Ottobre 12th, 2017 Riccardo Fucile
TENSIONE A PARMA, A RISCHIO 180 POSTI DI LAVORO, FERITO UN AGENTE, LA POLIZIA RIESCE A PORTARE IN SALVO I DUE DIRIGENTI
Tensione in piazza Garibaldi all’uscita dal municipio della delegazione del gruppo
Froneri-Nestlè al termine del tavolo di crisi.
Alcuni lavoratori hanno inseguito il responsabile delle relazioni industriali Svevo Valentinis e l’ad Pietro Monaco.
Un agente della Digos è rimasto contuso.
L’azienda ha deciso di chiudere lo stabilimento di produzione gelati di Parma: rischiano il licenziamento 180 addetti.
I sindacati parlano di “deboli aperture sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali e sul futuro industriale del sito per il quale ci sarebbero alcune manifestazioni d’interesse”. Resta tuttavia ferma la volontà di cessare l’attività da parte dell’attuale proprietà .
Per l’assessora regionale Palma Costi “la produzione deve rimanere a Parma” e per questo sarà chiesto al ministero di attivare un tavolo di crisi nazionale.
Cgil, Cisl e Uil, intanto, presenteranno una querela per truffa contro l’impresa, accusata di non aver rispettato il verbale sottoscritto a luglio.
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2017 Riccardo Fucile
INIZIA LA CAMPAGNA ELETTORALE CON MICARI E POI PASSA CON MUSUMECI: IN SICILIA PUO’ ACCADERE ANCHE QUESTO… E MUSUMECI RACCATTA TUTTO, SARA’ BELLISSIMA ANCHE LA MONNEZZA
Sliding doors alla siciliana.
In Sicilia, alle elezioni regionali di novembre, può succedere anche questo: che un candidato firma l’impegno di correre nel centrosinistra a sostegno di Fabrizio Micari e riempie la città di Catania con manifesti 6×6, che costano, con la sua faccia sorridente, camicia bianca e maglioncinio blu.
Spende dei soldi, paga la tipografia, ma poi passano i giorni e capisce che centrosinistra e Micari non sono più tanto competitivi e che la sua elezione a Palazzo d’Orleans è rischio. Allora, come nella porta girevole di un albergo, prende il suo pacchetto di voti e lo porta dall’altra parte della barricata politica.
Così i catanesi, dalla sera alla mattina, si trovano sugli stessi muri 6×6 nuovi di zecca di Alessandro Porto: ha sostituto il nome Micari con quello di Nello Musumeci e ci ha messo il simbolo di Forza Italia.
Il resto è identico. E voilà , il gioco del saltafosso è fatto.
E non è l’unico che lo ha fatto.
E poi c’è chi dice che esiste ancora la destra e la sinistra.
(da “La Stampa”)
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Ottobre 12th, 2017 Riccardo Fucile
ELEZIONI SICILIANE: IL PIU’ PULITO HA LA ROGNA… IL CANDIDATO CHE PREDICA ONESTA’ MENTE SAPENDO DI MENTIRE
Giancarlo Cancelleri, seduto nel salotto televisivo di Tagadà , su La7, dice una pura e
semplice bugia.
Dice che questa mattina gli ho telefonato per chiedergli scusa per quanto scritto su La Stampa di oggi.
Si riferisce all’articolo «La Sicilia a 5 Stelle. Parenti e portaborse nella lista Cancelleri», in cui racconto come tra i candidati del M5S ci sono diversi portaborse di altri 5 Stelle eletti (in Sicilia, a Roma, a Bruxelles) e parenti di grillini candidati o eletti altrove.
Alla conduttrice Tiziana Panella che gli chiede conto dell’articolo ripete: «Non è vero, è tutto falso, tant’è che lo stesso giornalista mi ha cercato per scusarsi per quello che c’era scritto in quell’articolo».
Cancelleri mente sapendo di mentire, ma soprattutto si inventa di sana pianta delle scuse. Noi non ci siamo sentiti, l’ho cercato al telefono per chiedergli un’intervista e non mi ha risposto.
