveva, per quelle che erano le mie conoscenze di ragazzino, problemi con la giustizia e, non avendo io il dono della chiaroveggenza, non potevo prevedere quello che sarebbe successo dopo la fine degli anni 80”, si è giustificato Lo Sciuto.
Quella vecchia conoscenza con il boss di Cosa nostra, d’altra parte, non ha mai avuto conseguenze sulla sua carriera politica che nel 2012 ha raggiunto il livello più alto con l’elezione nella commissione antimafia dell’Assemblea regionale siciliana. L’uomo giusto al posto giusto.
Il candidato nostalgico dei clan
Nei giorni scorsi, invece, ha tenuto banco il caso di Riccardo Pellegrino, consigliere comunale di Catania e fratello di Gaetano, imputato per mafia.
“È considerato punto di riferimento del clan dei Carcagnusi“, ha ricordato Claudio Fava, il candidato governatore dei bersaniani che ha convocato una conferenza stampa apposita per ricostruire alcune vicende che riguardano il candidato di Forza Italia all’Assemblea regionale siciliana.
Come quando, nel 2014, si presentò nella redazione catanese di livesicilia.it accompagnando Carmelo Mazzei, figlio del boss latitante Nuccio Mazzei. “Dall’intercettazione ambientale su quell’incontro, disposta dai magistrati — ricordava Fava l’altro ieri — si apprende che Riccardo Pellegrino è “orgoglioso” di vivere nel quartiere catanese di San Cristoforo, regno del clan Santapaola, ma si lamenta perchè adesso ci sarebbe solo la piccola criminalità mentre se in campo ci fossero state persone di spessore, mafiosi, tutto questo manicomio non c’era”.
Il nome di Pellegrino era stato segnalato alla commissione Antimafia già due anni fa. Chi era la fonte di quella segnalazione?
Nello Musumeci, lo stesso che ora prenderà anche i voti di Pellegrino. “Il pane si fa con la farina che si ha in casa“, diceva nel 2012 il candidato governatore a chi gli chiedeva della presenza nelle sue liste di personaggi discutibili.
Cinque anni dopo non ha cambiato idea.
E a Palermo la lista del suo movimento (che si chiama Diventerà Bellissima) candida Pietro D’Aì, ex sindaco di Misilmeri, comune sciolto per mafia nel 2012.
Le accuse all’ex primo cittadino e agli altri amministratori vennero archiviate ma le valutazioni messe nere su bianco dal gip Luigi Petrucci non erano esattamente entusiasmanti.
A Misilmeri c’era “una gestione della cosa pubblica — scriveva il giudice — in talune occasioni francamente illecita ma senza che emergessero delitti collegati al sodalizio mafioso”.
Moderati ma non troppo
Nel centrodestra, però, non sono solo le liste di Forza Italia ad essere piene di candidati con qualche problemino giudiziario.
A Siracusa l’Udc (che questa volta va a destra e appoggia Musumeci) candida il notaio Giovan Battista Coltraro, ex sostenitore di Crocetta che a marzo è stato rinviato a giudizio per falso in atto pubblico.
Secondo l’accusa nella sua veste di notaio avrebbe favorito l’acquisizione illecita di appezzamenti di terreno per un valore totale di tre milioni di euro.
A causa dei suoi guai giudiziari Coltraro era già stato sospeso per 10 mesi dall’attività professionale: mentre è sotto processo prova a farsi confermare in consiglio regionale. I neo scudocrociati di Lorenzo Cesa candidano anche Giuseppe Sorbello, sotto processo per voto di scambio, mentre a Messina puntano tutto su Cateno De Luca, ex vulcanico deputato regionale, per il quale la procura peloritana ha chiesto una condanna a 5 anni: è accusato di aver favorito le imprese della sua famiglia quando era sindaco del piccolo comune di Fiumedinisi.
Ad Agrigento corre Gaetano Cani, a processo con l’accusa di estorsione: avrebbe costretto alcuni docenti di un istituto paritario a firmare le “dimissioni in bianco” accettando compensi inferiori rispetto a quelli indicati in busta paga.
Può vantare addirittura due condannati in primo grado la lista Popolari e Autonomisti — Idea Sicilia, cioè la fusione del partito dell’ex ministro Saverio Romano (processato e assolto per concorso esterno a Cosa nostra) e di Roberto Lagalla, che fu assessore alla sanità di Salvatore Cuffaro.
A Palermo, per esempio, si candida Roberto Clemente, recentemente condannato in primo grado a sei mesi per corruzione elettorale. L’inchiesta della procura di Palermo aveva ricostruito, tra le altre cose, il livello raggiunto dalla compravendita di voti in Sicilia:per avere 150 preferenze bastava pagare 30 euro, in pratica ogni voto costava appena 5 euro.
Prova a tornare all’Ars con la stessa lista di centro, ma candidandosi a Messina, Roberto Corona, ex presidente di Confcommercio, già deputato regionale del Pdl, condannato in primo grado a tre anni dal tribunale di Roma: era finito coinvolto in uno scandalo su alcune facili fideiussioni dell’Ascom. Per lui i giudici capitolini hanno ordinato il sequestro di circa 700mila euro.
Prova a tornare a Palazzo dei Normanni anche Santino Catalano, consigliere regionale “trombato” nel 2012: a causa di un patteggiamento a un anno e undici mesi per abuso edilizio aveva rischiato di decadere da deputato già nel giugno del 2011.
Dichiarato ineleggibile dal tribunale civile era stato salvato dal voto segreto dei colleghi onorevoli, che a pericolo scampato lo avevano anche festeggiato a colpi di baci e abbracci tra gli scranni di palazzo d’Orleans.
Gli impresentabili stanno a casa. Si candidano i parenti
Un capitolo a parte meritano i “parenti di”.
Per il momento sono due i casi clamorosi. A Palermo la lista unica Fratelli d’Italia-Noi con Salvini candida Mario Caputo detto Salvino.
In realtà Salvino è suo fratello, ed è già stato lungamente consigliere regionale con An e con il Pdl. Poi, purtroppo, è decaduto a causa di una condanna in via definitiva per tentato abuso d’ufficio: da sindaco di Monreale aveva tentato di cancellare alcune multe prese dall’automobile del vescovo.
È abbastanza incensurato (ipse dixit) anche Luigi Genovese, il figlio ventenne di Francantonio, primo segretario del Pd in Sicilia, passato con Forza Italia dopo che i suoi colleghi deputati avevano votato a favore del suo arresto.
