“REFERENDUM FARLOCCO, MILIONI BUTTATI”: INTERVISTA AL DON CHISCIOTTE DEL NO
ENZO DE BIASI ORGANIZZA INCONTRI PRO-ASTENSIONE: SOLO CONTRO 18 COMITATI PER IL SI’…. “IN ATTO UN’OPERA DI DISTRAZIONE DI MASSA”
“Certo che io sono favorevole all’autonomia del Veneto, ma questo referendum non ha senso”. Enzo De Biasi, 67 anni, nato in Argentina a Rosario di Santa Fe, nella città della stella del calcio Lionel Messi, e poi cresciuto in Italia, è il presidente del “Comitato Riscossa Civica Veneta contro il Referendum Farlocco”.
Un gruppo nato dall’iniziativa di cinque persone, amici di lunga data, “in grado – sottolinea De Biasi – di scrivere, leggere e far di conto”.
Competenze elementari, insomma, ma quanto basta per battersi controcorrente nella consultazione del 22 ottobre.
In Veneto a favore del Sì sono sorti ben 18 comitati, oltre allo schieramento quasi unanime delle forze politiche.
“Ma la voglia di autonomia qui non è quella catalana – dice De Biasi – I veneti vogliono solo più risorse e per questo non serve un referendum”.
Ex dirigente della pubblica amministrazione ora in pensione, un passato da attivista nella Dc, il Don Chisciotte del No è deciso a battersi in questi ultimi dieci giorni di campagna per convincere i suoi concittadini veneti a smarcarsi dalla “dittatura” del Sì.
Signor De Biasi, cosa l’ha spinta a mobilitarsi pressochè da solo
“Il fatto che sia un referendum farlocco. Ciò che il Veneto potrà ottenere con il voto non è niente di più e niente di meno di ciò che avrebbe potuto ottenere trattando con il Governo. Per quale motivo, se posso avere una cosa gratis, devo pagarla? Si tratta di milioni di euro. Ad esempio l’Emilia Romagna per avere una maggiore autonomia ha scelto la via del dialogo con il Governo, senza che ci fosse la necessità di indire un referendum”.
Lei ha scritto una lettera al governatore Zaia e una al gruppo regionale dei Cinquestelle. Ha ricevuto risposta?
“No, nessuna risposta. Abbiamo una classe politica che è del tutto inadeguata, incapace di affrontare il problema complesso. Questo referendum è quello che classicamente si potrebbe definire un’opera di distrazione di massa che serve a coprire il loro fallimento, in particolare sulle banche venete. Stanno cercando di ottenere una legittimazione popolare parlando alla pancia degli elettori”.
Però lei pure è favorevole ad una maggiore autonomia per il Veneto, vero?
“Su alcune materie sì, serve più autonomia, ma bisogna capire come e quando viene accompagnata da risorse durature nel tempo. Tutto ciò si può ottenere anche senza la spesa del referendum. Nel 2008 quando si formò il IV governo Berlusconi, erano ministri Bossi, Calderoli, Maroni e lo stesso Zaia, il cuore della Lega. Eppure allora, che le condizioni erano ottimali, l’esecutivo ha comunque respinto la richiesta veneta di avere maggiori attribuzioni. Su questo dobbiamo interrogarci”.
Negli incontri che avete organizzato, siete mai stati contestati?
“No. Molte persone sono favorevoli al referendum perchè è stata fatta un’opera di pubblicità ingannevole, e sono disinformati. Ma quando gli spieghiamo la situazione, capiscono e cambiano idea. Chiedere se si vuole maggiore autonomia per il Veneto è come chiedere se si vuol bene alla mamma. La risposta è sì. Quello che non viene detto è che sui quesiti posti nel referendum c’è stata una sentenza della Consulta che ne ha dichiarati incostituzionali 4 su 5, svuotandoli di fatto di significato. Noi siamo una Regione a statuto ordinario ed ogni decisione deve comunque passare dal tavolo delle trattative con il Governo. Per questo non andrò a votare, è un referendum farlocco, inutile e costoso”.
(da “La Stampa”)
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