Ma non gli ho mai chiesto scusa e confermo ogni virgola dell’articolo.
Dispiace che il candidato governatore di una forza politica che predica la trasparenza sia inciampato in questa menzogna.
Ilario Lombardo
(da “La Stampa”)
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Ottobre 12th, 2017 Riccardo Fucile
DAVANTI ALLA CAMERA PER MANIFESTARE CON LO STRISCIONE DAI COLORI INVERTITI
Ieri il MoVimento 5 Stelle ha manifestato davanti a Palazzo Montecitorio per chiedere che venga ripristinata la #democrazia (l’hashtag è compreso nel pezzo).
Alla Camera si votava la fiducia sul Rosatellum e per il M5S si tratta di #emergenzademocratica.
Fuori il Popolo Sovrano ascoltava Luigi Di Maio, Roberto Fico e un ritrovato Alessandro Di Battista che è riuscito a trovare la piazza giusta.
Tutti a protestare contro il governo che ha posto la questione di fiducia e contro il Presidente della Repubblica che “non dice nulla”.
Tutto è andato bene ieri: la piazza era piena, i manifestanti pacifici, la voglia di democrazia era alle (cinque) stelle.
Peccato però per un piccolo particolare.
Il bandierone che i pentastellati hanno attaccato alle transenne che chiudono la piazza e tengono la folla a debita distanza dalla Camera aveva i colori invertiti.
L’articolo 12 della Costituzione italiana (quella più bella del Mondo) dice infatti che: «la bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni».
Come tutti sanno fin dalle elementari se la bandiera è esposta orizzontalmente la parte di colore verde va disposta vicino all’asta, con quella bianca in posizione centrale e quella rossa all’esterno.
I 5 Stelle in piazza invece avevano uno striscione con i colori invertiti, ovvero il rosso a sinistra e il verde a destra con scritto NO ROSATELLUM BIS.
Non sono stati i manifestanti a esporla al contrario, — tanto è che la scritta #DEMOCRAZIA ha invece la colorazione con l’ordine corretto — è stato chi l’ha fatta fare che non ha controllato.
Visto che la manifestazione è stata convocata il giorno prima ci sono poche possibilità su chi siano i “mandanti”.
Dal palco, che era su un camion in mezzo alla folla, lo striscione non si vedeva.
Il bandierone era un messaggio indirizzato a quelli della maggioranza che stavano dentro al Palazzo. Si dirà : è un fotomontaggio.
La risposta è no, perchè la bandiera è stata fotografata anche da altre inquadrature. Era inequivocabilmente sbagliata.
Ed è per questo che nelle foto ufficiali a 5 Stelle, quelle scattate dagli uffici di Montecitorio spesso c’è l’obelisco a nascondere lo striscione.
L’ironia dell’Internet sulla bandiera sbagliata
Sui social c’è chi fa ironia riguardo al fatto che i 5 Stelle continuano a sbagliare qualcosa, che siano i congiuntivi di Di Maio o le piazze di Di Battista.
Anche l’ex candidata Sindaca di Genova (per un giorno) Marika Cassimatis non si fa sfuggire l’occasione di punzecchiare gli ex compagni di partito per l’ennesima gaffe.
Ora probabilmente ci sarà qualcuno che correrà ad arrampicarsi sugli specchi e ci spiegherà che la bandiera appesa “al contrario” perchè i valori della democrazia in Italia si sono capovolti, oppure come richiesta d’aiuto (qualcuno ricorderà una scena analoga nel film Nella valle di Elah).
Ma non risulta che in Italia ci sia questa usanza.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 12th, 2017 Riccardo Fucile
IL RAPPORTO DELLA FONDAZIONE MORESSA ANALIZZA I SETTORI DI OCCUPAZIONE E LE QUALIFICHE
L’ultimo “Rapporto sull’economia dell’immigrazione”, a cura della Fondazione Leone
Moressa, che sarà presentato il 18 ottobre a Roma, sfata un mito utilizzato spesso dalla propaganda della sedicente destra: dal 2008 al 2016 la presenza dei lavoratori stranieri si è fatta sempre più evidente, da 1,7 milioni si è passati a 2,4 milioni (+41%).