Nell’inchiesta sui dorati corsi di formazione Genovese è stato condannato in primo grado per associazione per delinquere, truffa, riciclaggio, frode fiscale, peculato perchè con enti controllati da lui e dai suoi familiari ha truffato la Regione siciliana. L’entità della truffa? Circa venti milioni di euro.
E a proposito di familiari: non si ricandida a questo giro suo cognato, Franco Rinaldi, consigliere regionale uscente, a sua volta coinvolto nell’inchiesta. Il motivo? Genovese ha deciso che in politica è il momento di lasciare spazio ai giovani.
A patto che siano suoi parenti.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 7th, 2017 Riccardo Fucile
“LA MIA TENDA E’ QUELLA DEI RADICALI”… “LA POLITICA FOMENTA LA PAURA, SIAMO I SOLI SENZA IUS CULTURAE”…”IN LIBIA L’ITALIA PAGA E MILIZIE, MA SONO TROPPE E VOGLIONO TUTTE SOLDI”
Dal giovane con l’orecchino all’anziana signora: se una carrozza di treno può essere un test sul
consenso, Emma Bonino è promossa con il massimo dei voti.
La signora le stringe la mano: “Apprezzo il suo coraggio e la sua onestà “, le dice.
Il giovane è più rock: “Vai Emma, ora pure i ministri fanno lo sciopero della fame, tanto hanno già ‘mangiato'”.
Sul treno che la porta a Foggia, per un’altra affollatissima assemblea per la campagna “Ero straniero”, la leader radicale, già ministra degli Esteri e Commissaria europea, parla, in questa intervista concessa all’HuffPost, dei temi più caldi dell’attualità politica che la vede al centro di corteggiamenti politici (“madre della patria”, la definisce Michele Emiliano a Foggia, tra gli applausi) in tutto l’arco del centrosinistra: Giuliano Pisapia, il Pd, e altro ancora.
Non svicola, non è nella sua natura, ma Emma Bonino è per il “noi” e non per l'”io”: “Sarò vintage – dice – ma credo ancora nell’importanza dei partiti, e noi Radicali siamo abituati a dibattere, magari ‘azzuffarci’ ma alla fine scegliamo insieme. Sarà così anche per le prossime elezioni”. Intanto, spiega dove pianterà la sua “tenda”, metafora prodiana per definire la collocazione politica, e soprattutto perchè.
Ius soli, “Ero straniero”: quelle che sembravano battaglie di testimonianza stanno diventando temi centrali nel dibattito politico. Emma Bonino dove pianterebbe la “tenda”?
“La pianterei, la pianteremmo come Radicali, su una legge elettorale decente, che non c’è, pianteremmo la nostra tenda su una agibilità politica ed elettorale possibile anche per chi non è già in Parlamento, cosa attualmente esclusa”.
Perchè?
“Il numero delle firme da raccogliere, a mano con l’autenticatore da poi consegnare si suppone digitalizzate, sono all’incirca 180 mila. Riuscirci, in breve tempo, è un’impresa impossibile. Ma questo non è un problema dei Radicali, è un problema dei cittadini, è un vulnus del nostro sistema democratico. Io non so in quale Paese, a qualche mese dal voto, non si conoscono le regole, le date. È come se ‘chi c’è c’è, chi non c’è non c’è’, e chi c’è a ogni elezione si confeziona la legge di sua o di loro convenienza. Questo è un degrado. Ora, io non arrivo a pretendere di prendere esempio dalla Germania o dalla Francia, dove vige la stessa legge elettorale, lo stesso sistema istituzionale da tempi immemorabili, ma per lo meno si presti ascolto a quanto chiesto persino dalla Commissione di Venezia sulla good governance democratica, e cioè che da quando si cambia la legge elettorale a quando si va a votare passi almeno 1 anno, dando il tempo a chi vuole partecipare di organizzarsi e ai cittadini di leggerla”.
Non sembra questa la strada percorsa da gran parte delle forze politiche presenti in Parlamento: la discussione è sul Rosatellum sì o no. Come definirebbe la discussione?
“Un incubo. Rischiano di fare peggio tornando al proporzionale, come se non avessimo mai vissuto i guasti prodotti. Noi Radicali siamo per i collegi uninominali all’inglese o doppio turno alla francese, mentre in Italia, dopo un giro dell’oca, stiamo tornando alla casella iniziale, il proporzionale, con le preferenze ovviamente, con l’aggravante che tutto questo s’inserisce in una situazione nella quale, attualmente, le due leggi, quella che vale per la Camera e quella per il Senato, sono talmente contraddittorie per cui alla Camera si ha il premio alla lista, al partito, mentre al Senato va alla coalizione. Non basta: lo sbarramento alla Camera dovrebbe essere il 3% e al Senato l’8%, e diverso è anche il numero di preferenza alla Camera e al Senato. Il risultato è che ci possiamo scordare la governabilità . Viene da sorridere amaro nel pensare che qualcuno diceva, ‘vogliamo un sistema per cui la sera che si vota, a urne chiuse sappiamo chi governerà ‘. Questo gioco stucchevole di spostare le pedine è davvero poco interessante, io lo trovo solo stucchevole, anche se i ‘retroscenisti”, gli addetti alla dietrologia in servizio permanente, la pensano diversamente. Si può anche decidere di giocare una partita, noi Radicali non siamo mai stati extraparlamentari o anti-istituzionali, ma si deve essere messi in grado di decidere a bocce ferme e qui non ci stanno neanche le bocce e quelle che ci sono girano di giorno in giorno”.
Lei parla con il “noi”, ma questa domanda vuol essere molto personale. Quando si avvicinano le elezioni, Emma Bonino viene evocata, “corteggiata” politicamente, accostata a ruoli di governo. Bonino come un valore aggiunto di una lista elettorale. Sarà pure strumentale, per￲ò...
“Il però è essenziale. Non sono alla ricerca del miele. E poi vorrei sommessamente far notare che saremmo pure piccoli, ma io sono una militante attiva di una variegata famiglia Radicale, direi di buona tenuta negli ultimi cinquant’anni. Non è mia abitudine nè mia vocazione di muovermi ‘uti singuli’. Avrò un sapore di antico, per fortuna, ma noi facciamo ancora i congressi come si deve, i comitati o la direzione con tutti i criteri. Tutto questo avrò pure sapore di antico, ma per me è un buon sapore. In questa fase stralunata, in cui tutti, più o meno, pensano che basti un clic, un tweet, ridare invece corpo alla politica – e la campagna ‘Ero straniero’ va in questa direzione – a me pare un dato fondamentale da tenere. Si discuterà al Congresso il da farsi, ma in questo momento siamo impegnati soprattutto a garantire agli italiani la possibilità di scegliere, sulla base di una legge decente e di una accessibilità democratica non proibitiva che oggi è negata da una legge escludente che spinge agli inciuci. Le regole non si barattano con i posti. Saremo strani, ma noi siamo fatti così”.