Nello stesso periodo, il loro peso sul totale degli occupati è cresciuto dal 7,3% al 10,5%. Gli immigrati restano però occupati prevalentemente in lavori di media e bassa qualifica. Oltre un terzo degli stranieri (35,6%) esercita infatti professioni non qualificate, il 29,3% ricopre funzioni da operaio specializzato e solo il 6,7% è un professionista qualificato. Spiega oggi Vladimiro Polchi su Repubblica:
Quello che più salta agli occhi è la loro concentrazione in alcuni settori: in base agli ultimi dati della Moressa, il 74% dei collaboratori domestici è infatti straniero, così come il 56% delle badanti e il 51% dei venditori ambulanti.
E ancora: il 39,8% dei pescatori, pastori e boscaioli è d’origine immigrata, così come il 30% dei manovali edili e braccianti agricoli. Gli stranieri restano invece esclusi dalle professioni più qualificate. §
È l’analisi per settori a spiegarci come funziona:
Nel commercio, oggi gli immigrati fanno i venditori ambulanti, mentre gli italiani gestiscono e pianificano le vendite, oppure occupano posizioni da commesso (dove superano abbondantemente il 90% del totale degli occupati).
Nell’edilizia, i lavoratori stranieri sono 240mila, con un’incidenza del 17%, ma fanno professioni ben precise: sono il 30% degli operai edili e dei manovali, mentre sono loro quasi precluse professioni come ingegneri o architetti (dove gli italiani detengono il monopolio).
E ancora: in agricoltura il 29% dei braccianti agricoli e il 39% dei pastori e pescatori è straniero.
Gli agricoltori e gli operai specializzati sono invece nell’87% dei casi italiani.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 12th, 2017 Riccardo Fucile
ENZO DE BIASI ORGANIZZA INCONTRI PRO-ASTENSIONE: SOLO CONTRO 18 COMITATI PER IL SI’…. “IN ATTO UN’OPERA DI DISTRAZIONE DI MASSA”
“Certo che io sono favorevole all’autonomia del Veneto, ma questo referendum non ha senso”. Enzo De Biasi, 67 anni, nato in Argentina a Rosario di Santa Fe, nella città della stella del calcio Lionel Messi, e poi cresciuto in Italia, è il presidente del “Comitato Riscossa Civica Veneta contro il Referendum Farlocco”.
Un gruppo nato dall’iniziativa di cinque persone, amici di lunga data, “in grado – sottolinea De Biasi – di scrivere, leggere e far di conto”.
Competenze elementari, insomma, ma quanto basta per battersi controcorrente nella consultazione del 22 ottobre.
In Veneto a favore del Sì sono sorti ben 18 comitati, oltre allo schieramento quasi unanime delle forze politiche.
“Ma la voglia di autonomia qui non è quella catalana – dice De Biasi – I veneti vogliono solo più risorse e per questo non serve un referendum”.
Ex dirigente della pubblica amministrazione ora in pensione, un passato da attivista nella Dc, il Don Chisciotte del No è deciso a battersi in questi ultimi dieci giorni di campagna per convincere i suoi concittadini veneti a smarcarsi dalla “dittatura” del Sì.
Signor De Biasi, cosa l’ha spinta a mobilitarsi pressochè da solo
“Il fatto che sia un referendum farlocco. Ciò che il Veneto potrà ottenere con il voto non è niente di più e niente di meno di ciò che avrebbe potuto ottenere trattando con il Governo. Per quale motivo, se posso avere una cosa gratis, devo pagarla? Si tratta di milioni di euro. Ad esempio l’Emilia Romagna per avere una maggiore autonomia ha scelto la via del dialogo con il Governo, senza che ci fosse la necessità di indire un referendum”.
Lei ha scritto una lettera al governatore Zaia e una al gruppo regionale dei Cinquestelle. Ha ricevuto risposta?
“No, nessuna risposta. Abbiamo una classe politica che è del tutto inadeguata, incapace di affrontare il problema complesso. Questo referendum è quello che classicamente si potrebbe definire un’opera di distrazione di massa che serve a coprire il loro fallimento, in particolare sulle banche venete. Stanno cercando di ottenere una legittimazione popolare parlando alla pancia degli elettori”.
Però lei pure è favorevole ad una maggiore autonomia per il Veneto, vero?
“Su alcune materie sì, serve più autonomia, ma bisogna capire come e quando viene accompagnata da risorse durature nel tempo. Tutto ciò si può ottenere anche senza la spesa del referendum. Nel 2008 quando si formò il IV governo Berlusconi, erano ministri Bossi, Calderoli, Maroni e lo stesso Zaia, il cuore della Lega. Eppure allora, che le condizioni erano ottimali, l’esecutivo ha comunque respinto la richiesta veneta di avere maggiori attribuzioni. Su questo dobbiamo interrogarci”.
Negli incontri che avete organizzato, siete mai stati contestati?
“No. Molte persone sono favorevoli al referendum perchè è stata fatta un’opera di pubblicità ingannevole, e sono disinformati. Ma quando gli spieghiamo la situazione, capiscono e cambiano idea. Chiedere se si vuole maggiore autonomia per il Veneto è come chiedere se si vuol bene alla mamma. La risposta è sì. Quello che non viene detto è che sui quesiti posti nel referendum c’è stata una sentenza della Consulta che ne ha dichiarati incostituzionali 4 su 5, svuotandoli di fatto di significato. Noi siamo una Regione a statuto ordinario ed ogni decisione deve comunque passare dal tavolo delle trattative con il Governo. Per questo non andrò a votare, è un referendum farlocco, inutile e costoso”.
(da “La Stampa”)
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Ottobre 12th, 2017 Riccardo Fucile
DOPO GLI SCANDALI E GLI EXTRACOSTI, IL SISTEMA ANTIMAREA ANDRA’ ROTTAMATO?… MOLTE PARATIE MOBILI SONO INTACCATE DALLA CORROSIONE E DAI MITILI E LE CERNIERE RISCHIANO DI SPACCARSI
I cassoni subacquei sono intaccati dalla corrosione, da muffe, e dall’azione (davvero
non si poteva prevedere?) dei peoci, le umili cozze.
Le paratoie già posate in mare non si alzano per problemi tecnici. Quelle ancora da montare, lasciate a terra, si stanno arrugginendo per la salsedine nonostante le vernici speciali; chissà che accadrà quando saranno posate sul fondale.
La storia del MOSE (la sigla sta per Modulo Sperimentale Elettromeccanico), il sistema di paratoie mobili concepite nel lontano 1981 per proteggere in modo sicuro Venezia e il suo inestimabile patrimonio artistico dalle alte maree che invadono la Laguna provenienti dall’Adriatico, è davvero un’antologia degli orrori. Invece di costare 1,6 miliardi di euro, ne è già costato 5,5; invece di entrare in funzione nel 2011, se tutto va bene partirà all’inizio del 2022.
Tutta l’opera è stata segnata da gravissimi episodi di corruzione, sanzionati in un processo che si è appena concluso e che ha rivelato un turbinoso giro di mazzette per coprire lavori e opere mal progettati e peggio realizzati.
Ora poi si scopre ora che per completare l’opera e riparare le strutture già rovinate ci vorranno la bellezza di altri 700 milioni, più almeno altri 105 milioni di euro l’anno per garantirne il funzionamento e la manutenzione, soldi che non si sa chi dovrà sborsare. Ma quel che è più paradossale, nonostante un esborso pazzesco, una volta in funzione il sistema di 78 paratie mobili chiuderà la porta alle maree eccezionalmente alte, da 110 centimetri a tre metri. Ma non potrà fare nulla per limitare i danni quando arrivano le «acque medio-alte», quelle tra gli 80 e i 100 centimetri, sempre più ricorrenti.