Poter decidere. Questo vale anche per la legge sullo ius soli. Da leader storica dei Radicali, come vive gli scioperi della fame annunciati da ministri e politici vari?
“Stiamo scoprendo troppo tardi che la politica non è solo l’aritmetica e che a una posizione conservatrice, da tempo si doveva contrapporre una analisi e una proposta diversa di gestione di questo complessissimo problema che è l’integrazione e la mobilità globale. Su questo il ritardo è stato enorme e a creare confusione ci si sono messi anche diversi esimi colleghi giornalisti, per cui sembra che lo ius soli venga dato direttamente sui barconi, insieme col salvagente. Ora, anche se con colpevole ritardo, un po’ di gente, anche con livello di responsabilità , si sta accorgendo che se si continua a seguire una politica che si identifica con l’aritmetica, questo non va bene. Sia chiaro: io non sto affatto sottovalutando il problema di avere una maggioranza, dico per￲ò che reazioni tempestive avrebbero forse creato anche un clima diverso attorno ad una vicenda che non è stata gestita. Io continuo a sentirmi addosso l’onore e l’onere, ahimè, di aver fallito, ma di aver proposto un referendum per la modifica della Bossi-Fini nel lontano 2013, salvo che siamo arrivati solo a 300-400mila firme. Non è che allora avessi la palla di vetro: basta guardare un attimo fuori dal Grande Raccordo Anulare, alzare lo sguardo verso il Sud del Mediterraneo, leggere qualche cifra, per capire che non si trattava di un fenomeno emergenziale dell’estate 2013, ma era un problema strutturale. Non è un caso che l’Italia sia uno dei pochi Paesi che non abbia lo ‘ius culturae”, perchè quello su cui oggi si discute non è lo ‘ius soli’, perchè lo ‘ius soli’ intende che se tu nasci in un Paese di quel Paese sei cittadino. Il nostro è uno ‘ius soli’ ultramoderato, per cui si deve essere figli di almeno un genitore italiano, aver abitato in Italia per almeno sei anni, aver fatto un percorso scolastico, etc. Uno ‘ius soli’ molto rigoroso, persino troppo da certi punti di vista”.
Il ministro Alfano non la pensa così.
“Alfano, per l’appunto. Lui sostiene che è una buona legge ma inopportuna. Inopportuna, deduco, dal punto di vista elettorale. Ma se ogni problema va assoggettato alle esigenze elettorali, a partire dalla legge elettorale, allora francamente la situazione in termini di assunzione di responsabilità e di guida del Paese non è brillante”.
Lei sta girando l’Italia in lungo e in largo per la campagna “Ero straniero”. Che Italia ha potuto testare in questo tour?
“Ho testato assemblee molto partecipate ma che in parte sentivi avverse. E però alla fine se hai la pazienza e la voglia di far ragionare, non dico che cambino idee ma che comincino a pensare, questo sì. L’importante è dare l’input, le informazioni diverse in modo che le persone possano poi farsi un’opinione. Se invece l’input è uno solo, fatto peraltro di stereotipi, di falsità del tipo ‘ci rubano il lavoro’, ‘ci portano le malattie”, mancavano giusto le zanzare… Il fatto è che tutte le volte che la politica annaspa, il metodo del capro espiatorio è il più facile, peccato che sia anche il più inutile. L’altra cosa che mi fa impazzire èil senso di paura che viene fomentato”.
La paura sembra essere divenuta una categoria della politica.
“Purtroppo è così. Ora, ci sono milioni di persone che hanno paura del buio o dell’aereo ma non per questo abbiamo fermato gli aerei, abbiamo cercato di renderli più sicuri”.
Quando si parla di Mediterraneo e di migranti è inevitabile almeno un accenno alla Libia. L’Italia ha puntato sul premier Serraj.
“Per la verità , più che su Serraj, che non controlla neanche il quartiere in cui abita a Tripoli, l’Italia, per contenere i migranti, ha puntato, e pagato, le milizie, solo che non ha i soldi per pagarle tutte, sono centinaia, e allora, come sta avvenendo a Sabratha, quelle che non sono state pagate si rivoltano e nella città , dove prosperava il traffico di esseri umani e si arricchivano gli scafisti, è esplosa la guerra civile. Francamente non credo che pagare le milizie aiuti la stabilizzazione della Libia o ponga fine alla vergogna dei lager spacciati per centri di accoglienza”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 7th, 2017 Riccardo Fucile
IL PATTO PD-LEGA-FORZA ITALIA-AP PER ORA REGGE, MA CRESCONO I MALUMORI
I più avvezzi si esercitano, calcolatrice alla mano. Quelli che lo sono meno, chiedono delucidazioni a quelli di cui sopra.
Ora che il Rosatellum bis ha preso definitivamente forma e si accinge a superare la prova delle prove, ovvero il voto dell’aula (e dei franchi tiratori), nei corridoi di Montecitorio è tutto un fare di conto.
In commissione il patto a quattro tra Pd, Fi, Lega e Ap ha retto senza alcun problema, ma d’altra parte sarebbe stato strano il contrario: zero voti segreti, zero rischi.
Ma quando martedì il testo approderà nell’emiciclo, si prevede che di scrutini non palesi ce ne saranno circa una novantina.
E a quel punto la disciplina di partito finirà inevitabilmente per scontrarsi con le esigenze personali.
Questa legge, infatti, grazie anche ai listini bloccati nella parte proporzionale, dà molto potere ai leader di partito di stabilire chi con ogni probabilità conquisterà un seggio.
Tradotto: chi per varie ragioni si sente a rischio diventa automaticamente scheggia impazzita.
Chi sta ragionando sugli scenari possibili, ha messo nel mirino soprattutto gli emendamenti che riguardano la richiesta di voto disgiunto (ossia la possibilità di votare in modo diverso per il candidato del collegio uninominale e per la parte proporzionale, facoltà non prevista in questa proposta) e le preferenze.
Quello del voto disgiunto è un tema a cui è sensibile parte della minoranza Pd come ha più volte ribadito Gianni Cuperlo.