In realtà , dicono gli esperti, sin dall’inizio si sapeva che questo «gioiello di ingegneria nazionale» era stato pensato per fronteggiare situazioni estreme, come i 194 centimetri della tremenda alluvione del 4 novembre del 1966.
Il sistema di paratoie mobili a scomparsa, poste alle cosiddette «bocche di porto» (i varchi che collegano la laguna con il mare aperto attraverso i quali si attua il flusso e riflusso della marea) di Lido, San Nicolò, Malamocco e Chioggia, potrà isolare temporaneamente la laguna di Venezia dal mare Adriatico, innalzandosi nel giro di cinque ore.
Ma nella zona di Piazza San Marco basta una pioggia un po’ intensa — come l’11 settembre – per allagare tutto.
A suo tempo, il Consorzio Venezia Nuova, l’organismo – oggi commissariato – che gestisce la realizzazione del MOSE, aveva proposto una costosissima operazione di isolamento completo di Piazza San Marco e della Basilica, con la posa di un’enorme guaina. Ma a breve la piazza sarà messa al sicuro fino a 110 centimetri di acqua alta con un intervento che costa solo 2 milioni di euro. Tra cui speciali «tappi» di gomma e metallo nella Basilica per bloccare l’entrata della marea dal sottosuolo, e l’innalzamento dei masselli della piazza.
Insomma, non sempre il gigantismo paga. E quel che è peggio è che secondo una perizia commissionata dal Provveditorato alle Opere Pubbliche di Venezia, braccio operativo del Ministero delle Infrastrutture, il MOSE rischia cedimenti strutturali per la corrosione elettrochimica dell’ambiente marino e per l’uso di acciaio diverso da quelli dei test. Le cerniere che collegano le paratoie mobili alla base in cemento — ce ne sono 156, ognuna pesa 36 tonnellate, un appalto da 250 milioni affidato senza gara al gruppo Mantovani – sono ad altissimo rischio (probabilità dal 66 al 99 per cento) di essere già inutilizzabili.
Un controllo ha mostrato che le cerniere del MOSE di Treporti, sott’acqua da tre anni e mezzo, presentano già uno stato avanzato di corrosione. Nelle prove di questi mesi si sono viste paratoie che non si alzano, altre che non rientrano nella sede per i detriti accumulati, Problemi alle tubazioni, un cassone esploso nel fondale di Chioggia.
Una nave speciale (costata 52 milioni) per trasportare le paratoie in manutenzione al rimessaggio in Arsenale ha ceduto al primo tentativo di sollevare una delle barriere.
Infine, uno studio del Cnr, che ha aggiornato la mappa del fondale della Laguna, oltre a scoprire nei fondali copertoni, elettrodomestici, relitti di barche, persino containers, avverte che le strutture già posate del MOSE hanno generato una preoccupante erosione dei fondali. Le opere pubbliche, specie quelle mirate a difendere il nostro territorio (a maggior ragione dal rischio climatico) sono fondamentali.
Ma il MOSE è il simbolo di quel che non si deve fare.
(da “La Stampa”)
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Ottobre 12th, 2017 Riccardo Fucile
NUOVA PUNTATA DELLA DIATRIBA INTERNA A CASA PANNELLA… NEL MIRINO BOLLETTE E AFFITTI
Concetto Vecchio su Repubblica racconta una nuova diatriba scoppiata tra Partito Radicale e Radicali Italiani, ovvero le due anime in cui si è divisa la creatura di Marco Pannella dopo la sua morte.
I due partiti — quello non violento, transnazionale e transpartitico (Prntt) di Bernardini, Turco, D’Elia, e quello dell’associazione Radicali italiani (Ri) di Magi, Bonino, Cappato — sono ai ferri corti per alte questioni ideali: «Il Partito radicale non ha alcun rapporto politico con i Radicali italiani, tranne di tipo parassitario, che vede Radicali italiani occupare la sede e relativi servizi, telefoni compresi, pagati dal Partito radicale», ha detto infatti Maurizio Turco.
«Senza pagare nè l’affitto, nè la luce», precisa Turco, e «continuano a succhiare il nostro sangue, a fare le vittime, col paradosso che noi manteniamo gli uffici di un gruppo che non vede l’ora che il partito che li paga chiuda».
I Radicali di Magi sono alla vigilia del loro congresso, a fine ottobre, che sarà preceduto da una Convenzione europeista all’Hotel Ergife a cui parteciperanno Prodi, Letta, Pisapia, Calenda e Saviano.
Il loro segretario, Riccardo Magi, che è tra i promotori dello sciopero per l’approvazione dello ius soli e punta a fare abolire la Bossi-Fini, allarga sconsolato le braccia di fronte all’ultima baruffa: «Parassiti? Ma il patrimonio è il frutto del lavoro di tutti gli iscritti nel corso di una militanza lunga una vita. È vero che occupiamo tre stanze, ma abbiamo anche una nostra sede in via Bargoni, a Porte Portese. Il punto è che stanno facendo la gara a chi è più radicale degli altri».
La cassa è nelle mani del Prntt, poichè la sede, e la radio, appartengono alla Lista Pannella, un’associazione a sua volta controllata da quattro persone, tra cui Bernardini e Turco.
La rissa è arrivata al punto che ciascuno accusa l’altro di copiare:
«Loro visitano le nostre stesse carceri, ma dopo di noi. Loro hanno fissato al congresso la nostra stessa soglia di tessere, 3000. Ci copiano mentre la povera Rita Bernardini è costretta a dividere con altre tre persone la sua piccola stanza e non sa più dove accatastare le lettere che riceve dei detenuti…».
«Fino a quando c’era Pannella», confessa Magi, «le varie anime si tenevano in precario equilibrio, ora, dopo il congresso di Rebibbia, dell’anno scorso tutto è saltato».
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2017 Riccardo Fucile
DA QUASI 40 ANNI NEL QUARTIERE DI NOTTING HILL, HA RISCHIATO DI SCOMPARIRE A CAUSA DELL’AMPLIAMENTO DI UN CINEMA
“Da Maria” è salva. Il Comune di Londra ha bocciato l’ampliamento del cinema “Gate”. 
Il ristorantino nel celebre quartiere di Notting Hill, di appena venti coperti e operativo da quasi quarant’anni, tanto da rappresentare un’istituzione per la capitale inglese, rischiava di scomparire perchè il confinante cinema aveva fatto domanda di allargarmento del foyer andando a occupare proprio lo spazio della trattoria.
La decisione è stata presa ieri sera quando i responsabili del municipio di Kensington e Chelsea, di competenza della vicenda, hanno preso in visione tutta la documentazione durante un incontro pubblico al quale hanno partecipato anche molti sostenitori del ristorante napoletano.
Tra gli atti non solo la domanda di ampliamento da parte del cinema e il progetto, ma anche numerose lettere a sostegno della trattoria giunte negli uffici comunali e, soprattutto, la petizione internazionale alla quale hanno aderito in migliaia e che ha subito un’impennata di adesioni proprio dopo la pubblicazione del nostro videoreportage
“Il Comune di Londra – racconta Luciano Ruocco, figlio dei due proprietari Maria e Pasquale – ha scelto di non dare il nulla osta al progetto per difendere quanto fino a ora “Da Maria” ha rappresentato per la metropoli: un angolo di pura italianità . La battaglia però ancora non è finita — continua Luciano – perchè da questo momento ci sarà da fare i conti con la proprietà del palazzo in cui siamo e con il continuo aumento degli affitti che mette a serio rischio le piccole attività a conduzione familiare come la nostra. Ma noi continueremo a lottare, come abbiamo fatto fino ad ora, con il sostegno di coloro che ci hanno aiutato fino ad oggi”.
(da agenzie)
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