Quanto all’inserimento delle preferenze, beh, lì c’è un “partito nei partiti” abbastanza trasversale, che si concentra però più che altro tra i centristi.
Ma, come già accaduto sul tedesco a giugno, l’inciampo si potrebbe determinare anche su modifiche relative alle minoranze linguistiche.
C’è poi il tema delle quote di genere su cui, però, come in passato, è altamente probabile che in aula si scateni una lotta altrettanto di genere con deputate da una parte e deputati dall’altra. Sulla carta, comunque, la maggioranza dispone di circa 420 voti, di franchi tiratori ce ne vorrebbero dunque un centinaio.
Ma il tema che sta dominando il dibattito politico è: chi e come è avvantaggiato da questa legge?
E, soprattutto, quali scenari apre?
Ed è proprio su questo punto che si concentrano buona parte delle critiche di chi avversa il Rosatellum bis. L’apertura alle coalizioni fatta ieri da Matteo Renzi non ha affatto “ammorbidito” Mdp. D’altra parte, il segretario Pd guarda più a Pisapia e alla Bonino che agli ex compagni di partito. Ma, anche per ragioni interne, non vuole che l’accusa di aver fatto saltare il banco venga attribuita a lui.
Questa legge, risponde però D’Attorre, “allontana la costruzione del centrosinistra”. La proposta, in effetti, prevede che si formino delle coalizioni (anche perchè il 34% dei collegi è uninominale) ma non stabilisce nessun obbligo di leader e programma comune. Dettaglio che non è dispiaciuto affatto a Silvio Berlusconi.
Detto questo, il Rosatellum bis sicuramente avvantaggia chi si mette insieme rispetto a chi va da solo.
Per questo il M5S, scegliendo di volta in volta un nome peggiorativo e ai limiti del buon gusto, accusa: è una legge fatta per impedirci di vincere.
Stesso problema che, d’altra parte, riguarda Mdp: le possibilità di una coalizione con i dem sono prossime allo zero, la strada dovrebbe essere invece quella di un listone della sinistra. Questo ragionamento viene poi rafforzato dall’assenza di voto disgiunto.
Chi trae sicuramente vantaggio dal Rosatellum bis è la Lega, grazie al suo radicamento territoriale e alla grande spinta delle Regioni del Nord, può provare non soltanto a trattare da posizioni di forza per la scelta dei candidati nell’uninominale ma anche a fare il pieno di voti nel proporzionale.
Il rischio che lì il centrodestra faccia man bassa, ha messo in allerta i parlamentari settentrionali dem che temono di ritrovarsi solo con le briciole.
Specularmente, dentro Forza Italia ad agitarsi sono gli esponenti del Sud perchè nel Meridione bisognerà fare i conti con i vari partitini forti sul territorio che, per portare in dote il proprio patrimonio, chiederanno collegi “sicuri” nell’uninominale, sottraendoli agli azzurri.
Il Rosatellum bis, infatti, prevede una soglia di sbarramento del 3%, ma poichè i voti dei partiti o delle liste che non superano quel tetto vengono comunque distribuiti alla coalizione di riferimento, si capisce bene come il potere dei “cespugli” sia più forte. Quanto ad Alternativa popolare, ha ottenuto uno sbarramento del 3% (nel tedesco era il 5%) e anche non dovesse raggiungere quell’obiettivo potrà rivendicare qualche collegio sicuro. In più, le chance dei big del partito di entrare sono state aumentate portando a 5 le pluricandidature.
Ma l’obiezione delle obiezioni che viene fatta a questa legge è quella di puntare dritto all’inciucio, ossia a una grossa coalizione tra Renzi e Berlusconi. Ignazio La Russa lo dice esplicitamente.
“Questa legge – afferma – è studiata perchè non vinca nessuno. Altrimenti non si spiega perchè non preveda un premietto anche piccolo”.
C’è qualcuno che il calcolo di questa questa impossibilità di ottenere una maggioranza si è preso la briga di tradurla in numeri. È il deputato Domenico Menorello, gruppo Civici e innovatori ma anche coordinatore in Veneto di Energie per l’Italia di Stefano Parisi.
“Il calcolo – spiega – è presto fatto. Alla Camera ci sono 231 collegi uninominali e 386 plurinominali. Poniamo che una lista vada così bene da conquistare il 40% nel proporzionale, prenderebbe 155 collegi. Dunque, per arrivare alla maggioranza di 316 dovrebbe vincere in 161 collegi uninominali, praticamente il 70%. Un’impresa. E del Senato non parlo proprio perchè lì bisognerebbe rivolgersi a un mago”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 7th, 2017 Riccardo Fucile
I REATI: LESIONI, ABUSO SESSUALE, ABUSO D’UFFICIO, FALSO … LE VITTIME SONO PRINCIPALMENTE STRANIERI, CONTESTATA L’AGGRAVANTE ODIO RAZZIALE
“Basterebbe prenderli e invece di portarli in caserma farli sparire, come fanno i cinesi, un solo colpo
alla nuca, nella fossa, calce, tappi tutto ed è l’unico modo per levarli di mezzo”.
Così, riferendosi ad alcuni cittadini extracomunitari, in una delle intercettazioni che la Procura di Massa Carrara ha eseguito nell’ambito dell’inchiesta sui presunti abusi nelle caserme dei carabinieri della Lunigiana.
Intercettazioni ambientali e nelle auto di servizio, che hanno fotografato un modus operandi di alcuni militari in forza ad Aulla e Licciana Nardi.
Sono 37 i militari indagati a vario titolo per lesioni, abuso d’ufficio, falso e anche per un episodio di abuso sessuale.
“Capiscono solo le legnate”, dicevano tra di loro e non mancavano di minacciare chi fermavano per i controlli: “Ti stacco la testa se ti rivedo”, “Ti butto nel fiume”, fino ad obbligare un cittadino marocchino, parcheggiatore abusivo in un supermarket, a lasciare Aulla per Sarzana, perchè spesso picchiato a calci e pugni.
Tanti anche i dispetti: le gomme della bicicletta tagliate ad un ambulante per impedirgli di tornare a casa, o anche le ruote di un’auto bucate perchè il veicolo era senza assicurazione.
Atti compiuti come se fossero legittimati dalla divisa, secondo la Procura, con l’unica finalità “di discriminazione e odio razziale”.
Nell’atto di chiusura delle indagini dalla Procura di Massa Carrara si legge anche che un cittadino marocchino di 50 anni voleva sporgere denuncia in caserma ad Aulla, nel 2016, contro i due carabinieri che la sera prima gli erano piombati in casa, e gli avevano perquisito l’abitazione, secondo lui senza motivo, minacciandolo e terrorizzandolo: voleva parlare con il comandante della compagnia e sporgere denuncia. Ma fu mandato via in malo modo prima che potesse chiedere dei superiori.
Lesioni personali e contusioni multiple
Nelle carte della Procura che hanno portato ad accusare i carabinieri si parla di atti intimidatori e vessatori, soprattutto nei confronti di cittadini extracomunitari.
Alcuni militari avrebbero usato frasi del tipo: “Se parli ti stacco la testa”, “Ti spezzo le gambe”. Si evidenziano inoltre lesioni personali e contusioni multiple per aver sbattuto la testa di un extracomunitario contro il citofono della caserma; colpi di manganello sulle mani appoggiate alle portiere delle auto durante i controlli; scariche elettriche prodotte da due storditori per costringere uno spacciatore (sempre straniero) a rivelare dove tenesse la droga.
Contravvenzioni immotivate. E poi c’è la descrizione di sevizie contro un giovane marocchino in caserma “costretto a subire atti sessuali senza ragione alcuna se non razziale”, si legge sempre nelle carte della Procura di Massa Carrara.
Gli episodi sono emersi nell’ambito dell’inchiesta partita a febbraio 2017 e chiusa nei giorni scorsi.
A giugno quattro carabinieri furono arrestati, solo uno finì in carcere, e per altri otto scattarono diverse misure cautelari, tra cui il divieto di dimora e la sospensione dai pubblici uffici.
Secondo la Procura, è difficile pensare che i vertici non fossero a conoscenza del modus operandi della squadra della Lunigiana e anche per questo nel registro degli indagati sono finiti i due comandanti, quello provinciale e quello di stazione a Pontremoli con l’accusa di favoreggiamento.
Il Liberatori è stato trasferito da Massa Carrara ma per vicende non legate, dicono dal comando provinciale, all’inchiesta giudiziaria.
Per i 37 militari i reati contestati a vario titolo vanno dalle lesioni, falso in atti, abuso d’ufficio, rifiuto di denuncia, sequestro di persona, violenza sessuale (un solo episodio avvenuto in caserma ad Aulla), possesso di armi, coltelli per lo più trovati dalle perquisizioni nelle case degli indagati.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 7th, 2017 Riccardo Fucile
CHIESTO IL RILASCIO DI NAVALNY, IL LEADER DELL’OPPOSIZIONE CHE STA SCONTANDO ALTRI 20 GIORNI DI CARCERE… E’ LA DEMOCRAZIA E’ PIACE AI SOVRANISTI ITALIANI
Il suo giorno, la sua città . Hanno scelto San Pietroburgo, la città natale di Vladimir Putin, e il 7 ottobre, il giorno del suo compleanno, i manifestanti antigovernativi che oggi sono scesi in piazza a migliaia per protestare contro il presidente russo.
Sono centinaia — i media parlano di oltre 250 — le persone fermate per aver partecipato ai cortei, che, oltre a San Pietroburgo, stanno interessando 80 altre città del Paese.
Per le autorità la gran parte delle proteste è illegale, perchè non ufficialmente pre-approvata.
Lo spunto del 65esimo compleanno di Putin — a cui anche Silvio Berlusconi non ha mancato di mandargli un pensiero dall’Italia — è stata l’occasione per i simpatizzanti di Alexei Navalny, leader dell’opposizione russa, di tornare a farsi sentire.
Pochi giorni fa Navalny, insieme al suo braccio destro Leonid Volkov, è stato condannato a 20 giorni di carcere dal tribunale di Mosca con l’accusa di aver esortato i suoi sostenitori a partecipare a una manifestazione non autorizzata, nonostante la difesa abbia sottolineato che il permesso era stato concesso e solo dopo revocato.
Già a giugno il blogger anti-corruzione ha scontato un mese di prigione per accuse simili, relative a un corteo a Mosca.
I manifestanti scesi in piazza oggi hanno chiesto il suo rilascio, oltre alla possibilità per Navalny di candidarsi alle elezioni presidenziali russe dell’anno prossimo.
Il 41enne, infatti, aveva annunciato di volersi candidare contro Putin, ma le autorità hanno già fatto sapere che la sua candidatura non può essere accettata a causa di una sua condanna per appropriazione indebita di legname (per un valore di 500mila dollari) ai danni di una società statale di Kirov, dove Navalny era consulente del governatore della regione.
A questo proposito il blogger si è sempre detto innocente, parlando di un processo politico architettato appositamente per non permettergli di correre alle presidenziali.
Già nella mattinata, come riferiscono alcuni media liberali locali, la polizia ha fermato alcuni organizzatori delle proteste a Tver, Stavropol, Smolensk, Tula, Samara e Krasnodar.
Oltre alla manifestazione di San Pietroburgo, molto partecipata è stata anche quella organizzata a Mosca, dove un migliaio di persone (700 secondo le forze dell’ordine) si sono riunite in piazza Pushkin. “Russia Libera” e “Libertà per Navalny” sono gli slogan più frequenti, insieme a qualche ironico “Buon compleanno Putin”.
(da agenzie)
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Ottobre 7th, 2017 Riccardo Fucile
IL PREMER SPAGNOLO: “IMPEDIREMO QUALSIASI DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA”… IN CATALOGNA CRESCE IL MOVIMENTO CHE VUOLE UNA SOLUZIONE ALLA CRISI
Da un lato la richiesta di dialogo arrivata dalle decine di migliaia di manifestanti che oggi, a Madrid e
in altre città spagnole, sono scesi in piazza contro le tensioni tra il governo e la Catalogna.
Dall’altro la freddezza del premier spagnolo Mariano Rajoy, che a El Paìs ha parlato così: “Il governo impedirà che qualsiasi dichiarazione di indipendenza possa concretizzarsi in qualcosa. La Spagna continuerà ad essere la Spagna e sarà così per molto tempo“.
Il quotidiano spagnolo, in un’anticipazione dell’intervista che sarà pubblicata domani, riporta l’appello del premier ai catalani “moderati”, affinchè si allontanino dagli “estremisti”, dai “radicali” e dalla “Cup”, partito di sinistra indipendentista.
Questo nel giorno in cui la capitale spagnola ha visto sventolare migliaia di bandiere gialle e rosse e ha sentito gridare slogan come “Viva la Spagna”, “Sono spagnolo” e “Con i golpisti non si dialoga”, mentre altri manifestanti hanno portato in piazza cartelli con la scritta “Parlem? Hablamos?” (“Parliamo?” in catalano e spagnolo). Secondo le autorità sono oltre 50mila i cittadini spagnoli che oggi, 7 ottobre, hanno manifestato a Madrid in Plaza Colon (piazza Cristoforo Colombo) e nella calle de Serrano in difesa dell’unità nazionale, della Costituzione e dello stato di diritto, mentre in altre città della Spagna, tra cui Valencia, i cittadini hanno sfilato per chiedere pace e dialogo in Catalogna e spingere i politici di dialogare e arrivare a una soluzione della crisi.
A Barcellona 5.500 persone hanno preso parte al corteo in piazza Sant Jaume, per chiedere la mediazione tra la Generalitat catalana e il governo di Madrid in vista di una possibile dichiarazione unilaterale di indipendenza, prevista per lunedì 9 ottobre.
La manifestazione a Madrid
A convocare il corteo è stata la Fondazione per la difesa della nazione spagnola (Denaes), e tra quanti hanno partecipato c’è anche il vice segretario generale della comunicazione del Pp, Pablo Casado.
Molti dimostranti, sia a Barcellona che a Madrid, portano magliette o camicie bianche, in segno di pace. Cortei analoghi a quello della capitale, segnala la stampa spagnola, sono in corso in tanti comuni della Spagna.
Al suolo nella piazza madrilena è stata posta una bandiera della Spagna, mentre in sottofondo risuonava dagli altoparlanti la canzone Que viva Espana di Manolo Escobar.
I partecipanti hanno esposto cartelli con la scritta Golpisti a fianco della foto del governatore catalano, Carles Puigdemont, del suo vice, Oriol Junqueras, del capo dei Mossos d’Esquadra, Josep Lluis Trapero. Nella zona è dispiegato un ampio dispositivo di polizia e sanitario, con varie ambulanze.
Centinaia di persone stanno manifestando a Valencia, vicino al municipio, per chiedere pace e dialogo in Catalogna e spingere i politici di dialogare e arrivare a una soluzione della crisi.
La concentrazione rientra fra quelle convocate in tutto il Paese dal movimento spontaneo ‘Parlem?’, attraverso le reti social. I partecipanti sono vestiti di bianco e non hanno esposto alcuna bandiera, come chiesto nella convocazione. Hanno mostrato invece cartelli con scritte come ‘Se quelli sopra strillano, quelli in basso parlano’, e ‘Parliamo’.
Bruciati 20 miliardi in Borsa
È il conto pagato dalla Borsa di Madrid in una settimana di ‘indipendenza virtuale’ della Catalogna dalla Spagna, con 9 imprese che hanno deciso di lasciare la Regine di Barcellona o sono sul punto di farlo.
Alla vigilia del referendum l’indice Ibex 35 era posizionato a 10.381 punti, dopo 7 giorni, tra alti e bassi, si trova in calo dell’1,88%, mentre l’intera capitalizzazione di Borsa è scesa da 1.050 a 1.030 miliardi. In rialzo anche il rendimento dei Bonos dall’1,59% del 29/9 all’1,69% di ieri, mentre lo spread sui Bund è salito da 113 a 123,9 punti.
Ma il conto del referendum non si ferma qui.
Sono 9 infatti le imprese che hanno annunciato il loro addio alla Catalogna, a partire da Banco Sabadell (-6,25% dal 29 settembre) e CaixaBank (-3,77%), pronte ad andare rispettivamente ad Alicante e a Valencia. Poi c’è Gas Natural (-2,29%), che ha deciso il trasloco a Madrid.
In fuga anche la finanziaria Criteria Caixa, in procinto di trasferirsi a Palma di Maiorca, la casa vinicola Cordoniu, che ha solo minacciato l’addio a Barcellona, la fabbrica di cosmetici Naturhouse, che lascia per “motivi operativi”.
Prossimi all’addio il tecnologico Service Point Solutions, il gruppo tessile Dogi International Fabrics ed il biotecnologico Oryzon Genomics.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 7th, 2017 Riccardo Fucile
TRE CASI ANCHE NEL CENTROSINISTRA… MUSUMECI INCAPACE DI DIRE “O IO O LORO”, CON LUI NON CAMBIERA’ NULLA
Alla fine ci sono tutti, nonostante gli appelli, più di facciata che altro dunque, a liste pulite senza “indesiderati”.
Invece eccoli lì i volti che hanno fatto discutere, a partire da quello di Riccardo Pellegrino, candidato in Forza Italia a Catania che sosterrà Nello Musumeci: lo stesso che da presidente della commissione Antimafia aveva fatto il nome di Pellegrino sollevando dubbi per l’indagine che ha coinvolto il fratello per associazione a delinquere per fini di spaccio.
Sul nome di Pellegrino si è aperto uno scontro fortissimo, il fratello è ritenuto dagli inquirenti vicino al clan dei Carcagnusi.
Tanto che Musumeci voleva estendere il codice Antimafia nazionale anche ai parenti di primo grado, guardando proprio al nome del consigliere forzista.
Musumeci ha cercato sponde in Forza Italia, ha fatto appelli, ma alla fine non ha trovato alcun soccorso tra i berlusconiani: l’eurodeputato Salvo Pogliese ha inserito in lista Pellegrino, poi ha inviato i nomi a Gianfranco Miccichè che non ha battuto ciglio.
Risultato? Da ieri è in lista: Claudio Fava definisce questa candidatura vicina «alla mafia ».
Pellegrino, come replica, annuncia querela al candidato della sinistra: «Apprendo che Fava ha affermato che io sonoun referente della mafia e che tramite me la mafia sta tentando di infiltrarsi nelle liste elettorali – si legge in una nota di Pellegrino, che nel quartiere San Cristoforo a Catania alle scorse comunali ha preso 700 voti – tali malevoli insinuazioni, del tutto false e fuorvianti, saranno oggetto di apposita denuncia». Pellegrino non è indagato, aggiunge il suo legale.
Musumeci, avuta la conferma ufficiale della candidatura del consigliere comunale forzista, tramite Ruggero Razza ha fatto filtrare verso i forzisti tutto il suo malessere per questa scelta. Ma Musumeci alla fine non ha posto veti definitivi.
«Se il codice va applicato con più forza per i parenti, allora le regole devono valere per tutti», dicono da Forza Italia etnea, guardando anche alla recente condanna del padre della candidata in Diventerà bellissima Giusy Savarino: dovrà risarcire 10mila euro all’Asp agrigentina che guidava nei primi anni Duemila «avendo operato in violazione dei principi di correttezza ed imparzialità , come emerso dalle risultanze del processo penale, promettendo, ai soggetti che a lui si rivolgevano, la formazione di una graduatoria a loro favore in cambio di voti per l’elezione della figlia».
Per questo motivo era stato condannato dalla corte d’appello nel 2014 con l’accusa di voto di scambio.
Forza Italia comunque in altre province candida indagati e sotto processo.
Come a Siracusa, dove in corsa c’è il sindaco di Priolo, Antonello Rizza: a suo carico 22 capi d’imputazione in quattro processi, si va dalla tentata violenza privata all’associazione a delinquere per truffa.
A Palermo per i berlusconiani è candidata Marianna Caronia, indagata nell’inchiesta Morace, e a Messina non sono mancate le polemiche per la candidatura di Luigi Genovese, figlio di Francantonio, condannato in primo grado a undici anni nel processo sui corsi d’oro della formazione professionale per reati che vanno dal riciclaggio al peculato alla truffa.
Sempre nel fronte Musumeci, l’Udc a Siracusa candida Giovan Battista Coltraro, appena rinviato a giudizio per un presunto falso in un atto notarile di compravendita di terreni agricoli, e Pippo Sorbello, sotto processo per voto di scambio, mentre a Messina lo Scudocrociato ha in lista Cateno De Luca, sotto processo per il presunto sacco edilizio di Fiumedinisi, quando lui stesso ne era sindaco.
Altra lista che sostiene il presidente uscente della commissione Antimafia, come quella di Lagalla-Autonomisti e Popolari, ha al suo interno Giuseppe Gennuso a Siracusa, rinviato a giudizio per una vicenda dei tempi in cui guidava il consorzio idrico Granelli, a Trapani in lista c’è Francesco Salone, indagato per presunta truffa sui rimborsi ai consiglieri comunali, a Palermo Roberto Clemente, condannato in primo grado per corruzione elettorale, a Messina in corsa Roberto Corona condannato in primo grado per bancarotta Ascom.
Nel listino di Musumeci c’è poi Elvira Amata, a giudizio per un processo sui presunti bilanci anomali del Comune di Messina.
A Palermo nella lista Fratelli d’Italia c’è Caputo Mario detto “Salvino”: il fratello di Salvino Caputo, deputato decaduto dall’Ars dopo una condanna per tentato abuso d’ufficio.
Guardando nelle file del centrosinistra, in lista per Sicilia futura a Palermo c’è Giovanni Di Giacinto, sotto processo per presunti accessi al sito di Equitalia per cancellare cartelle esattoriali ad alcuni suoi concittadini quando era sindaco di Casteldaccia, a Siracusa i dem lanciano Giovanni Cafeo, alle prese con una indagine per turbativa d’asta su un appalto per gli asili nido, e a onor del vero nella stessa indagine che ha coinvolto la Caronia è indagato pure il governatore Rosario Crocetta.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 7th, 2017 Riccardo Fucile
INTERVISTA A MIKAELA NEAZE SILVA, FIGLIA DI STRANIERI E DA 17 ANNI IN ITALIA: “IN PIAZZA PER LO IUS SOLI”
“Lo sciopero della fame? Un atto di coraggio, certo. Ma io scenderei in piazza… Per la battaglia dello
ius soli servirebbe una bella manifestazione di piazza, e io ci andrei molto volentieri”.
E speriamo che quelli di Striscia la notizia glielo lascino fare, se davvero un giorno ci sarà mai. Mikaela Neaze Silva ha 23 anni ed è la velina bionda del programma Mediaset. È bella, giovane e famosa, oltre che issata su un trampolino di lancio mica male, e parla di diritti, e di politica, con grande cognizione di causa.
Allora, ci spieghi perchè le piacerebbe una manifestazione.
“Perchè io non vengo considerata italiana, pur vivendo qui dall’età di 6 anni. Ho fatto ben tre cicli di scuola, fino alla maturità , e aspetto ancora di avere la cittadinanza. Ho fatto la domanda, e spero che arrivi presto il documento. In più, sono molto stanca dei molti attacchi che ho subito, quando Striscia ha annunciato che sarei stata la velina bionda. Hanno detto che, con tutte le ragazze italiane che c’erano, proprio me, un’africana! dovevano andare a prendere”.
Hanno detto anche altre cose, molto più gravi. Insulti, ad esempio.
“Sì, ma per fortuna non seguo molto i social. Ho abbandonato Facebook a dicembre, perchè è semplicemente insopportabile. Tutti possono trovarti, non c’è privacy. E anche su Instagram, io ci sono poco. Però le cose me le hanno fatte vedere. Mia madre, che è afgana, è attiva su Facebook e mi ha mostrato molte cose orrende. Io però penso che non bisogna dare troppa importanza ai razzisti, perchè loro cercano una vetrina, e solo così sono contenti. Bisogna ignorarli”.
E lo staff di Striscia come ha reagito?
“Mi hanno detto “stai tranquilla sono solo una banda di odiatori di professione, di hater”.
Torniamo allo ius soli…
“Sì, ma secondo me bisognerebbe parlare più correttamente di ius culturae. Vede, un bambino, come sono stata io, cresciuta in Italia, ha assorbito la cultura italiana, per forza di cose. Ha studiato qui, assieme a compagni italiani, ha acquisito una mentalità italiana. Dunque, è giusto che gli venga riconosciuta l’italianità . Quando sono all’estero, io mi dichiaro italiana, e i miei nuovi amici stranieri riconoscono in me un’italiana”.
Lei che passaporto ha?
“Dell’Angola. Mio padre era angolano, purtroppo è morto, mia mamma è afgana. Si sono conosciuti a San Pietroburgo perchè all’epoca studiavano entrambi medicina lì. In quegli anni molti studenti afgani facevano l’università in Russia, i rapporti tra i due Paesi erano buoni, allora. Io sono poi nata a Mosca”.
Quando è arrivata in Italia?
“Nel 2000, a sei anni. Siamo andati a vivere a Genova. Ho fatto la prima elementare alla scuola che c’è vicino alla stazione di Brignole. Poi ci siamo trasferiti perchè non era una bella zona. La mamma ha trovato casa a Castelletto, e siamo vissute lì, io, lei e la mia sorellina. È un bel quartiere, famiglie agiate, e ci stavo da Dio, peccato per gli insulti che ho ricevuto. Ma pazienza”.
Perchè la insultavano?
“Perchè ero ‘negra’. Ma i miei compagni di classe evidentemente avevano assorbito una cultura diversa dalla mia, più aggressiva verso il diverso. E poi avevano sbagliato a presentarmi. La maestra aveva detto ‘bambini, arriverà una nuova compagna, è russa’. Quando mi hanno visto, un ragazzino schifato mi ha detto ‘tu non sei russa, i russi non sono di colore, tu dici le bugie’. Poi mi escludevano dai giochi, così una volta mi sono arrabbiata e ho rotto dei vasi di piante. Poi ho cominciato a fare amicizia e il problema della pelle è sparito”.
Come definirebbe il colore della sua pelle?
“Io mi definisco finta bianca e finta nera. La pelle peraltro è chiara”.
Altri razzismi?
“Al liceo linguistico una prof mi ha fatto fare un corso di italiano per stranieri. Volevo dirle ‘guarda che l’italiano lo parlo meglio di te, che hai l’accento genovese. E so fare il pesto, io’. Il corso però l’ho fatto. E comunque parlo anche genovese, eh eh. Poi parlo portoghese, inglese, francese. E un po’ di cinese, perchè ho lavorato lì tre anni”.
Torniamo alla manifestazione. È sicura che sarebbe una mossa giusta?
“Certo, e porterei anche uno striscione. Lo ius soli secondo me è solo un punto di partenza. È già un passo avanti, ma non basta. Lo sciopero della fame è poco, cioè è tanto perchè serve coraggio, ma secondo me ci vuole un’azione dimostrativa, come fecero gli afroamericani durante le lotte per i diritti. Noi dobbiamo lottare per i nostri diritti. I bambini che crescono qui hanno diritto di essere riconosciuti italiani”.
Il Times ha raccontato la sua storia, dicendo dei molti commenti razzisti ricevuti.
“Ho letto. L’hanno scritto anche giornali francesi, e uno belga. Ma gli italiani non sono razzisti. Però molti non sanno affrontare una società multietnica, che è già nelle cose. I politici, pure. Inadeguati. Molti italiani hanno paura del diverso, si sentono in pericolo… Non gliene faccio una colpa. Però attenzione. L’ignoranza porta alla violenza, ai commenti razzisti sui social. A quelli che parlano di razza ariana, 72 anni dopo la fine del nazismo”.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 7th, 2017 Riccardo Fucile
LA SOLITA PROVOCAZIONE DELL’ASSESSORE LEGHISTA: “CHI CHIEDE L’ELEMOSINA LO PRENDO A CALCI NEL SEDERE” SCATENA NUOVE POLEMICHE… LA MERITORIA AZIONE DEL COMITATO ACCOGLIENZA MIGRANTI DI MULTEDO
«Il primo che chiede l’elemosina lo prendo a calci nel sedere», ha detto ieri l’assessore Stefano Garassino nel concitato incontro con gli abitanti di Multedo.
Poi ha spiegato che si trattava di un modo provocatorio per far capire all’opera Migrantes che i profughi vanno controllati anche all’esterno delle strutture in cui sono (anzi, forse saranno) ospitati.
Ma una frase del genere, pronunciata tra l’altro a distanza di poche ore dall’annuncio di voler tassare chi ospita i migranti, non poteva passare sotto silenzio.
E infatti, dopo le proteste immediate del candidato sindaco perdente Gianni Crivello e della capogruppo Pd in Comune, Cristina Lodi, le critiche non sono mancate.
Sui social network sta avendo molto successo un lungo post del consigliere di Municipio Medio-Ponente del Pd Andrea Viari, che tra l’altro dice: «Oltre ai proclami dal retrogusto di “me ne frego” o le ronde da bullo scolastico (che in quanto tale, non affronta mai i problemi per risolverli, ma si circonda di persone pronte a difenderlo con la violenza in caso la baldanza venga meno), vorrei essere informato sulle soluzioni che l’assessore Garassino propone, se esistono. Perchè fare la voce grossa mentre le situazioni difficili te le gestisce la curia sotto il naso, non solo non è credibile politicamente, ma è anche segno di grande debolezza amministrativa».
«Quello che preoccupa – sostiene invece Aleksandra Matikj, presidente del Comitato per i migranti – è che lui dovrebbe rappresentare la sicurezza per tutti, anche per noi migranti a Genova e ieri ha fallito con una riflessione molto aggressiva e violenta nei confronti di chi estremamente indifeso e vulnerabile, rendendosi protagonista di una bassezza culturale ed umana più unica che rara. È incredibile che, nell’anno 2017, si possano sentire le parole tanto scadenti e vergognose rivolte a chi ha già perso tutto nella propria vita e che anzichè essere umiliato pubblicamente da un assessore, avrebbe bisogno di atti di solidarietà e di soccorso».
«Chi non vuole i profughi non rappresenta Multedo»
A Multedo non ci sono solo abitanti che non vogliono i migranti, ma da qualche giorno è sorto un altro Comitato, che ha scelto di chiamarsi “accoglienza migranti Multedo” e ha aperto una pagina Facebook.
Scrive Roberto, che fa parte di questo Comitato: «Il progetto di accoglienza a Multedo, riservata per cominciare, a 25 profughi sarebbe un buon punto di partenza e contribuirebbe a dissipare l’immotivato clima di paura e rifiuto che si è diffuso nel quartiere e sul cui fuoco gli intolleranti hanno soffiato e soffiano a pieni polmoni. Purtroppo, come si legge sul Secolo XIX di stamattina, il Comitato contro i migranti sembra essersi arroccato su posizioni di chiusura. Questo comitato però non rappresenta i cittadini di Multedo, molti dei quali sono favorevoli al progetto di integrazione. Ci chiamano e si interessano al lavoro del Comitato accoglienza migranti Multedo. A Sampierdarena, stamattina, alcuni cittadini che hanno visto la mia foto su Repubblica mi hanno salutato con una pacca sulla spalla mentre prendevo un caffè al bar. “Complimenti,” mi hanno detto, a te e al Comitato accoglienza. “Siete la Genova in cui ci riconosciamo”. Sono segnali che mostrano come tolleranza e solidarietà non abbiano abbandonato la nostra città . Bisogna continuare a seminare questa semente, cercando di non cadere nelle provocazioni dei paladini dalla paura e della discriminazione».
(da “il Secolo XIX”)
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